ARCHIVIO LUPIERI - MAGRINI
Luint di Ovaro

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Bianca Agarinis Magrini è nata a Ovaro nel 1945 ma abita ad Udine da moltissimi anni. Conclusi gli impegni professionali, si è dedicata con costante impegno e passione al riordino, durato oltre 16 anni, di un archivio familiare privato, situato nella casa avita del marito a Luint di Ovaro.

Da questo privilegiato luogo di cultura ha poi naturaliter allargato il suo raggio di azione verso una più ampia ricerca storica locale, rappresentata da diversi ed importanti saggi comparsi su riviste specializzate ("Luigia Micoli Toscano Linussio" 1997; "L'ara sepolcrale della chiesa di S. Giorgio di Comeglians" 1999; "Echi del 1848 nell'epistolario del dottor Lupieri, medico carnico" 2000; "Funesti effetti di sanitarie negligenze" 2002; ...).

Con il materiale dell'Archivio di Casa Lupieri-Magrini sono stati finora "costruiti" e pubblicati i seguenti LIBRI:

L'ORGANO DI LUINT, 1999
CARO AMICO PREGIATISSIMO, 2000
CRONACA DI UNA BELLA FESTA E DI UN FUNESTISSIMO VIAGGIO, 2000
LA PELLE DELL'ORSO, 2001
CELESTINO ZUSSI, 2001
LA FONTANA DI LUINT, 2001
L'OSTERIA DAL PECK, 2002
(ricordi personali dell'autrice)
LORENZO LUIGI LINUSSIO, 2004
LETTERE PER L'ARGENTINA, 2006
IL DELITTO PERTAN, 2010
MEMORIE STORICHE E BIOGRAFICHE, 2010
CRONACHE SULLA CARNIA... 1420-1870, 2012
UN BAMBINO E LA GUERRA,
2014

 

I libri di Bianca Agarinis Magrini si possono reperire presso:

FRIULIBRIS via Piave 27 - Udine (di fronte al Palazzo della Provincia)
Telefono: +39 0432.25819
Fax : +39 0432.25819

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I N E D I T E

C U R I O S I T A'
(dell'Archivio di Casa Lupieri - Magrini)

La Casa-Museo Lupieri-Magrini di Luint di Ovaro, oltre a rappresentare un tipico esempio di palazzo signorile del Sette-Ottocento carnico (con una ricca espressione architettonica ed artistica presente nelle numerose stanze, corridoi, camere, biblioteca, studio, cucina, fogolâr...), custodisce una enorme quantità di documenti storici di ogni tipo che solo in minima parte sono stati finora pubblicati dalla curatrice e custode dell'Archivio.
Una gran parte di questi documenti è costituita da manoscritti vergati dai proprietari del palazzo che via via si sono succeduti nel tempo; la parte di gran lunga più significativa di questi, è opera del dott. Gio Batta Lupieri che, con calligrafia chiara e sottile, riempì, nel lunghissimo arco temporale della sua vita (97anni!), un'incredibile quantità di quadernetti, fogli, lettere... Anche altri illustri discendenti hanno poi contribuito ad arricchire questo straordinario deposito storico: il dr. Antonio Magrini, il dr. Arturo Magrini e molti altri ancora...
Non potendo ovviamente pubblicare tutto, Bianca Agarinis Magrini, ha acconsentito a mettere in rete su questo nostro sito le perle inedite più significative di questo sterminato archivio che verrà nel tempo ulteriormente setacciato alla ricerca di altri interessanti profili. Ogni lacerto inedito viene preceduto o seguito da una breve nota di presentazione della Curatrice.
Ottimo materiale insomma per delle significative (e non banali) tesi di laurea, a disposizione dei più volenterosi carnici (e friulani).

 

01. Funesti effetti di sanitarie negligenze (1852)
02. Ispezione sanitaria a Zovello (1831)
03. Ispezione sanitaria a un ferito a Collina (1827)
04. Relazione sanitaria sulla malattia dei fratelli Gottardo a Trava (1823)
05. Il Comune di Mione (1863)
06. Una meteora straordinaria (1834)
07. Antonio Magrini, medico e musicista
08. Appunti per una relazione socio-sanitaria sulla TBC in Carnia del dr. Arturo Magrini (1910)
09. Biografia di Luigi Magrini
(1802-1868)
10. Il Regno d'Italia (1868)
11. Il casato Lupieri-Magrini al Liceo classico "J. Stellini" di Udine
(1835-1990)
12. Aulo Magrini (1902-1944)



 

 

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1.Funesti effetti di sanitarie negligenze

Il dottor Gio Batta Lupieri (1776-1873) di Luint, ha esercitato la professione medica in Carnia, dal 1801 al 1852, dove,era per necessità chiamato ovunque: e sono due o tre villaggi soli nella Carnia, che io nella qualità di medico o chirurgo non abbia visitato”. Ci dice anche che dopo l’anno 1852 io esercitai pochissimo la professione, un poco per stanchezza, un poco per impotenza, un poco per convenienza verso i Medici condotti che vennero ovunque istituiti (1)”.
 
Come medico ha costantemente denunciato e deplorato le precarie condizioni igienico sanitarie in cui versava la popolazione, in particolare quella infantile soggetta ad un altissimo tasso di mortalità (2) tanto da venire considerata un fenomeno naturale, ineluttabile, vissuto quasi con indifferenza se non addirittura come una grazia. Se il neonato muore dopo il battesimo, si ritiene che “l’angioletto” sarà di grande aiuto e protezione alla famiglia ed ai santoli, specie se è il primo nato, per cui la sua morte non si annuncia con suoni lugubri, ma con allegri ed argentini suoni della campana più piccola. Queste convinzioni si riscontravano a tutti i livelli sociali: dal borghese al più umile (3)”.
 
Il medico Lupieri ha cercato di combattere questa concezione fatalistica svolgendo una costante opera pedagogica per diffondere la conoscenza delle più elementari norme igienico sanitarie che aiutassero a prevenire le tante malattie causate dalle misere condizioni di vita in cui si dibatteva la stragrande maggioranza della popolazione. Malattie che la medicina del tempo non era in grado di combattere non disponendo di terapie mediche veramente efficaci.
 Per quanto riguarda le carenze alimentari purtroppo l’opera filantropica del medico si scontrava con la cruda e generalizzata realtà della miseria e ben poco poteva incidere.
Comunque Lupieri ha dato un valido contributo alla lotta contro la mortalità infantile introducendo per primo in Carnia, nel 1801, la vaccinazione antivaiolosa e già nella metà dell’Ottocento la campagna vaccinatoria aveva dato esiti tali per cui poteva affermare che: “Una volta il vajuolo rapiva una quantità di fanciulli, che ora salvansi col vaccino (4)”.
Oltre ai problemi sanitari dell’infanzia Lupieri ha seguito con grande interesse umano e professionale anche quelli delle donne. Nei suoi scritti ha sempre evidenziato le sfavorevoli condizioni  sociali, culturali e economiche in cui versava la popolazione femminile e si è prodigato per aiutarla a superare le complicazioni della gravidanza, del parto e del puerperio causa di non pochi decessi. Tant’è che il parto veniva vissuto con ansia e paura e per i lunghi e dolorosi travagli e per le tante incognite a cui si andava incontro come testimonia lo stesso Lupieri in una relazione sanitaria: “Avvengono dei parti difficili e sgraziati in ogni Comune, e quindi necessario sarebbe, che ciascheduna fosse provveduta almeno di qualche levatrice esperta, atta a soccorrere lodevolmente quelle benemerite infelici  per cui si riproduce l’umana specie, le quali sovente o abbandonate dopo lungo e penoso travaglio muoiono senza sgravarsi, o la stentata e barbara emissione o estrazione del feto, costa loro la vita. Si potrebbe per tal modo scemare, a mio criterio  per tre quarti almeno la perdita delle madri, e dei nascenti (5)”.
 Molto efficace è anche la descrizione che fa delle condizioni di vita delle donne:Appena sparita la neve si asportano i concimi sulle terre, e si preparano per ricevere la semente. Alcune terre al piano si travagliano coll’aratro: la massima parte col tridente o forca, o colla vanga. Il maggior peso di questi lavori è delle donne, come lo è pure la zappatura, e rivestitura del grano turco…Le donne sostengono quasi esclusivamente il grave peso del bestiame; attendono alle faccende, ed alla polizia domestica: si dedicano in autunno a raccogliere i prodotti della campagna, legna, fogliame, ecc. Si occupano durante il verno a filare canapa, lino, lana, cotone, pei loro vestiti: trattano discretamente la gucchia (6) e l’ago, si prestano  allo sgombro delle nevi, ec. ec. Sicchè trovano occupazione in ogni tempo dell’anno; e sono forse più attive degli uomini, e più attente ai loro doveri (7)”.
Le tragiche condizioni dell’infanzia e quelle drammatiche delle donne sono oggetto della supplica che Lupieri indirizza alle autorità ecclesiastiche e civili nel 1852 in seguito alla tragica morte di un neonato. Lo scopo, oltre a segnalare e deplorare certe “sanitarie negligenze” è quello di prevenirle suggerendo dei rimedi di pubblica utilità.
 Ciò che colpisce di questa testimonianza è la profonda pietas che la pervade. Non è infatti lo scritto di un freddo e asettico professionista, ma di un medico ricco di umanità, partecipe delle sofferenze fisiche e morali della popolazione che ricorrere alle sue cure. Lupieri, coerente con i principi della sua formazione illuministica, cerca di lenirle attraverso la diffusione, oltre che dei più elementari principi igienico sanitari, anche di quelli morali e culturali. Spesso in questo compito si trova a dover sopperire alla inadeguatezza del clero dovuta a scarsa cultura, alla tendenza ad assecondare i pregiudizi popolari, a posizioni preconcette(8). Lupieri analizza con lucidità e indulgenza questo stato di cose affermando che:
Prima però di svellere dei pregiudizi troppo radicati e di richiamare un popolo non molto civilizzato dalle abitudini inveterate, ci vuol molto! Né ciò forse basterebbe a procurare la sua prosperità. Converrebbe metterlo in posizione diversa e migliore della presente, ed allontanarlo ben molto dalle angustie fra cui natura ebbe a costituirlo: e qui io mi limito a porgere dei voti alla provvidenza in suo favore! (9)“.
 Ci sembra di poter affermare che la pietas che il medico Lupieri manifesta per la povera ragazza madre menzionata nella supplica - emarginata dalla sua stessa famiglia e dalla comunità a causa del suo stato, che all’epoca non era tanto infrequente nonostante le dolorose conseguenze che comportava - sia una dimostrazione di solidarietà umana e di apertura intellettuale non comune per l’epoca e  forse neppure per i nostri giorni.
Non ultimo, questa testimonianza è degna d’interesse perché parla dell’arca battesimale che negli scritti sulla cultura popolare friulana viene menzionata raramente (10) probabilmente perché il suo uso non ha avuto una grande diffusione, come si evidenzia anche dalla supplica di Lupieri. Il provvedimento della deputazione Provinciale, che sin dal 1845 invitava le amministrazioni comunali a dotarsi di questo strumento, nel 1852, nel Distretto di Rigolato era ancora inevaso.
 I pochi scritti in proposito e i pochi esemplari del manufatto conservati in alcuni musei della regione, avvalorano l’ipotesi che  l’uso di questo strumento abbia avuto scarsa diffusione.

(Bianca Agarinis Magrini)

 

Negli estremi giorni dell’anno 1851 riprodotto si vidde nel Distretto di Rigolato uno di quei casi, che ricordare non si possono con istoica indifferenza: caso che destar deve negli animi gentili due contrarii effetti; quelli cioè di penosa commozione, e di sdegno: la prima in riflesso ad una vittima innocente : il secondo per quelle sanitarie negligenze, d’onde procedono inconvenienti di simil fatta.
Una povera Giovine (11) di onesta Famiglia, di un prossimo villaggio, nel fiore dell’età sua, di plausibile antecedente condotta, cedendo agli stimoli della natura, ed alle lusinghe della seduzione, rimase incinta. Scacciata incautamente dalla Famiglia paterna, andò mendicando servizio fuori dal villaggio nativo, con l’intenzione di evitare l’infamia, che accompagna trapassi di simil fatta. Venne finalmente al parto: e ad onta di una gestazione accompagnata da gravi incomodi e fatiche, ed esacerbata da larga profusione di lagrime, diede abbastanza felicemente  alla luce un Bambolino di belle forme, e di buona apparente salute, non molto lungi  dallo scrivente.
Il Neonato presentavasi nel domani al sacro fonte battesimale, involto in poveri pannolini, prodotti dalla carità, miseramente adagiato in un cesto da spalle, coperto da male assicurato cencio, com’è costume della povera Gente in questo Paese: e così mal difeso dai rigidi insulti della stagione, si trasportava da una vecchia Donna più d’un miglio lontano, onde assoggettarlo al lavacro di rigenerazione.
Seguita la sacra funzione, attenendosi ad un’inveterata pratica, quasi generalmente addottata fra queste contrade, è solito il Patrino, di offrire una refezione, a chi trasporta ed accompagna il Neonato, a cui pure talvolta concorre chi amministra il Sacramento: e colà si abusa non di rado, specialmente dalla Plebaglia e nel vino ed in altre spiritose bevande: e la esosa pratica non fu nel caso nostro dimenticata (12).
Che sia, o meno avvenuto qualche abuso nel caso nostro, non siamo in grado di associarlo; ma è fatto, che il Bambolo nel ritorno, a metà circa della strada, trabalzato accidentalmente il cesto, rimase forse un quarto d’ora esposto sulla neve, involto in meschinissimi pannolini, nella massima rigidezza della stagione. Arrivata la Portatrice al villaggio d’ond’era partita, depose il cesto, affine d’estrarre la tenera Creatura, e non trovata, corse ansiosa in traccia della stessa, ed incontrò poco lungi Persona, che il Miserello avea raccolto intirizzito, senza lesioni esterne; ma tremante e semivivo. Furono usate delle attenzioni per salvarlo; ma nel domani l’Innocente, martire d’involontaria barbarie, volò fra le schiere degli Angeli in Paradiso!
Questi casi lacrimevoli, né paesi alpestri, dove infelici sono le strade, disgiunti talvolta di alcune miglia i sacri fonti dall’abitato: dove non a Levatrici esperte, ma a miserabili e rozze Persone affidasi d’ordinario il trasporto dei Neonati, non sono rari. E’ questo il terzo avvenuto in queste vicinanze a nostro ricordo! (13)
Ma senza smarrire i teneri Bamboli per via, grande si fa tra questi Alpigiani sacrificio di Neonati, esponendoli incautamente e troppo presto, e mal difesi alle atmosferiche inclemenze, e specialmente alla rigidezza del verno, per metterli in istato di grazia (14). Santo è lo scopo; ma inumani e barbari i mezzi di ottenerlo! Dai registri mortuarii, la perdita ordinaria dei Bambini, che vengono alla luce in Novembre Dicembre Gennaio e Febbraio, risulta di due terzi, quando negli altri mesi appena è di un sesto: e quelli che mancano né detti mesi, periscono quasi tutti soffocati da spasmo, cagionato dall’azione funesta delle suesposte cause.
Lo scrivente si fece dovere  altra volta d’esporre alla Superiorità inconvenienti di simil fatta, indicando le cause e proponendo ripari. Vidde qualche anno dopo - circa l’anno 1844 - ordinata dalla Regia Delegazione, una misura sanatoria, degna di laude (15). Venne prescritto a tutte le Comuni di approntare una piccola urna,  o cassetta, da potersi chiudere, con cristallo al coperchio e spiraglio, onde poter trasportare agiatamente, e ben difesi i Neonati al sacro fonte battesimale: e questa urna o cassetta dovea portarsi col braccio sinistro, raccomandata con molle fascia al collo della persona destinata a tale uffizio. Erano di tal maniera i Bambolini adagiati convenientemente, difesi dal freddo e dalle intemperie dei tempi, bene assicurati, e sempre sott’occhio della Persona, alla quale venivano affidati.
Ma questa salutare, e tra Noi specialmente - per le ragioni esposte – necessaria provvidenza, venne, ad onta del conosciuto bisogno, e degli ordini superiori, trasandata, e nel Distretto di Rigolato, generalmente dall’Amministrazione negletta. Continuò la mortalità dei Bambini; ma delle cassette – benché di tanta importanza, e di lievissima spesa – più non si fece memoria; e per tale sanitaria trascuranza molte preziose vite andarono, e vanno sacrificate!
A vista dei gravi inconvenienti esposti si scongiurano le Amministrazioni Comunali in nome dell’Umanità, del dovere di ministero, e dell’onore a non trasandare più oltre la provvista delle accennate cassette, già superiormente prescritte, a salvezza di tante vite, che vanno per tale negligenza perdute. Scongiuriamo anche lo spirito di carità evangelica dei rispettabili signori Parrochi, e Ministri della Chiesa, onde nella conoscenza in cui sono delle male pratiche del paese riguardo ai neonati, i quali trovano fra gl’Idioti meno attenzioni e cure delle stesse bestie (16), si degnino d’inculcare veraci sentimenti di carità e di religione a cura di questi miseri : ricordiamo ai genitori e alle Famiglie di non affrettare, senza urgente bisogno, specialmente nel verno, il trasporto dei bamboli al sacro [fonte] per non esporli a pericolo di vita, e ad usare sempre e molta attenzione onde siano da nocive influenze ben riparati: ricordiamo alle Amministrazioni, che la carità esige di tenere provista la cassettina surriferita pure di un discreto apparecchio di pannolini, coperte, ec. pei Bambini assolutamente poveri e che prudenza vuole accompagnata la Portatrice del Neonato al sacro fonte da altra onesta ed esperta Persona, e possibilmente dalla Levatrice per tutte le inconvenienze, che potrebbero avvenire per istrada: che disdicevole cosa è passare dalla casa del Signore alla Bettola, e peggio l’abbandonarsi in questi delicatissimi casi alle intemperanze. Non possiamo per ultimo nemmeno applaudire alla condotta di què Genitori, che per uno spinto sentimento d’onore scacciano dalla casa una povera Figlia, incauta sì, ma il più delle volte tradita, per un trappasso, che se vietato dalla legge, sta finalmente nell’ordine di natura; imperciocchè di tal maniera, la sciagurata in balia di se stessa, e non sorvegliata, si mette più sempre all’opportunità, se di viziose tendenze, di darsi al libertinaggio: e se riservata, alla neccessità, per provvidere a’suoi bisogni, di abbandonarsi al vizio, e di rendersi dissoluta!
Possano questi cenni, diretti a bene dell’Umanità, del patrio decoro, e della pubblica morale, avere compenso nell’effetto desiderato!

Luint, 15 Gennaio 1852

G. Batta Lupieri

(1) G.B. Lupieri,  Autobiografia, ms. ined., b. 136. 1., arch. priv.

(2) Indicativo in proposito è uno studio statistico fatto da Lupieri nel Distretto di Rigolato nel decennio 1810-1819 di cui riportiamo solo una breve sintesi. Gli abitanti del Distretto a tutto il 1819 ammontavano a 7669. Dal 1810 al 1819 si sono avute 2268 nascite e 2048 decessi di cui 477 di bambini non ancora giunti al compimento dell’anno. Dei 477 morti entro l’anno: 34 morirono sotto il parto, 246 prima che compiuto avessero un mese, non pervenuti all’anno di vita 197. Fra i morti sotto il parto non vengono compresi gli aborti, ma solo quei bambini che furono battezzati. (G.B.Lupieri, Cenni statistici anagrafici necrologici nosografici basati sul decennio 1810-1819 incluso relativi al Distretto di Rigolato, ms. ined., b.102. 35., arch. priv.)

(3) A. Nicoloso Ciceri, Tradizioni Popolari in Friuli, Chiandetti editore, 1982, pag: 92.

(4) G.B.Lupieri, Cenni storici sulla Carnia-quinterno B, ms. ined.,b. 140.6. 2., arch. priv.

(5)G.B.Lupieri, Cenni statistici anagrafici necrologici nosografici basati sul decennio 1810-1819 inclusivo relativi al Distretto di Rigolato, ms. ined., b. 102. 35, arch. priv.

(6) Dal carnico gugiâ: sferruzzare, lavorare a maglia.

(7) G.B. Lupieri, Cenni storici sulla Carnia - quinterno B, ms. ined., b.  140. 6. 2., arch. priv.

(8) In merito al sentimento religioso Lupieri scrive: “La religione specialmente nella plebe, è religione fredda, abituale, piena di pregiudizii. Si ammettono maghi, streghe, apparizioni di morti, ossessioni, operazioni diaboliche d’ogni specie. Se strano morbo colpisce qualche persona, o il bestiame, si incorre tosto al Prete per ottenere sollievo. Si fanno benedire stanze, abiti, cibi, bevande, ec. Onde sanare il maleficio. I Preti, dottori di religione, secondano il pregiudizio, senz’avvedersi di cadere nel manicheismo, e nell’eresia. Senza estendersi in argomento di religione concluderemo che i precetti del Decalogo - di amare Dio sopra ogni cosa, ed il prossimo come se stessi – oggi si recitano colla bocca, senza esercitarli col fatto!” (G. B. Lupieri, Cenni storici sulla Carnia-Quinterno G, ms. ined., b. 140. 6. 7. , arch. priv.)

(9) G.B.Lupieri, Cenni statistici anagrafici necrologici nosografici basati sul decennio 1810-1819 inclusivo relativi al Distretto di Rigolato, ms. ined., b. 102. 35., arch. priv.

(10)Nella pur vasta bibliografia sulla cultura popolare friulana si sono trovati pochi e scarni cenni sulle arche battesimali. Uno lo fa l’Osterman che dice “Per portare  il piccino alla chiesa, se nel comune c’è la levatrice, questa ha una o due «arche» più o meno artistiche, che presta alle famiglie a seconda della loro condizione economica (V.Ostermann, La vita in Friuli, usi-costumi- credenze popolari, Del Bianco, 1978, pag. 301). L’altro breve cenno è della Ciceri: “Nei rigori invernali (ma non ritengo sia uso molto  antico), si sistemava il bimbo in un cofano a vetri (arcje) solitamente di proprietà della levatrice”. (A. Nicoloso Ciceri, Tradizioni Popolari in Friuli, op. cit., pag.  93).

(11) Micoli Maria figlia di Odorico di Muina villica, nubile nata al 15 Gennaio 1829. Nota del testo originale.

(12)Troviamo conferma di questa usanza nella Guida della Carnia in cui G. Gortani scrive. “Nelle Valli del Degano e del But, dopo la cerimonia del battesimo, il compare invita la madrina, il parroco, il sagrestano e la portatrice del bambino a una merenda all’osteria; e questa dicesi lâ a bagnâ i rizzòz. Dovunque poi, se il bambino muore entro due, tre anni, il padrino provvede la bara, e la madrina il vestitino colle gale”. ( L.Gortani e G.Marinelli, Linguaggi, usi e costumi, sta in: Guida della Carnia, Del Bianco, 1898, pag. 134).

(13) Mattio Prencis del fu Giovanni  di Mione (ora defunto) ebbe a smarrirsi ritornando dal sacro fonte in Neval.
Un bambino il Francesco de Franceschi di Mione q. Osvaldo, similmente sotto Luint.
Un Bambino di Cludinico nel bosco, che si percorre prima di giungere a quel villaggio.
E questo, che fu trabalzato dal cesto non lungi dalla Chiesa del Carmine, rendendolo a Liariis d’ond’era partito. Nota del testo originale.

(14) Lupieri aveva segnalato i gravi rischi causati alla salute del neonato da questa usanza in una relazione medica scritta subito dopo il 1819 in cui dice: “Usciti appena alla luce si espongono li neonati senza le dovute cautele agl’insulti dell’aria libera, e si tengono in cupe stanze umide e mal difese, ove talvolta intirizziscono. Di slancio indi si accostano e troppo d’appresso al fuoco, in guisa che da tali vicissitudini e da un tal uso., raro è nel verno nella primavera e nell’autunno un bambino, che non veggasi costipato. Più: poche ore dopo del parto, si trasportano alla Chiesa, più miglia sovente discosta dall’abitato, onde assoggettarli ai riti sacri di religione ed alle inclemenze del tempo. Ora questi teneri bambolini passando dal tepore delle materne viscere di slancio ai disagi ed ai rigori esposti, dai quali non bastano talvolta le migliori cure per preservarli, come è possibile che non contraggano delle costipazioni funeste e preparatorie di catarri di ostruzioni, di affezioni asmatiche e nervose, e di tutti li mortori fenomeni già ricordati? Il delicato loro sistema nervoso ne risente l’urto in sommo grado, e quindi le spsmodie particolarmente riescono tanto familiari e tanto funeste!…” (G. B. Lupieri, Cenni statistici anagrafici necrologici nosografici basati sul decennio 1810-1819 inclusivo relativi al Distretto di Rigolato, ms. ined., b. 102. 35., arch. priv.).

(15) Lupieri in un libello sulle malefatte del Commissario Distrettuale di Rigolato, signor Giacomo  Solveni, ricorda che: “Nell’anno 1845 ordinava provvidamente la Superiorità provinciale, che ogni Comune dovesse fornirsi di un’urna, o cassettina convenientemente disposta, onde portare in essa e con decenza e bene adagiati i bambini a ricevere il battesimo; affine di preservarli dai tanti inconvenienti e gravi malori, ai quali vanno soggetti, per difetto di tale attenzione. Questa salutare misura (se utile al piano, fra questi monti indispensabile), fu ed è sempre trascurata. Assunse il regio Commissario signor Solveni di far preparare tali cassette in regola; ma questa provvidenza è ancora un desiderio! Ed intanto i neonati, nella rigidezza del verno, muoiono in gran numero!”. (Atti allegati al fascicolo Le glorie del signor Solveni, ms. ined., b. 146. 18. arch. priv.)

(16) Nel dibattito medico Ottocentesco  sul fenomeno della mortalità infantile viene denunciato lo stato di abbandono dei bambini, con accuse di negligenza, ignoranza e noncuranza rivolte ai genitori, e viene chiesto il miglioramento delle condizioni ambientali, una migliore alimentazione e il miglioramento delle condizioni igieniche personali e generali per arginare il fenomeno.
In proposito, si veda il saggio di F. Zanolla, Pediatri e contadini  intorno alla morte del bambino povero, Qualestoria, anno IX, n.3, !981.

