CARO AMICO PREGIATISSIMO

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Rispondendo inaspettatamente al nostro sommesso appello apparso in calce alla presentazione del suo ultimo lavoro di ricerca storica locale, Bianca Agarinis Magrini ha gentilmente inviato a questa "postazione recensoria carnica" una copia di tutte le sue fatiche letterarie, di cui il presente libro, uscito nell'ormai lontano 2000, costituisce il primo importantissimo tassello.
Ritengo che quest'opera abbia rappresentato, fin dal suo primo apparire, la cartina al tornasole dell'attività letteraria della Agarinis, la sua cifra di riconoscimento che, dopo l' attenta lettura da parte mia del suo ultimo lavoro, può essere così legittimamente sintetizzata: scrupolosissima serietà di ricerca, applicazione diuturna sui manoscritti, estrema capacità di sintesi, rigore storico e grande indipendenza di giudizio critico.
Con queste credenziali ben in vista, mi sono apprestato a leggere, con molta serenità, questo testo che, come dice il sottotitolo, è la raccolta di una lunga serie di lettere e biglietti che tre amici, dal profilo culturale certamente elevato per quei tempi, si sono scambiati per circa 30 anni a partire dal 1801, tra Luint di Ovaro, Sappada e Candide, in quell' arco temporale dunque assai convulso e contradditorio a motivo dei numerosi sommovimenti politici succedutisi a cadenza ravvicinata, che hanno radicalmente mutato il corso degli eventi.
I tre, che si erano conosciuti sul finire del Settecento all'Università di Padova, dove avevano stretto singolare e duratura amicizia, sono Giuseppe Solero (Sappada), Liberale Monti (Candide) e Giobatta Lupieri (Luint di Ovaro), tutti appartenenti alla benestante borghesia alpigiana, tutti ricchi e assai istruiti.
La totalità di queste lettere, conservate e organizzate per fascicoli dal Lupieri stesso, si trova nell'archivio privato a Luint di Ovaro (divenuto ormai da anni habitat personale e privilegiato di Bianca Agarinis); si tratta soprattutto delle lettere inviate da Giuseppe Solero e da (seppure in numero assai minore) Liberale Monti al comune amico Lupieri; purtroppo le lettere spedite dal Lupieri ai due amici sono andate probabilmente disperse dai discendenti dei destinatari di allora (anche se di Lupieri in effetti sono riporate 5 lettere: una del 1808 scritta al Monti, una del 1810 scritta al Solero, una del 1817 sempre a Solero, una del 1819 a Monti ed una infine del 1822 al Solero, che sono state qui ritrovate forse come copia dell'originale inviato).
La breve nota biografica dei 3 amici è riportata nella prefazione ed è indispensabile per meglio comprendere e interpretare alcuni riferimenti o allusioni o toni di scrittura.
Questo libro, di oltre 250 pagine, stimolando moltissime e variegate riflessioni, è di difficile e impervia sintesi, per i numerosissimi spunti letterari ed aspetti storici che offre, a volte con una lievità estrema, che lascia davvero stupefatti e spesso disorientati; stupore e disorientamento mitigati certamente dalla cornice storica che Bianca Agarinis antepone ad ogni periodo temporale preso in considerazione, cornice ricostruita sempre anche estrapolando riferimenti e notizie da altri scritti coevi e inediti del Lupieri.
Oserei dire che questo impegnativo e vasto lavoro di ricerca storica locale è costituito in buona sostanza da 2 libri che qui convivono in stretta e singolare simbiosi: vi è da un lato la corposa mole di lettere che i tre amici si scambiano a ritmi abbastanza serrati; vi è poi l'amplissimo corredo di note a fondo pagina, elaborate dalla curatrice, che costituiscono davvero una "libro nel libro" con una sua propria autorevolissima dignità.

