MEMORIE STORICHE E BIOGRAFICHE

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La figura di questo eclettico personaggio carnico, vissuto a cavallo tra il XVIII ed il XIX secolo e morto a 96 anni di età nel 1873, mi era già familiare e nota poichè l'avevo (re)incontrata in una recente rilettura di "Memorie della Carnia", lavoro del 1871, in cui l'autore, il sacerdote Angelo Arboit, gli aveva dedicato un intero capitolo dall'emblematico titolo "Un secolo vivente" (avendolo conosciuto poco prima che morisse, quando aveva appunto già 96 anni) ed altri sparsi entusiastici riferimenti.
Qui abbiamo dunque la sua autobiografia che Bianca Agarinis Magrini ha curato, trascrivendo scrupolosamente il manoscritto dell'autore, gelosamente conservato nella casa avita di Luint di Ovaro.
E' un lavoro che si inizia a leggere con una vaga e inespressa curiosità interiore e che si continua a sfogliare poi senza sosta perchè ti afferra inesorabilmente e ti trascina in un' altra epoca e in un altro mondo e non ti lascia più...
Al termine di questa affascinante lettura, ti resta un turbinio di svariatissimi ricordi e idee in testa al punto che è difficile poi darne una sintesi compiuta. Tenterò di farlo ugualmente, pur avendo consapevolezza di non riuscire ad essere esaustivo.
1. La microstoria del borgo di Luint si intreccia sempre e costantemente con la macrostoria di Carnia (e dell'Italia) che scorre nitida sul fondale delle varie scene. In questo splendido libro è davvero concentrato un secolo di storia di Carnia, osservato e vissuto da una speciale postazione, quella di un raffinato intellettuale borghese alpigiano, che annota e commenta la quotidianità locale e quella più ampia del Friuli e dell'Italia. Sotto il suo sguardo acuto e disincantato, passano i francesi con la loro rivoluzione illuminista, poi gli austriaci che restaurano l'antico, poi gli italiani che aspirano ad uno stato unitario... Ad ogni sommovimento politico, il filo-francese Lupieri partecipa, anche se spesso controvoglia, in prima persona: diventa comandante locale della popolare Guardia Nazionale con i francesi nel 1809; a causa del comportamento spregevole del giacobino Casasola, viene fatto prigioniero dai cosiddetti "briganti tirolesi" anti-francesi che lo deportano a Lienz; si adegua al rinnovato dominio austriaco; riprende il ruolo di comandante della GN nel 1848 in occasione della transitoria fuga degli austriaci; si adatta nuovamente con onesta fierezza al dominio asburgico fino a che, ormai vecchio e senza eccessive esaltazioni, diventa suddito di Vittorio Emanuele II nel 1866...
2. Il percorso della sua vita privata è segnato da innumerevoli tappe che costituiscono le pietre miliari della sua lunghissima e travagliata esistenza: dal contagio della gonorrea che "fu di una lezione utilissima e tale da rendermi avveduto e cauto in vita mia" alle pericolose inziali compagnie giovanili; dall'avvio allo studio presso vari sacerdoti locali fino alla scuola filosofica presso il Seminario di Udine (ove fu per anni ammirato convittore laico); dall'affidamento al chirurgo Sebastianis che lo portò con sè a Trieste fino all'ambita (e dal padre sempre contrastata) Università di Padova dove completò gli studi di Medicina (curioso a questo proposito conoscere la netta distinzione dei curricola studiorum che allora sussistevano tra il barbiere-cerusico-chirurgo e il medico!). Innumerevoli poi i viaggi compiuti: numerosi quelli in Istria dove la ricca famiglia aveva un fondo a Sanvincenti presso Rovigno; diversi quelli a Venezia, Verona, Vicenza, Trieste, Milano, Como... di cui il Lupieri lascia sempre un puntuale resoconto nel suo diario.
3. I rapporti con i membri della famiglia sono sempre difficili e contrastati (del resto questo è regola in Carnia), mai per sua colpa quanto invece a causa di malintesi e calunnie sollevate da fratelli, sorelle o cognate. Di tutte queste vicende, Lupieri lascia sempre meticolosa relazione al fine di offrire al futuro lettore tutte le informazioni necessarie per farsene un equilibrato giudizio. I motivi del contendere sono sempre gli stessi, quelli tipici carnielli: la roube, per la quale il dott. Lupieri si applica costantemente per ampliarla con nuovi acquisiti, stabilizzarla con nuove e moderne costruzioni e salvarla non solo da creditori esosi ma anche e soprattutto dalla inspienza del parentado (assolutamente incapace di gestire gli affari di famiglia) e del genero, pure lui medico, ma "di indole piuttosto presuntuosa e suistica", che dissipa in poche avventate azioni commerciali un patrimonio di tutto rispetto. Quando Lupieri, ormai vecchio, vede questo lento e inesorabile declino del proprio casato, non nasconde il suo dolore e la sua rabbia, sempre contenuta però in atteggiamenti sobri e moderati.