Nota
Per concludere si riporta anche la breve descrizione delle usanze legate al battesimo che Lupieri ha fatto in un suo saggio sulle “Abitudini particolari” dei carnici riguardo alle “Nascite”:
Quando avviene qualche nascita, non si pensa che al battesimo del Neonato; e nel giorno stesso o al più nel domani, viene portato a ricevere le acque di rigenerazione e di grazia.
Quantunque da molti anni prescritte, qui non sono attivate le cassette ordinate a tutela della vita del neonato nel trasporto che deve farsi alla Chiesa, talvolta più miglia disgiunta. Vengono quindi adagiati in un cestello, o piccola urna, o posti in una zesta, e portati sugli omeri al sacro fonte.
Siccome  però il battistero è talvolta sino a tre miglia disgiunto, e siccome i Bambini in massima parte sono mal difesi dalle inclemenze dei tempi, esponendoli appena sortiti dall’utero, e così incautamente né rigidi mesi di novembre, dicembre, gennaio e febbraio, colpiti la metà ed oltre da grave costipazione, convulsi, volano in paradiso.Lo scrivente à più volte [segnalato] alle Autorità politico amministrative tali inconvenienti, come anche a molti Parrochi, ma senza vedere attivate sanitarie provvidenze.
Portando i bambini al sacro fonte, è costume di cingere la urna o cestella con una larga tendolina verde o celeste se è un maschio, rossa se una bambina.
Assistono di solito al sacro fonte due patrini un uomo ed una donna, ed il neonato viene portato da una Giovine, accompagnata dalla Mammana. Seguito il battesimo i Patrini inviano alla Puerpera (parlando dei villici) una piccola mancia, consistente in due fiorini per ciascheduno circa, e passano una piccola ricognizione alla Mammana ed alla Portatrice del battezzato.
Il Parroco poi (quasi ovunque) invita i Patrini al bacio della pace all’altare, e quivi pure si lascia qualche moneta a piacere.
Fra le persone civili, invece di una mancia alla puerpera in dinaro, è costume di presentarle una larga scatola di pastiglie, di manicaretti, cartoline, alcuni offici di cioccolata, e simili, colla scorta di alcune bottiglie.
Seguito il battesimo del neonato, Patrini, Parroco, Mammana e Portatrice, tutti uniti passano d’ordinario dalla Chiesa, all’Osteria, dove si fa una piccola refezione, e si prende un bicchiere di vino a carico del patrino.
Già 30 a 40 anni la Puerpera (parlando del ceto ordinario) inviava poi dopo una settimana circa, in segno di gratitudine ai Padrini un largo piatto di ruffioli di buona misura conditi e circondati da zuppe (così dette) indorate, o regalava un caprettino, o alcuni polastri, o un cestelletto di uovi, di frutti, o simili; ma questa corresponsione è attualmente cessata.
Se il battezzato moriva prima dei 7 anni (tra il Popolo) usavano di vestirli a bianco cingerli di cordelle a vivaci colori, spargerli di fiori, e accompagnarli alla tomba. Ma anche questa pratica oggidì pare dimessa"
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(G.B.Lupieri, Note ed aggiunte alla condizione fisica agraria ed economica della Carnia, ms. ined., b. 140. 13. 5., arch. priv. )

 

 

2. Ispezione sanitaria a Zovello

Ho trovato tra le carte del medico chirurgo dottor Gio Batta Lupieri di Luint questa interessante e drammatica relazione sanitaria richiestagli dalle autorità competenti, in questo caso dal Commissario Distrettuale che era stato allertato dal parroco di Ravascletto, don G. Cecconi, con una lettera del 4 settembre 1831. Scriveva il parroco:
Imperial Regio Signor Commissario Distrettuale in Comeglians
Non so se la dissenteria di sangue sia una di quelle malattie di tosto comunicarsi alla competente autorità quando sviluppasi in qualche Comune. In Zovello frazione di questo Comune si è tale malattia sviluppata già cinque o sei giorni in una famiglia, ed a quest’ora sono già infette più di una. Attaccò li fanciulli, e di questi uno morì ieri l’altro, ed uno ieri, ed oltre questi soffrono tal puzzolente schifoso male cinque o sei altri fanciulli, e due donne adulte.
Per non mancare a un mio dovere, e per ubbidire alle superiori ordinazioni ecclesiastica e civile mi affretto di partecipare a questo Commissariato lo sviluppo di tale malattia, onde se fosse delle contemplate per la denuncia, agisca nel modo che superiormente li è prescritto
.
Giovanni Battista Lupieri era a quei tempi uno dei pochi medici, se non il solo, che operavano in Carnia come libero professionista. Il Commissario Distrettuale, il cui ufficio aveva sede a Comeglians, si avvaleva della sua collaborazione per ispezioni sanitarie e per la vaccinazione antivaiolosa. Lupieri era professionalmente attivo già dal 1801 quando, dopo aver conseguito la laurea in medicina e chirurgia a Padova, ritornò in Carnia per esercitare la professione. Fu molto stimato ed ebbe una notevole clientela essendo stato, come ha lasciato scritto, il primo medico fisico in Carnia. Fu chiamato a prestare la sua opera non solo in ogni paese delle vallate carniche ma anche in Comelico e in Cadore. Lupieri, uomo dai molteplici interessi culturali, che coltivò costantemente pur vivendo in un piccolo ed isolato paese, fu un vero medico filantropo tanto che nelle sue relazioni alle autorità politico-amministrative non mancò mai di far presente la difficile situazione economica, e nei casi più drammatici di intervenire anche concretamente, in cui versava la popolazione della montagna per sollecitare opportuni provvedimenti. Durante tutta la sua lunga esistenza cercò di combattere i pregiudizi di ogni tipo e di operare per accrescere l’educazione, sia culturale che morale, dei suoi conterranei. Ecco come descrive la drammatica realtà che gli si è rivelata dal suo repentino sopralluogo in Zovello:
Al regio Commissariato Distrettuale di Rigolato
Sebbene per affezione reumatica male disposto nella salute, mi sono questa mattina in albis partito da casa, onde trasferirmi a Zovello, all’importante oggetto di riconoscere la qualità del malore colà sviluppato, ed iniziare quelle pratiche curative e preservative che si rendono convenienti, in obbedienza al rispettato Commissariale attergo 4 corrente n. 2413 e colà giunto, chiamato a me quel Capo-frazione, Gerometta Valentino, ed istrutto dell’incombenza mia, lo pregai ad essermi di scorta per tutte le famiglie del villaggio, in cui sapesse, essersi presentate malattie recenti d’indole violenta e sospetta, al che prestassi fedelmente, dietro un’accurata disamina, ebbi a rilevare, essersi colà sviluppata, da due settimane a questa parte, una disenteria grave; otto sono le persone colpite, appartenenti a quattro famiglie, una delle quali è convalescente, cinque decombono, colpite da sintomi più e meno violenti, e due fanciulli andarono a soccombere ai 3 del mese in corso, uno in tre, l’altro in nove giorni di malattia.
I sintomi di questo morbo sono quelli appunto, che caratterizzano le gravi dissenterie; sicchè inutile sembra una minuta descrizione.
Cause precipue di questo malore sono la povera dieta, l’uso quotidiano, e pressoché esclusivo d’erbaggi male preparati, di frutti immaturi, e singolarmente di patate, l’esposizione continua all’umido e al freddo, e le  gravi e diuturne fatiche agrarie, a cui soggiace la meschina popolazione di questo montano paese, ed in quest’anno particolarmente per lo stentato raccolto di foraggi del monte, a motivo dei tempi umidi e piovosi lungamente corsi: ed è grave perché trova disposizioni morbose preesistenti nel logoramento delle persone.
Egli è perciò, che si osserva una particolare influenza dissenterica presentemente quasi generale in tutta la Carnia. Si propaga però a preferenza ove maggiori sono le ristrettezze, i disagi, e le angustie delle popolazioni, e per questo conto, è molto a temersi che vada maggiormente ad estendersi a Zovello, ove penetrando nelle famiglie s’affacciano le persone tristi, sparute, ed intisichite dalla miseria. Venni colà assicurato che alcune famiglie ànno già consumato immature le patate, che servire loro dovevano di alimento per tutto l’anno. Basti ciò per dipingere lo squallore e la miseria estrema della massima parte delle persone di quel villaggio!
O’ suggerito sulla faccia del luogo alcune medicine, ed il conveniente metodo curativo e dietetico, insistendo quanto mai sulla interna pulizia della famiglia insinuando di tenere i malati in camere ampie ventilate, possibilmente isolati, e declamando fortemente contro l’uso delle visite superflue ai medesimi. Ma in quanto alle medicine alcune famiglie esposero di non avere i mezzi da provederle, e mancare perfino del necessario pane pel cibo dei decombenti; ed in quanto ai locali, non si può andare contro natura. Ciò posto, e siccome incontrasi in quella gente una presunta generale disposizione morbosa, e replico a temersi molto la rapida propagazione del morbo di cui si tratta, combinandosi anche ciò all’indole contagiosa del morbo.
Dal quadro nosografico unito emerge quali sono le famiglie, quali e quanti gli individui colpiti, quale l’età loro quando stati siano colpiti, in quale stato ora versino, e quale fu il destino d’alcuni. Si deve però aggiungere che due terzi della popolazione di quel villaggio sembra indisposta, e malaticcia per effetto d’inedia.
Regio Signor Commissario, non può dissimulare il sottoscritto, che a sì critiche circostanze è ridotto il Distretto, a motivo dei carichi sproporzionati alle sue risorse, che smunto ed intisichito, manca ormai dei mezzi di provvedere a suoi più stretti bisogni, come sono quelli della sussistenza e della salute. Medicina radicale, onde allontanare i mali inevitabili, a cui deve ricorrere, stando all’attuale sistema censuario, è la minorazione delle imposte, diversamente la Carnia va schiacciata sotto l’enorme peso delle medesime. Testimonio oculare di ciò, Ella deve essere di tale verità convinto; ma ove, come il medico, dato gli fosse d’insinuarsi nei penetrali più reconditi delle famiglie, dovrebbe rendere maggiormente giustizia alla mia sentenza! Questi cenni, suggeriti da filantropico sentimento, sono pur degni del medico filosofo ed indagatore delle cause predisponenti a gravi malori e a pubbliche calamità. Sono certo che nelle sue cognizioni topiche, e nella sua penetrazione, Ella saprà dar loro quel peso, di cui  sono meritevoli, e rappresentarli alla Superiorità sotto quell’aspetto, che si conviene onde richiamare le provvidenze necessarie non tanto alla prosperità, quanto alla sussistenza di questi popoli…"
Luint, 5 Settembre 1831
Gio Batta Lupieri

3. Ispezione sanitaria eseguita a Collina al ferito Fuccar Giovanni

Ho trovato tra le carte del dottor Gio Batta Lupieri la storia del ferimento del povero Giovanni Tomat detto Fuccar, di Comeglians, avvenuto l’ 8 agosto 1827 sul monte Plums.
Il 9 di agosto 1827 il Commissario Distrettuale scriveva al medico chirurgo Gio Batta Lupieri di Luint per invitarlo a visitare urgentemente il ferito, prestargli i primi soccorsi e riferire il vero stato, numero ed entità delle sue ferite. Lupieri esegue con sollecitudine le richieste del funzionario e il 10 agosto gli scrive: 
In obbedienza alla urgentissima di Lei Ordinanza 9 corrente n.2106 profittando del chiaro della luna partii alla ora 1 del mattino per recarmi colla maggiore possibile sollecitudine a Collina, onde prestare al ferito, colà decombente Giovanni Tomat detto Fuccar di Comeglians li necessari soccorsi. Sono in fatto colà pervenuto alle 8 ore della mattina, colto dalla pioggia circa ¾ d’ora prima dell’arrivo.
Dalla unita relazione Ella conoscerà la qualità, quantità, ed entità delle ferite da Esso riportate, essendo sdraiato stanco e sonnacchioso sul coperto d’una loggia presso il Casone di Plums, per opera, come dice, di un pastore di Piluerno, che si ritiene anzi per militare in permesso.
Due ferite molto profonde obbliquamente alla parte posteriore e superiore della scapola destra, sono veramente gravi, perché cagionate da due campagnole, cioè piccole palle; ma pur non avendo penetrato in cavità e leso dei visceri molto interessanti sono pericolose; non sembrano però assolutamente mortali. Tutte le molte altre cagionate da piccoli pallini sono leggiere e senza pericolo.
O’ curato le ferite gravi e ammaestrato alcune persone che assistono l’infelice, per la cura successiva. Alle braccia e mani, molto però gonfie per la quantità delle lesioni, ò applicato una chiarata d’uovo e suggerito in seguito un fomento di posca. Non sono riuscito ad estrarre che tre pallini.
O’ suggerito per buona in difetto di altre medicine quattro oncie di lardo liquefatto, ed avrà d’uopo in seguito di una pozione mannata, costipato molto essendo l’alvo, e scarsissime le orine. O’ prescritto una dieta leggerissima, e per bevanda una decozione di cicoria e di gramigna, alternata con acqua zucchero ed aceto. Troverà qui unita la relativa ricetta, contenente pure una piccola dose di unguento per la medicatura delle maggiori ferite.
Non avendo colà trovato la Deputazione Comunale non potei ritirare la certificazione che deve corredare il quadro di mia competenza, che ottenuta le sarà tosto inoltrata, e non dubito che non sia per interessarsi a mio riguardo.
Soddisfatto così al mio dovere passo ad attribuirle la mia distinta considerazione”.
Allega allo scritto la ricetta di un medicamento, che ha prescritto al ferito, da prendersi “alla mattina per tre giorni di seguito, sciolto in un boccale d’acqua bollente, o della suggerita decozione di cicoria e gramigna” ed un unguento che “serve per medicare le grandi ferite al dorso”.
Segue poi la relazione chirurgica sulle effettive condizioni del ferito inviata al Commissario e più ampiamente sviluppata nei giornali medici di sua esclusiva competenza in cui annotava giorno dopo giorno le visite che effettuava, la diagnosi e le terapie che consigliava.
“Oggi 10 Agosto, anno 1827 essendomi d’ordine urgentissimo del Regio Commissario Distrettuale di Rigolato, recato a Collina, frazione comunale di Forn’Avoltri onde prestare li necessari medici soccorsi al ferito Giovanni Tomat detto Fuccar del fu Bernardo, oriundo di Vinaio, domiciliato da molti anni in Comeglians, dall’età d’anni 24 circa, nubile, di condizione miserabile, colà decombente, in conseguenza di varie ferite d’arma da fuoco, in uno stavolo del Deputato Comunale signor Gio Batta Sottocorona, ove fu ieri mattina raccolto dall’umanità del proprietario, ed interrogato da prima come sia avvenuto il funesto caso per cui decombe, à dichiarato:
Che si era Egli partito mercoledì verso un’ora di giorno da Comeglians per recarsi in Mortaretto, ove avea bisogno abboccarsi col Domestico delli Signori Tavoschi di Comeglians, e che essendo giunto al casone di Plums, trovò ivi un pastore che guardava il Casone al quale richiese ed ebbe un po’ di siero di latte, dopo preso il quale, essendo stanco si sdraiò sul coperto di una loggia vicina e sotto alla Casera. Fece ivi un sonno di circa un’ora, dopo di che destossi, colpito da una fucilata a palla e pallini che gli venne diretta sul dorso. Avendo cominciato a gridare si avvicinò il feritore, che tosto caricò di nuovo lo schioppo, minacciandolo di nuovamente colpirlo e circa un quarto d’ora di poi vennero dal monte il Fedaro e i Pastori , li quali mostrarono sorpresa della cosa, parlando col feritore il quale disse loro, che meco erano due altre persone intenzionate di furto, quando solo solissimo io era, né vidi persona in quei contorni. Fasciato male e peggio la sanguinante ferita, mi consigliò il Fedaro di partire prima che il male si accresca, e quindi presi la strada di Collina trovando più comodo di recarmi costà che altrove, dove arrivai mercoledì sera verso le 6. La fucilata mi fu data circa le due dopo mezzogiorno.
Dopo ciò mi sono occupato dell’esame delle ferite, di cui ecco la descrizione:
1.  Due ferite alla parte superiore e posteriore della scapola destra profonda circa 1 pollice e mezzo, aventi una direzione discendente obliquamente verso la cavità, cagionata da due campagnole, di cui l’inferiore più grossa dell’altra.
2.  Tre ferite da pallini sulla detta spalla alla distanza triangolata di un pollice uno dall’altro. Sono queste superficiali.
3.  Un’altra ferita da pallini al lato destro dal collo posteriormente verso la nuca.
4.  Altra simile ferita sull’orlo della scapola sinistra superiore
5.  Tre altre ferite simili alla sommità del parietale destro
6. Ventidue altre ferite alla parte anteriore del braccio ed avambraccio, essendovene alcune prodotte dall’entrata ed uscita dei pallini scagliati
7.  Ventuna altre ferite alla mano e all’avambraccio della mano sinistra
Tutte queste ferite sono cagionate d’arma da fuoco. Le prime due ferite interessano il costato, non sembrano però penetrate nella cavità del torace, perché non vi corrispondono li sintomi, essendo il respiro libero, mancando l’ansietà, gli sputi sanguigni, gli affanni e la febbre che dovrebbero osservarsi in quel caso. Sono però gravi e pericolose.
Tutte le altre ferite sono lievi e superficiali e senza pericolo.

Sul giornale medico chirurgico, oltre a quanto già sopra esposto, fa un esame più dettagliato delle ferite ed aggiunge qualche altra considerazione:

“Il ferito è però immobile, né può erigersi per la ferita al dorso, né può aiutarsi colle braccia, tempestate di ferite. La febbre è però discreta, non ebbe sputi sanguigni, libero è il respiro, non vi sono smanie affannose, mancano in una parola i sintomi almeno di vicino pericolo.
Non è facile determinare l’epoca della guarigione la quale potrebbe estendersi molto, ed a motivo de’corpi estranei di presente impossibile estrazione, potrebbe finire con un morbo cronico ed incurabile. Dai successivi fenomeni si potrà concretare un pronostico più positivo,
Dichiara il ferito, che nessuna persona era al momento del colpo ricevuto presente, ed assicura che il feritore è un giovine pastore del villaggio di Piluerno presso Venzone, che lo crede anzi un militare in permesso. Crede però che il capraio possa di lontano aver veduto il tristo caso, e che nemmeno il Reo negò al Fedaro e Pastori di aver fatto il colpo, quando s’accostarono al Casone.
Tanto ò rilevato colla maggiore accuratezza e con tutta verità espongo, pronto a raffermarlo con giuramento in  fede.

Cosa ne sia stato del povero Tomat non lo sappiamo, speriamo che dopo la provvidenziale degenza nello stavolo del deputato comunale Gio Batta Sottocorona, abbia potuto ritornare a casa sua a Comeglians e, nonostante le empiriche cure mediche di quei tempi, abbia riacquistato la buona salute.

 

4. Relazione sulla malattia dei fratelli Gottardo di Trava

In questo scambio epistolare si paventa il sospetto che causa di malattia possa essere la vicinanza di un grande noce il quale...

Al Signor Gio Batta Dr. Lupieri
Medico Fisico in Luint
Mi si fa credere che Lei abbia più volte curato  in malattia lì Nicolò e Gio Batta fratelli Gottardo di Trava, ed altri individui di quella famiglia, e che abbia potuto conoscere, che le malattie a cui sogiacquero gl’individui stessi potessero essere state occasionate dalla soverchia vicinanza alla loro casa di alcune piante di noghera.
Se sussiste la suesposta circostanza, la prego a voler esternarmi coll’accuratezza che tanto la distingue i vari di lei divisamenti nel proposito, ed il risultato delle osservazioni che ha potuto fare relativamente all’influenza che potevano, o possono avere le piante suddette sulla salute degl’individui, che abitano la casa sucitata.
Attendo dalla nota di Lei compiacenza, e gentilezza un’analogo riscontro, per cui le anticipo i miei ringraziamenti.
Tolmezzo lì 5 Agosto 1823


Il R. Commissario D.e

  1. Rigoni Stern
Il dott. Lupieri prontamente risponde con questi toni:

Al R. Commissario Distrettuale di Tolmezzo

Luint 20 Agosto 1823

E’ qualche anno che Nicolò e Gio Batta fratelli Gottardo di Trava ricorsero ai medici consigli del sottoscritto, mentre erano colti da lente affezioni morbose, familiari a tutta quella Famiglia; ed è vero, che fra le cause produttrici di tale indisposizione, resa quasi fra essi abituale, ebbi ad attribuire una grande influenza a varie piante di noce, che grandeggiavano presso la loro casa.
In fatto, se tutti gl’individui di quella Famiglia erano abitualmente languidi, sparuti ed indisposti, a differenza delle persone e famiglie dello stesso villaggio costituite in pari circostanze morali, di vitto, e di attitudine; era ben ragionevole di ciò dedurre da cause loro particolari, cioè dalla diversa loro posizione locale, e davano per se stesse nell’occhio le vaste piante di noce che davvicino fiancheggiavano l’abitato. Premessa tale esposizione passo a farle qualche cenno sulla natura e tristo influsso di tali piante.
Il noce cresce orgoglioso, diramasi ampiamente, vestendosi di larghe e crasse foglie: quindi colla immensa mole impedisce la libera ventilazione, arresta il vivido raggio animatore della natura, defrauda della luce benefica, ed in se raccoglie copiosa umidità: e l’esperienza ci ammaestra che possono da tutto ciò scaturire delle morbose affezioni. Non basta: sono tali piante di natura nitrogena, ed abbondando di carbonio e d’azoto riescono infauste all’umana salute. Sotto il noce non allignano d’ordinario che piante virose e sospette: fugge spontaneo il campagnolo negli estivi ardori, il rifugio della di lui ombra: le bestie ànno in onore le di lui foglie, quindi pare che la natura stessa ci parli a suo svantaggio.
Tale pianta agitandosi finalmente con violenza sotto le tempestose meteore può di leggieri attrarre dei fulmini, e recare anche per tal modo funesti disastri al vicinato e produrre la distruzione d’intieri villaggi.
Applicando l’esposto al caso dei fratelli Gottardo di Trava, non esito a concludere, che le piante fiancheggianti la loro abitazione meritano di essere abbattute perché di vasta mole, poco disgiunte, e poste fra mezzodì e ponente: ed aggiungo, che sarebbe desiderabile di vedere atterrate fino alla distanza di 30 passi veneti tutte le piante di questa specie nella periferia di ogni villaggio, ove sono particolarmente le case coperte di paglia.
Tanto sia in evase dell’ossequiata di Lei Nota 5 Agosto corrente n. 1679.

Gio Batta Lupieri Medico Fisico

 

Il ricorso delli Gottardi fu dalla R. Delegazione Provinciale del Friuli rimessa a questa deputazione per informazione ordinando di portarsi in Trava col Medico Fisico Damiani a riconoscere se l’esposto conteneva la verità. Eseguito questo dalla Deputazione ritornò la posizione col voto favorevole, e fu poscia ordinato al V. Ispettore forestale acciò questi anco dicesse di sua opinione, e dopo tutto ciò fu ordinato che fossero abbattute le piante; colla condizione che se li proprietari non eseguissero, che si dovesse tenire un atto privato, e che la deputazione li facesse abbattere. Portata sopra luogo la deputazione per tenire l’asta di quele piante che erano pur anco in piedi li proprietari pregarono la deputazione a dilungare il taglio fino all’autuno per poter far del legname quell’uso che era proprio, e la Deputazione accordò questo, e fu esteso Processo Verbale col quale s’impegnarono li proprietari d’eseguire ciò che era ordinato dalla superiorità. Arrivati in autuno questi si rifiutarono, e fu che nuovamente la deputazione  consultò il R. Commissario ciò che si doveva fare, e questo ordinò che si tenisse l’asta dopo nuovamente diffidati li proprietari. Esposto dalla Deputazione l’avviso d’asta, questi proprietari si determinarono di ricorrere all’Eccelso Governo comunicando una Rubrica del ricorso alla Deputazione anco? non propose a fare l’asta.
Il Ricorso di questi fu rimesso al R. Commissario e questo richiese delle informazioni alla Deputazione che io non posso rendere conto che fu data dal signor Michele? Essendo io allora io fuori di Comune.
Per quanto ho potuto conoscere il R. Commissario io oggi per quanto mi disse ama di sapere A la distanza di quelle piante dalla famiglia Gottardi . B la loro altezza: C  la loro dimensione: D se sono a levante, mezzodì, ponente, o mezzanotte. Ciò è quanto le posso dire. Domani che ritorno a Tolmezzo parlerò di nuovo col Signor Commissario.
Mi continui il suo compatimento.

(lettera non firmata)

 

5. Il Comune di Mione

Nel 1863 Gio Batta Lupieri scriveva: “Il Comune di Mione è composto di otto piccoli e miserabili villaggi, posti alla destra del torrente Degano. La popolazione complessiva  del Comune è di 1340 anime circa, ed il villaggio più popolato, ed anche il più censito è Mione, ragione per cui essendo – meno Luint -  il più centrale, fu ritenuto a capoluogo del Comune. Il Comune di Mione è uno dei più miserabili della Carnia, manca affatto di patrimonio, poichè le poche attività delle frazioni, vennero al momento dell’aggregazione riservate a beneficio particolare delle stesse, quindi tutte le passività del Comune, dopo la soppressione della tassa personale, cadono a peso dei censiti. E ciò è notorio e gli atti di amministrazione lo confermano.” Fatta questa premessa va detto che, nel 1862, dopo un lungo periodo di mugugni e malcontento, i rappresentanti in consiglio comunale delle frazioni di fondovalle (Muina, Agrons, Cella, Luincis, Entrampo) misero in discussione la centralità di Mione come sede dell’ufficio comunale tanto da iniziare un serio e lungo conflitto con i paesi posti a monte (Mione, Luint e Ovasta) che sfocerà nel trasferimento abusivo degli arredi e dei documenti dell’ufficio nella frazione di Cella ritenuta di più facile accesso per la popolazione.
Questa breve istanza, trovata tra le carte del dottor Gio Batta Lupieri di Luint, riassume alcuni aspetti della vicenda:

“Al Regio Signor Commissario in Tolmezzo

Trasportato d’arbitrio, e senza superiore assenso, l’Uffizio comunale di Mione a Cella nel giorno 14 Maggio 1862, ad opera del Deputato Sig. Vincenzo Fabris di Muina, dietro reiterato reclamo dei Consiglieri e possidenti di Mione e Luint al regio Commissariato di allora: indi alla ossequiata Congregazione provinciale: poscia al 1° Dicembre 1862 alla inclita Congregazione  Centrale: ed in ultimo con ricorso per denegata giustizia 20 Marzo 1863 all’I.R. Luogotenenza Veneta, da cui venne ordinato il ripristino dell’Uffizio in Mione, col pieno corredo di quanto apparteneva al medesimo, e ciò con Decreto 11 Marzo 1863 n. 1124 della r. Congregazione Provinciale, comunicato dal r. Commissariato al 14 mese ed anno stesso col n. 656.
            In seguito a ciò, venne riaperto il locale  d’uffizio in Mione, senza però restituire al medesimo le carte – stampe – protocolli – anagrafi – processi verbali, bollettino delle leggi, ecc. cioè tutto quello che fu asportato.
            Al 21 Giugno 1864, si fece nuovo reclamo al r. Commissariato su tale difetto ed essendosi personalmente recato il r. Commissario nel giorno 28 Luglio 1864 a presiedere al Consiglio, e trovato il locale spoglio quasi affatto dei mobili, e di quanto appartiene all’uffizio, ordinò al Deputato Fiorencis a dover tantosto provvedere, onde tutto ciò che apparteneva prima all’uffizio, fosse pienamente restituito, a carico personale del sospeso Deputato Sig. Fabris, che aveva verificato l’asporto.
            Dietro tal ordine Commissariale ebbe luogo la restituzione di un tavolo mutilato, del quadro, che offre l’immagine di Sua Maestà, del bollettino delle leggi imperfetto, e di alcune carte inconcludenti. Mancano però gli atti di maggior importanza: protocolli – atti di ordinaria corrispondenza – di contabilità – l’anagrafe – statistiche – ecc. ecc. e tutto ciò è voce, che esista a mano dell’Agente comunale Sig. Michiele de Corte, che abita in Ovasta, villaggio montano e posto all’ultima estremità del Comune.
            A vista di ciò, si prega il r. Sig. Commissario Distrettuale a dare gli ordini opportuni a chi spetta, affinché tutto quello, ch’è di ragione dell’ Uffizio venga indilatamente al medesimo restituito, verso elenco d’ogni cosa, e che tutto in Uffizio sia regolato e ben ordinato per facile rinvenimento, a benefizio de’Consiglieri, e degli Amministrati. Non dubitano perciò i sotto firmati consiglieri e possidenti del Comune di non essere esauditi.

Mione 17 Decembre 1865

Come sarà andata a finire? Ovasta, Mione e Luint avranno ottenuto il ripristino della loro uffizio completo di arredi e documentazione? La vicenda avrà una definitiva conclusione nel 1872 quando il Comune di Mione verrà incorporato in quello di Ovaro. Se vogliamo trarre una morale da questa storia dobbiamo constatare che anche nel mitico “bel tempo antico” non mancavano i conflitti campanilistici, gli ostacoli burocratici amministrativi e gli atteggiamenti di chiusura. Le vicende del piccolo comune di Mione, che ci piacerebbe tanto raccontare in modo più esteso, insegnano come per ben amministrare si debba continuare sulla strada del consorziamento delle piccole realtà locali e non chiudersi in sterili e controproducenti richiami a un’identità che non verrà intaccata se si provvederà a salvaguardarne la memoria


6. Una meteora straordinaria (1834)  

Una meteora straordinaria, e superiore ad ogni ricordanza, ebbe luogo nell’anno 1834.
Cadde ne’giorni ultimi di  Febbraio nella Carnia tanta copia di neve, quanta nessuno dei viventi avea più veduto per lo passato. Ma non basta; la sera e la notte del 27 e 28 presentavano un aspetto, oltre ogni immaginazione terribile, e spaventoso!
Lampi frequentissimi … orrendi tuoni … fulmini spaventevoli … immensa neve … un diluvio di pioggia … il rumore delle valanghe … formavano un contrasto infernale, stranissimo, imponente in sommo grado! Giunta la neve a straordinaria altezza, aumentata, e calcata da quella, che giù piombava dai coperti delle case, e dagli stavoli, inceppava il corso delle acque, le quali ingorgate poi, entravano per le porte e per le finestre delle case, allagando tutto, e minacciando soffocazione delle persone e delle bestie! Fra tanto orrendo fracasso, udivansi disperati clamori dai vicini, che si vedevano a gravissimo, e vicinissimo pericolo di essere affogati! Ma chi poteva soccorrerli, se nessuno poteva sortire di casa ..? Orribile era il caso! Ognuno attendeva o di vedersi da un istante all’altro schiacciata la casa e sepolti vivi sotto le rovine, o soffocati dalle acque, che invadevano le famiglie, senza raggio di speranza d’umano soccorso. Ognuno temette quella notte  orrendamente straordinaria l’ultima della sua vita. Io stesso – devo confessarlo – ebbi a temere una dolorosa catastrofe!
Sostasio villaggio frazionale del Comune di Prato, distretto di Rigolato, soggiacque in quella circostanza ad un bruttissimo caso. Cariche le sorastanti montagne da una immensa quantità di neve … e resa labile e pesante dall’acquazzone … scossa la terra sotto l’orrendo scoppio de’tuoni, al fragore de’quali come spaventata la terra tremava, ebbe fra le ore 9 e 10 della notte dal 27 al 28 Febbraio a staccarsi dalla vetta estrema del monte Talm esistente a ovest-nord del villaggio una valanga misuratissima, che volume e forza più sempre acquistando, quale rovescio di monte, rovinosissima precipitò sul villaggio, tutto abbattendo, rovesciando, ed asportando quanto si opponeva al rapacissimo suo corso. Quindi colpito il villaggio al lato superiore sinistro, ebbe sciaguratamente rovesciate ed asportate 5 case d’abitazione, 7 stavoli e stalle e vari opifici – molini, fornaci, ec. Travolgendo le persone tutte, e le bestie, che in quelle abitazioni, e in quelle stalle si trovarono. Diciotto persone, sepolte vive, furono vittima immediata di quella spaventosa valanga; e sette, che fatalmente subirono egual sorte, furono per opera pietosa di centinaia di persone accorse, trovate vive, ma fratturate e malconce … due, o tre delle quali poterono solo aver salva la vita. Perirono da 25 a 30 bovini : ed oltre 40 caprini e pecorini. Una capra fu trovata viva in un vuoto delle rovine alla quattordicesima giornata dalla disgrazia! La povera bestia si era nutrita di terra, ed avea roso dei legnami che le stavano d’intorno. E poi orrendo a dirsi, come alcune persone, sepolte vive dalla valanga, ma senza gravi lesioni, si trovarono in qualche sotterranea stanza, dove dovettero disperatamente morire, e dove furono rinvenute. Dopo ogni tentativo possibile, onde cercare salvezza, convertito avevano disperatamente a danno proprio quelle mani, che indarno impiegato avevano ‘per uscire da quell’antro inesorabile d’orrore e di morte. Strappati alcuni si avevano i capegli … lacerate le guance … ed i cadaveri sconciamente atteggiati, offrivano tutti i sintomi d’orribile disperazione ..! Fu lagrimevolissimo spettacolo il vedere a partire da un piccolo villaggio di 180 anime circa, in un solo giorno, un convoglio di 18 cadaveri portati al cimitero! Orrendo frastuono a udire le preci della Chiesa soverchiate da clamoroso pianto ..! Desolante prospettiva quella della istantanea scomparsa  di tanti fabbricati, ridotti a pezzi e qua e là dispersi per la sottoposta campagna ..! Si può imaginare quanto danno abbia cagionato questa rovinosa valanga – quante angosce e quante lacrime abbia cagionato – e quanto sarà per lasciare di sé lunghissima ricordanza!
Collina grande frazione del Comune di Forno-avoltri, distretto di Rigolato, fu pure in pericolo di essere colpita da un immensa valanga; ma avendo quella  precipitante massa deviato il corso da un lato, non colse che due sole case abitate, e tre stavoli. Asportati totalmente que’fabbricati, due persone furono travolte, ed infrante tra i materiali dei fabbricati, ed i vortici della valanga – e due altre, sepolte vive, furono dall’accorsa gente, quasi per prodigio salvate! Perirono 29 bovini e circa 20 caprini, e pecorini!
Cleulis frazione di Paluzza, sul monte alla destra del torrente But, soggiacque pure a sciaguratissimo caso. Precipitando un valangone dall’alto del monte, su cui a nord-est giace il villaggio, asportò quattro case, ed alcuni stavoli, colla morte di 11 persone – e la perdita di 16 bestie tra bovine, caprine, e pecorine!
Anche Sauris di Sovra, villaggio il più elevato di quanti esistono nella Carnia, corse grave pericolo. Una immensa valanga asportò alcune case, e stavoli, senza però eccidio di persone; perché prevedendo il pericolo, ebbero la prudenza di ritirarsi. Senza tale misura, state sarebbero travolte dalla valanga.
Lungo sarebbe l’annoverare tutte le disgrazie avvenute a causa della surriferita meteora. Accenneremo però, che moltissimi fabbricati, oppressi dal peso enorme della neve, furono schiacciati … molti stavoli e casoni pastorecci sui monti scomposti, rovinati, o totalmente distrutti. In una parola, non vi fu casa … non stavolo, o stalla, non coperto, che più o meno stati non fossero danneggiati!
Immensi guasti da tale meteora ebbero pure i boschi specialmente resinosi. Molte piante furono rovesciate o infrante: schiacciati, o rotti furono i novellami: schiantate intere vette di piante dall’impeto delle valanghe. Il danno da ciò solo derivato alla Carnia, si fa da esperti calcolatori ascendere ad un milione e mezzo di franchi!
Il distretto di Rigolato è quello che più sofferse, e per quantità di neve, ed a motivo di ripidezze delle sue montagne. Sappada, villaggio posto alla più alta estremità del Distretto, ebbe in questa occasione, neve piedi veneti 17 – la parte media, com’è Rigolato, piedi 8 – i paesi pedemontani alla bassa, come Comeglians, Ovaro, ec. piedi 5.
Enorme era dunque la massa della neve caduta in Febbraio 1836 e gravissimi furono i danni recati, perché avendo trovato il terreno coperto di neve prima gelato, ebbe agevolato il corso alle valanghe!