Volendo analizzare il "PRIMO LIBRO" (le lettere vere e proprie) mi sento di sottolineare gli aspetti che seguono:
- gli argomenti affrontati in queste lettere sono svariatissimi e spaziano da motivi banalmente locali a considerazioni politiche di più alto livello; da necessità personali impellenti a scambi di soggettive o riferite opinioni; da accadimenti di paese a fatti epocali. A me sono parse rilevanti, per la loro originalità e peculiarità, alcune di queste tematiche: la poesia e la musica (che i tre amici coltivavano con grande passione e costanza, ciascuno con proprio strumento); gli amori e le donne (emblematici i riferimenti ironici e irridenti nei confronti del Monti che vuole sposare una "semplice popolana"); i problemi agro-pastorali (le pecore Merinos in Carnia, i bachi da seta, le mele, la razza delle mucche, il commercio di vino, la ricerca di cani da caccia...); i fatti di paese (drammatico il racconto dei ladri notturni in casa Solero; terribile la carestia del 1816-17 e la zuppa Rumford...); le difficoltà delle comunicazioni viarie e postali (lettere che impiegano anche 70 giorni per giungere a destinazione, ponti crollati, strade franate... addirittura dal 1822 in poi il tema dominante di queste lettere sarà la costruenda e mai costruita strada della Val Degano); le intense e costanti relazioni intercomunitarie tra Carnia Comelico e Cadore, assai più sviluppate e ramificate di oggi; le pratiche sanitarie pubbliche (illuminante quella richiesta al dott. Lupieri per l'esenzione dalla leva del fratello del Solero, affetto da idrocele sinistro!); il netto atteggiamento filo-francese e giacobino dei tre (che emerge continuamente in tantissime lettere, dove mai vengono però citate le violenze, le uccisioni ed i soprusi dei francesi invasori) insieme ad una viscerale avversione per i cosiddetti "briganti o banditi tirolesi" anti-francesi (tema sempre presente e già sottolineato nella precedente recensione); le malattie ricorrenti ed i loro rimedi (la descrizione del tifo, le gravidanze a rischio, le avitaminosi, la gotta, le infezioni cutanee, la vaccinazione antivaiolosa...); le notizie dai vari fronti di guerra (le brillanti vittorie e le pesanti sconfitte di Napoleone, la tragica ritirata dei francesi dalla Russia...). Insomma una grande e meticolosa illustrazione della Carnia e dei territori limitrofi dei primi Ottocento, in tutte le sue gravissime difficoltà ed in tutte le sue elitarie e grandissime speranze, riposte, a volte parrebbe quasi acriticamente, nell' "Invincibile", che poi sarà vinto a sua volta definitivamente, con grandissima delusione e costernazione dei tre amici che, dal 1814 in poi, nelle loro missive non faranno più alcun riferimento, neppure velato, all'imperatore dei francesi sconfitto, anche se resteranno filo-francesi fino alla morte, al punto da commissionare (Lupieri e Monti) un ritratto di Napoleone nel 1839 allo stesso pittore di Invillino, Antonino Micolini.
- Certamente gli influssi letterari contemporanei di fine-Settecento/inizio-Ottocento sono presenti.
Lo stile letterario di alcune lettere, specie quelle iniziali dell'amico Liberale (certamente più colto e romantico del Solero), l'uso di certe parole e di certe circonlocuzioni, rievocano lontanamente un discorrere familiare quasi leopardiano (anche se il grande poeta non è ancora sbocciato letterariamente) ed a tratti pare di avvertire forse anche un'eco pindemontiana. Ad avvalorare questa sensazione, contribuiscono anche i sonetti, di chiaro stampo arcadico-settecentesco, che si scambiano Lupieri e Monti, in occasione delle rispettive lauree (e che nel libro sono stupendamente riprodotti).
- Colpisce, almeno inizialmente, la frequenza di citazioni latine di derivazione biblica, che si ritrovano a punteggiare o a sottolineare alcune affermazioni o considerazioni, specie in Monti. Sono sempre citazioni precise, pertinenti, puntuali che denotano una familiarità ed una consuetudine con la pratica cattolica. Oltre alle citazioni bibliche, compaiono anche citazioni di poeti latini classici che rivelano una singolare conoscenza degli aspetti più caratterizzanti di quella letteratura.
- Le riproduzioni di documenti storici, di cartine topografiche del tempo, di manifesti politici dell'epoca imprimono una ulteriore patina di attendibilità e di autorevolezza al testo che diventa così anche visivamente più interessante.
- Anche l'aspetto tipografico merita una menzione: i caratteri adottati per le varie parti del testo, la riproduzione anastatica delle varie firme in calce alle lettere, la cura posta nella separazione dei paragrafi sono una ulteriore conferma della amabilità anche estetica di questo lavoro.