4. Il rapporto con i figli ed i nipoti raggiunge spesso vette di umanissimo dolore e di pietas profondissima! L'educazione di essi è sempre affidata ai sacerdoti locali, per ciascuno dei quali Lupieri stila sovente un breve giudizio professionale, non sempre positivo. L'unico figlio Giulio Cesare Valentino, dopo aver brillantemente terminato la carriera scolastica nel Seminario vescovile di Udine, nel 1849 corre, all'insaputa del padre, a Venezia per la sua difesa e viene lì ucciso in battaglia il 9 maggio del 1849, "colpito da una palla di rigato in fronte". Anche il nipote Giulio (figlio della figlia Eugenia e del dott. Magrini) successivamente si arruola volontario nell'esercito piemontese ma muore di tifo il 19 agosto 1866 nell'ospedale militare di S. Valentino a Udine, proprio nell'anno dell' annessione di Friuli e Carnia al Regno di Savoia. Lo strazio di Lupieri per queste dolorosissime tragiche e premature perdite, permea le pagine del suo diario, in cui trascrive le ultime loro affettuosissime lettere indirizzate al padre e nonno Giovanni Battista.
5. Il rapporto del (giacobino?) Lupieri con la gerarchia ecclesiastica è duplice: di assoluta stima rispetto e amicizia con i personaggi colti, umani ed intelligenti (come il vescovo di Vicenza Capellari e molti preti locali); di assoluto biasimo e riprovazione con gli esponenti del clero più ignoranti, maleducati e intransigenti (come il vescovo di Udine Lodi che non lo volle neppure ricevere nel suo palazzo). A questo proposito riporto la sua concezione di Dio: "...fu quella di stabilire per principio assoluto l'idea di un Dio... sue prerogative sono la bontà di padre e la giustizia; questo Dio deve quindi premiare le opere buone e punire le cattive; ecco ragione di stabilire nell'uomo un'anima immortale...". Contemporaneamente combatte senza posa la superstizione, i pregiudizi, il commercio di benedizioni, alimentati da preti goffi e ottusi, di cui cerca sempre, con discrezione e ironia, di evidenziarne i limiti e le contraddizioni, smascherando truffe e raggiri (a questo proposito riporta alcuni emblematici casi vissuti personalmente in Carnia).
6. La sua professione di medico è costantemente orientata dal motto ippocratico "Primum non nocère: per prima cosa non fare danni!" e di questo si vanterà anche pochi giorni prima di morire, confessando di aver però sempre esercitato la professione con coscienza e adeguata scienza.
7. Altri aspetti rilevanti di questo rutilante libro sono rappresentati da una miriade di fatti e avvenimenti che punteggiano la quotidianità della Carnia dell'Ottocento: alluvioni drammatiche, nevicate eccezionali, terremoti distastrosi, incendi (tragico quello di Liariis del 1857), eclissi di sole (importanti quelle del 1842 e del 1847), le qualità dei vini, i pascoli, l'avvio della bachicoltura, le carestie, i dissidi tra famiglie (Micoli-Toscano di Mione), lutti...
8. Molto interessante risulta poi la variegata galleria di personaggi famosi che Lupieri, nella sua lunga vita, ha avuto occasione di conoscere o frequentare: da medici illustri a filosofi e poeti di fama nazionale (come Melchiorre Cesarotti), da musicisti ad artisti famosi, da ecclesiastici di alto rango (come il cardinale di York, di cui fu chirurgo privato per alcuni mesi) a vescovi e monsignori vari.
9. Una importante attività collaterale alla professione medica fu quella di umanista e letterato per cui Lupieri resta famoso anche per le seguenti opere: traduzione in italiano della cinquecentesca opera latina "De antiquitatibus Carneae" di Fabio Quintiliano Ermacora (stampata nel 1863 in occasione delle nozze Marcolini-Micoli Toscano, cui Lupieri era invitato speciale); "Storia della Carnia in continuazione di quella di F. Q. Ermacora cioè dal 1420 sino ai nostri giorni", "Notizie storiche della Carnia", "Cenni storici sulla Carnia", "Idea della Carnia antichissima, antica e moderna" da intendersi come prima guida della Carnia). Tutte queste opere sono inedite e giacciono nell'archivio privato della casa avita a Luint, in attesa di auspicabile (speriamo) prossima pubblicazione.