(Da: “Notizie storiche della Carnia” manoscritto di Gio Batta Lupieri di Luint)

 

7. Antonio Magrini, medico e musicista  

Nella vasta schiera di musicisti dilettanti che nel corso dell’Ottocento anche in Friuli produce una notevole quantità di brani d’ogni genere, l’udinese Antonio Magrini, nato in borgo Grazzano il 9 novembre 1817, è rimasto sino ad oggi autore del tutto sconosciuto. Il mestiere del padre, nonzolo della parrocchiale di S. Giorgio Maggiore, e la presenza nella stessa chiesa di un pregevole organo di Gaetano Callido favoriscono fin dalla prima età l’avvicinamento di Antonio all’arte musicale. Anche suo fratello Luigi (1802-1868) s’impegna da giovane nello studio della musica; in seguito diventa un famoso fisico, inventore, tra l’altro, di uno strumento musicale elettromagnetico premiato all’Esposizione universale di Parigi. Dopo gli studi nel Liceo udinese, Antonio frequenta l’università di Padova e si laurea in medicina con una tesi, pubblicata in lingua latina, dal titolo De musices influxu in animum (Padova, Penada 1843). Il vivace clima culturale della città veneta favorisce il perfezionamento musicale del giovane friulano, che si mette in luce frequentando l’Istituto Filarmonico Drammatico padovano ed ottenendo “il plauso universale” con l’esecuzione di una sua Messa solenne. Le prime condotte mediche lo portano a Paluzza e Faedis, dove continua anche a comporre; nel 1852 si stabilisce definitivamente nel piccolo villaggio montano di Luint (Ovaro) e qui muore il 4 gennaio 1889. In Carnia vive con molta nostalgia la lontananza dalla città, organizza alcune manifestazioni musicali e si occupa del collaudo di nuovi organi.
La produzione musicale di A. Magrini conta diverse decine di manoscritti inediti, comprendenti sinfonie, musica sacra, brani per tastiera, romanze per voce, ed è custodita con grande cura nell’archivio di famiglia. L’unica sua composizione edita si intitola Rimembranze Carniche, valzer per pianoforte composto nel 1847 e stampato postumo nel 1894 dallo Stabilimento Musicale Giudici e Strada di Milano-Torino, in occasione delle nozze del figlio Arturo Magrini con Lucrezia Zanier.
Il manoscritto della Pastorale per organo, conservato nell’archivio privato Lupieri-Magrini di Luint (segnatura M 13), reca sul frontespizio la seguente dicitura: Pastorale / per Organo / composta in Paluzza per le / Feste Natalizie dell’anno 1844 / offerta al / Chiarissimo Dottor Lupieri / dall’Autore Antonio Dr Magrini. Il brano è stato composto all’epoca in cui Magrini si trovava a Paluzza, località carnica di antiche tradizioni musicali, testimoniate dalla presenza di un organo fin dalla metà del XVII secolo. Le indicazioni dei registri presenti nel manoscritto rimandano, con ogni probabilità, all’organo settecentesco di Giacomo Selenati, costruito per la chiesa di S. Maria a Paluzza ed in seguito trasferito nella vicina chiesa di S. Daniele, strumento che Magrini ha suonato in diverse occasioni. La dedica è rivolta al dottor Giovanni Battista Lupieri (1776-1873), medico e appassionato musicista di Luint, personaggio di spicco nella Carnia ottocentesca, che in gioventù aveva studiato con il maestro di cappella udinese G.B. Tomadini. L’amicizia e la stima tra i due medici-musicisti diviene uno stretto rapporto di parentela nel 1846, quando Antonio Magrini sposa Eugenia Lupieri, figlia di Giovanni Battista.

(Lorenzo Nassimbeni)

 

8. Appunti per una relazione sulla TBC in Carnia (1910)

Brevi appunti del dr. Arturo Magrini che non hanno la pretesa di essere una relazione sanitaria sulla tubercolosi polmonare, ma esprimono solamente delle convinzioni personali, derivanti dalle proprie acute osservazioni durante la trentennale professione medica nella Val di Gorto, dapprima come medico condotto a Forni Avoltri e Rigolato, poi come libero professionista per tutto il Canale:

In casa mia, da 120 anni ci sono medici che osservarono le condizioni igienico-sanitarie di questa valle di Gorto, ove esercitarono. Ultimo della serie (Lupieri dr. G.B. 1776-1873; Magrini dr. Antonio 1850-1889) – esercente da oltre 30 anni (1880 ad oggi) – ho avuto a parlare e a leggere le note di mio nonno e di mio padre, riguardo alla tubercolosi in Gorto si osserva che fino a circa 30 anni or sono essa frequentava solo le famiglie agiate di Gorto (Micoli, Spinotti, Toscano, De Corte, Casali, Cappellari, Romanin, ecc.) e che i lavoratori ne andarono immuni. Non c’era l’emigrazione, come ora; non l’alcoolismo (poiché i bevitori consumavano vino e non alcoolici puri); non tabagismo; non sifilide, ecc.
Le famiglie agiate vivevano con molti riguardi, in ambienti chiusi, abusavano alcuni di Bacco, altri di Venere e tutti frequentavano talora la città (centri ormai di infezione tubercolare).
I contadini lavoravano all’aria aperta, allenati alle fatiche, sobri nel vitto, non fumavano, resistevano alle intemperie mal vestendosi e senza ombrelli – s’erano abituati alle alternative atmosferiche. Soprattutto (attendono ai boschi e alla pastorizia) non emigravano che in Istria e in Friuli – nell’inverno – come tessitori, nei paesi di campagna e mai nei centri popolati.
Dal 1880 in poi la tubercolosi invade la Carnia e massime le case dei muratori che venivano dall’estero.
Le famiglie agiate, da 30 anni adottarono ogni possibile norma igienica ed ora sono quasi immuni dal morbo.
Le famiglie dei lavoratori delle braccia non vi ebbero riguardi di sorta. Gli emigranti, reduci dalla estenuante stagione di lavoro, stanchi e alcolizzati fecondavano le donne. Le donne gestanti dovettero sottostare ad ogni grave lavoro dei campi (da che gli uomini andarono all’estero). Nacque una generazione debole, rachitica, linfatica, scrofolosa, predisposta ad albergare il tubercolo.
E intanto continuarono i reduci dalla Germania ed Austria e Svizzera ad importare tubercolosi, e diffusero sempre più i germi nelle loro case non igieniche, dove le donne sfatte ed i bimbi gracili accolsero, nelle condizioni più favorevoli il bacillo di Koch, che ora in Carnia fa strage (vedere atti di morte di Ovaro 1910-1911)
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Arturo Magrini

(Archivio Lupieri Magrini, B. 113. 12).

 

9. Biografia di Luigi Magrini (1802-1868)

Ho tracciato questa breve e incompleta biografia di Luigi Magrini attingendo a fonti inedite reperite nell’archivio della famiglia Lupieri Magrini di Luint . Una breve parentesi per spiegare il nesso che lega la figura di Luigi Magrini alla omonima famiglia carnica. Antonio Magrini, fratello di Luigi, nel 1846 ha sposato Eugenia Lupieri figlia dell’illustre dottor Gio Batta Lupieri uno dei personaggi più significativi della Carnia ottocentesca. Medico illuminato e dai multiformi interessi ha vissuto da protagonista nell’ambito locale le vicende politiche del lungo e travagliato periodo storico in cui è vissuto. Ha avuto il grande merito di produrre e conservare una notevole mole di documenti riguardanti la sua famiglia, la sua professione e la storia locale. Il  suo unico figlio maschio, Giulio, è morto in uno scontro a fuoco col nemico nel 1849 a Marghera dove era accorso volontario per difendere la Repubblica di Venezia. E’ così che Eugenia, l’altra figlia, è divenuta l’erede di tutte le sostanze paterne e con il marito Antonio, medico a Faedis, si è trasferita a vivere stabilmente nella casa di Luint. E’ dunque Antonio l’anello di congiunzione tra Luigi Magrini e la famiglia Lupieri che ha conservato tra le sue carte anche la poca documentazione di carattere privato riguardante Luigi e molte delle sue numerose pubblicazioni scientifiche.
Mi sono avvalsa di questo materiale inedito per tentare di delineare l’immagine privata e la personalità di Luigi Magrini, dando per scontata la conoscenza della sua biografia scientifica che è stata esaurientemente tracciata e resa pubblica pochi anni dopo la sua morte . Le testimonianze reperite sul Magrini privato purtroppo sono frammentarie, lacunose, poiché la corrispondenza del fratello Antonio è pervenuta incompleta.
Ho cercato poi di collegare la sua storia umana e scientifica alle vicende del periodo storico in cui è vissuto che, anche se non lo hanno visto protagonista diretto, ne hanno sicuramente condizionato il modo di vivere e di sentire.

 Le prime testimonianze sulla famiglia di origine di Luigi Magrini sono di carattere esclusivamente anagrafico e risalgono al 1667, data di nascita di Marco Magrini da cui discende Giovanni il padre di Luigi. Sono state reperite presso l’archivio parrocchiale della chiesa di S. Giorgio in borgo Grazzano a Udine dove i Magrini hanno abitato per secoli ininterrottamente.
Luigi nasce il 4 maggio 1802, secondogenito di 10 figli, di cui solo lui e altri tre raggiungono la maggiore età: Caterina, detta “Catina”, nata nel 1804; Maria, “Mariute”, nata nel 1807 e l’ultimogenito Antonio, “Toni”, nato nel 1817.
La famiglia Magrini è di modeste condizioni economiche come Antonio racconta:

Il mio buon padre ottuagenario origina da onesti, probi, e buoni artieri. Fin dall’infanzia avvicinava li Padri Barnabiti allora esistenti che se lo elessero a segretario e a loro sagrestano. Il Vescovo di Tolone fuggitivo dalla Francia all’epoca della Rivoluzione ricoveratosi in questo istituto, se lo volle in sua compagnia in attualità di effettivo Segretario, ed alla sua morte n’ebbe di Lui qualche ricordo. Alla soppressione dei Barnabiti veniva chiesto nella Parrocchiale di S.Giorgio di Udine, e saranno poco men di quarant’anni che vive in quelle pareti sempre amato e rispettato per la sua probità, rettitudine, onestà. Povero di fortune, di poche agiatezze sì, ma visse sempre  senza il bisogno di mendicare il vitto a chissia.  Mia povera madre …da tre anni estinta … era la gemma di quel contorno di caseggiati. Ne sia prova il cordoglio, il pianto generale alla sua mancanza… Originava da una delle principali famiglie mercantili di Cividale: certi Masutti. Un terribile fallimento metteva a soqquadro le loro sostanze. Rimasta orfana poco dopo tale evenienza, veniva accolta dalla famiglia dei marchesi Mangilli in qualità di governante. E qui si combinava il matrimonio con mio padre. Il loro primo scopo fu la nostra educazione.
 Dava principio mio fratello manifestando segni non equivoci d’ingegno. Essendo sempre il primo premiato, animava mio  padre farlo proseguire un corso regolare di studi. Un tenue capitale che col suo buon criterio, co’suoi risparmi, se l’avea procacciato, lo metteva in opera a tale scopo.
Io di dieci-dodici anni, essendo sempre in mezzo al ceto Ecclesiastico, mostrai tendenze al celibato, ma ben presto m’avvidi non essere questa la mia strada, e m’accinsi coll’appoggio di mio fratello a procacciarmi una diversa educazione, ed ottenere il grado accademico in Medicina.
Le due mie sorelle furono educate dalla mia buona madre alla religione, alla virtù, ai lavori domestici, venendo pure istruite nei lavori di ricamo, di sarta. La mia sorella maggiore  [Caterina]  trovandosi a Venezia col fratello quando era supplente alla Cattedra di Fisica ebbe la non comune fortuna d’incontrare un matrimonio con un giovane delle più belle qualità e di buona fortuna, occupando l’impiego d’Amministratore degli istituti Pii di Venezia. Esso si chiama Antonio Artelli. L’ultima mia sorella [Maria] che vive in Udine prese a marito certo Migliorini artiere, che però non fa mendicare la sua piccola famiglia.  Ecco in brevi termini la genuina istoria di mia famiglia. Non ricordo le ricche opulenti parentele che io tengo per parte di mia madre, perché non meritano la mia osservazione…
 Una perfetta armonia corre fra mio padre, mio fratello, li altri miei parenti

Apprendiamo dunque che Luigi è stato sempre un ottimo studente, che ha compiuto gli studi presso il Ginnasio Liceo di Udine, riportando le più distinte classificazioni,  con una propensione per le scienze matematiche e naturali. Manifesta anche una spiccata attitudine per la musica; un documento dell’Archivio di Stato di Udine attesta che nel 1821 faceva l’organista nella chiesa di S. Cristoforo. Luigi, terminato il liceo, per poter continuare gli studi all’Università senza gravare sulla famiglia trova un lavoro come istitutore
Volle fortuna che una famiglia Gesternbrand di Padova abbisognasse d’un istitutore per giovinetti, e ne facesse pubblica richiesta sui giornali. Il Magrini si presentò; piacquero li suoi modi, venne accettato, e potè, per virtù di meravigliose attività ed ingegno, attendere tanto all’educazione ed istruzione dei giovinetti a lui affidati, quanto al corso degli studi matematici universitari, riportando sempre classificazioni eminenti
Come dice il suo biografo e coevo, il professor Camillo Hajech , l’impegno di istitutore e di studente non impedisce a Luigi di coltivare la passione per la musica cheApprese da sé e in modo che non solamente toccava maestrevolmente il piano, ma scrisse pur anco pezzi concertati, che erano poi eseguiti da valenti artisti, e una sinfonia prodotta in pubblico nel teatro nuovo di Padova, e della quale oltre i motivi fu lodata anche la in strumentazione. Compose un dramma col titolo:”Gli esiliati in Siberia”, profondamente improntato d’amore materno e figliale…
 
Questa passione è condivisa con il fratello Antonio, ottimo pianista e compositore che, a detta dei contemporanei, se non fosse finito in Carnia a fare il medico, avrebbe senz’altro avuto un brillante futuro come musicista. Lo afferma la stessa moglie di Luigi, in una lettera al cognato che ha appena iniziato a esercitare la professione di medico
Non posso esprimerti il contento che provai pel tuo pronto collocamento, quanto fui lieta della stima che ti dimostrarono gli abitanti del Paese, ed i tuoi clienti: l’ho sempre detto che tu sarai un medico di garbo, né la tua Sibilla s’ingannò. Ti stimo prima per aver saputo attaccarti al solido, mettendo in cale il brillante talento della musica che giustamente avrebbe potuto indurti a ponervi fidanza, non essendo certo dei comuni il tuo genio musicale. Ti stimo poi per la perseveranza con cui in uno studio, ed una pratica penosa, ed in fine nell’adattarti a un paese ed a persone che certo non possono essere di tutto tuo genio…
La passione per la musica dei due fratelli Magrini è una pagina interessante della loro vita ancora tutta da studiare e approfondire.
 Luigi nel 1825 si laurea con lode negli studi di ingegnere architetto all’università di Padova . L’Hajech scrive che per alcuni anni Luigi è stato indeciso tra  l’esercitare la professione di ingegnere o il dedicarsi all’insegnamento, e che subito dopo la laurea
Stette due anni in quella città, costretto dalle circostanze ad un impiego provvisorio, toltosi dal quale andò a sorvegliare vasti poderi del conte Revedin presso a Ferrara, donde ben presto ritornò a Padova, non ancora però determinato a scegliere tra la professione dell’ingegnere e quella dell’istruttore. La propensione sua naturale per quest’ultima fu manifestata nel 1829 dalla occasione di una cattedra di fisica vacante in Zara. Il Magrini tosto accorse all’esame, e felicemente lo ebbe superato. Se non che, essendosi appunto in quel tempo ammogliato colla nobile Carlotta Sandri, figliastra di un distinto avvocato di Padova, e riuscendogli impossibile lo staccare la sposa dalla famiglia, rinunciò per allora alla cattedra, e si volse alla professione dell’ingegnere civile. Ferveva allora la questione sui migliori metodi di allevamento dei bachi, e il Magrini, rovistati i vecchi e nuovi libri, applicando i metodi che gli parvero migliori, e aggiungendovi del suo, pervenne ad ottimi risultati. Allora inventò anche un tagliafoglie che ebbe premio dall’Istituto Veneto, e, che torna a sua maggior lode, fu ed è tuttora adoperato volentieri dai bachicoltori… Frutto del suo amore allo studio furono in quel tempo vari lavori letti e presentati all’Accademia di scienze, lettere e arti di Padova sopra argomenti disparati…Da questo stesso amore della scienza fu spinto il Magrini a lasciare  affatto la intrapresa carriera dell’ingegnere, ed avviarsi a quella della istruzione: il che fece nel 1832, diventando assistente alla cattedra di fisica sperimentale e matematica nella Università di Padova, tenuta allora dal prof. Dal Negro. Nei quattro anni di assistenza a quella cattedra si disegnarono meglio le tendenze del giovane Magrini, determinate fors’anco dalla nuova e luminosa fase in cui allora appunto entrava lo studio dei fenomeni elettrici, e da quell’epoca trassero, a così dire, la loro fisionomia le sue principali elucubrazioni…
 Luigi rimane quale assistente alla cattedra di fisica presso la regia università di Padova fino al 1836 poi viene destinato, quale professore supplente, alla cattedra di fisica e meccanica presso il regio Liceo di Santa Caterina in Venezia. Questo periodo è stato  per Luigi di grande impegno come dice anche l’Hajech:
…La sua scuola e il suo gabinetto cominciarono allora ad averlo volontario prigioniero finché visse, e quivi, circondato da volumi e da apparati, passava lieto le intere giornate. Il plauso e l’affetto de’ suoi discepoli gli erano di incitamento ad istruirli con amena e chiara esposizione delle fisiche dottrine, e a guadagnare gli animi con cortesia di modi, con sollecitudine paterna… Al periodo veneziano risalgono i suoi lavori sulla telegrafia elettrica che hanno fatto ritenere sia stato l’inventore del telegrafo ma, per una serie di disguidi e di incomprensioni, il suo lavoro non ha avuto il giusto riconoscimento che spetterà invece agli stranieri. Una nota biografica manoscritta trovata tra le carte di famiglia dice in proposito: E nel 1838 l’Italia avrebbe avuto la gloria di avere  la prima linea telegrafica mondiale coll’elettro magnetismo, da Fusina a Venezia, quando Ferdinando d’Austria si recava in queste città reduce da Milano colla corona d’Italia, se malevolenza ed invidia non avessero osteggiato tale lavoro. E presso l’ex Luogotenenza veneta devono sussistere tuttora tutti li documenti relativi a tale progetto sventuratamente abortito, la cui attuazione avrebbe tolta ogni pretesa di priorità alli stranieri Questo è un capitolo della storia professionale e scientifica di Luigi Magrini ampiamente analizzato dai suoi biografi e sui cui non ci soffermiamo rimandando agli specifici saggi scientifici ; citiamo solamente quanto scritto dal prof. Giovanni Colodig: …Qualora si rifletta sul tempo perduto dal Magrini per ottenere dal governo austriaco la concessione di poter fare tra Padova e Venezia le sue esperienze e di istituirvi una comunicazione telegrafica permanente e che soltanto dopo molti infruttuosi appelli, il Magrini si decise di fare a sue spese l’esperimento in Venezia e che fino dallo scorcio del 1836 il suo sistema era completamente ideato, non può restar dubbio che a Luigi Magrini spetta l’onore dell’invenzione del telegrafo elettrico…
Questa vicenda gli ha causato molte amarezze come riferisce anche l’Hajech:…Auguravasi il Magrini che, almeno dopo avere pubblicato l’esito delle sue prove e il meccanismo del suo apparecchio, ne avesse il paese quel vantaggio ch’egli aveva preveduto e reso evidente. Ma quale fu il suo cordoglio vedendo la indifferenza dei cittadini e la inerzia dei governanti far quasi a gara nel frapporre indugi, e giungere ultimi a godere del benefizio del telegrafo gli Italiani, mentre già fuori d’Italia i sistemi conformi al suo si erano diffusi per la protezione dei governi ed anche dei privati!…
Anche in una più recente pubblicazione si conferma che
Vani furono gli sforzi per convincere il governo austriaco a sostenere le spese per un collegamento telegrafico tra Padova e Venezia, sebbene il Magrini avesse avanzato nella sua memoria il progetto di comunicazioni non solo sotterranee, preferibilmente sotto strade ferrate, come farà poi Wheatstone, ma anche sottomarine e transoceaniche .
E si aggiunge a spiegazione di tanta negligenza che
Il disinteresse per le novità scientifiche e il disimpegno economico della classe politica, fenomeni per altro dilaganti in tutto il resto della penisola, rappresentarono un freno oggettivo per la ricerca teorica e sperimentale, assicurata dalla sollecitudine e dalla volontà dei singoli piuttosto che da una reale spinta progettuale…
 Nel 1839 Luigi ritorna presso la Regia Università di Padova quale professore supplente alla cattedra di fisica e vi rimane fino al 1840 quando viene chiamato a Milano come supplente alla stessa cattedra del regio Liceo di Porta Nuova dove continua i suoi studi sulle correnti elettriche.
In proposito un giornale udinese scrive che il Magrini
Nel 1841 all’Istituto Lombardo lesse una memoria sulla proprietà di trasmettere contemporaneamente correnti voltiane disuguali e contrarie e senza alterazione sensibile e nel 1844 ne dava la sperimentale dimostrazione davanti all’Istituto stesso con appositi apparecchi da lui medesimo costruiti. Anni dopo a Parigi e Vienna vennero ripetute le stesse esperienze e sempre cogli stessi risultati; ma il Magrini modesto, com’era, del suo merito non raccolse che l’onore della nomina a socio corrispondente dell’Istituto Lombardo di scienze, lettere ed arti dove però alcuni anni dopo fu promosso ad ordinario. Su questo tema della trasmissione di correnti su un medesimo filo numerosissime furono le esperienze da lui  istituite e se ne leggono i risultati in varie memorie inserite negli atti del predetto Istituto sotto il titolo di «Ricerche sulla natura del principio elettrico». L’elettrologia e la meteorologia furono gli argomenti in modo particolare studiati dal Magrini e sui quali si hanno moltissime memorie Nel 1863, resasi vacante la cattedra di fisica della scuola di Studi Superiori di Perfezionamento presso il Museo di Firenze, è chiamato a ricoprire il prestigioso incarico e…nel discorso inaugurale che ebbe l’onore della traduzione in lingue straniere, trattò della correlazione delle forze fisiche dimostrando come fin dai suoi primi anni avesse l’animo attento alle nuove dottrine Le sue pubblicazioni scientifiche ammontano a un centinaio. Appena istituito il regno d’Italia viene nominato dal Re, per i suoi meriti scientifici, Cavaliere dell’ordine dei S.S. Maurizio e Lazzaro, onorificenza a quei tempi molto prestigiosa. Questo in sintesi l’iter della carriera scientifica di Luigi Magrini. Carriera che non deve essere stata senza amarezze se la moglie nel settembre del 1841, scrive al cognato Antonio:
Luigi ti saluta, io desidero che tu viva in mezzo alla felicità, e non abbia a provare le continue amarezze alle quali noi fummo soggetti… Lo stesso Luigi, parecchi anni dopo, siamo nel 1850, accenna alle tante amarezze patite in uno scritto al fratello: Carissimo fratello,…ed io giubilo nel saperti contento nell’attuale tua posizione. Prego il Cielo che tu non abbi di sopportare giammai le prove alle quali io fui più volte assoggettato.
Adesso senza essere su un letto di rose devo contentarmi, dappoichè veggo altri miei colleghi in una condizione peggiore assai della mia…
Queste affermazioni confermano la giustezza di quanto il Clodig ha scritto nella sua Commemorazione: … Il Magrini soffrì; ma soffrì nobilmente e colla sua abituale serenità e forza d’animo cercò nel lavoro e nella propria coscienza quelle gioie e quelle soddisfazioni che non trovava altrove …

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Cerchiamo ora di capire, con il poco materiale a disposizione, come fosse Luigi Magrini nei suoi rapporti con la famiglia, con gli amici e quali fossero i suoi principi e le sue idee politiche. Com’era il suo aspetto e il carattere ce lo dice l’Hajech che lo ha conosciuto di persona:
Era ammirato il giovane Magrini per versatilità e prontezza d’ingegno, vivacità di spirito, e felicità nell’esporre i suoi pensieri. Queste doti della mente, congiunte all’aggradevole aspetto e alle belle proporzioni della persona, alla eloquenza dello sguardo, e coronate da una specchiata condotta, avevano sparsa di lui fama non comune e superiore alla sua età, sicché in Padova era sempre il benvenuto nei convegni delle più distinte famiglie…
E ancora
Di statura mezzana, vigoroso di corpo, e conservò fino a tarda età la freschezza e genialità dell’aspetto. Faceto, di pronto eloquio, l’avresti creduto più propenso al piacevole conversare che alla severa meditazione e al lavoro…
L’altro biografo di Luigi Magrini, Giovanni Clodig, aggiunge
Ebbe il Magrini animo dolce e gentile; mente colta, volontà robusta; fantasia vivace ed inchinevole al poetare…
Luigi si sposa, intorno al 1826, con Carlotta Sandri, figliastra di un avvocato di Padova, donna intelligente e dotata di una certa cultura (lo si deduce dalla sua corrispondenza e dalla proprietà con cui affronta argomenti scientifici e politici), amante della musica e preziosa consigliera per il marito. Da lei ha otto figli. Nelle carte di famiglia si trovano brevi cenni su due figlie morte giovinette, Clementina e Corinna, e ripetuti riferimenti ai quattro figli che gli sopravvissero :
Alessandro (1830-1901) che darà alla famiglia una discendenza che tutt’oggi si protrae;
Cristina (1844-1932), nubile. Dopo la morte del padre si è dedicata all’insegnamento. Dal 1869 al 1874 ha insegnato presso l’Istituto Uccellis di Udine. Ha mantenuto stretti rapporti epistolari con il ramo friulano dei Magrini interrotti alla sua morte;
Isabella e Antonietta , figure sfuggenti di cui si sono perse le tracce. Dopo la morte del padre si sono trasferite a Bergamo con la madre e da vari indizi epistolari si ritiene siano morte in giovane età e nubili.
 La vita familiare di Luigi, serena sul piano affettivo, è stata invece molto provata dalla morte premature delle figlie e dai continui problemi di salute. Luigi lamentava spesso malesseri che, con suo gran disappunto, lo distoglievano dal lavoro. A rendergli difficile la vita hanno contribuito non poco le vicissitudini professionali, la situazione economica non sempre floridissima e i disagi provocati dai numerosi traslochi che soprattutto alla moglie riuscivano dolorosi in quanto …sentiva molto dispiacere di non trovarsi a Padova… , città alla quale era molto legata. E ancora …Non dalla bella Milano ma dalla mia vecchia e prediletta Padova ti scrivo
 
Il figlio Alessandro segue le orme paterne dedicandosi allo studio e all’insegnamento della matematica. Nel 1858 è professore supplente di fisica e matematica all’Imperial Regio Ginnasio Liceale del Convitto Longone di Milano . Ha scritto un libro di aritmetica. Ha sposato la milanese Carlotta De Angelis da cui ha avuto quattro figli . Si è poi trasferito a vivere a Bergamo dove il figlio Luigi ha fondato nel 1904 il “Laboratorio Elettrotecnico Ing. Luigi Magrini”, divenuto il nucleo dell’importante azienda Magrini Galileo oggi rilevata dal Groupe Schneider .