Per quanto concerne il "SECONDO LIBRO" (cioè le note a piè pagina) occorre dire subito che la curatrice dell'opera rivela qui tutto il suo impegno, la sua passione, la sua costante ricerca, la sua metodicità di lavoro, la sua conoscenza della materia che sa maneggiare con autorevole abilità. Si tratta di note esplicative o di completamento, spesso lunghissime, che a volte magari si ha timore di affrontare, ritenendo di perdere tempo. Invece no. Esse costituiscono (a mio modesto avviso) l'aspetto più importante del libro perchè spiegano ad abundantiam ciò che spesso sembra incomprensibile o poco chiaro. A volte sono brevi ma intensissimi lacerti di storia locale che si riallacciano a tematiche precedenti; a volte sono vere e proprie esposizioni esaustive di aspetti appena accennati nella lettera cui si riferiscono; altre volte ancora illustrano con puntiglio e certosina precisione situazioni e accadimenti apparentemente secondari; molto spesso sono brevi trascrizioni o riferimenti di altre opere (inedite) di Giobatta Lupieri che amava fissare sulla carta ogni sua considerazione e ogni frutto del suo impegno letterario o intellettuale oltrechè professionale. Ebbene tutte queste esaurientissime note analitiche, che di per sè potrebbero tranquillamente costituire un libro a sè stante, avrebbero dovuto, a parer mio, mantenere un corpo di carattere più grande (e quindi più leggibile) ed essere raccolte insieme alla fine delle lettere, come una necessaria e insostituibile appendice di estremo interesse; in questo modo (le note) avrebbero ottenuto, anche tipograficamente, non solo il giusto riconoscimento formale ma anche il necessario e meritatissimo rilievo storico-letterario.

A ben vedere, questo tipo di procedere della Agarinis fa già vedere in nuce e prelude quasi, con oltre 10 anni di anticipo, al suo ultimo grande lavoro del 2011, che a me sembra davvero la continuazione e il naturale completamento di questo "Caro amico pregiatissimo" del 2000.

Entrambi questi due lavori di ricerca storica glocale (proprio così, glocale) dunque non solo vedono come autore-protagonista il dott. Gio Batta Lupieri di Luint di Ovaro, ma prendono in esame un medesimo periodo storico che viene osservato attraverso le testimonianze, le sensibilità, forse anche la veniale "faziosità" dei suoi protagonisti che inconsapevolmente hanno contribuito, ciascuno dalla propria angolatura, a farci pervenire, ancorchè imperfettamente ma in tutta la sua immediata freschezza, il volto sconosciuto di questa regione alpina di due secoli fa.

 

Addendum

- (Mi si dice che) certamente la curatrice di quest'opera risulta "avvantaggiata" rispetto ad altri ricercatori di storia locale, in quanto ha il privilegio di "vivere" in un archivio storico privato e quasi personale (a Luint di Ovaro) dove ha la possibilità di organizzare il suo tempo e il suo lavoro; ma dalla attenta lettura dei suoi lavori (le sue note!) risulta chiaramente che si è anche "mossa" parecchio in regione e fuori regione per avere conferme o smentite, per chiarire e completare, per definire e concludere. Sicuramente ha impiegato molto più tempo fuori che dentro al "suo" archivio, per realizzare questi esemplari e precisissimi lavori di ricostruzione storica locale, che hanno certamente richiesto tantissmo tempo e non comuni sacrifici.
- Non si comprende perciò come mai finora, almeno qui in Carnia, questa autorevole autrice sia rimasta quasi del tutto sconosciuta o "emarginata" (e non solo nelle librerie), nonostante abbia "prodotto" tanto sulla Carnia. A me pare davvero strano e non riesco a farmene una ragione plausibile.

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