Questo libro è inoltre estremamente ricco di note a piè pagina (sia del Lupieri stesso che della curatrice), che chiariscono e specificano meglio la figura di taluni personaggi o la loro storia o talune situazioni. La scrittura è fluida, lineare, schietta e comprensibilissima, seppure infarcita a volte da espressioni e fraseggi ottocenteschi.

Un libro che rappresenta davvero un mirabile e importantissimo mosaico storico-sociale che delinea compiutamente la società e l'ambiente di allora, lumeggiando anche alcuni aspetti oggi del tutto ignoti o particolari.
Un libro che consiglio vivamente a tutte le famiglie di Carnia soprattutto ai giovani che non conoscono affatto la propria storia, specie quella legata alla fase risorgimentale pre-unitaria.
Un libro non solo didattico e pedagogico perchè ricco di valori e di sobri principi morali ma anche brillante, arioso, ironico. Un libro che riesce a coniugare mirabilmente la storia con la cronaca, il giudizio soggettivo con l'impegno morale, i sentimenti con l'idea politica.

 

Brevi note
Sommessamente, mi permetto due sole osservazioni, rivolte alla curatrice:

1- sarebbe stato assai utile far precedere la singolare e bellissima autobiografia del Lupieri da una sintesi o cornice storica, in modo che il lettore fosse poi facilitato nel collocare via via i vari avvenimenti descritti entro lo spazio temporale e politico già individuato (occupazione francese, poi austriaca, poi ancora francese, poi di nuovo austriaca, poi italiana...), consentendogli così una visione globale meno frammentata.

2- siccome il suggestivo tema dei cosidetti "briganti tirolesi" occupa varie pagine (senza alcuna nota chiarificatrice esaustiva al riguardo) e potrebbe risultare incomprensibile al lettore digiuno di storia locale, mi permetto di puntualizzare, secondo le ricerche più recenti, questo fenomeno socio-militare:

L’occupazione militare del Nord Est italiano da parte dei francesi invasori dell'esercito napoleonico è caratterizzata da continue azioni vandaliche: saccheggi, spoliazioni, profanazioni di chiese, saccheggi sacrileghi, stupri e uccisioni, non solo nelle grandi città ma anche nei paesi di Carnia. Sulla punta delle baionette, i francesi impongono non solo nuovi Istituti che vanno a sostituire i precedenti come ad esempio il Codice Napoleonico, le nuove municipalità, l’obbligo di cimiteri recintati, l’abolizione del Luogotenente per un Capitano Provinciale, il catasto geometrico particellare, la scuola dell’obbligo, ma anche la soppressione di molti ordini religiosi, la confisca dei beni ecclesiastici, la coscrizione di leva obbligatoria, una fiscalità assai più esosa, tutti aspetti che esasperano grandemente gli animi della povera gente. Si diffondono in questi anni anche nei nostri paesi i princìpi anticristiani e in particolare anti-cattolici della Rivoluzione Francese e dell’Illuminismo, assieme a non pochi germi di anticlericalismo, certamente facilitati anche da singoli abnormi comportamenti di sacerdoti locali, specialmente di quelli più rozzi ed ignoranti. Contro questo esercito rivoluzionario francese ateo e miscredente, fiancheggiato dai giacobini locali appartenenti solitamente alla borghesia "illuminata", nascono, inizialmente su base prettamente religiosa, dei gruppi armati autonomi e spontanei un po’ dappertutto nella cerchia alpina, iniziando dal Tirolo. E’ il fenomeno dell’ Insorgenza controrivoluzionaria e antigiacobina (che conterà quasi 100.000 morti in tutta Italia per mano dei francesi invasori e dei loro alleati locali), dapprima ignorata e poi liquidata dalla successiva storiografia ufficiale come “brigantaggio” o come “reazioni locali isolate ispirate dal clero oscurantista”; oggi verrebbero chiamati semplicemente "partigiani" ante litteram. Il coordinatore-organizzatore di questi insorti partigiani controrivoluzionari, in cui si erano certamente infiltrati anche personaggi obliqui o delinquenti comuni (come sempre capita in queste occasioni), è il tirolese Andreas Hofer, albergatore di Sand in Val Passiria, arrestato dopo una delazione e poi fucilato il 20 febbraio 1810 a Mantova su ordine personale di Napoleone Bonaparte, che lo voleva morto "entro ventiquattro ore!".

Vedi a tal proposito anche la nostra
Storia di Carnia.

Per conoscere meglio queste complesse e nascoste vicende, suggerisco due lavori esaurientissimi, documentati e puntuali: "Rivolte dimenticate" di Massimo Viglione, CittàNuova, 1999; e ancora "Le insorgenze" di Massimo Viglione, Edizioni Ares, 1999.



Ringrazio l'amico Luigi Carlevaris che ha fatto omaggio a me e soprattutto a Cjargne Online di questo stupendo libro.

 


 


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