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Luigi è rimasto sempre in stretto contatto con il fratello dottor Antonio, nonostante le notevoli distanze geografiche dei loro luoghi di residenza. Antonio considerava il fratello un secondo  padre e aveva di lui una altissima stima come si deduce dalla corrispondenza e come conferma il suo giovane figlio Giulio che ha vissuto per molti anni nella famiglia dello zio e io so che il papà tiene gran conto dei consigli dello zio…
La corrispondenza tra le famiglie dei due fratelli Magrini viene tenuta per lo più dalla moglie di Luigi. E’ infatti Carlotta che scrive al giovane cognato Antonio e raccoglie le sue confidenze. Carlotta  assolve questo compito perché Luigi è sempre impegnato nei suoi studi come lei stessa afferma in una lettera
Tuo fratello ti saluta, è contento che tu gli abbia scritto, non può risponderti, perché questa è una di quelle settimane in cui non può disponere di un minuto, sicchè dunque contentati di ricevere da me le notizie che brami…
Quando Antonio si fidanza con Eugenia Lupieri, suo padre Giovanni e suo fratello Luigi scrivono al padre della sposa, come era costume a quel tempo, per chiedere il consenso a questa unione. Siamo nel 1846 e Luigi dice al dottor Lupieri:
…Mi permetta signor Dottore, quantunque privo del piacere di conoscerla personalmente, di esprimerle la mia gratitudine per il consenso di cui onorò mio fratello e noi tutti. Sono certo ch’egli corrisponderà alla di lei fiducia, egli che non ismentì giammai né fanciullo né adulto le speranze che la mia famiglia aveva di lui concepite. Ha cuore e ingegno: ed io lo vidi a Padova studiare con impegno la scienza cui si è dedicato e compiere lodevolmente la sua carriera… Mi duole soltanto di vedermi separato da sì grande distanza; vorrei poterle significare in persona la mia esultanza per tale avvenimento…
Il padre della promessa sposa gli risponde per ringraziarlo e da uomo di scienza qual è, quindi al corrente della fama che Luigi gode anche in Friuli , si ritiene onorato da questa nuova parentela tanto che conclude la sua lettera dicendo:
…Contento frattanto di avere aperta epistolare corrispondenza con persona di tanto ingegno e tanto merito, com’ella è, signor Professore, che di fama già conosceva da varii anni, e che mi auguro di conoscere di persona…
La reciproca conoscenza avviene nel settembre del 1847 quando Antonio e il suocero Lupieri, si presume su  invito di Luigi, si recano ad assistere quali uditori al Congresso degli scienziati a Venezia .
 Antonio scrive in proposito alla moglie:
Luigi mio fratello, fino da giovedì si trova a Venezia alloggiato esso pure in casa Artelli , ed ancora nol viddi. Sappi che venne eletto a Presidente della Sezione Fisico-Matematica, cosa che fece onore a lui, alli suoi parenti, ed alla sua Patria.
Ebbe 68 voti a confronto di un altro che è uomo  di gran fama che n’ebbe 32. Dietro tutte queste evenienze è molto moltissimo occupato, e per conseguenza poco potrò godere della sua compagnia. Le Gazzette daranno già informazioni sul proposito

I Congressi degli scienziati si sono tenuti dal 1839 al 1847 nelle città di Pisa, Torino, Firenze, Padova, Lucca, Milano, Napoli, Genova, Venezia. Tanto il governo austriaco quanto quello pontificio hanno manifestato un’ostilità non sempre velata verso questi incontri che, richiamandosi a Galileo Galilei e alla libertà di pensiero, rischiavano di favorire lo sviluppo del liberalismo. Grazie ai Congressi, al di là delle specifiche discussioni che pure hanno avuto un ruolo importante nello sviluppo della cultura scientifica, la futura classe dirigente italiana ha potuto incominciare a conoscersi, ad amalgamarsi e a elaborare, magari al di fuori dei convegni ufficiali, quel programma liberale moderato che è divenuto egemone nel decennio cavouriano e nei primi anni dell’unità. Il fallimento delle rivoluzioni del Quarantotto hanno dato inizio alla seconda Restaurazione, quindi alla repressione del pensiero liberale e di conseguenza anche alla fine dei Congressi degli scienziati, quello di Venezia nel 1847 è stato l’ultimo.
 Luigi, nel 1842, ha partecipato al Congresso di Padova dove, ci dice l’Hajech,
…Riferì parecchie sue esperienze, dirette a dimostrare che la corrente di una pila in un circuito formato con filo lunghissimo e sostenuto nell’atmosfera non conserva in tutti i punti la stessa intensità…
Ma è stato al Congresso di Milano nel 1843 che i suoi studi sull’elettricità hanno avuto modo di essere conosciuti anche dagli stranieri
S’udì oltre l’Alpi il suo nome soltanto allorché, all’epoca del sesto Congresso degli scienziati italiani in Milano, egli riassunse molti dei fatti già da lui osservati, e vi aggiunse quella numerosa serie di accurate e ingegnose esperienze sulla telegrafia elettrica che, se crebbe onore al Magrini, aggiunsero anche pregio alla munificenza di questa nostra città, la quale agli studiosi della natura qui convenuti offerse larghi mezzi per compiere le loro indagini…
 Di questo avvenimento ne fa una breve cronaca, di carattere più familiare, la moglie di Luigi in una lettera al cognato:
Il tuo buon padre non volle tenerci compagnia che per pochi giorni; invano abbiamo tentato di trattenerlo, privo di occupazioni egli si annoia sommamente. Udirai da esso le meraviglie del Congresso, le feste, ecc. I forestieri sommarono a 40.000 numero superiore a quello che li riunì per la coronazione di S.M. l’Imperatore; così è riverita la scienza, oh che bei tempi!
Ma più di tutto ti interesserà di udire che Luigi ebbe l’incarico della Città di ripetere certe esperienze del professor Matteucci, e per tal fine gli fu fatto un assegnamento di Austriache lire 10.000, queste esperienze riuscirono bene, egli poi ne fece col medesimo apparecchio di sue proprie, di modo ch’egli molto si distinse in questo Congresso; e le sue fatiche furono coronate da felice successo; egli fu uno dei Segretari – Presidente Orioli. Luigi è molto magretto, forse per aver lavorato troppo, forse per un residuo di tosse rimastagli da quest’inverno, tosse che allora lo aveva molto abbattuto, molto dimagrito… Siamo in pieno Ottocento, secolo innovatore in tutti i campi delle scienze matematiche, fisiche, chimiche e biologiche e della rivoluzione industriale. E’ quindi comprensibile tanto entusiasmo da parte di Carlotta Magrini. E’ documentato che Luigi, nel periodo milanese, ha avuto contatti epistolari con Carlo Cattaneo, fondatore della famosa rivista “il Politecnico” a cui hanno collaborato i maggiori scienziati e filosofi liberali dell’Italia degli anni Quaranta . Ma dopo la bella stagione dei Congressi anche per il mondo scientifico si preparano anni bui. Lo sciopero del fumo a Milano dà l’avvio alle tensioni politiche e militari tra l’Austria e il regno del Piemonte che si propagheranno a tutti gli altri stati italiani. Luigi ha modo di vivere di riflesso il clima di insurrezione e di paura di quei giorni.  La moglie Carlotta fa una realistica e storicamente esatta ricostruzione di questo episodio in una interessante lettera indirizzata al cognato Antonio, lettera che conclude dicendo
Luigi ti abbraccia…Caro Antonio siamo molto spaventati, non vorrei, che né Alessandro, né Luigi sortissero di casa, perché gli innocenti potrebbero essere presi invece dei colpevoli…  Luigi, in due brevi lettere scritte personalmente nel 1850 al fratello Antonio, accenna alle gravide conseguenze provocate dai fatti del Quarantotto di cui una è stata la chiusura delle scuole in tutto il Lombardo-Veneto. Queste lettere delineano anche un suo inedito profilo umano e intellettuale. Nella prima Luigi con un linguaggio molto prudente e attinente ai suoi lavori scientifici sui fenomeni atmosferici, scrive:
…L’orizzonte politico non è sereno: vari nuvoloni vanno e vengono, e l’atmosfera non si decide né per la calma, né per la procella. Se vi avrà la calma, i Licei e le università si riapriranno col prossimo venturo Novembre …
Nell’altra lettera dice:
Non faccio più progetti per venire in Friuli, perché tutti mi andarono sempre in aria. Aspetto perciò che sorga un buon vento che mi vi trasporti all’improvviso… Novità scolastiche nessuna: non sappiamo ancora se i Licei e le università si apriranno in tutto o in parte o se continuerà l’insegnamento privato come l’anno scorso. Novità politiche, nessuna. Il più sapiente dice di non saper prevedere l’avvenire.
Frattanto si cerca di occupare gli spiriti nel campo del trascendentalismo. Il magnetismo animale ha fatto qui dei credenti anche fra i medici di qualche rinomanza. Pazienza che la fede si limitasse ai fenomeni del sonnambulismo, ai quali si può prestar fede: ma si crede anche ai fenomeni della chiaroveggenza, della trasmissione del pensiero, delle previsioni, e d’altri simili fattucchierie. Guardati Antonio di lasciarti prendere dalle apparenze. Io credo in questo momento di crisi sociale, il magnetismo animale sia uno dei mezzi di cui si serve la reazione per incatenare le menti degli uomini e ricondurle ai tempi delle divinazioni, ai tempi delle Sibille. Molto si à da studiare sulla influenza e sulla azione dei minimi moti molecolari: ma questo studio non ci condurrà mai a fare il salto dai moti puramente fisici ai concetti intellettuali. In questo genere di cose è meglio essere ultimo dei credenti che primo degli illusi

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Le testimonianze sui rapporti tra le famiglie dei fratelli Magrini si intensificano a partire dal 1857 quando Giulio, il figlio primogenito di Antonio, entra come convittore nel collegio Longone di Milano. Giulio da allora sarà sempre seguito negli studi dallo zio che lo considera come un figlio proprio e quando si trasferisce a Firenze, lo vuole con sé . In questi anni di convivenza con il nipote le frequentazioni con la famiglia del fratello Antonio, nonostante le distanze non da poco per quei tempi,  si fanno più frequenti. Il 16 ottobre 1858 Luigi arriva a Luint per un periodo di vacanza, si presume con grande gioia del vecchio dottor Lupieri che tanto amava la conversazione con le persone dotte, per poi ripartire il 2 novembre per Milano con il nipote Giulio che deve riprendere la scuola. Anche la sua famiglia tra la fine degli anni Cinquanta e la metà degli anni Sessanta trascorrerà lunghi periodi di vacanza a Luint, che per le ragazze diverrà un luogo mitico il cui ricordo le accompagnerà per sempre; tanto più che una vi ha vissuto una breve stagione d’amore, dall’epilogo infelice, che è stata lungamente oggetto della corrispondenza tra le due famiglie e motivo di ansia per Carlotta e Luigi.

Luigi nel 1863 si trasferisce a Firenze con tutta la famiglia, compreso il nipote Giulio, per ricoprire il nuovo incarico presso la Scuola di Studi superiori di perfezionamento. Questo cambiamento gli è giunto gradito se l’amico Lupieri gli scrive:
Rispondo un poco tardi alla graditissima sua lettera …Io mi sono compiaciuto ch’ella, egregio signor professore, si trovi a Firenze meglio che a Milano sia per ragione sanitaria che economica Questo premio a suoi lunghi e laboriosi studi era dovuto: ed io desidero di cuore che possa lungamente respirare nella Toscana l’aura soave  della prosperità!…
E al nipote Giulio dice:
Devi essere pur contento della tua nuova posizione. Giardino d’Italia è la Toscana: ma più contento devi chiamarti per essere a fianco dell’ottimo professore tuo zio. Giulio mio pensa che sei a Firenze, onde alimentare lo spirito di scienza: che l’acquisto della scienza non è sempre facile e gradevole, che sempre non offre la dolcezza dello zucchero e del miele; ma che in ultimo diviene il più nobile e necessario ornamento dell’uomo. Pensa che se ti comportasti bene a Milano, non devi declinare a Firenze, Atene d’Italia: e pensa che gli studi filosofici  sono gli studi dell’uomo !
 
Quanto Luigi fosse stato un uomo buono e affettuoso lo conferma lo stesso nipote Giulio che nel periodo fiorentino diventa una fonte di testimonianze sulla vita dello zio di grande interesse . Giulio annota nel suo diario del giorno 23 aprile 1865
Verso mezzogiorno io ritornava a casa ; ma appena giunto alla porta di casa, un brougam pure vi si ferma; guardo in esso e vedo lo zio che ritornava dal suo viaggio di Milano e di Torino;  -  io mi rimprovero di non essere stato più espansivo nel vederlo, e mi dispiacerebbe assai che per un difetto del mio carattere io passassi verso di lui per un individuo indifferente. Il solo pensiero di ciò mi molesta, perché uno zio sì affettuoso è difficile trovarlo .
Giulio ricambia tanto affetto con delle piccole premure: uscire tutte le  mattine per comperare allo zio il giornale La Nazione, osservare le regole familiari (in casa Magrini fintanto che non arrivava lo zio non ci si metteva mai a tavola e non ci si alzava fin che non aveva terminato il suo pasto ), ma soprattutto cercando di essere un bravo studente. Quanto fosse premuroso lo si intuisce da ciò che scrive la zia Carlotta durante un lungo periodo di malattia del marito
Il nostro Giulio si prestò sempre con interesse durante la malattia di Luigi, nel dopo pranzo gli legge la gazzetta…
Allo zio deve riferire l’andamento scolastico giornaliero e due volte alla settimana frequentare le sue lezioni di fisica ; lo fa con piacere data la bravura dello zio nel coinvolgere gli allievi come testimonia lo stesso Giulio
 Lo zio ha incominciato le sue lezioni, che, come al solito, sono profonde, chiare e dilettevoli al tempo stesso; cose assai difficili a potersi riunire. Egli è ascoltato con attenzione da numeroso stuolo di animi studiosi…
Lo accompagna quando tiene delle conferenze e nel suo diario del 29 aprile 1865 annota in maniera spiritosa
Lo zio fece una bellissima lettura “Sull’applicazione dei moti simpatici” nella sala della Società per le letture serali scientifiche e letterarie. Scarsissimo fu l’uditorio ed eccone le due cause principali.
1° Non tutti i giornali avevano dato l’annunzio di questa lettura;
2° Essendo il prezzo del biglietto d’ingresso di £ 1.00, i Fiorentini pensano che è meglio spendere quella lira in altre cose. Questo è un altro punto che rivela il carattere fiorentino, poco amante della sua istruzione quando si tratta di spendere qualche soldo!
La salute di Luigi, contrariamente agli auspici dell’amico Lupieri, non trae beneficio dal soggiorno fiorentino. Nella primavera del 1864 ha una recrudescenza della sua malattia (la moglie scrive di una bronchite con sputi sanguigni). Appena si sente un po’ meglio scrive al fratello:
Fratello amatissimo
Dopo quindici o sedici giorni di fiera burrasca, comincia a farsi vedere il sole; posso alzarmi per qualche ora; ma guardandomi nello specchio mi trovai ridotto a uno spettro. Non mi spavento peraltro, giacchè sento che vado ricuperando le mie forze…

Ma la malattia ha destato non poche preoccupazioni ai suoi cari se Carlotta scrive al cognato
Sii pure tranquillo: Luigi riprende ognor di più le sue forze, comincia ad uscire di casa. Riprenderà le lezioni il 20 del corrente mese; è guarito radicalmente non avendo neppure quella sua solita tosse ch’eragli divenuta abituale. Il Dottor Marchi è tutto contento del buon esito della cura, lo baciò ieri allorché per la prima volta, rivide le sale del Museo, ove io medesima lo accompagnai temendo che si trattenesse troppo…
Il 20 maggio prontamente Carlotta comunica che Luigi ha ripreso le sue lezioni
…Luigi diede  ieri la sua prima lezione dopo la malattia: parlò un’ora crescente, e ciò mi teneva in apprensione, peraltro, meno la stanchezza, non ebbe accrescimento di tosse. Dovette nei passati giorni ricorrere al Chinino di bel nuovo, ma ora consolidandosi la stagione, spero che cesserà tale bisogno...
Nella stessa lettera anche Luigi comunica all’Amatissimo fratello che
La mia salute va sempre più migliorando colla buona stagione per modo che posso attendere alle ordinarie mie occupazioni… e, data la comune passione per la musica, lo informa sulle ricerche che sta facendo sulle proprietà dei suoni… Avendo in questi giorni riprese le mie esperienze sulla proprietà del suono di spegnere le fiamme a petrolio, ho trovato che oltre il re, altri suoni più acuti ed anche più gravi (che variano secondo i diversi strumenti) godono la stessa proprietà. La spiegazione per altro è sempre la medesima: quanto prima pubblicherò un’appendice sull’argomento.
Luigi sviluppa l’argomento dal titolo Nuove esperienze sulla proprietà di certi suoni di spegnere le lampade a petrolio, in due lettere al professor Abramo Basevi del marzo e del 24 maggio 1864 .
Gli anni fiorentini dei Magrini sono stati caratterizzati da significativi eventi politici e culturali. Firenze diviene nel 1865 capitale d’Italia e sede del Parlamento Nazionale; Luigi va spesso ad assistere alle sedute sia della Camera dei Deputati che del Senato, dove ha modo di conoscere i friulani Pacifico Valussi e Giuseppe Giacomelli che, a unità avvenuta, saranno eletti deputati.
Per compiere l’unità d’Italia manca però la liberazione del Veneto, questione che tormenta non poco le famiglie dei fratelli Magrini per motivi ideali e perché si trovano a vivere in due stati diversi e nemici tra loro .
Giulio Magrini sin dal periodo milanese si era più volte esposto manifestando i suoi sentimenti anti-austriaci causando serie preoccupazioni al padre e allo zio che lo invitavano alla prudenza e cercavano di scoraggiare le frequentazioni di coetanei altrettanto idealisti. Nonostante le ripetute raccomandazioni Giulio, all’insaputa dei parenti, si arruola volontario nell’esercito italiano. Spetta alla zia Carlotta l’ingrato compito di comunicare la notizia ai genitori di Giulio ai quali scrive addolorata
Il giorno 14 del passato maggio 1866 ci comparve vestito da soldato, figurati il nostro dolore! …Solo dirò per sua lode, che si pose nell’armata mentre avrebbe desiderato porsi sotto Garibaldi  – e ciò fece conoscendo il nostro modo di pensare
Queste poche righe lasciano intendere come lei e il marito non condividessero le posizioni radicali di Garibaldi e fossero su posizioni più moderate. Non si hanno testimonianze che Luigi, a differenza dei parenti Lupieri-Magrini, abbia vissuto da protagonista gli avvenimenti politici del suo tempo. L’Hajech afferma che non s’immischiò dei pubblici affari, ma ciò non toglie che abbia avuto delle convinzioni politiche; lo si evince dalle scarne testimonianze epistolari che attestano la sua simpatia per le idee liberali e l’adesione alla causa risorgimentale pur senza un coinvolgimento diretto. Si ha però motivo di credere che durante il periodo milanese, negli anni che precedettero la seconda guerra d’indipendenza, abbia avuto degli sporadici contatti con i fuoriusciti friulani rifugiati in Lombardia .
 Lui stesso manifesta le sue idee liberali in una lettera, scritta da Firenze il 19 novembre 1865 all’amico Lupieri
La giornata di ieri, sebbene piovosa riuscì splendida per l’apertura del Parlamento e pel discorso del Re. Leggendolo attentamente, vi si trovano elementi di grande conforto: la separazione della Chiesa dallo Stato, la soppressione delle corporazioni religiose, e il fermo divisamento di completare l’Italia, se occorre anche con le armi, sono cose dette in modo sì risoluto d’appagare pienamente tutti i liberali .
 La candidatura di Luigi, nel collegio di Tolmezzo, alle prime elezioni dopo l’unità d’Italia nel novembre 1866, conferma pubblicamente la sua adesione alla causa liberale. Questa candidatura è stata senz’altro voluta dai parenti Lupieri-Magrini che giustamente contavano sulla collaborazione di una sì eminente personalità per dare una valida rappresentanza parlamentare alla loro terra. Lupieri ha lasciato una memoria su questo fatto
Nel collegio di Tolmezzo con Moggio, costituito da 440 elettori – votanti però solo 248 – pare, che non siasi tanto bene seguita la face limpida della ragione in questa importantissima scelta; perché non è dato forse al vero merito il peso, che gli era dovuto! Rispetta lo scrivente le doti di mente e di cuore, vale a dire le prerogative personali degli elettori, e degli eletti … ma teme, che i primi, o non abbiano conosciuto le persone dei secondi – o non abbiano avuto occasione e capacità di rilevare il merito – o che fazioso maneggio indotti abbiali all’inganno.
Ecco i nomi degli onorati con predicato di Patres patriae, col numero dei voti a ciascheduno attribuito:

Collegio di Tolmezzo
Giacomelli  negoziante di Udine, voti 132
Magrini Luigi Professore di fisica a Firenze, 45
Grassi Michele avvocato a Tolmezzo, 2
Marchi Lorenzo  item, 2
Morassi  ingegnere di Cercivento, 1
Benedetti  medico in Ampezzo, 2
Voti nulli 3    
tot. 187

Collegio annesso di Moggio
Billia Antonio dottore in legge, voti 49
Giuriati  possidente, 8
Giacomelli  negoziante in Udine, 2
Giuliani  possidente, 1
Voti Nulli 1         
tot. 61

                                                Tot. 248

L’eletto del Collegio di Tolmezzo e Moggio a Deputato del parlamento fu dunque il sig. Giacomelli Giuseppe, mercante di Udine, dallo scrivente conosciuto di vista, non altro. E’ persona giovine, dell’età d’anni 34 circa; dicesi dotato di bella  mente, ed il padre à fatto col commercio un grande signore. L’eletto però si qualifica per uomo vano, pretendente, superbo, d’attitudine in commercio, in linea di pubblica amministrazione, zero.
Meglio forse la pensavano gli elettori, che volsero i loro sguardi ai signori Billia dottore in legge e a Magrini professore di fisica al perfezionamento di Firenze e ad altri soggetti rispettabili per ingegno, per lumi, per esperienza. Ma torniamo ai tempi delle idolatrie …si offre incenso al vitello d’oro!
Sembra quindi che l’elezione del Giacomelli faccia poco onore al Collegio e al Consesso elettorale di Tolmezzo e Moggio ; perché la preferenza data a uomini esordienti – di piazza – non ben conosciuti – in confronto di altri adulti, di non dubbia condotta,  fregiati di gradi accademici non solo, ma occupanti luminosi seggi, accordati al merito loro, per ingegno, per distinta capacità, per dimostrato zelo, ed esperti nelle vicende politiche, civili ed economiche, pare certo opera poco lodevole, ed effetto più di fazione, che di consiglio
!…
Da quanto scrive il vecchio dottor Lupieri è evidente che la sconfitta elettorale di Luigi Magrini dev’essergli riuscita molto sgradita. Altrettanto non dev’essere stato per il diretto interessato preso com’era dai suoi studi e per di più già minato dalla malattia che lo avrebbe portato alla morte due anni dopo. Malattia che da qualche tempo lo tormentava, con una violenta recrudescenza proprio in quell’anno. Già nel maggio del 1866 Giulio scrive al padre che
… Lo zio poco più, poco meno sempre si risente di oppressione di respiro; da quasi un mese ha sospese le sue lezioni; esce di raro e oggi andò alla Camera dei Deputati
Luigi già da tempo ha problemi di salute. Nelle lettere dei familiari si parla di asma e di difficoltà di respiro così gravi che spesso lo costringono a sospendere le lezioni. L’Hajech conferma che
Fino dai primi mesi di sua dimora in Firenze soggiacque il Magrini a malattie alquanto gravi, e alternate da effimere guarigioni. Pure sempre, appena il potesse, attendeva a’suoi studi e alla sua scuola…
Un altro dei motivi che sicuramente ha contribuito a ridimensionare per Luigi la sconfitta elettorale è stato il grande dolore per la perdita del nipote Giulio, avvenuta nell’agosto del 1866 per febbre tifoidea contratta durante i faticosi bivacchi del suo reggimento nelle campagne venete e friulane. Avuta la funesta notizia Luigi, affranto, esterna al fratello Antonio la sua pena:
 Mio caro e troppo sventurato fratello oggi mattina la tua del 30 passato prossimo è venuta come un fulmine a colpirci nell’animo!
Giulio docile, paziente, moderato era l’oggetto delle nostre affezioni. I di lui professori si lodavano molto de’fatti suoi: quest’anno era proclamato il primo della scuola; e mentre tutti me ne chiedevano conto e gli inviavano i loro cordiali saluti, egli martire delle sue convinzioni  partiva da questa terra, lasciando di se il più vivo  desiderio. Il suo amore per la patria gli faceva sostenere alacremente  le fatiche e gli strapazzi del campo; ma il suo spirito pronto, rese infermo il corpo e dovette soccombere! …La sua stanza così vicina alla nostra, i suoi libri e gli oggetti che gli appartengono ci strappano ad ogni istante le lagrime: ma sciolto dalle miserie di questo mondo, egli da quelle alte sfere terrà rivolto lo sguardo sopra di voi, genitori inconsolabili, e sopra di noi, parenti desolati, pregando Iddio che renda meno gravi i giorni che ancora ci restano di vita…La mia casa è in pianto: ed io se venissi a Luint non potrei darvi altra consolazione che di piangere insieme amaramente. Ma la mia salute, sebbene migliorata, non è ancora abbastanza ferma e sono consigliato di non allontanarmi troppo dalla mia casa. L’asma tace per ora: è dubbio per altro che all’aria acuta dei vostri bei monti possa resuscitarsi; e i miei che hanno veduto altre volte riprodursi la malattia non mi lascerebbero partire…
E la moglie Carlotta aggiunge
Io provai un inesprimibile strazio il giorno in cui lo vidi [Giulio] vestito dell’uniforme del soldato. Eugenia mia, Antonio, il nostro dolore è comune e non posso consolarvi senonché dicendovi ch’è perfettamente diviso
Dopo la morte di Giulio, la corrispondenza tra le due famiglie si dirada, le notizie si fanno sempre più frammentarie.
Luigi il 22 novembre 1866 si reca per l’ultima volta a Milano per partecipare a una seduta dell’Istituto Reale lombardo. Durante il viaggio di ritorno, dice l’Hajech, che ebbe principio la fase più perniciosa  della crudele malattia di cuore che, dopo atroci sofferenze, lo trasse alla tomba .
Da allora la sua salute continua a peggiorare velocemente e il 19 aprile 1868 cessa di vivere lasciando i familiari nella più grande costernazione.
Ne è testimonianza quanto scrive Arturo , fratello di Giulio, studente a Udine, al nonno Lupieri:
Una grave notizia colpì la nostra famiglia. Lo zio, l’amato zio Luigi, Domenica alle cinque antimeridiane rese l’immortale alma a Dio. Un uomo tutto affetto pei suoi, un uomo che spese la sua vita in prò dell’Umanità, della Scienza, doveva egli morire sì presto? E un uomo sì esemplare, martire della Scienza, in vita fu sì poco contribuito! Ma … ai generosi …giusta di glorie dispensiera è Morte! Sì i posteri si ricorderanno di Lui, delle sue investigazioni e severe investigazioni nella Scienza. Ed io mi glorio d’averlo avuto a zio; come il Papà a fratello; l’amico ad amico. Forse il papà  si recherà a Firenze qual’angelo confortante: questa sarebbe ottima cosa, sarebbe dovere non solo, ma obbligo. Di positivo ancora non sa. Ne sarai avvertito… .
Antonio va a Firenze per portare un po’ di consolazione alla cognata e alle nipoti. La loro disperazione è così grande che non trova conforto. Mancata la guida preziosa e affettuosa dell’amatissimo congiunto lasciano definitivamente Firenze per trasferirsi a Bergamo. La prematura morte ha privato Luigi Magrini del conforto di sapersi premiato colla menzione onorevole alla Esposizione universale di Parigi del 1868 per aver ideato uno strumento musicale elettromagnetico. L’Hajech sostiene che

Maggior premio avrebbe avuto il Magrini se la sua malattia non gli avesse impedito di far conoscere meglio i pregi del suo apparato, e il modo di metterlo in azione. Il rescritto della menzione fu proclamato solennemente in Firenze nel giugno 1868.

(Bianca Agarinis Magrini)

 


Lettera di Luigi Magrini al fratello Antonio del 3 settembre 1866.

Il dottor Lupieri nella sua Autobiografia  attribuisce la morte di Luigi Magrini a una grave asmatica affezione di petto.

C. Hajech, Commemorazione di Luigi Magrini, op. cit.

Arturo Magrini (1854-1929) figlio di Antonio e Eugenia Lupieri.

Lettera di Arturo Magrini al nonno Gio Batta Lupieri scritta da Udine il 22 aprile 1868.
Nel 1875 Luigi Magrini viene commemorato a Udine dai soci dell’Accademia come scrive Antonio Magrini al figlio Arturo il 29 giugno 1875: “Ricevetti telegramma da Cristina (Magrini) che m’avverte che venne differita la commemorazione del tuo zio Luigi all’Accademia di Udine al giorno 2 p. m. ore 8.30 pomeridiane. A me converrà fare ogni sforzo per trovarmi io pure e per una deferenza e gratitudine al prof. Clodig che se ne occupò e per aderire anche alla Cristina che essa pure si troverà a Udine”. Il testo della commemorazione del prof. Giovanni Clodig (insegnante di fisica e matematica nel Liceo e nell’Istituto Tecnico di Udine)  venne pubblicato nel 1914 negli atti dell’Accademia di Udine v. nota n. 3.

Ma il tanto vituperato Giacomelli ben presto dev’essersi attirato le simpatie dei Magrini se due anni dopo, nel novembre 1868, è stato padrino alla cresima di Tita  Magrini, figlio di Antonio.

G.B. Lupieri, Cronaca sulla condizione della Carnia e dell’Italia – Fascicolo V- Comincia coll’anno 1863 – termina 1870, b. 138. 1. 5., arch. priv.

Lettera di Giulio Magrini al padre Antonio del  17 maggio 1866.

C. Hajech, Commemorazione di Luigi Magrini, op. cit.


Lettera di Carlotta Magrini al cognato Antonio del 2 giugno 1866. Giulio Magrini si era arruolato volontario nella 3^ compagnia della Divisione Ricciotti comandata dal generale Cialdini.

Questa convinzione nasce da alcune testimonianze riguardanti Giulio Magrini e gli amici della sua famiglia esuli in Lombardia. Dalla corrispondenza con Carlotta Magrini si ha poi la conferma che conosceva la famiglia Linussio di Tolmezzo, in particolare Luigia Linussio che fu imprigionata dagli austriaci per aver svolto attività cospirativa a favore di Garibaldi. L’argomento è stato ampiamente trattato in due pubblicazioni di B. Agarinis Magrini, Celestino Suzzi – Una biografia scomoda, ed.Leonardo, 2001, e Luigia Micoli Toscano Linussio, in Ce fastu?, LXXIII (1997) 1.

Lettera di Luigi Magrini a G.B.Lupieri del 19 novembre 1865.

Lettera di Luigi Magrini al fratello Antonio del 22 aprile 1864.

Lettera di Carlotta Magrini al cognato Antonio del 3 maggio 1864.

Lettera di Carlotta e Luigi Magrini a Antonio Magrini del 20 maggio 1864.                                                           

Cenni bibliografici del professore Luigi Magrini, Firenze – Maggio 1868, manoscritto, b. 213, arch. priv. e Camillo  Hajech, Commemorazione di Luigi Magrini, op. cit.

Il 4 agosto 1862 Antonio Magrini scrive al figlio Giulio che da Milano stava per rientrare a Luint per le vacanze scolastiche: …Ricordati di lasciare qualunque oggetto di carte, libri ed altro che potesse comprometterti nel passaggio d’uno stato all’altro. Abbiamo bisogno di vivere tranquilli, m’hai compreso?…  La famiglia Lupieri Magrini era sottoposta al controllo della polizia essendo noti i suoi sentimenti antiaustriaci.


Giulio annotava giornalmente in un diario tutti gli avvenimenti scolastici, familiari, ricreativi e politici. Da queste brevi cronache si apprende che il poeta e patriota Arnaldo Fusinato  (1817-1888) e la giovane moglie Erminia (Giulio simpaticamente la definisce “poetessa e anche bella”) conoscevano la famiglia Magrini probabilmente dai tempi in cui risiedevano a Padova. Il Fusinato si era stabilito a Firenze nel 1864.

La famiglia di Luigi Magrini risiedeva a Firenze in piazza Pitti, Casa Casaglia n.16.

Le broughams erano delle vetture pubbliche.

Giulio Magrini, Riflessioni giornaliere comincia col giorno 10 aprile 1865- termina col giorno 10 maggio 1865,  b. 215. 6., arch. priv.

In realtà pare di capire che in casa Magrini vigesse il matriarcato pur essendo i due soli uomini presenti, Giulio e lo zio, tenuti in gran considerazione. Giulio era molto amato dalle cugine - di cui nelle sue lettere riferisce i difetti e le virtù - e dedicava loro poesie, sonetti ed assieme si divertivano ad improvvisare delle recite.

Lettera di Carlotta Magrini al cognato Antonio del 22 aprile 1864.

La conferma di quanto a Luigi stiano a cuore gli studi del nipote la si ha da ciò che scrive al fratello Antonio: …Giulio fa bene: ho ricevuto ieri notizie della sua condotta e de’suoi studi dalla stessa bocca del Direttore del Liceo: esemplare in quella, e lodevole in questi. Ma la loquella vivace e pronta di alcuni giovani fiorentini, in confronto della abituale lentezza e parsimonia di favellare di Giulio, non gli concede di figurare sopra di essi. Il Direttore per altro convenne meco, che da un giovane studioso e riflessivo come Giulio, cui bisogna accordare più tempo che agli altri per connettere ed esporre le proprie idee, sono da attendersi alla fine più sicuri e migliori frutti. Io procuro di esercitarlo alla prontezza del discorso e all’ordine dei concetti, obbligandolo, finito il pranzo, a rendermi conto di qualcuna delle lezioni avute nella mattina...
Lettera di Luigi Magrini al fratello Antonio del 20 maggio 1864.

Lettera di Giulio Magrini al nonno Gio Batta Lupieri del 24 dicembre 1865.

Giulio Magrini, Riflessioni giornaliere cominciate col giorno 10 aprile 1865- termina col giorno 10 maggio 1865, b. 215. 6., arch. priv.   


Lettera di Luigi Magrini al fratello Antonio del 22 agosto 1850.

Luigi Magrini scrive da Firenze a Gio Batta Lupieri, il 19 novembre 1865, riguardo al nipote Giulio: …Si è pensato di tenere Giulio in Firenze perché studi privatamente il primo corso di matematica, parendoci ancora troppo inesperto per lasciarlo solo all’Università. Questi tempi di agitazione politica sono pei giovani assai pericolosi; ed è bene che Giulio si rinvigorisca né suoi buoni propositi, prima di vedersi libero nel gran mondo…

Copia della lettera di Gio Batta Lupieri al nipote Giulio del 7 gennaio 1864.    

Lettera di Carlotta Magrini al cognato Antonio del  2 ottobre 1843.

Si tratta di alcune lettere scritte da Luigi Magrini a Carlo Cattaneo in possesso dell’omonimo Comitato italo-svizzero, con sede a Milano, che sta curando una nuova edizione dei carteggi del Cattaneo.

Lettera del 3 gennaio 1848 di Carlotta Magrini al cognato Antonio Magrini. La lettera è stata trascritta integralmente nel saggio di B. Agarinis Magrini, Echi del 1848 nell’Epistolario del dottor Lupieri, medico carnico, in 1815-1848 l’età della Restaurazione in Friuli,Comune di Udine,Trieste 1998.

Lettera di Luigi Magrini al fratello Antonio dell’8 aprile 1850.

La dottrina sul magnetismo animale nasce a Parigi sul finire del secolo XVIII per opera di F.A.Mesmer che vede in esso il ponte che unisce il macrocosmo al microcosmo, il mondo degli astri a quello dell’umanità. Le teorie di Mesmer trovano altri adepti, ma anche la netta opposizione degli ambienti scientifici. Dopo anni di polemiche e discussioni l’Accademia di medicina decide, nel 1840, che per l’avvenire non si occuperà più del magnetismo; e questo, come tale, finisce col decadere, per rinascere però con l’ipnotismo, ed esercitare un’influenza più o meno indiretta su tutte le ricerche del sec. XIX e del principio del XX in materia di psicologia anormale e paranormale.
Il magnetismo animale comunque, con tutti i suoi errori, è stato storicamente il primo tentativo di portare su un piano di ricerca sperimentale certi fenomeni che stanno al limite della psicofisiologia normale e quotidiana, la prima anticipazione scientifica delle moderne esplorazioni metafisiologiche e metapsichiche dell’individuo umano.
Da: Enciclopedia Italiana Treccani, 1949.

Copia della lettera scritta da Gio Batta Lupieri a Luigi Magrini il 10 febbraio 1846.

Evento questo di cui Lupieri lascia un ampia descrizione nella sua Autobiografia. G.B. Lupieri, Autobiografia, Del Bianco, Udine, 1894.

La casa della sorella Caterina che aveva sposato Antonio Artelli di Venezia.

Lettera di Antonio Magrini alla moglie Eugenia del 14 settembre 1847.

C. Hajech, Commemorazione di Luigi Magrini, op. cit.

C. Hajech, Commemorazione di Luigi Magrini,op. cit.


Prestigioso convitto retto dai padri Barnabiti in cui entrò nel 1857 Giulio Magrini, figlio di Antonio.

Paolo nel 1860, Maria nel 1862, Luigi nel 1864 e Corinna nel 1866.

Questi discendenti, rintracciati solo da pochi anni, non sono stati in grado di fornire nessuna testimonianza significativa sull’antenato Luigi.

Giulio Magrini (1847-1866) figlio di Antonio e di Eugenia Lupieri. Fu avviato agli studi prima a Venezia, ospite della zia Caterina, poi a Milano presso il Collegio Longone retto dai Barnabiti, indi seguì lo zio Luigi a Firenze per proseguire privatamente gli studi. Morì volontario nella terza Guerra d’Indipendenza.

Lettera di Giulio Magrini al nonno Gio Batta Lupieri del 28 aprile 1865.

Lettera di Carlotta Magrini al cognato Antonio scritta da Padova il 9 novembre 1833.

Lettera di Luigi Magrini a Gio Batta Lupieri scritta da Milano il 22 gennaio 1846.

Che Luigi Magrini fosse conosciuto nell’ambiente intellettuale friulano lo attesta una lettera del chirurgo e giornalista udinese Giacomo Zambelli all’amico Antonio Magrini del 17 marzo 1857 in cui scrive: “…Nel giornale inglese il Galignani si ragiona di nuovo e con molta lode dell’opera che il Professore vostro fratello scrisse sulla Cometa, dichiarando che di quanto fu dettato su questo gran fatto astronomico nulla eguaglia per merito scientifico l’opuscolo del valente fisico italiano. Vedete dunque che se in Italia non si fa abbastanza giustizia all’ingegno ed alla scienza del Professore Magrini questa gli è resa ampiamente dai savi stranieri, poiché questi tutti l’ammirano e gli fanno  onore. Io mi congratulo di vero cuore perciò e con Voi e con Lui e colla Patria nostra più che con tutti, poiché su di essa si riflettono in gran parte quelle onorifiche dimostrazioni di cui è divenuto obbietto questo elettissimo de’suoi figli”.


G. Clodig, Commemorazione di Luigi Magrini, op. cit.

C. Hajech, Commemorazione di Luigi Magrini, op. cit.

G. Clodig, Commemorazione di Luigi Magrini, op. cit.
Che i due fratelli Luigi e Antonio Magrini fossero di animo dolce e gentile non è un affermazione di prammatica, ma corrisponde effettivamente a quanto i loro discendenti hanno raccontato alle successive generazioni.

Non è stato finora possibile trovare i loro dati anagrafici.

Lettera di Carlotta Magrini al cognato Antonio del 18 aprile 1837.

Lettera di Carlotta Magrini al cognato Antonio del 15 novembre 1841. La nostalgia di Carlotta per la sua città natale dev’essere stata una costante se il nipote Giulio nel 1862 termina un sonetto, a lei dedicato, dicendo …[La zia Carlotta] Viva per secoli / Ma sia contenta, / E possa libera / Veder la Brenta!. B. 215. 3., arch. priv.


Maria Luisa Soppelsa, Scienza e storia della scienza, sta in Storia della cultura Veneta, Neri Pozza, pag. 517.

Maria Luisa Soppesa, op. cit., pag. 518.

“Le letture di ieri all’Accademia”, in Patria del Friuli del 30 dicembre 1914.

Idem

Lettera di Carlotta Magrini al cognato Antonio scritta da Padova il 3 settembre 1841.

Lettera di Luigi Magrini al fratello Antonio scritta da Venezia l’8 aprile 1850.


C. Hajech, Commemorazione di Luigi Magrini, op. cit.

Cenni bibliografici del Professore Luigi Cav. Magrin – Firenze Maggio 1868, manoscritto, b. 213, arch. priv.

I discendenti di Luigi Magrini hanno parlato sempre di lui come del vero inventore del telegrafo, ricordando anche le tante amarezze causategli da questa vicenda. In proposito G. Marchetti, nelle sue note biografiche su Luigi Magrini, scrive: “L’esperimento (sulla trasmissione di impulsi elettrici) del Magrini è sommariamente descritto dal prof. Minotto sulla Gazzetta privilegiata di Venezia del 3 gennaio 1838, e doveva risultare, se non più semplice, almeno più pratico e maneggevole dei precedenti; ma si può credere che tutti questi studiosi, nei loro tentativi pressoché simultanei, abbiano agito l’uno indipendentemente dall’altro, benché sulla base di principi analoghi. Sta di fatto che, nello stesso anno 1838, sulle ferrovie Great Western in Inghilterra, venne installato il primo telegrafo d’uso pratico (sistema Wheatstone) e nel 1843, il Morse attivò la prima linea telegrafica americana tra Washington e Baltimora. In seguito il sistema del Morse soppiantò tutti gli altri, ma intorno al suo brevetto sorsero lunghe contestazioni da parte dei governi europei, per la priorità dell’invenzione. Quale sia stato, in concreto, l’apporto specifico del Magrini in questa complessa cooperazione, non siamo in grado di precisare: forse l’uso del tasto, ch’egli aveva introdotto nel suo apparecchio del 1836 e che fu adottato subito dal Morse, mentre nel primitivo sistema del Wheatstone non appariva. Il prog. Clodig, suo biografo, gli attribuisce anche il primo progetto di cavo telegrafico sottomarino, che sarebbe stato attuato poi da sir W. Thomson, nel 1866”.  G. Marchetti, Il FriuliUomini e Tempi, Vol. II, Del Bianco, 1979, pagg. 667-668.
Il prof. Giovanni Clodigh, insegnante di fisica per molti anni presso il liceo classico Stellini di Udine,

G Clodig, Commemorazione di Luigi Magrini, op. cit.

C. Hajech, Commemorazione di Luigi Magrini, op. cit.


Da una sintetica biografia di Luigi Magrini a cura di Sandra Cesellato e Luisa Pigatto, Professori di materie scientifiche all’università di Padova nell’Ottocento, Lint 1996, si apprende che tra i documenti dell’archivio storico dell’università non è stato possibile reperire l’attestato relativo al conseguimento della sua laurea.
Nella prefazione a questo testo si dice: “Non si può infatti dimenticare che, per quasi tutto il periodo del dominio asburgico, le discipline scientifiche come la matematica, la fisica, l’astronomia, costituivano semplicemente la base propedeutica per la formazione di ingegneri architetti e agrimensori, e che la botanica, la chimica, l’anatomia, la fisiologia e la storia naturale costituivano la base per la formazione di medici e di farmacisti. Il percorso degli studi universitari all’interno della Facoltà filosofica dal 1815 – facoltà filosofico-matematica dal 1824 – vedeva nel triennio filosofico, divenuto di seguito biennio, il completamento culturale degli studi ginnasiali prima di accedere al «Corso degli studi matematici per gli Ingegneri Architetti» della durata di tre anni. Fu questa la strada, di formazione essenzialmente tecnica, che fornì, fino al 1873, tenuto conto di alcuni cambiamenti, la laurea in matematica e la qualifica di ingegneri architetti; l’altra laurea scientifica, quella in chimica, istituita nel 1836, fece parte del corso di studi in medicina fino a quella data”.

C. Hajech, Commemorazione di Luigi Magrini, op. cit.


Cenni bibliografici del Professore Luigi Magrini, Firenze – Maggio 1868, manoscritto, b. 213, arch. priv.

Commemorazione di Luigi Magrini fatta dal dottor Camillo Hajeck membro effettivo del Reale Istituto Lombardo nell’adunanza del 21 gennaio 1869, Estratto dai Rendiconti del Reale Istituto Lombardo Serie II. Vol. II., Milano 1869.

Lettera di Carlotta Magrini al cognato Antonio del 2 ottobre 1843.



E’ la casa a fianco della chiesa di San Giorgio, in via Grazzano, detta tuttora “la ciasa dal muini”. La scuola dei Barnabiti corrisponde all’attuale scuola media Manzoni; l’ingresso era sull’odierna via Ginnasio Vecchio che proprio per questo porta tale nome.

Teresa Masutti (1773 -1842).

Lettera di Antonio Magrini a Gio Batta Lupieri del 25 gennaio 1846.

Giovanni Magrini (1767-1851)

Luint è un piccola frazione del comune di Ovaro in Carnia.

Gio Batta Lupieri ( Luint 1776 – 1873).

Le più significative biografie scientifiche su Luigi Magrini sono quelle di: Camillo Hajech, Commemorazione di Luigi Magrini, in Rendiconti del reale Istituto Lombardo, Serie II. Volume II, Milano, 1869; Giovanni Clodig, Commemorazione di Luigi Magrini, in Atti  dell’Accademia di Udine, 1913-1914; Giuseppe Marchetti, Il Friuli Uomini e Tempi, Vol. II, Del Bianco, 1979.

 

10. Il Regno d'Italia (1868)

Il Regno d’Italia può dirsi quasi un miracolo. Egli è inaspettatamente risorto dopo mille anni di schiavitù, e di misera condizione dei Popoli. La sua riscossa viene dalla memoranda rivoluzione avvenuta in Francia nell’anno 1789. Napoleone Bonaparte Generale in capo dell’Armata Francese in Italia, Plenipotenziario della Repubblica, diede la prima scossa alle varie Signorie d’Italia. Il Piemonte limitrofo fu il primo a provarne l’urto nell’anno 1796, ed il primo ad essere umiliato. Fu indi tolto all’Austria il Ducato di Milano, di Toscana, Parma, Modena, Massa Carrara, ai rispettivi loro Principi nell’anno stesso e Venezia e Genova furono spodestate nell’anno 1797. Roma nel 1798, Napoli nel 1799.
Svariatissimi furono gli eventi storici, le circostanze ed i casi, di tanto rivolgimento, perché diverse le geografiche posizioni, e diversi i pareri e i sentimenti dei Popoli: pure ad onta di tutto, la grande catastrofe ebbe luogo rapidissimo al cadere del secolo decimo ottavo!
Alla caduta dei Governi surriferiti, venne istituita in Lombardia la Repubblica Cisalpina. Nella Toscana  e stati del papa, la Repubblica Cispadana. Principati e regni, ma tutti di poca durata perché nell’anno 1806  tutti questi staterelli, furono concentrati nel Regno d’Italia, di cui Napoleone fu proclamato Re, e più tardi, suo figlio re di Roma.
Tutto tendeva negli anni successivi ad ordinarsi e consolidarsi sotto i fausti auspici di quel Grande che l’aveva istituito, ma la guerra funestissima sviluppata nel 1813 tra Napoleone e la Russia, che portò nel 1814 la caduta di Napoleone, la sua prigionia ed al 5 Maggio 1821 la sua morte, sconcertò ogni cosa.
Avvenuta la pace tra le Potenze alleate quasi di tutta l’Europa e la Francia, si ridussero nell’anno stesso 1814 gli Alleati a Vienna, e con solenne Trattato, tutti i Principi spodestati furono rimessi al dominio dei loro Stati, meno Genova e Venezia. Genova fu data al Piemonte, Venezia assegnata all’Austria.
Seguirono dopo alcuni anni di calma apparente, ma non sincera. Lo spirito di rivoluzione era compresso, non estinto. Né l’Austria, quantunque guadagnasse lo Stato Veneto, era contenta  perché aspirava ad altri ingrandimenti. L’Italia dopo ciò passata allo straniero fu duramente trattata e caricata d’imposte oltre misura!
Nel 1848 si risvegliò un fremito rivoluzionario imponente in Francia, in Italia ed anche nella Germania, che proclamava più largo il diritto dei Popoli, e migliore Governo. Si armarono i Popoli, successero delle battaglie tra cittadini e Militi con molto spargimento di sangue. Son memorabili le 5 giornate di Milano, e più la lunga insistenza di Venezia contro l’Esercito dell’Austria. Le Popolazioni dovettero alfine cedere alla Forza militare e furono in seguito ancor più aspramente trattate.
Ma l’Austria agognava ad accrescere il suo dominio in Italia. Bisognava però cominciare a  rompere con il Piemonte, a cui si era aggiunto pure il Genovesato. Sono frivoli pretesti con cui viene intimata la guerra. Il Re Vittorio Emanuele, conoscendo la sua inferiorità, si volge alla Francia, implorando soccorso e alleanza. L’ottiene. Agli ultimi di giugno 1859 s’apre la campagna. Fu breve, ma ostinata e sanguinosa. La finale battaglia memoranda, fu quella di Solferino, la quale costò ai Tedeschi 8mila morti sul campo, 15mila feriti, 35mila prigionieri. Da 5 a 6mila uomini perdettero pure i Francesi e gl’Italiani. Seguì tosto la pace di Villafranca. La Lombardia fu dall’Austria perduta, e l’ebbe il Piemonte: il Veneto rimase all’Austria. Così terminò la guerra del 1859.
La condizione del Veneto fu peggiorata. S’accrebbero le asprezze e le gabelle, ed il Veneto fu considerato quale provincia di conquista: non più come parte della Nazione italiana. Gli animi furono quindi immensamente esacerbati!
Ma l’Austria, nel rancore della perduta Lombardia, ed avida sempre di aumentare il suo dominio in Italia, raccoglieva un formidabile esercito nel 1865 agli estremi confini del Veneto verso la Lombardia, senza conosciuto motivo e senza dichiarazione di guerra.
Conviene avvertire che dopo la pace di Villafranca (1859) Modena, Parma, Toscana e grande parte dello Stato del Papa, eransi con solenne plebiscito dedicati al Regno d’Italia, e questo riusciva all’Austria di grave angustia. Parve dunque all’Italia, che l’Austria volesse vendicare questo libero atto dei popoli, ch’era di suo interesse, di suo dovere e suo decoro, di sostenerlo. Si preparò dunque alla guerra. Siccome però l’Austria avea contemporaneamente intimato guerra alla Prussia, seguì tra la Prussia e l’Italia alleanza contro l’Austria; e sotto tali condizioni, iniziò  la campagna. Si pugnò aspramente d’una parte e dall’altra, ma la Prussia specialmente, diede tale conquasso all’Esercito austriaco in poche battaglie, da metterlo nell’impossibilità di continuare la guerra. Successe la pace, ed a merito della seguita alleanza, lo Stato Veneto fu (non si conosce per quale ragione) ceduto dall’Austria a Napoleone Imperatore dei Francesi, il quale lo cesse immediatamente al Regno d’Italia.
Ecco in ultimo, dopo schiavitù di secoli e mille varie vicende, unita l’Italia dalle Alpi al mare in un Regno di 24milioni e mezzo di abitanti, sotto il supremo dominio di Vittorio Emanuele Re di Sardegna, e sotto di un regno costituzionalmente costituito. Esso comprende l’Italia intera, meno due o tre Provincie detenute colla violenza dal Papa, che sdegnato, si arma per ricuperare tutte le altre che si erano dedicate solamente al Regno d’Italia.
Comunque siasi il Regno d’Italia è fatto: ma non è ancora tranquillo, bene ordinato e solidamente stabilito, per potersi dire compiuto. L’amministrazione dello Stato non è ancora ben regolata, la legge non bene determinata, e male eseguita! Avvi un esercito sterminato di impiegati ignoranti, che vivono senza merito e senza bisogno a carico dello Stato. Molto, a dir vero, manca al Regno in linea d’ordine, d’amministrazione, d’economia per renderlo forte, ben regolato e rispettato e per metterlo a grado di stare in rango coi primi Stati d’Europa!
Signori Rappresentanti dei popoli, onorevoli Deputati al Parlamento Nazionale d’Italia, voi siete gli uomini distinti per lumi, per meriti, per patriottismo, eletti dai popoli a reggere debitamente la macchina dello Stato. A voi tocca dunque di volgere tutto lo studio e tutte le vostre cure, onde promuovere il bene e la prosperità del regno e da Voi dipende l’ordine, la forza e la gloria del Regno d’Italia.
S’odono lagni, che nella trattazione degli oggetti relativi all’Amministrazione dello Stato sianvi discussioni lunghe, vive, ostinate, molte volte inconcludenti. Altre volte che si lascino oggetti gravi e d’importanza lungamente pendenti: che alle discussioni siano i Deputati o trascurati nell’intervenire o poco attenti all’argomento su cui si tratta: altre volte, che si perdano in sottigliezze inconcludenti, trascurando gli affari d’alta importanza; altre volte, che vi abbian luogo gare personali, o interesse di un paese in confronto all’altro … cose tutte disdicevoli a pubblici rappresenentanti, che non si credono … ma ove pure avessero qualche fondamento, si pregano Onorevoli Signori, a riflettere alla Loro dignità, all’onor Loro, alla fiducia dei Popoli in Loro risposta: e pensino, che da Loro dipende il bene e la prosperità della Patria e dello Stato. I Deputati al parlamento sono i legislatori, gl’amministratori, i moderatori del regno, e grande è la loro responsabilità in faccia al Pubblico. Le savie discussioni sono utili e necessarie; ma scopo di esse è sempre uno: la buona amministrazione, la prosperità dello Stato. Questo è in politica il = Porro unum est necessarium!
Voi prelibatissimi Deputati all’Illustre Parlamento italiano, non avete di certo bisogno di raccomandazioni nell’argomento: ma permettete, che lo scrivente vi preghi anche a sorvegliare sull’esatta esecuzione della Legge, sull’allontanamento degli abusi e sulla retta amministrazione pubblica, onde promuovere la pace, la tranquillità, l’ordine, la sicurezza, la forza e la gloria del Regno d’Italia, sorto fra mille angustie, e sin ora non abbastanza bene consolidato.

dottor Gio.Batta Lupieri, 1868
(Avvenimenti politico-religiosi 1861 etc. etc., arch. Lupieri- Magrini, 142.15)

Il casato Lupieri-Magrini al Liceo "J. Stellini" di Udine

A partire dall’anno scolastico 1835-36, quando il giovane Antonio Magrini iniziò il corso Filosofico nel Liceo di Udine, ben cinque generazioni della famiglia Lupieri-Magrini di Luint (Ovaro) si sono succedute sui suoi banchi e le loro carriere scolastiche si sono strettamente intrecciate con le vicende belliche del nostro paese degli ultimi due secoli.

Antonio Magrini (Udine 1817 – Luint 1889)

Antonio era l’ultimo figlio di Giovanni Magrini che fu dapprima segretario dei  Padri Barnabiti, poi, alla soppressione dell’ordine, sacrestano nella Parrocchiale di S. Giorgio di Udine. Il figlio primogenito era Luigi che divenne uno dei più illustri fisici del suo tempo.
Della carriera scolastica di Antonio rimangono solo poche testimonianze, la più remota è l’attestato semestrale del Liceo di Udine in cui si dichiara che
Il signore Magrini Antonio di Giovanni nativo di Udine ha frequentato le lezioni sopra gli oggetti d’istruzione del primo corso degli studi filosofici nell’anno scolastico 1835-36 presso l’I.R. Liceo di Udine e negli esami pubblici del primo semestre ha riportato le seguenti classi:
Religione ……. ……………….. molto diligente
Filosofia……………………….. molto diligente
Matematica pura elementare ….. molto diligente
Filologia latina…………………. Molto diligente
La di lui condotta morale fu distintamente conforme agli Statuti Accademici disciplinari.
In fede di chi Noi confermiamo il presente attestato colla nostra sottoscrizione e col sigillo.
Udine li 11 Aprile 1836
L’I.R. Direttore degli studi filosofici      f.to   F. di Toppo
Professori   f.to d.  Lunazzi
               Don Gius. Zandonella
               Giuseppe Gratognini ?
               J. Pirona

Terminato il Liceo si iscrisse alla facoltà di Medicina dell’Università di Padova dove conseguì la laurea nel 1843.
Esercitò la professione prima a Faedis poi in Carnia. Avendo sposato nel 1847 Eugenia Lupieri, figlia del medico fisico Gio Batta Lupieri di Luint (Ovaro), entrò a far parte di una delle più antiche  famiglie della Val di Gorto dove la cultura era un valore imprescindibile. Eugenia aveva un solo fratello: Giulio Cesare anche lui allievo del Liceo di Udine.

 

 

Giulio Cesare Lupieri (Luint 1829 - Marghera 1849)

Giulio, come suo padre GioBatta e tutti i loro discendenti, per poter  seguire degli studi regolari, dovette ancora bambino allontanarsi dalla famiglia. Fu dapprima mandato a Treppo Carnico, da un precettore privato , per compiere gli studi elementari. Dal 1839, dopo aver superato un esame presso l’ Imperial Regia Scuola elementare maggiore maschile di Udine , entrò come convittore nel Seminario di Udine per frequentare la 1^ classe del Ginnasio, dove rimase fino al 1845 per poi passare al Corso Filosofico del Liceo di Udine.
Dal certificato d’esame scolastico rilasciatogli nel 1839 si apprende che:
Colla presente si attesta che Lupieri Giulio di Giovanni Batta, nativo di Luint, il quale à fatto privatamente gli studii elementari di III classe, à dato prova nel regolare esame, a cui fu sottoposto nel giorno 10 ed 11 Settembre 1839 di aver appreso
Il Catechismo e la Morale Cristiana: assai bene
Il Compendio della Storia Sacra: bene
La spiegazione del Vangelo: bene
Il leggere lo stampato, e lo scritto italiano
con osservazioni Grammaticali: bene
Il calcolo delle frazioni: assai bene
La regola del tre: bene
La Calligrafia: bene
L’ortografia e lo scrivere italiano sotto dettatura: bene – assai bene
La Grammatica italiana: bene
La retta pronunzia: bene
La prima parte dell’Istradamento al comporre: bene
Il leggere lo stampato, e lo scritto latino: assai bene
e lo scrivere latino sotto dettatura: bene
Perciò merita la Classe I: Prima
Udine, il dì 11 Settembre 1839
Il Direttore:  Del Negro
Visto: L’I.R. Ispettore Provinciale  G.B. Zerbini

Nel Seminario Vescovile, dove Giulio concluderà un primo corso di studi, vigeva una ferrea disciplina, come si evince dalle “Regole disciplinari” per i convittori; ogni settimana veniva rilasciata per ogni alunno una valutazione scritta sull’adempimento dei propri doveri.
Giulio, nell’anno scolastico 1845-46, lasciava le scuole del Seminario per frequentare il corso filosofico del Liceo di Udine e dal padre veniva alloggiato presso la famiglia dell’insegnante di musica Francesco Comencini, che aveva anche il compito di sorvegliare l’andamento dei suoi studi e di tenere regolarmente informata la famiglia sulla sua buona condotta.
Il Comencini il 19 febbraio 1846 scriveva al dott. Lupieri, padre amoroso ma altrettanto severo ed intransigente sull’osservanza dei doveri civili e scolastici, per rassicurarlo sull’infondatezza delle voci che gli erano giunte circa la condotta del figlio:
“… Il nostro Giulio si comporta sempre in modo lodevolissimo a detta de’suoi Professori Lunazzi, Zambra e Braidotti i quali se pur vorrebbero da lui maggiore slancio, e quindi maggior profitto non trovano a che riprendere dal lato della condotta e dell’assiduità .
 Lo stesso giorno anche Giulio scriveva al padre per far valere le sue ragioni:
Caro Padre!
… Mi scrivi che ancora non sei contento della mia condotta, facendo io lega con cattivi compagni; ma io ti dimostrerò tutto il contrario. Sappi che i miei compagni più praticati sono quattro, e ti dirò chi sono. Uno si chiama Missino, ed è il più costumato ed anche il più bravo del Liceo. L’altro è De Marchi. Costui il conosci e quindi su lui nulla parlo. Il terzo si è Moro, anche questi è uno dei migliori. Ed il quarto è Narduzzi; questi si è buono e nulla di più. Vedi ora a quanto si estendono le mie leghe, e ti dirò anzi che questi due ultimi che t’ho nominato quasi nulla più li pratico. Praticando adunque il migliore del Liceo ed un mio patriota, credo che non te l’avrai a male, anzi ne sono sicuro che mi darai ragione, essendo tu uomo ragionevole. In seminario mi fu interdetto il passo non per me ma per la cattiva prevenzione che hanno dei Liceisti. Vedi a qual punto arrivano le loro stupidaggini
”.
Questa ultima asserzione di Giulio segue a una sua precedente lettera, del 29 gennaio 1846 in cui si giustificava con il padre, che lo rimproverava per non essere andato a salutare i professori del Seminario:  “…Non parlare dei professori del Seminario, perché come ti ho detto in altra mia è vietato l’entrata. E non a me soltanto ma a tutti gli studenti del Liceo e del Ginnasio, perché hanno questa pazzia, che i Liceisti, e quelli del Ginnasio sieno tanti diavoli, e quelli del loro stabilimento angeli. Io ho provato tutti e due, e dico invece il contrario per ogni riguardo”.
Il padre, nelle sue memorie, lamenta lo scarso profitto di Giulio in questo primo anno di liceo:
“…venne a rammaricarmi la condotta scolastica di Giulio mio figlio, il quale tolto dal Seminario (ove era convittore) ed inviato al Liceo di Udine a fare il corso filosofico, riportò in fisica e matematica una seconda classe, e così perdette l’anno scolastico 1845-46 e fu condannato a replicarlo .


Prima ancora fu il padre di Giulio: Giovanni Battista Lupieri (Luint 1776-1873) a frequentare le scuole udinesi come lui stesso racconta nella sua Autobiografia : “Nell’autunno 1790 prese mio padre la determinazione di mandarmi alle scuole in Udine, ma sotto precettore privato. Era questi certo don G.B. Spangaro di Ampezzo e qui in due anni mi affrancai della grammatica e della sintassi. Nel 1790-91 e parte del 1792 ebbi a pedagogo certo don Leonardo Beorchia-Micoli di Muina, mio cugino materno, angelo di costumi, nel resto giovane da poco, ma senza pretese.
Nell’anno scolastico 1792-93 passai allo studio di belle lettere (poesia) nel Seminario Vescovile di Udine. Ebbi un eccellente professore nella persona di don Pietro Peruzzi. In quest’anno cominciai pure a prendere lezioni di musica dal maestro di cappella don G.B. Tomadini. In autunno 1794 passai alla Retorica, ove consumai l’anno scolastico 1794-95, e dedicai alla filosofia (sempre nel Seminario Vescovile di Udine) gli anni 1795-96 e 1796-97”. Dopo due anni di praticantato presso il dott. Sebastianis, prima a Udine poi a Trieste, conseguì il diploma di chirurgo nel giugno del 1799 e in quello stesso anno si iscrisse alla facoltà di Medicina all’Università di Padova dove si laureò il 9 maggio 1801.
G.B. Lupieri, Autobiografia, Del Bianco, Udine, 1894, pag. 8-10.

Il 26 novembre 1837 “Giulio mio figlio passò in educazione elementare e civile a Treppo, Distretto di Paluzza, in età di anni 8, mesi 10 e pochi giorni, sotto la disciplina di quel curato Don Felice Tavoschi di Comeglians, giovane studioso, intelligente, di molti meriti, e mio distinto amico. Tolsi i miei figli in età prematura dalla scuola comunale elementare eretta in questo villaggio di Luint, come luogo centrale, e li mandai altrove per vari motivi, ma specialmente per allontanarli dalle distrazioni domestiche e per vederli istruiti ed educati con metodo e precisione, nella certezza che ciò stato sarebbe di molto vantaggio in progresso di studii scientifici e di educazione domestica e sociale”.
 G.B. Lupieri, Autobiografia,Del Bianco, Udine, 1894, pag. 65

“Nella pianta delle istituzioni educative udinesi risalta la presenza del liceo, di istituzione napoleonica, per l’istruzione superiore e del ginnasio per l’istruzione media; colpisce invece l’assenza di scuole elementari minori, comprendenti le prime tre classi. Esistono infatti  soltanto le elementari minori e maggiori (IV classe) maschili, mentre le femminili pubbliche hanno soltanto la IV classe”. L. Cargnelutti, La città e le sue istituzioni in età austriaca, sta in 1815-1848 L’età della Restaurazione in Friuli, pag. 132

Tutte le lettere citate nel seguente lavoro si trovano presso l’archivio della famiglia Lupieri-Magrini nelle cartelle dei rispettivi destinatari.

G.B. Lupieri, Autobiografia, Del Bianco, Udine, 1894, pag. 86.

Per agevolare il figlio nella ripresa scolastica lo alloggiava presso l’abate Jacopo Pirona uno dei più validi intellettuali  udinesi del suo tempo nonché uno degli insegnanti più noti del locale ginnasio-liceo, ove tenne le cattedre di italiano e di storia per un quarantennio :
1847…Giulio è al Liceo di Udine, e di abitazione col professore don Jacopo Pirona . Ho cercato di allogarlo presso quel professore, affine d’impegnarlo, a fare maggiormente il suo dovere. L’educazione scientifica e civile, è cosa per me di gravissima importanza: ed io nulla ho risparmiato di quanto era in mio potere a questo riguardo ”.

 Giulio, manifestava un grande rispetto per l’anziano e severo genitore, ma nella corrispondenza non gli concedeva molte notizie sulla sua vita scolastica. Dai suoi brevi scritti si evince, nonostante la giovane età, dotato di una  notevole autonomia di pensiero e fermezza di carattere. Non condivideva e lo dice chiaramente il modo di rapportarsi del genitore con i suoi insegnanti:    
… Ricevei 4 pezze di formaggio le quali dovessero essere consegnate a ciascun professore. Io m’astenni di farlo; perché dopo aver considerato, che formaggio è un dono troppo meschino, perché di esso ce ne in abbondanza qui ad Udine e forse migliore del nostro; parrebbe con ciò che domandassi da essi in risarcimento indulgenza con me, cosa da me odiata; e perciò nessun dono di nessuna qualità e prezzo desidero che venga fatta finché io mi trovo sotto di loro”.
“… Ti ho detto fin dall’altra volta, che non desiderava, che facessi più doni ai Professori, fino a tanto che io mi trovo stare sotto essi. I tempi si sono cangiati caro Papà … ma fa quello che vuoi, già tu ne sei il padrone! Per altro io desidererei che ti astenessi”
.

Il profitto scolastico di Giulio ebbe un immediato vantaggio dalla convivenza con l’abate Pirona che a sua volta si dichiarava soddisfatto dell’allievo:
… l’anno ripetuto è stato una redenzione così passerà al secondo bene disposto, e potrà percorrerlo con frutto e con onore. Egli si è meritato molta lode tanto per lo studio come per la costumatezza… .
 Giulio, sotto la supervisione di quell’emerito educatore, iniziò a conosce il piacere dello studio.
Il 1°gennaio del 1848, scriveva al padre:
“… In quanto alla scuola spero di trovarmi, se non meglio, almeno alla parità dell’anno scorso; giacché se nella fisica abbiamo molto da fare, ci veniamo ricompensati dalla religione che non è sì dura e che non dobbiamo studiarla ad litteram come sotto Lunazzi. La casa in cui abito porta il numero 537 ed i miei compagni si chiamano l’uno Minaci Girolamo di Volosca, e l’altro Roncaldier Eduardo di Trieste, ora domiciliato a Cividale, perché sua madre si è ammogliata di nuovo con un certo Cucovaz, e mi trovo molto contento tanto in casa quanto nella compagnia d’essi”.
Ma quello sarà un anno scolastico memorabile, è il 1848, il fatidico anno delle rivoluzioni nazionali europee. Anche il Friuli viene travolto da questi avvenimenti e si ribella al governo austriaco. Dalle lettere di Giulio traspare un grande entusiasmo per la causa risorgimentale: dall’euforia per la sollevazione di Udine, che ha causato la chiusura del Liceo e il ritorno a casa, all’amarezza per il fallimento dell’insurrezione della città e al mesto rientro per riprendere gli studi. Rientro sollecitato da una lettera dell’abate Pirona al dott. Lupieri che, il 28 aprile 1848, scriveva con tono sconsolato:
Chiarissimo sig. Dottore
Dopo le amare vicende che ci hanno scompigliati, convien ripigliare l’andamento ordinario delle cose in quel modo che si può. Col primo Maggio si riapre il Liceo, e  le lezioni avranno luogo col metodo solito. Mancano due Professori, ma vi sarà chi supplisce. Si deve cercare ogni via perché i Giovani non abbiano a perdere l’anno, né a rimanere oziosi. Il Paese è colpito dalla calamità della guerra, ma è tranquillo. Perciò io aspetto Giulio…
”.
Giulio, rientrato a Udine, informava il padre della situazione:
Carissimo Padre!
Sono arrivato felicemente ad Udine. Qui ho trovato il mio compagno di camera Minaci, che era arrivato già da otto giorni. Le scuole sono incominciate col solito metodo; avvenimenti funesti pare che non se ne verifichino in questi giorni, e tutto qui è tranquillo, onde ho divisato di rimanere ad Udine ”.
“…Le scuole camminano regolarmente, soltanto che invece di tre vi è un’ora di scuola al giorno. Non mi venne fatto alcun lagno pel mio ritardo, giacché essendo cadute le leggi scolastiche che prima avevamo, non eravamo obbligati ad intervenire puntualmente come prima, tanto più che non abbiamo avuto alcun regolare richiamo.
Ho sentito che anche il Seminario s’aprirà dopo la Pentecoste, ma al dir di Pirona, avrebbero fatto da richiamarli all’ottava, che in quel tempo, giacché, se le cose non cangian faccia, noi termineremo a quel punto o in quel torno
”.
Nel difficile clima politico che si era venuto a creare dopo una rivoluzione fallita anche il Liceo riprendeva i suoi corsi per giungere dopo poco tempo alla fine di quel tribolato anno scolastico. Pirona  comunicava al dottor Lupieri la promozione del figlio, ma onestamente gli faceva presente anche i limiti di quel risultato dovuto alle contingenze
Chiarissimo Signor Dottore
Oggi Giulio partirà per restituirsi alla sua Famiglia. Egli ha compiuto onorevolmente il corso filosofico. Ciò non significa già ch’egli abbia acquistato molte cognizioni. La Scuola dà sempre poco e quest’anno così rotto, meno che poco. Tuttavia si è fatto quello che si poteva, e Giulio ha messo in regola il suo anno. Resta ch’egli si procacci da sé nell’autunno quelle cognizioni di logica e di fisica, che sono state imperfettamente date nel corso pubblico. Mi sono inteso con lui intorno alle letture che deve fare. Spero nella sua buona indole: egli vorrà dare consolazione a chi lo ama, e far onore alla sua Famiglia…
”.
 Giulio non riprenderà gli studi (doveva passare agli studi universitari a Padova), la sua carriera scolastica verrà interrotta dalla sua eroica e prematura morte.

1849 …Giulio, mio figlio, dopo aver lodevolmente percorsa la carriera scolastica nel  Seminario di Udine, e consumati gli studi filosofici a quel Liceo, si toglieva tacitamente

Jacopo Pirona (1789-1870). “ Alla riapertura del Ginnasio Comunale del 1814, sotto la dominazione austriaca, egli ebbe l’insegnamento quale titolare prima di Grammatica e poi, per gradi, di Umanità e di Retorica. Nel 1820 era passato all’insegnamento liceale nella cattedra  prima di Filologia latina e poi di Storia. Nel 1850 era promosso alla direzione del Liceo”. G.B. Passone, Il Liceo-Ginnasio “Jacopo Stellini”, arti Grafiche Friulane, Udine, 1955, pag. 45.

G.B.Lupieri, Autobiografia, Del Bianco, Udine, 1894, pag. 87.

Udine 6 febbraio 1847

Udine 29 giugno 1847

Lettera di J.Pirona a Gio Batta Lupieri del 30 agosto 1847

Si tratta della casa d’abitazione di Jacopo Pirona in via Grazzano.

Lettera di Jacopo Pirona a G.B.Lupieri del 28 aprile 1848.

Lettera di Giulio al padre del 16 maggio 1848

Lettera di Giulio al padre del 25 maggio 1848

lettera di Jacopo Pirona a G.B. Lupieri del 1°agosto 1848

dalla famiglia nella mattina del 6 gennaio, concertato con altri giovanotti suoi condiscepoli, di volgersi a Venezia, onde rafforzare i difensori della patria libertà ”.
Di Giulio, alla famiglia, non è rimasto neppure un ritratto. La sua memoria è stata tramandata dalla corrispondenza, dai libri e dagli appunti scolastici affettuosamente conservati: appunti di Storia Naturale dettati dal prof. Zambra Bernardino, Brevi cenni di Storia Naturale tratti dal Blumenbac, Storia Universale dettata dal prof. Jacopo Pirona, Storia di Napoleone compendiata secondo quella di  Laurent, Religione del prof. Lunazzi, appunti di algebra e di geometria, di Retorica, Analisi, Filosofia e una piccola Antologia di prose e rime patriottiche. Ma a ricordarlo rimane soprattutto la sua lettera d’addio al padre:
Padre!
Io t’ho abbandonato senza farti parola. Fantasticherai ora che lo abbia fatto per sottrarmi da tuoi mali-trattamenti e dalle tue ingiuste querele appresso il Popolo. Ma no, che, qual figlio amoroso, non t’avrei per questo lasciato. Invece un sacro dovere mi chiama a difendere la Patria. Oserai tu contrapporti alle leggi patrie? No certamente, se sei buon cittadino.
T’imploro e ti supplico adunque in questo momento sì importante, a’secondare co’miei i voti unanimi della nostra Patria, dandomi la paterna tua benedizione. Scellerato saresti se me la negassi, ed io, se anche avresti l’impudenza di commettere quest’atto, inumano, non oserei per questo d’essere buon cittadino e figlio amoroso
P.S. Se a caso mi morrò, avrai di ciò notizia.
Dicembre 1848                                                                          Giulio Cesare Lupieri”

Morto Giulio, la discendenza della famiglia passò alla sorella Eugenia che, come si è detto, aveva sposato il giovane medico udinese, Antonio Magrini, ed aveva avuto tre figli maschi: Giulio , Gio Batta e Arturo ai quali venne data la miglior educazione possibile, che inevitabilmente li portò lontani da casa ancora fanciulli.
Il vecchio dottor Lupieri, amatissimo dai suoi tre nipoti, veniva costantemente informato sulle loro vicende scolastiche. Il confronto intellettuale intercorso attraverso la loro corrispondenze è sorprendente per l’affettuosità, la serietà degli argomenti trattati, per il grande valore che veniva dato all’istruzione e quindi alla scuola.


Gio Batta Magrini (Tita) (Luint 1851- Arezzo 1904)

Frequentò il ginnasio liceo udinese dall’autunno 1863 fino all’anno scolastico 1870/71. Si laureò in Belle Lettere presso la Regia Università di Pisa il 14 luglio 1875.
Insegnò nel Ginnasio di Cremona ove fu poi promosso alla cattedra di storia e geografia per Regi Licei. Tenne tale cattedra in diverse città infine ad Arezzo presso il Liceo Petrarca.
La storia della sua educazione scolastica la scrisse lui stesso in un componimento che gli venne dato all’esame di licenza liceale nel 1871:
Chiamato a dire quali sieno i miei studi fatti, quale la materia d’insegnamento, cui credo di aver maggiormente approfittato, e quale preferisco e perché, dirò con ischietto animo la verità.
Nato in alpestre regione, fui educato nei miei più teneri anni dai miei carissimi genitori e dal mio amoroso nonno. Essi giorno e notte vegliavano su me e sui miei fratelli, osservavano attenti le nostre azioni, non ci risparmiavano rimbrotti se mostravamo tal fiato malanimo fra noi o con le persone di servizio o con le bestie. Non avevano per sistema né di usare mezzi coattivi né di perdere molte parole quando ci riprendevano bastava uno sguardo del papà o una parola del nonno perché ci struggessimo in lacrime; una lagnanza della mammina perché la baciassimo e la assicurassimo di non far più quello che le rincresceva.
I rudimenti delle elementari ce li fecero apprendere in casa sotto la scorta loro e sotto quella pur anco di un buon maestro di quei paesi, ma non certamente di elevato ingegno. Mentre così ci avvezzavano a sentire nobilmente e ci davano la prima e la fondamentale educazione, ci facevano fare continui esercizi corporali, poiché ben conoscevano (tanto più che il Papà mio e il Nonno professano la medicina) che non men che all’alma si dee por cura alla salma (Parini) che mens sana in corpore sano, e che ci dev’essere perfetta armonia tra lo sviluppo fisico ed il morale.
Passai a fare le elementari superiori a Venezia presso mio zio. Ebbi colà a maestro un’eccellente persona, il Tirelli, che ben seppe far gustare ai suoi alunni perfino  quelle cose che pur sono sempre noiose… Anche a Venezia fui educato a nobili sentimenti ed avviato agli studi con ardore, e diciamolo pure, con profitto.

… Terminato il corso elementare dovea recarmi a Milano nel Convitto Longone , ma per non lasciare solo il mio fratello che istudiava le elementari a Udine e che per la prima volta abbandonava Luint quel nostro diletto paesucolo e che per la prima volta usciva dal tetto paterno, mi recai in cotesta allegra Città onde procedere negli studi classici. Le prime tre classi del Ginnasio studiai sotto il cessato regime . Molte erano le materie d’insegnamento obbligatorie: la Religione, con la messa quotidiana, con gli esercizi spirituali e colla confessione trimestrali, il latino, l’italiano, il tedesco, il greco, la storia naturale, la geografia e la storia, la matematica: cosicché per attendere a tutte non si facea alcun profitto: che infatti quando ci diamo a molte cose contemporaneamente difficilmente ci riusciamo poiché la nostra attività è dipartita e suddivisa e la nostra energia e la nostra vitalità vengono meno e la mente nostra si sgomenta e si scompiglia. Delle materie d’insegnamento io coltivava con qualche amore la geografia e storia, la storia naturale (e specialmente la zoologia) e la matematica (per cui sentiva inclinazione). Ma lento e quasi nullo era il progresso sebbene in fin dell’anno si riportassero tutti i migliori punti ed i premi o le menzioni onorifiche, che erano vere buffonerie. Nell’anno milleottocento sessantasei il Veneto fu annesso alla nostra diletta patria e le scuole presero un'altra piega; perché mentre il governo austriaco cercava di ottundere gli ingegni per arte di governo, ora si promuove o cerca almeno di promuovere con ogni mezzo nella scuola un reale miglioramento. L’attività crebbe e

G.B. Lupieri, Autobiografia, Del Bianco, Udine, 1894, pag. 108-109

Giulio Magrini (Luint 1847-Udine 1866). Frequentò le scuole elementari a Venezia, il ginnasio e parte del liceo a Milano nel  Convitto Longone. Nel 1863 si trasferì a Firenze, con lo zio Luigi Magrini, per continuare gli studi liceali sotto la sua supervisione. Nella primavera del 1866 (frequentava l’ultimo corso del liceo con ottimo profitto), all’insaputa dei suoi familiari, si arruolò volontario nell’esercito italiano. Morì di tifo, contratto nei lunghi bivacchi  durante la estenuante campagna bellica, all’ospedale militare di Udine il 19 agosto 1866.

Il Convitto Longone di Milano fino alla riforma napoleonica fu retto dai padri Barnabiti poi da sacerdoti secolarizzati e adottò il regolamento organico che reggeva i Licei Convitti. Dal 1861 l’attività del Convitto si svolse parallelamente al Liceo di Porta Nuova (con un'unica direzione) che assumerà in seguito la denominazione di Ginnasio Liceo G.Parini.

“Il Ginnasio liceale di Udine, passando dalla gestione austriaca a quella italiana nel 1866, non subisce modifiche sostanziali, salva la distinzione tra Regio Ginnasio (quinquennale) e Regio Liceo (triennale), regolati nella formula unificata di Regio Liceo-Ginnasio, definitivamente dalla legge del 23 ottobre 1884. Nel ginnasio viene successivamente apportata una distinzione del quinquennio in un triennio di grado inferiore e in un biennio di grado superiore…”.
G.B. Passone, op. cit., pag. 49

cominciai a far qualche cosa mi destati dal torpore in cui gli austriaci ci volevano tenere, e mi diedi fieramente a studiare alla quinta classe Ginnasiale. Anzi fu tanta la mia attività in quell’anno che si temeva avessi a morire. Studiai di fatti e molto, e non solo le materie di scuola (e tra queste in ispecial modo la storia, l’italiano, il greco ed il latino) ma anche cose estrane alla scuola.. Leggeva con amore  e ripetutamente i volumi del Colletta, di Massimo d’Azeglio, del Grossi, del Pellico, del Monti; e li declamava a voce alta entusiasmandomi.
Passai al Liceo. Cercai nei tre corsi d’esso di adempiere con lealtà e coscienza il mio dovere. Studiai con amore e predilezione Dante, Foscolo e Leopardi, che tengo in grande estimazione e che sono i miei compagni prediletti, di cui non passa giorno che non ne legga un qualche brano: essi sono l’alimento del mio spirito, la mia vita intellettuale, che con tanta splendidezza di forme chiaramente esprime gli alti e utili suoi concetti, e gl’ultimi tempi mi diedi allo studio d’Orazio.
… Le materie in cui credo di aver fatto maggiori progressi nel liceo sarebbero la letteratura e la storia, sia per naturale mia tendenza, sia per il modo facile e piano ed accorto di cui i professori fecero uso. Del resto assicuro di aver tratto profitto in tutti i rami, tranne nella matematica, e mi sento in obbligo di ringraziare sinceramente tutti i signori Professori, nessuno eccetto e di essi ritengo porterò sempre grata memoria.
… Io per queste ragioni e per molte altre ancora amo immensamente la storia e ad essa mi applicherò con tutto l’animo mio, con tutta la mia forza. Io mi sento all’intorno a dire con voce quasi unanime: perché tu preferisci la storia e le lettere, e non ti dai alle scienze? Credi tu che esse ti diano del pane a sazietà o che ti facciano passare una vita di stenti? Non sai che ora sola la scienza può darti gli agi della vita e la felicità? Ignori forse che ora viviamo nel secolo in cui solo è bello ciò che si risolve in utile materiale? Che importa ora dei passati, pensiamo al presente, pensiamo a noi, ai nostri bisogni ….
”.

 

 

Arturo Magrini (Luint 1854-1929)

 
Frequentò a Udine la scuola elementare maggiore del maestro Giovanni Rizzardi riportando tutte eminenze eccetto che in calligrafia. Percorse il Ginnasio-Liceo ad Udine – riportando sempre premi (1° o 2° nella classe) fino all’anno scolastico 1872/73. Si laureò in medicina a Bologna il 29 giugno 1879 con 30 su 30 voti.
Durante l’anno scolastico  1866/68 e 1868/69, la madre, che aveva appena perso il figlio maggiore, per non separarsi dagli altri due, si trasferì a vivere temporaneamente con loro a Udine. In seguito dovette ritornare a Luint per assistere l’anziano padre, le cui condizioni di salute erano divenute precarie, e seguire gli affari di famiglia. I ragazzi proseguirono gli studi del ginnasio- liceo come pensionanti presso la famiglia Spezzotti in via Mercatovecchio, casa Olivo. Il loro impegno nello studio era fortemente sentito e praticato e il profitto fu ottimo. Arturo in particolare era molto vivace e di brillante intelligenza.
Di grande interesse è la corrispondenza che intrattennero con l’amatissimo nonno Lupieri, la cui severità col passare degli anni si era attenuata, mentre era rimasta immutata l’intransigenza sui doveri dello studio.

Udine 29 aprile 1865
“Mio caro ed amato Nonno,
Noi mercoledì 26 aprile 1865 arrivammo felicemente in Udine, ove trovammo la stagione molto avanzata.
Giovedì 27 aprile fui dal Professor Andrea, Giulio Dr. Pirona , il quale molto ti saluta.
Oggi 29 Aprile fui chiamato in Geografia e storia dal Signor Direttore Giusto Grion e fui interrogato in Italiano (ma in quest’ultimo ramo al posto, e poco) e mi sembra di averli soddisfatti.
Procurami cais e questo lo può fare benissimo Luigi Gottardis (Gigi come lo chiamano) quando è cessata un po’ di pioggia e digli che raccogli d’ogni sorte eccettuato quelli che si mangiano e poi spediscili per qualche incontro a me, ed io li darò al Signor Prof.re Pirona Giulio, Andrea, e vedendomi esaudito, anticipo i miei ringraziamenti.
GioBatta”

Udine 22 Aprile 1866
Amato Nonno!
… In Ginnasio c’è un nuovo Direttore che è di cognome Restani.
Il nostro orario è cambiato (Qui sotto ti mostrerò come è disposto)
Qui la voce universale è guerra.
Noi siamo molto occupati per la scuola.
 Orario
Da attivarsi col giorno 23 Aprile 1866
I.  II.  III.  IV.  V.
Lunedì            Latino. Matematica.  - Italiano. Geografia.
Martedì           Latino. Latino. Matematica. Storia Naturale. Religione.
Mercoledì       Geografia. Italiano. – Latino. Latino.
Giovedì           vacanza completa
Venerdì           Religione. Italiano. – Latino. Italiano.
Sabato             Geografia. Storia Naturale. Matematica. Latino. Italiano.
Domenica       Alla congregazione a S.Spirito
Professori:
Cernoja capo classe e prof. di Latino ed Italiano
Pirona prof. di Geografia Storia Naturale e di Matematica
Schiavi prof. di religione
Si va alla scuola alle ore 8 ½ , e si sorte fuori qualche giorno alle 11 ore e qualche altro a mezzogiorno. La sera si va a scuola alle ore 1 pom. e si sorte alle 3.
Arturo”

Udine 27 Aprile 1866
Caro Nonno,
… Le scuole continuano discretamente bene. Per la città si discorre altro che di guerra. Corre voce che il Ginnasio presto lo chiudino. Si dice anche che del Seminario faranno una caserma, che qui verranno i Croati, e che so io. Le scuole mi tengono occupato molto. Di Professori io ho soltanto che Pirona per la Fisica, Vogrig per le lingue Italiana, Latina e Greco; Clodig per la Matematica; Petronio per la lingua Tedesca; Zamagna per la Geo. Storia; Schiavi per la Religione.
Arturo

Curriculum vitae di Arturo Magrini, arch. Lupieri-Magrini, b. 226.1

Giulio Andrea Pirona, nipote di Jacopo, laureato in medicina a Padova, cultore appassionato di Scienze naturali insegnò al Liceo dal 1851 al 1888.

lumache

Udine 7 Dicembre 1866
Caro Nonno.
Lunedì 3 della scorsa settimana, giunsi a Udine col Papà, colla Mamma e col Fratello.
L’apertura delle scuole dovea aver luogo, secondo che annunziavano i fogli Lunedì 3 ma invece fu prolungata fino ai 5. A questa solenne apertura, ch’ebbe luogo al palazzo Bartolini alle ore 11 ant. v’intervenne eziandio il Commissario del Re Commendatore Quintino Sella, il Municipio ed Autorità militari, Professori ect. Vi ebbe luogo per primo un discorso letto dal Direttore delle Scuole Tecniche di Udine, Alessandro Cossa, poscia un’altro letto dal Prof. Luigi Candotti, rappresentante del Ginnasio Liceale di Udine, tutti e due applauditi. Da ultimo il Commissario del Re pronunziò delle belle parole colle quali dichiarava fra le altre cose ch’egli fra poco tempo termina le sue funzioni di Commissario del Re in questa Provincia. Questo suo discorso fu molto applaudito, ed anzi varie volte dovette fermarsi dal discorrere pei gran battimani. Fra le 12, o 12 e mezzo la seduta si sciolse.
Le scuole cominceranno Lunedì 10, ma saranno molto irregolari finché manca il Direttore, che sembra venga quello di Venezia, e molto personale.
 Gio Batta

Udine marzo 1867
Caro Nonno
In questo momento son reduce dalla funzione tenuta nel Duomo per il Natalizio di S.M. il Re e di S.A.R. il Principe Umberto.
Tutta la Guarnigione, compresa la Guardia Nazionale, era sotto l’armi.
Tutti gli impiegati assistevano alla funzione, il Prefetto Lanzi ect.
Tutto lo Stato Maggiore della Guarnigione e Guardia Nazionale, compreso un Maggiore francese, erano riuniti e assistevano alla funzione.
 Vi fu una messa solenne con doppia orchestra, tre bande militari (le quali stando fuori della Chiesa suonavano dei pezzi per turno).
V’intervenne anche la Società Operaia, la quale dopo la funzione estrasse a sorte tre nomi e dettero a questi tre nomi, che uscirono, tre orologi, comprati appositamente coi denari del Prefetto com. Lanzi, che regalò l’altro ieri alla Società.
Dopo la messa fu cantato il Te Deum.
Eravi anche il Casasola in piena tenuta.
Terminata questa funzione seguì il defilè della Guardia Nazionale e della Guarnigione in piazza Ricasoli (una volta dell’Arcivescovato) alla presenza dello Stato Maggiore.
Questa sera al Teatro Sociale vi sarà una recita straordinaria. Dell’introito si farà opere di munificenza. Si canterà anche un coro del maestro Virginio Marchi.
Se ad Udine, piccola città, si fa tanto, che si farà a Firenze, a Milano, a Torino e nelle altre città?
 Gio Batta

Udine 17 Marzo 1867
Caro Nonno
Ieri l’altro ti dissi la festa per il giorno natalizio di S.M. il Re e di S.A.R. il principe Umberto; ora ti parlerò intorno agli avvenimenti del 15 Marzo p.p.
Giovedì scorso, 14 marzo, il Monsignor Arcivescovo Casa-sola non disse l’Oremus per Sua Maestà; inoltre proibì anche ai Parrochi di dirlo, ma ci furono di quelli che lo dissero con tutto il suo divieto, e fecero bene. La ragione più tardi, sebbene facile a comprendersi, ora proseguiamo.
La sera del 15 dunque alle ore 6 ½  gran folla di popolo si trovava in piazza Ricasoli e sempre si accresceva di più. Alle 7 cominciò urli fischi; vennero dei palloncini ove eravi scritto : Viva Casasola, Viva il Re, Viva la nostra unione ect. Ect. Indi forzarono le porte, (specialmente quelle dirimpetto al Tribunale) entrarono, misero tutto sotto-sopra, presero tutti dei legni in mano, ruppero tutto quello che incontrarono, si vestirono da preti, ruppero abiti, quelle vestimenta specialmente dell’Arcivescovo, gettarono abbasso picche e vestiti, i quali furono fatti a pezzi; anzi t’includo un pezzo di picca dell’Arcivescovo, acciò anche tu abbi un ricordo di questo giorno. Andarono di stanza in stanza per trovare l’Arcivescovo ma non lo trovarono. Ruppero tutte le finestre, le tendine, tavolini, quadri, tranne la statua dell’Arcivescovo Bricido che la misero dapparte, gridando: Vogliamo avere un Arcivescovo simile a questo, Morte al Casa-sola; in cucina trovarono vicino al fuoco una pentola con entro del vitello, gettarono tutti gli utensili domestici in rivoluzione; dei vasselli di vino, fecero servire quali fontane pubbliche, cioè, chi avea sete, andava lì e beveva; trovarono in una stanza una chicchera di caffè e latte pronta, la gettarono abbasso; trovarono salami e quelli li dettero al Popolo, ed anche uno toccò ad un carabiniere. Tutto era in rivoluzione. I delegati di P.S. (Mandamentali) avevano addosso la fascia a tre colori, segno che comandavano a tutta la guarnigione della Città; essi dovettero chiamare in  aiuto, lancieri, granatieri e Guardia Nazionale per disperdere quel Popolo, che voleva via a tutti i patti l’Arcivescovo. Ed infine alle 9 non lo poterono. Dopo le 9 eravi gente, ma assai meno. La notte giravano per la città molti drappelli di cavalleria. Ieri, 16 Marzo, la Guardia Nazionale dovette far di battaglia, perché inveivano contro quei Parroci che non dissero l’Oremus. Una compagnia di granatieri si trova a far guardia all’Arcivescovo, e tutto a sue spese; così l’Arcivescovato divenne una caserma. Ieri il Prefetto mandò fuori un proclama, nel quale deplora gli avvenimenti della notte scorsa, che ringrazia degli Evviva al Re e che in nome del medesimo prega l’ordine, la calma, e la dignità.
L’Arcivescovo ieri mattina si fece vedere sul pergolo e dette la benedizione al Popolo.
E tutto per un oremus!!!
Gio Batta

Udine 16 Gennaio 1867
Caro Nonno,
Lunedì p.p. fuvvi celebrata nella  Chiesa della Beata Vergine una messa funebre ad onore di quelli che sacrificarono tutto per la patria, infino la vita, per difendere Venezia nel 1848-49. A questa v’intervenne Caccianiga, tutta la Guardia Nazionale in piena tenuta, tutti i difensori della Venezia, che si trovavano in Udine, gran folla di gente. Banchieri lesse anzi fece un discorso, lungo piuttosto, ma molto lodato. La Chiesa era apparata magnificamente: in mezzo un magnifico catafalco, con gran armi; i muri coperti a lutto con lumi coperti con veli; con grandi iscrizioni; fuori dalla Chiesa si trovavano due tabelle, nelle quali si leggevano i nomi dei trapassati in quella memoranda guerra; acciò restino a peritura memoria quelli che tutto fecero per l’Itala Indipendenza.


Monsignor Andrea Casasola (1806-1884) nativo di Buia. Nominato Arcivescovo di Udine nel 1863.
In un suo diario giornaliero G.B.Magrini descrive, come sopra, la cerimonia del Te Deum, aggiungendo “ …Si notò una cosa, cioè, che l’Arcivescovo, vero casa-sola, non disse l’Oremus pro Rege nostro Victore Emanuele etc., che fece gran sdegno nei cittadini che prepareranno qualche dimostrazione importante. Archivio Lupieri Magrini, b. 219. 4.

Monsignor Gianfrancesco Banchieri !1800-1882) In questa omelia aveva accusato il clero di non aver finora commemorato degnamente i caduti per la patria del 1848-49.

Così la gentile città di Udine ha compiuto ad uno dei più grandi suoi doveri, quello cioè di ricordarsi di quella valorosissima gioventù, che lasciò e famiglia e ricchezze per accorrere alla patria, e di pregare per le loro anime, e di mandare ai posteri i nomi di quelli strenui Giovani…
Gio Batta

Udine 16 gennaio 1867
Caro Nonno!
Arrivammo felicemente Giovedì a sera ad Udine sani e salvi. La nostra salute è buona, così speriamo sia la tua.
Venerdì mattina andammo a scuola. Le scuole sono irregolari; nelle scuole Reali si fanno le manovre militari ed in Ginnasio non si fa niente, e sì che il Ginnasio è un luogo dove si dovrebbe insegnare.
… Saprai che l’arcivescovo non sortì da casa per le feste Pasquali perché era a domicilio coatto fino ai 26 dello scorso mese di Aprile, ora è in libertà, ma lo stesso fin ora non si muove.
Arturo

Udine 20 Maggio 1867
Nonno carissimo!
… Le scuole continuano irregolarmente. Gli studenti delle scuole Reali pel giorno dello Statuto saranno in montura dietro la Guardia Nazionale.
Ieri (Domenica) fui alla passeggiata militare della Guardia Nazionale. Si sortì per porta Gemona poi si passò Paderno indi Feletto e finalmente arrivammo a Pagnacco ove si fece un bivacco di un’ora e mezza e poi si partì fra le acclamazioni fra le mortalettate e fra la musica della Banda Nazionale di Udine. Ritornando indietro passammo per Plaino e per Casali dei Rizzi, dopo aver fatto 11 miglia di strada a suono di musica.
Ave! Salve! Vale!
Tuus nepos Arturus, tibi facit auguria.

Udine 22 Giugno 1867
Caro Nonno!
… Le scuole continuano come il solito. Ora peraltro abbiamo le manovre militari. Ora anche abbiamo un catechista nuovo, Armellini (sono incerto se è Ermellini o Armellini). Si va avanti, Nonno, dunque gridiamo: Viva il progresso.
Arturo

Udine 22 Giugno 1867
Caro Nonno,
Lunedì ricorre una grande giornata. Ricorre la battaglia di Solferino ed ahimè! La battaglia di Custoza. Ricorre il giorno di tuo onomastico.
Questo giorno sia un giorno di festa e di dolore per te e per tutti gli Italiani. Oggi ricorre una vittoria, una quasi sconfitta. Ad Udine vi sarà la Messa funebre pei nostri morti sì dell’una, come dell’altra battaglia, il come ed il luogo, ancora è ignoto. Noi, studenti, faremo di Guardia d’onore a questa festa commovente.
Con ieri cominciò le lezioni di Religione (materia religiosa). Catechista è Armellini Don Antonio. E’ un uomo adatto pel suo ufficio.
Gio Batta

Udine 12 Luglio 1867
Caro Nonno,
… Le scuole continuano benino Ora ci venne il Direttore di Pisa. Pinelli, si crede a farci da Direttore, ma che sia come si voglia Esso comincia domani ad andare per le scuole. Le scuole si termineranno alla metà d’Agosto circa. Qui non c’è niente di nuovo, tranne pettegolezzi e giornalismi. Ora v’è di giornali – il Giornale d’Udine (Decotto Ufficiale Malvone?); Il Giovine Friuli (troppo tenero dissero i giornali al suo arrivo); il Martello (diretto da T. Vatri) ; il Folc … (giornale umoristico- critico-politico per Udine e Corpi santi); il …’Us trai (giornale umoristico per Borghi e Corpi profani – continuazione del Folc) e per coda al Folc…’Us trai uscirà un altro col titolo … pei quars . Dappiù vi è l’Industria. Dunque vedi quanto giornalismo c’è in una piccola città. 7 giornali in 24.000 anime! E’ troppo. S’abusa poi un po’troppo della libertà di stampa. Leggi il n.3 del Giovine Friuli (garibaldino di color rosso) e mi saprai a dire. Egli è sequestrato.
Gio Batta

Udine 26 Luglio 1867
Nonno carissimo
… Ora siamo in esami. La volta passata ti scrissi un nome invece del vero Commissario Regio, che è Poletti; Esso ora è Commissario regio, Direttore, Preside e mille altri titoli. Forse le scuole continueranno fino alla fine di Agosto.
Gio Batta

Udine 2 Agosto 1867
Nonno amato!
… Le scuole continuano come il solito. Ai 3 Agosto avrò l’esame Latino in iscritto ai 7 l’Italiano ed ai 10 quello di Matematica. Poscia dai 12 ai 20 avrò vacanza ed i giorni 20, 21, e 22 saranno gli esami a voce indi saranno le vacanze autunnali. In Ginnasio il Commissario Straordinario Regio cav. Avv. dott. Poletti aprì una colletta in favore dei danneggiati di Palazzuolo. Questa opera pia avrà un buon esito.
Ave! Salve! Vale!
Animo Nonno, a rivederci presto, animo! Allanson Monsier Addio Nonno
Arturo

Udine 2 Agosto 1867
Nonno
Godo che in pieno la tua salute sia buona. Si tu vales etiam ego valeo, tel dissi e tel ripeto. Un’uragano terribile rovinò, rovesciò il paese di Palazzuolo, come ti è noto; il Regio Com. Poletti fece appello alla generosità del regio Ginnasio Liceale in soccorso di quei molti danneggiati. Figurati 400 senza pane e tetto! Spero che risponderanno gli studenti a quell’appello a meraviglia.
Le scuole non le terminerò che ai 28 Agosto. Dunque arrivederci a Luint presto.
Gio Batta

Udine 10 Novembre 1867
Nonno carissimo!
… Le scuole sono più rigorose dell’anno passato. Si devono acquistare molti libri per scuola, e chi non può provvedersi non può andare a scuola. 
Arturo

 

Domenica 15 marzo 1868
Nonno,
Martedì venturo ricorre la festa scolastica. In questo giorno si faranno diverse coserelle.
1° Vi sarà una lettura su Leopardi del Prof. d’Italiano del Liceo.
2° Altra lettura in versi di uno scolaro, non mi ricordo il nome.
3° Una terza lettura in prosa del giovane Moratti.
4° Si distribuiranno i premi dell’anno decorso.
Terminata la festa te ne darò qualche altro cenno.
Gio Batta

Marzo 1868
Ave! Salve! Vale!
Nonno amatissimo!
… Le scuole vanno bene. Il giorno 14 corrente qui fu una bella giornata in occasione della nascita di S.M. Vittorio Emanuele e di sua A.R. il principe Umberto. La città fu imbandierata. In duomo si fecero solenni funzioni dietro ordine di monsignor Arcivescovo. L’esperienza del 15 Marzo 1867 gli ha giovato. Nella piazza d’armi vi fu alle ore 11 ant. un defilè della truppa e della Guardia Nazionale. La cavalleria si distinse.
Domani, Martedì al palazzo Municipale vi sarà una gran festa scolastica dedicata a Jacopo Leopardi. In questa circostanza si dispenseranno i premi dell’anno decorso. Dopo veduta la funzione ti potrò dare una descrizione.
Arturo


Udine 12 Maggio 1868
Caro Nonno
… A  mezzo del Papà ti mando l’orazione funebre che il mio buon e bravo Professore Candotti disse sul feretro dell’amico, del compianto Prof. Ab. Cassetti : leggila e ti piacerà, ti commuoverà…Questa sera si tenne un meeting in piazza Vittorio Emanuele, pel quale si deliberò di trasportare le ossa dello Cromvich, morto nel 1849, e fucilato nel Castello stesso della città, al Cimitero Domenica ventura ore 7 ½  ant. L’Oratore fu Vatri : se conosci l’individuo, ti puoi immaginare che discorsi abbia fatto. Ti riporterò qualche squarcio.
- Si chiese, ei diceva, al Sindaco la Guardia Nazionale; ma i Signori di qua dentro – nota che parlava sulla porta del Municipio – risposero che loro quando vogliono avere la Guardia Nazionale bisogna che la paghino.
- Dicono, diceva altrove, che le ossa non sieno le sue proprie: per esserne certi dei conotati [chiesero] al Sig. Medico Comunale; ma questi rifiutò dicendo : Io nol conobbi da vivo, e nemmeno lo conosco da morto.


“…Non mancavano anche nel clero friulano orientamenti liberali: da una parte l’ambiente delle scuole pubbliche, specie del ginnasio e del liceo di Udine, dove il clero occupava numerose cattedre. «Era un tale ambiente questo, che tutti i sacerdoti che vissero ne trassero una ispirazione più o meno laicista: si può dire che  prete insegnante e abate liberale erano quasi sinonimi: i nomi notissimi di Giuseppe Bianchi e di Jacopo Pirona e quelli meno famosi dei Cristiani, Cernia, Giovanni Candotti e Cassetti ne sono la prova…».
Carlo Rinaldi, Il giornalismo politico friulano dall’unità d’Italia alla Resistenza, Udine, 1986, Pag. 27.

Si riferisce a Giacomo Grovich: “12 settembre 1849 – Il plotone d’esecuzione abbatte, sempre nel castello di Udine, Giacomo Grovich di Udine, di anni 36, cattolico, celibe, senza professione, reo confesso di aver posseduto munizioni da guerra”. G.G.Corbanese, Il Friuli, Trieste e l’Istria nel periodo napoleonico e nel Risorgimento, Del Bianco Editore, 1995.  pag 179.

Si ritiene trattarsi di Daniele Vatri, patriota, facente parte del Comitato Segreto Friulano, arrestato, assieme ad altri patrioti, dalla polizia austriaca nel 1861.

Per indicare il Municipio usava delle formole: i Signori di qua dentro, tranne una volta che disse : il Sig. Sindaco, ed altra nominò il Municipio alludendo allo stabile non alle persone.
Si decise ancora di indirizzare al Prefetto relazione del meeting; dappiù decisero di farlo accompagnare dalla civica banda e di pagarla i privati.
Anche questa : Volete sapere, diceva, perché i Signori di qua dentro non si prestarono in questa faccenda? No, non ve lo voglio dire … Ma ve lo dirò, via, col patto che nessuno dica ch’io l’abbia detto : perché era un falegname.
Per paura di qualche disordine eravi sotto l’armi una compagnia di Guardia Nazionale.
Gio Batta

 

Udine 28 Maggio 1868
Le mie scuole termineranno in circa ai primi d’Agosto: allora farò un esame, che si chiama di licenza. E alla riapertura del nuovo anno scolastico dovrò subire un secondo esame – e pagando anche una tassa di sessanta franchi -, che si dice  di ammissione. Quello di licenza è di commiato dal Ginnasio: il secondo è entrata nel Liceo. Fatto l’esame di licenza – a casi disperati – ci danno un certificato col quale si può concorrere a diversi posti.

Udine 5 Agosto 1868
Nonno carissimo
… Ho cominciato gli esami: ne ebbi due Latini in iscritto, uno Greco pure in iscritto e questo tema d’Italiano: “Ritorno in famiglia di un giovane, il quale fuggì per arruolarsi nelle file dei Volontari, che pugnavano per la Patria. Narra la sua avventura della fuga, i fatti d’armi, cui prese parte, ect., gioia domestica ect.”.
Domani (Giovedì) avrò un compito di Matematica (Aritmetica e Geometria).
Venerdì poi quello di Storia. E nei giorni 11. 12. 13 e 14 quelli a voce.
Altrettanti esami li avrò in Ottobre. Quelli che faccio adesso si chiamano di Licenza (Dal Ginnasio): quelli dell’Ottobre di Ammissione (al Liceo); per fare i quali è d’uopo pagare una forte tassa.
Gio Batta

Udine 31 Ottobre 1868
Caro Nonno
Non è già scorsa un’ora dacché si terminarono gli esami d’ammissione al Liceo. Si presentarono 17 scolari, dei quali nessuno fu dichiarato non idoneo ad essere ammesso al Liceo. Gli esami durarono tutta la settimana: quelli in iscritto dal Lunedì al Venerdì, quelli a voce soltanto nel sabato. Quelli a voce si fecero cumulativamente a cinque a cinque, e per ciascheduno durò un’ora e pei Professori e pel Preside (che anche lui interrogò) in tutto bastarono 3 ½ ore.
Le scuole si riaprono Lunedì, ai 2 Novembre; ma in quel giorno si terrà un discorso del prof. Dotti. Martedì poi si cominciano regolarmente le scuole. Per Professori quest’anno avrò il Preside Poletti pel Latino; ma iterinalmente fino alla venuta del Professore di letteratura Latina e Greca, ch’è ammalato e che ha un permesso fino a tutto Dicembre. Candotti pel Greco, ma anche questi iterinalmente; Occioni per la Storia; Arboit per l’Italiano; Braidotti pella Matematica.
L’orario iterinalmente è questo:
Mattina dalle ore 8 ½ - 11 ½            
Lunedì            Latino – Storia
Martedì           Storia – Italiano
Mercoledì       Storia – Latino
Giovedì           Vacanza fino alla venuta del nuovo Professore
Venerdì           Storia – Italiano
Sabato             Storia – Italiano

Sera  dalle 1 ½ in poi
Italiano (un ora e mezza)
Greco – Matematica
Matematica

Greco – Matematica
Matematica
Complesso ore 24 alla settimana: delle quali iterinalmente
1 ½  per la Storia
6 per l’Italiano
6 per la Matematica
3 per il Latino
2 pel Greco
Aggiunta del 2 Novembre … Le scuole vanno meno male. Ho la fortuna di avere buoni e bravi  Professori, cominciando dal Preside, dall’Arboit, dal Braidotti e giù giù fino a Occioni.
Gio Batta

Udine 27 Ottobre 1868
Caro Arturo
Sabbato a sera arivammo in Udine. Il viaggio fu buono.
Notizie Scolastiche:
L’apertura del Ginnasio-Liceo avrà luogo il 2 Novembre p.v.
Io non pago tassa per l’esame di ammissione, perché sono gratuiti pei pubblici.
Oggi ebbi due esami, il primo di Latino, l’altro di Italiano.
Il tema di quest’ultimo fu il seguente: Descriva ciascuno sotto forma di lettera il suo Paese nativo, augurandogli quei miglioramenti materiali e morali che più contribuiscono al ben’essere dello stesso.
A me dunque toccò parlare di Luint, degli abitanti, degli usi, costumi etc,.
In mia classe al primo esame ci passarono quindici; nel secondo due e due (Che fan quattro) condizionati, cioè affermando di non proseguire le scuole. Delle altre classi non so nulla.
Aggiunta
Oggi ebbi altro esame: facil cosa.
Dei esami di ieri mattina seppi per opera dello Spirito Santo, (che in questo caso è il signor B… et G…) Someda ha fatto (copiato, sbagliava) un compito, che è fra i migliori. O tempora! O mores!
Tita

Udine 5 Novembre 1868
Amato Nonno!
…Martedì incominciarono regolarmente le scuole. La mia classe à per professore di tutti i rami un certo Sisinio Baroni  che fa studiare molto.
Arturo

Udine 21 Novembre 1868
Caro Nonno,
In città nulla di nuovo. La nostra salute perfettissima. Le scuole procedono bene.
Ti farò in poche parole il programma stabilito per la nostra scuola.
Italiano :         Storia della Letteratura. Poi studi sul Leopardi e sul Dino Compagni.
Latino   :         Traduzione Quattro Orazioni delle Catilinarie di Cicerone; di Virgilio la Georgica. E    
                        di Orazio le Odi – (Ignoro se cominceremo la storia della letteratura quest’anno)
Greco    :         Anabasi del Senofonte, e grammatica sintassi.
Storia    :         Da Augusto I° Imperatore di Roma alla calata di Carlo Ottavo in Italia nel 1494 –
                        Cioè uno spazio di tempo di 1524 anni.
Matematica :   II°, III° e IV° (forse) Libro dell’Euclide. Poi Elementi di Algebra del Fulcheris.
Il ramo nel quale la maggior parte è scadente, per non dir tutti, si è il Latino : perciò che gli esami di Licenza Liceali ebbero esiti tanto meschini. Ancora quest’anno è per rimettersi in quella lingua;  ma se ciò non fossi entro questo termine, nel secondo Corso non è più possibile perché vi si introducono nuove materie e meno poi nell’ultimo nel quale è cosa ben ardua il rimanersene al livello che si è usciti dal II° Corso.
Gio Batta

Udine 21 Novembre 1868
Amatissimo Nonno!
… Le scuole quest’anno sono rigorose, più dell’anno decorso. Io provo che volendo tenersi bene a bada colle lezioni bisogna studiare tutto il giorno e parte della notte. Io son presago che quest’anno, nella mia classe almeno non otterranno il passaggio neppure la metà di quelli che l’ottennero l’anno passato. Nella mia classe nella Letterature Italiana furono adottati quattro buoni testi: La Gerusalemme liberata di Tasso, Nicolò de’Lapi d’Azeglio, Ritratti del Guicciardini ed Esempi del bello scrivere del Fornacciari. Di latino abbiamo: l’Ovidio Nasone, delle Metamorfosi, e Giulio Cesare, Comentarii della guerra Gallica. Saprai inoltre che ora io sono un Grecista (in fieri).
Arturo

Udine 2 Dicembre 1868
Caro Nonno
Avendo una bricciola di tempo in libertà la prendo per iscriverti poche righe.
Le scuole ci danno una continua occupazione. Senti io ti riscriverò qui i temi di Italiano che noi abbiamo da sciogliere in quest’anno :
I°         Dall’utilità dello studio in ragione dei tempi presenti: epistola.
II°        L’amore di patria con commento alla canzone di Leopardi all’Italia: dialogo.
III°       Parallelo storico tra Augusto e Leone X rispetto alle lettere.
IV°      I trionfi dell’eloquenza, con esame dell’Orazione prima contro Catilina.
V°       Chi la dura la vince.
VI°      Saggio Poetico, ode all’Italia.
VII°     Il dì dei Morti; racconto con necrologia ed epigrafe.
VIII°    Riassunto della Cronaca di Dino Compagni.
IX°      I mali della superstizione, Novella con Dialogo.
X°       Sunto del secondo libro dell’Anabasi di Senofonte e comparazione colla Cronaca di Dino Compagni.
Che te ne pare? A te sembrano facili o difficili questi temi? Se poi qualche tema mi riuscisse bene te ne farò copia se, il che è più probabile che avvenga, saranno tutti infelici, li abbrucierò o li porrò almeno in obblio.
Gio Batta

Udine 14 Dicembre 1868
Caro Nonno
… Se non ti fosse d’incomodo potresti fornirmi qualche idea del Tema : Dell’utilità dello studio in ragione dei tempi presenti, entro brevissimi giorni, avendo io da presentare questo compito pei 26 di questo mese? Ma non voglio però che tu sciupi tempo per questo mio lavoro e produrti qualche disturbo.
Gio Batta

Udine 14 dicembre 1868
Amatissimo Nonno!
… Le scuole continuano col rigore. Domani anch’io dovrò andar a scuola alle 8 ½  che ero solito ad andare alle 9 ½ . Ciò perché domani incominciamo un altro ramo: la matematica. Ieri fui dal dott. Zambelli , che tanto ti saluta, con Titta per consultarlo, secondo il tuo consiglio, su d’un tema. Il tema era questo: Dell’utilità dello studio in ragione dei tempi. Egli convenne che era molto difficile e diede qualche idea a Titta. Se non ti riesce discaro nella prossima tua ci daresti anche tu qualche idea?
Arturo

Udine 23 Dicembre 1868
Caro Nonno
Ringrazio alla tua ultima letterina: accetto di buon grado il tuo consiglio. Io poi su quel tema ho idea di parlare molto della libertà, dei preti e dei tiranni. Che te ne pare?
Le vacanze e le Feste Natalizie sono di soli quattro giorni e mezzo: cioè dalle 11 ore di oggi (Mercordì) a Lunedì mattina.
Ieri, per parlarti un po’ delle scuole, ebbi il seguente tema d’Italiano: Del Suicidio. Io con questo tema condannai altamente il suicidio, ricordai anche una terzina di Dante. E questa mia posizione la risolsi in dialogo.
Gio Batta

Udine 28 Gennaio 1869
Caro Nonno
… Del famoso compito : Dell’utilità dello studio in ragione dei tempi presenti ecco ciò che ti dico. Esso meritò questo giudizio : Poche mende – troppo sintetizzante – del resto fu discreto.
Il Prof. Arboit gentilmente mi diede una copia di un suo scrittarello sulla Repubblica di San Marino che lo mando a te.
Qui ad Udine c’è una gran quantità di feste, veglioni e festini privati. Tra gli altri c’è anco una festa degli studenti, alla quale – per viste politiche – anche io interverrò.
Gio Batta


Giacomo Zambelli, medico, letterato, amico di G.B.Lupieri e di Antonio Magrini. Collaborò con i giornali dell’epoca:  l’Alchimista e il Friuli.

Il prof. Angelo Arboit nell’estate del 1870 fece un tour della Carnia che descrisse nel libro: Memorie della Carnia, Udine, 1871. Racconta anche della visita a Luint che fece ai suoi allievi Tita e Arturo e dell’incontro con il dottor Lupieri vedi pag. 178-180 della ristampa ed. Arnaldo Forni.

Udine 2 Aprile 1869
Nonno carissimo
Per un certo lavoro letterario (Chi la dura la vince) vorrei che tu mi fornisti cognizione ampie del
Vescovo Cappellari , di Rigolato, che seppe elevarsi colla sua applicazione, attività, studio e ingegno ad uno dei posti più eminenti, a cui potesse aspirare un povero cappellano. Vorrei in specialità notate le difficoltà, che dovette superare per elevarsi a tale altezza. Chieggio a te notizie, perocché so che tu gli eri amico. Vorrei infine che queste notizie me le facessi tenere entro brevissimi giorni.
Ora ti dirò quale sia l’intento del mio lavoro. Tu sai che lo Smiles scrisse quell’aureo libretto Chi si aiuta, Dio l’aiuta ossia la storia degli uomini che dal nulla seppero elevarsi ai più alti gradi della società; che il Lessona , illustre scienziato Italiano, ne scrisse un altro Volere è Potere su lo stesso argomento. Ma mentre il primo portò esempi quasi tutti inglesi il secondo ne riportò alcuni delle varie Province dell’Italia, nostra amatissima patria; però il Lessona non ricordò nessuno Udinese o Friulano. Io perciò in questo lavoro voglio provare che anche il nostro Friuli fu ricco di tali uomini; uno dei quali è certamente il nostro Cappellari, gloria Carmina. L’intento poi di questi scritti è d’incoraggiare la gioventù crescente a ben operare, ad imitare alcuni dei loro antenati e a voler confidare nelle proprie forze
.

Udine 4 Luglio 1869
Caro Nonno!
…Vidi il Prof. Giulio Andrea Pirona: lo salutai, levandomi il cappello, ma non ebbi cuore di porgergli i vostri saluti, perché lo viddi afflittissimo e quasi piangente per la morte della sua cara sorella… Povero professore! In poco tempo mancarongli e Padre e Madre e sorella e …(non so chi); dappiù poi non tarderà (per diritti d’età, e perché pieno d’acciacchi) quella dello Zio!! Io conobbi quanto sia nobile ed affettuosa l’anima Sua ed aperta ai più soavi affetti famigliari !!
…Le scuole sono regolarissime, e sono caricato di moltissime lezioni. Per il che devo qui finire questa mia.
 Gio Batta
 

La corrispondenza col nonno si interrompe perché, nel febbraio del 1870, viene colpito da una “lipotimia” che lo rende impedito nei movimenti. Da allora la sua scrittura diviene incerta e stenta, ma ha ancora la forza di scrivere un tremolante saluto ai suoi cari nipoti.
Ricordi
Ai cari Nipoti
G.Battista e Arturo Magrini
Che partono per le istituzioni scolastiche

Amate Dio sopra ogni cosa
Amate il Prossimo
Amate la Patria
Amate la Giustizia
Amate l’Onestà
Amate l’Onore
Dio vi abbia nella sua Santa Custodia

1871 29 Ottobre
G. Battista Lupieri

 Arturo risponde:

Luint 29 ottobre 1871
Nonno!
Il dovere, l’umanità, la patria, la giustizia, l’onestà, l’onore, saranno sempre la mia bandiera.
Quando per sostenere questa bandiera dovrò lottare colle avversità della vita, di grande conforto mi sarà il ricordarmi che io questa benedetta, questa sacra, questa infallibile bandiera l’ho ereditata dal nonagenario mio avo.
Soldato del dovere, ora, congedandomi da te e ringraziandoti delle tante tuie amorose cure, ti giuro che pria di cedere la bandiera affidatami a qualsisia, mille volte mi lascerò calpestare.
A te ogni felicità dal cuore io ti auguro.
Il riconoscente nipote
Arturo Magrini

Tra le tante memorie scolastiche conservate dai due fratelli Magrini: appunti, esercizi, libri, attestati scolastici, ci sono anche alcuni titoli di temi, del periodo liceale, loro assegnati (di alcuni hanno conservato la brutta copia):
-  Scrivete una lettera al padre ringraziandolo di un dono, che vi à mandato.
Nella lettera descrivete l’oggetto, che vi ha regalato; parlerete del piacere che vi ha recato, dell’uso che ne farete. (7 agosto 1867)
- Date relazione ad un amico della vostra partenza per le Alpi Carniche, per bere dell’acque salubri che ivi si trovano.
- 20 Febbraio 1870: Il trionfo della perseveranza.
- 1°Agosto 1870: L’ozio e la fatica, personificati, si presentano ad un giovinetto e l’uno e l’altra fanno opera di trarlo alla propria sequela. Udito il parlar lusinghiero dell’Ozio e Fatica e le solite ragioni della Fatica, e si decide per quest’ultima. Compito in forma di dialogo.
-  13 Febbraio 1871: Una fiera di beneficenza.
-  27 Febbraio 1871: La pace.
-  6 Marzo 1871: Provare con ragionamenti ed esempi tratti dalla storia antica e moderna quanto le ire e le intemperanze di partiti estremi riescano dannose alle nazioni.
- 20 Marzo 1871: Quali virtù si vedono necessarie nell’Italiano perché l’Italia torni all’antico splendore. Ideale dell’Italia secondo voi.


Gian Giuseppe Capellari da Rigolato (1772-1860) fu dotto teologo, professore di morale e diritto canonico nell’università patavina, di cui fu anche rettore; teologo dell’arcivescovo Rasponi nel concilio di Parigi del 1811 e dal 1832 vescovo di Vicenza, dove si conquistò universale affetto e meritata fama.” G. Marinelli, Guida della Carnia e del Canal del Ferro,  pag.220 . Fu amico del dott. Gio Batta Lupieri con cui intrattenne una lunga corrispondenza.

Samuel Smiles (1812-1904), Chi si aiuta, Dio l’aiuta, Milano, editori della biblioteca utile, 1865.

Michele Lessona (1823-1894), medico, zoologo, seguace del Darwinismo ne diffuse la dottrina in Italia.
Volere è potere, Firenze, G.Barbera, 1869,

Non è solo retorica, Arturo tenne realmente fede agli ideali del nonno e le avversità della vita, che per lui furono molteplici, non lo piegarono, ma seppe superarle seguendo la strada indicatagli dall’amato avo.

- 1° Agosto 1871: Lettera di condoglianze e conforto ad un amico, inconsolabile per la morte di un fratello che era la gioia dei vecchi genitori e una delle speranze della sua patria.

 Gio Batta e Arturo hanno conservato con cura i loro appunti scolastici in particolare quelli riguardanti le lezioni di fisica del prof.  Giovanni Clodig .
 Gio Batta, ha steso, nel suo diario giornaliero, una interessante cronaca sulla visita di Garibaldi a Udine il 1° marzo 1867 :
- “Di quest’oggi ho molto da dire. Alle 2 e ½ circa arrivò il Generale Garibaldi, il degno eroe dei due mondi. Passò per via Aquileia, Duomo, via Cavour e poscia andò al palazzo Mangilli dove parlò in questa guisa (su un pergolo):
“Sono ben fortunato d’aver potuto oggi io stesso venire a porgere un saluto a questi nobile popolo, che ha tanto sofferto dalla dominazione straniera, a questo popolo finalmente costituito in grembo alla grande famiglia Italiana”.
“Benché manchi ancora un pezzo alla nostra Italia io desidero d’aiutarvi ancora per acquistare ciò che mancò al nostro paese; quest’è il più ardente desiderio di tutta la mia vita. Sono persuaso che se lo dovessimo fare assieme, lo faremo bene. Potrebbe darsi che avessimo a far ancora guerra all’Austria, è molto probabile che si sfasci da se stessa senza aver bisogno di farle guerra. Mi pare che oggi l’Austria domanda permesso a’suoi sudditi: e quando il despota deve chiedere permesso ai servi la è faccenda seria. Speriamo dunque di vederla sfumare dal novero del dispotismo europeo.”
“A un popolo valoroso non dovrei fare raccomandazioni; ma come più vecchio di molti fra voi mi sento in obbligo di consigliarvi a continuare nell’esercizio delle armi. L’integrità dell’Italia non fa piacere a tutti; siccome abbiamo dei nemici potenti bisogna esser forti, bisogna coltivare il tiro della carabina: vi raccomando insomma il maneggio dell’armi; è molto meglio esser preparati. I signori nostri vicini allora ci avranno più rispetto.”
Una voce fra la calca del popolo domandò: E dei preti che dobbiamo fare?
“Aspettate che ve lo dirò io. Colla violenza sarebbe difficile sbarazzarsene, come meriterebbero. Siccome siete forti non credo esser bisogno di ricorrere alla violenza.”
“Vi consiglio a dettare un programma ai nostri rappresentanti al parlamento nazionale, a dir loro che i milioni destinati all’alto clero vadano ai poveri che hanno bisogno di pane.”
“Quest’è il programma che dovete esigere. Credo poi che il destino dei preti sarà come è stato quello del ciarlatanismo nel passato.”
“Io vi ringrazio con tutto l’animo di questa cara accoglienza, vi saluto di cuore per il ritorno alla grande famiglia Italiana. L’Italia conta su questo bravo popolo che è all’avanguardia. Addio.”
Questo discorso fu interrotto molte e molte volte da gran applausi e acclamazioni.
Dopo queste parole l’illustre generale si ritirò. Continuando entusiastici evviva dovette di nuovo mostrarsi al popolo. Vedute le bandiere del Tirolo, Istria e Trieste-Gorizia coperte a nero, in segno di lutto, aggiunse:
“In qualunque circostanza volentieri darò la mia vita in favore di queste tre sorelle. Bisogna sperare”.
La sera si recò al teatro Minerva, ove l’Istituto filodrammatico diede un’accademia. Al primo suo apparire nel Teatro una salve d’evviva si levò da tutti i lati; nel medesimo tempo l’orchestra suonò il suo Inno di Guerra e le Signore, che si trovavano nel palcoscenico (cioè quelle dell’Istituto) vestite alla Garibaldina, unite ai dilettanti, circa 30 di loro, intonarono il medesimo inno. Cose indescrivibili! Quel momento mi prolunga di molto la mia esistenza! Una ragazzetta declamò quattro versi analoghi all’azione indi cantarono diverse coserelle.
Parlò in teatro Pantaleo e Cairoli, sul papato. Garibaldi disse: Giacché volete che parli, v’avverto che non sono oratore. Continuerò sull’argomento del nostro Pantaleo. Pantaleo se tutti non sanno era prete. Io stimo il prete che soccorre l’ammalato, che fa l’elemosina, ma non posso giudicarlo che nostro nemico, indossando quell’abito; ma quando esso gettasse giù la veste e venisse a noi allora soltanto potremo lodarlo e stimarlo e qualificarlo nostro fratello. Queste parole furono applaudite al momento dalla gente; ma poscia pensando dicono: Peccato che un uomo come Garibaldi si circondi con gente così fanatica!! Ed hanno ragione”.

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Anche i due figli maschi di Arturo, dalla Carnia, vennero a Udine per compiere i loro studi. Ermanno si diplomò presso il Regio Istituto Tecnico Udinese “A. Zanon” nel 1915. Immediatamente si arruolò volontario e dopo aver frequentato l’accademia militare a Modena con il grado di sottotenente fu inviato in prima linea. Cadde sul Pal Piccolo nel marzo del 1916 e gli fu concessa la medaglia d’argento al valore.
Aulo , l’esuberante figlio minore, vide la sua frequenza al ginnasio udinese bruscamente interrotta, alla 5^ classe, dalla rotta di Caporetto e dal conseguente esodo della popolazione friulana nei giorni 26-27-28 ottobre del 1917.
Aulo, impossibilitato a contattare i genitori, seguì la famiglia udinese presso cui alloggiava. Si trovò così diviso dai suoi che a loro volta avevano abbandonato la casa di Luint e, attraverso il passo della Mauria, erano approdati, dopo un lungo e drammatico viaggio, a Imola presso dei conoscenti. Tramite un appello sul Resto del Carlino il padre lo ritrovò sano e salvo a Modena. Dopo di che fu iscritto al Liceo Torricelli di Faenza, dove erano approdati altri Stelliniani e dove terminò gli studi superiori ed ottenne il diploma di licenza liceale nell’anno scolastico 1918/19. Si laureò in medicina a Firenze nel 1925.


Aulo Magrini (1902- 1944)

frequentò con ottimo profitto il Liceo-ginnasio udinese ed ha lasciato una simpatica, pur nella sua drammaticità, testimonianza di quel periodo.

Udine 4 aprile 1914
Caro papà
Oggi mi hanno dato la pagella; purtroppo non è troppo bella. Eccoti i voti: Latino orale 6, scritto 5 condotta 8, francese 6 condotta 8, italiano orale 5, scritto 7 condotta 8, storia 7 condotta 8, geografia 6 condotta 8, matematica 7 condotta 8, ginnastica 7 condotta 10. In latino scritto io non sono capace di fare bene; più mi pare d’aver fatto e più brutto voto prendo; in quanto all’italiano orale non capisco come devo aver fatto a prendere 5; quando mi ha chiamato ò saputo, eccetto una volta, sempre rispondere bene, però mi ricordo che una volta che mi vide distratto mi fece continuare la lettura della Gerusalemme liberata e non sapendo io continuare mi rimproverò. Ed io per una distrazione qualunque mi sono giocato ora le vacanze di Pasqua. Ma questo trimestre tenterò di riparare, e mi metterò a studiare più di buona voglia, e se nel primo e nel secondo ho avuto una pagella scadente tenterò nel terzo di averne una che possa essere presentabile.
Aulo


Giovanni Clodig. Per 43 anni insegnante di fisica e matematica nel Liceo e nell’Istituto Tecnico di Udine. Amico ed estimatore dell’illustre fisico prof. Luigi Magrini (zio dei suoi allievi), di cui scrisse la commemorazione che venne letta all’Accademia di Udine nel 1875 e pubblicata nel 1914.

Ermanno Magrini, 1896-1916

Aulo Magrini, 1902-1944.

Udine 18 ottobre 1915
Carissimo papà
Ho fatto buon viaggio, sono arrivato ad Udine ieri alle 8 ½  e sono subito venuto dalla signora. Per ora devo stare in camera, provvisoriamente con un altro bambino di 12 anni da Tarcento che fa la seconda ginnasio. Oggi sono stato a scuola,, dopo pranzo è vacanza, domani scuola dalle 9 alle 11. Mi hanno dato la nota dei libri. Di libri nuovi mi occorrono : Italiano: Ariosto (me l’ha dato Ermanno ma il professore non vuole quella edizione, ma la tengo lo stesso) Fiusi (libro di letteratura costa £ 1.60 – Alfieri (Tragedie scelte con note Vacialurro £ 2.90 – Marroni e Picciola Antologia Carducciana £ 3.00 – Parini (le odi ed il giorno £ 2.50 – Latino Saginati: Narrazioni Liviane £ 1.80 – Virgilio opere edizioni Ramorino £ 3.00 – Tito Livio. Narrazioni della primavera – Rasi Sintassi. Questo libro l’ho già.
Georges e Colunghi Vocabolario latino ed. Sellier, Torino £ 27.50 – Greco Vocabolario greco del Bonazzi £ 12.00 – Senofonte Anabasi Libro IV° £ 1.25 – Geografia Trinò Europa £ 1.20 – Atlante storico £ 2.00 – Storia Naturale Botanica descrittiva £ 1.50.
Il libro di storia l’ho già. Come vedi ci sono i due vocabolari che costano molto e non si trovano di seconda mano. Alcuni degli altri ne troverò di sicuro di seconda mano.

Udine 1 Dicembre 1915
Carissimo papà
… A scuola dopo un mese e mezzo di scuola si è incominciato da pochi giorni il programma di V^ perché mancavano assolutamente i testi; perciò non sono ancora stato interrogato che in Storia Naturale, dove ho risposto bene, in francese dove ò preso 6. In un compito d’italiano ò preso 6. Per mancanza di spazio ci avevano messi a scuola nel gabinetto di Storia Naturale, dove in due in un banco per uno, senza stufa, in una stanza lunga e bassa con un puzzo tremendo. Si stava male e si era distratti. Ora però ci ànno messi in una bella aula. Ecco il mio orario:
Lunedì            8-9 ginnastica
                        9-10 Storia Naturale
                        10-11 Italiano
                        11-12 Francese
                        2-3  Latino
                        3-4  Greco
Martedì           8-9 -----
                        9-10 Greco
10-11 Italiano
11-12 Matematica
2-3 Latino
3-4 Storia
Mercoledì       8-9 -----
                        9-10 Greco
                        10-11 Francese
11-12 Latino
2-3 ----
                        3-4 -----
Giovedì           8-9 Ginnastica
                        9-10 Latino
                        10-11 Italiano
                        11-12 ----
                        2-3 Storia Naturale
                        3-4  Geografia
Venerdì           8-9 Italiano
                        9-10 Greco
                        10-11 Storia
                        11-12 Latino
                        2-3 Francese
                        3-4 Geometria
Sabato             8-9 ------
                        9-10 Latino
                        10-11 Greco

Le linee sono le ore libere. Ecco i nomi dei miei professori: per il latino ò il Prof. Perale – Italiano, Prof. Orio, Matematica, Prof. Comencini – Greco, Storia e Geografia Prof.  Trepin Giovanni – Storia Naturale Prof. Trepin Lorenzo (padre di quello di Greco) – Francese Prof. Zanotti – Ginnastica Prof. Daulizio.
Così sai l’orario ed i Professori miei. C’è in camera con me un ragazzo di San Daniele che fa la 3^ tecnica; è un tipo allegro che mi fa sempre ridere colle sue buffonate, però non mi secca e appena vede che mi metto a studiare se ne va via di camera... Aulo

Udine 19 dicembre 1915
Carissimo papà
… Noi in questo trimestre abbiamo lavorato poco, e non bene, perché prima che si avessero tutti i libri venne la metà novembre, ci cambiarono tre volte di classe, prima eravamo in quella di 5^ A, poi nel gabinetto di Storia Naturale poi ora in 1^ Liceo. Figurati che la settimana scorsa avemmo vacanza lunedì e martedì perché non c’erano aule essendo la nostra occupata da quelli di III^ liceo sotto le armi e che dovevano fare l’esame. Ora però siamo in ordine, il I° trimestre avremo molto lavoro. Le vacanze ce le daranno giovedì 23 a mezzogiorno.
Aulo

Udine 25 gennaio 1916
Carissimo Ermanno,
… Ora col richiamo dei riformati va sotto il mio prof. di Francese, pel quale mi dispiace perché è molto buono, poi spero facciano abile anche quello di Greco; quello di Latino à paura di essere presto richiamato lui pure. Come vedi restiamo senza professori. Ora devo finire di scriverti per tradurre un po’ di Virgilio; domani ò compito di greco, ed ho una gran paura.
Aulo

Udine 16 febbraio 1916
Carissima Geny
…Ieri sera gli aeroplani austriaci tentarono di giungere fin sopra Udine, ma giunti a S.Giovanni di Manzano  si ritirarono dopo avervi lanciate alcune bombe. Stamane poi alle sei in punto suonò la sirena e gli aeroplani scoperti dai riflettori si ritirarono. Però le quotidiane visite degli aeroplani non distraggono nè intralciano punto la scuola. Studio volentieri e mi metto all’impegno.
Aulo

Udine 21 marzo 1916
Geny carissima
… Ho visto domenica Pasic, il principe Alessandro di Serbia, il Re, Cadorna e tanti personaggi che eran qui per ricevere il principe Ereditario Serbo e Pasic (vedeste che bel vecchio, con una gran barba bianca!). A scuola va bene. Al 31 finisce il trimestre, ai primi di aprile avremo le pagelle. Speriamo che sia bella! Mercoledì scorso ò preso un 7 in greco orale.
Aulo

Udine 21 ottobre 1916
Carissimo papà
… Abbiamo incominciato come io dicevo soltanto giovedì 19 corrente ed abbiamo avuto storia prima, e poi il prof. Semeria che ci insegna filosofia. Vedessi come insegna bene; quando guarda poi con quegli occhietti e si liscia quella barbona vien proprio voglia di ridere. E’ molto buono e s’impara volentieri. Di altri professori abbiamo avuto finora soltanto Rovere in istoria, e Pierpaoli in matematica (questi c’insegnerà poi anche chimica e fisica). In quanto al latino, al greco e all’italiano non sappiamo ancora che professori insegneranno ma si spera che il famigerato Voghera non venga.
Aulo

Udine 18 novembre 1916
Carissima Geny
…A scuola va bene, sono già stato interrogato in Fisica, Italiano e Filosofia ed ho risposto bene, ma il terribile è il latino e il greco con quel bestione rabbioso di Voghera. Finora però non c’è da deplorare alcuna “bollata”. Speriamo neppure in futuro. Domani domenica e lunedì 20 avremo vacanza pel natalizio di S.M. la Regina Madre.
Aulo

Udine 16 giugno 1916
Carissimo papà
… Oggi c’è stato lo scrutinio della mia classe. Io dovrò fare l’esame di Greco; nelle altre materie sono stato promosso. Il professore di Greco, Trepin, mi ha detto in classe, facendo le medie, che all’esame sono fra quelli che hanno probabilità di passare perciò sono contento. .. La prova scritta l’avrò il 26 corrente, l’orale il 29… Figurati in classe mia pel Greco, su 26 alunni sono stati promossi 6, e 20 dovranno dar l’esame. Aulo

Udine 20 novembre 1916
Carissima mamma
… Non datevi pensiero per me anche se gli austriaci bombardano Udine. Ieri alle 8 ant. (lo saprete già) tre aeroplani austriaci giunsero in vista della città e tre di essi riuscendo incolumi, malgrado il fuoco di artiglieria, fucileria, mitragliatrici, e la caccia data loro dai nostri aeroplani riuscirono a gettare 20 bombe sulla città uccidendo una dozzina di persone e ferendone una trentina. Era uno spettacolo molto emozionante! Vedeste il panico della popolazione non tanto durante il bombardamento quanto poi, specialmente verso sera, c’era una tale paura, che ritornassero di notte che la notte passata pochi dormirono, molti stando a letto in calze e mutande temendo da un momento all’altro di sentire la sirena annunciare il pericolo. Ieri nel pomeriggio fui in Piazza d’Armi a vedere due nostri aeroplani uno dei quali aveva fracassate ali e timone e che vi dovettero atterrare l’uno per mancanza di benzina, l’altro perché colpito dalle stesse nostre artiglierie del Castello.
Vedeste le centinaia di vetri fracassati (le vie in prossimità delle quali scoppiarono le bombe ne sono piene di frantumi) e i pezzi di muro, i cancelli di ferro che ànno fracassato ed i buchi che ànno fatto le bombe nelle strade, ed ancor più nella campagna. In Planis vicino alla ferrovia ve n’è una profonda 80 cm. e con un diametro superiore di 2 metri. Si vede che miravano alla ferrovia, al Comando Supremo, alla palazzina del Prefetto dove abitano Cadorna ed il Re, ed agli ospedali. A scuola non so ancora l’orario esatto, non mi ànno ancora mai interrogato.
Aulo

Udine 11 febbraio 1917
Cara mamma,…ritorno or ora da Remanzacco, dove sono stato a vedere l’apparecchio austriaco abbattuto dai nostri piloti oggi alle 12 e 45. Dopo tanto silenzio abbiamo tornato ad udire la voce della sirena e del cannone. Un apparecchio nemico era giunto sopra Udine, ma la caccia fattagli dai nostri è stata stupenda. Non ho mai visto l’anno scorso un così emozionante duello aereo. La caccia che quattro piccoli ed agili “niepart” , gli diedero la lotta in altezza considerevole, infine la vittoria dei nostri sono state magnifiche. I nostri apparecchi piccoli, minuscoli anzi, in confronto all’austriaco di dimensioni considerevoli e con un’agilità e con un sangue freddo enorme lo attaccavano da tutte le parti, ma l’austriaco resisteva. Finalmente si vide barcollare, rallentare, abbassarsi, mentre i nostri gli tenevan dietro come tanti cani; ed allora ed allora è stato dopo quella lotta terribile uno scoppio di entusiasmo enorme, e tutti sono corsi verso il Parco dove era atterrato. L’ho potuto veder da vicino e toccare anche; è intatto caduto su un’ala essendo andato a urtare in un albero. Gli aviatori un capitano ed un pilota sono stati feriti il primo   gravemente al ventre nel fianco destro, l’altro alla guancia ed ànno così dovuto atterrare. Il loro “Albatros” porta il numero 2774 ed è molto bello. Il seggiolino era lordo di sangue. Ho visto poi innalzarsi a due metri di distanza i nostri apparecchi. Ma basta di aeroplani, ti racconterò a parole quel combattimento splendido e di cui i nostri aviatori possono andare superbi.
A scuola sono stato interrogato ed ho risposto bene.
Aulo


“Geny” Eugenia Magrini (1895-1918) crocerossina. Figlia maggiore di Arturo che ebbe altri tre figli: Ermanno,  Aurelia (1900-1996) e Aulo. Aurelia sposò un illustre allievo dello Stellini: il geologo Egidio Feruglio (1897-1954) di Feletto Umberto, scienziato di livello internazionale, visse per molti anni in Argentina dove la sua opera è molto conosciuta. Feruglio, di modesta famiglia contadina, si recava ogni giorno a scuola, da Feletto allo Stellini, a piedi. Anche la figlia Anna Eugenia (laureata in lettere antiche e già soprintendente dei beni archeologici dell’Umbria) frequentò il Ginnasio Stellini dall’ottobre 1948 al gennaio 1950 (appena in tempo per entrare nel nuovo edificio di piazza 1°maggio), quando si trasferì a Torino dove al padre era stata assegnata la cattedra di geologia in quell’università. Conserva di quel breve periodo un ottimo ricordo.

“ Nieuport 11” – aereo da caccia francese costruito durante la 1^guerra mondiale.

 Anche i figli di Aulo sono stati dei distinti allievi del ginnasio liceo Stellini.
Neppure loro sono stati risparmiati dalle tragedie belliche , persero il padre  nel 1944, e dovettero abbandonare la casa, la scuola e il paese in cui vivevano, per le minacce di rappresaglie da parte dei tedeschi. Risentirono dolorosamente per questo drammatico e repentino cambiamento, maturarono precocemente e furono sempre degli ottimi studenti: 

               

Ermanno Magrini (Tolmezzo 1934-Ovaro 1956)


Ha conseguito la maturità classica nella sessione estiva dell’anno scolastico 1952/53 con ottimi voti e Umberto nella sessione estiva  dell’anno scolastico 1954-55:
Ermanno frequentava il 3° anno della facoltà di medicina dell’Università di Pavia quando ha perso tragicamente la vita “nelle acque gelide del torrente Degano” mentre con i fratelli si cimentava nel nuoto.
Il Direttore del Collegio di Toppo Wassermann così lo ha ricordato nell’orazione letta ai suoi funerali :
“…Tu eri schivo ad ogni elogio, ad ogni encomio, ma ora devo dirti una parola a nome di tutti, professori, studenti, ex allievi, molti dei quali sono qui attorno a te. Ti ringrazio Ermanno per il contributo che hai dato al nostro istituto con la tua condotta esemplare ed il tuo ottimo profitto. Ti abbiamo ricordato e nominato, strana combinazione, giorni orsono nel consiglio, fra i nomi dei nostri ex allievi migliori. I tuoi compagni all’unanimità ti hanno eletto “primo allievo”. Sono qui tutti presenti i tuoi amici di Tolmezzo e di Ovaro, i tuoi compagni dello Stellini, la Carnia è rappresentata tutta, dal più umile operaio al più benestante.
 Sei andato a raggiungere i tuoi cari, ma soprattutto sei andato a raggiungere il posto riservato ai giusti, tu che dovevi essere il continuatore dell’opera di tuo padre, che ricordiamo come cavaliere dell’ideale, medico apostolo dell’umanità.
La tua condotta sarà di esempio a tutti i giovani che seguono un ideale di rettitudine e di onestà; noi ti ricorderemo sempre e ti additeremo a tutti gli alunni della nostra scuola quale faro di luce che segna la strada migliore…
”.



Umberto Magrini (Tolmezzo 1937)

Aanche lui allievo del Toppo, dopo la maturità, come il fratello Ermanno, si è iscritto alla facoltà di medicina dell’Università di Pavia ed è stato alunno del prestigioso collegio Ghislieri. Dopo la laurea, nel 1961, ha percorso tutti i gradi della carriera universitaria fino alla cattedra di Anatomia Patologica e alla Direzione dell’Istituto di Anatomia Patologica dell’Università di Pavia – Policlinico San Matteo. In occasione della Giornata del Medico, nel 2006, in cui è stato premiato “per aver contribuito allo sviluppo della medicina onorando la professione e la sua terra” ha rivolto una serie di ringraziamenti tra cui “al mio Liceo “Jacopo Stellini” e ai miei professori della Sezione A, che si chiamavano Menon, Ivanov, Bonetto e che mi sono rimasti nella mente e nel cuore ”.

 

Giovanna Magrini (1971)

L’ultima, per ora, Magrini allieva del Liceo Ginnasio Stellini è stata Giovanna (figlia di Giulio e Bianca Agarinis) che ha portato avanti con profitto e onore la tradizione di famiglia conseguendo la maturità nella sessione estiva dell’anno scolastico 1989/90. Si è laureata all’Università di Padova in giurisprudenza nel 1997. La sua formazione culturale è avvenuta nell’ottica di un educazione europea, facilitata dalle solide basi ricevute negli anni di studio allo Stellini che anche a lei è rimasto “nella mente e nel cuore”, ed ora vive e lavora all’estero.

 

Aulo ebbe quattro figli. Ermanno (1934-1956), Umberto (1937), Giulio (1941), Fabio (1943).

Il padre, Aulo, entrato a far parte delle brigate partigiane della Garibaldi, morì nel luglio del 1944 in un combattimento con i tedeschi. Fu insignito della medaglia d’argento .

Orazione funebre di Ottavio Valerio Rettore Collegio di Toppo Wassermann  Pieve di Gorto, 7 settembre 1956.

Giornata del Medico e Giornata Sanitaria” – Teatro Nuovo “Giovanni da Udine”
Udine 30.9. 2006. Consegnata Targa d’onore a Umberto Magrini “per aver contribuito allo sviluppo della medicina onorando la professione e la sua terra”.
Una serie di ringraziamenti:
- innanzitutto all’Ordine dei Medici di Udine che ha voluto onorarmi con questo riconoscimento;
- al mio Liceo “Jacopo Stellini e ai miei professori della Sezione A, che si chiamavano Menon, Ivanov, Bonetto e che mi sono rimasti nella mente e nel cuore;
- al mio paese in Carnia: credo che trascorrere l’infanzia in paese valga come un master in qualche prestigiosa Università;
- infine, alla mia famiglia. A partire dal mio trisavolo, laureato a Padova nel 1801, siamo medici da sei generazioni. Per i valori che ho respirato in casa, ho cercato, nei limiti del possibile, di trasmettere ai miei studenti, assieme a una medicina sempre più tecnologizzata, anche qualche motivazione di ordine etico.

Giovanna (1971), figlia di Giulio Magrini.

 

(continua...)

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