DIOECESIS JULIENSIS - DIOCESI DI ZUGLIO
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La tradizione pesa sullo spirito
come l'aria sulle ali dell'aereo
(Nicolàs Gòmez
Dàvila)
Il Signore ha tanta compassione della Diocesi di Udine,
che, per conservare ancora quel pò di Fede che c'è,
fa a meno di mandare preti
(Anonimo sacerdote udinese)
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Confini
antichi della Diocesi di Zuglio |
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Auspicabile
nuovo territorio della
restaurata Diocesi di Zuglio |
Animadôrs
Alfio Englaro & Marino Plazzotta
Primo gruppo
di interventi
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Una singolare carriera ecclesiastica -
KIPKOECH ARAP ALFRED - Da vèscul di Zuj a vescovo militare del Kenya
-
Una grande manifestazione di popolo -
SCENSCE DOIMIL A S. PIERI - Cose mai viste, cose mai scritte
-
Una legittima aspirazione della Carnia - LA
DIOCESI DI ZÚJ - Un fulgido passato che permea il presente
-
Origine delle Diocesi del Friuli - Rapida
sintesi storica
-
Problemas pa Diocesi di Zùj
-
Preti per la Diocesi di Zùj - Una proposta
con due obiettivi
-
TUTTE LE DIOCESI ITALIANE Regione per
regione - Chê di Zuj inmò a no è
-
La
provincia della Carnia e la Diocesi di Zuglio (in friulano)
-
La
provincia della Carnia e la Diocesi di Zuglio (in italiano)
-
Un
tetto bugiardo che copre vergogne
Secondo gruppo
di
interventi
- Il cerimoniale (immagini del libro)
-
In
viaggio da Zuglio ad Aquileia
-
IL
FURLAN lenghe liturgjche
-
DIOCESI
DI ZUGLIO valorizzerebbe anche Udine
-
LA
GLESIE MARI BANDONADE
-
IN
SICILIA SI’, IN CARNIA NO. PERCHE’?
-
PREGHIERA
di un prete PER LA DIOCESI DI ZUGLIO
-
CHIESA
UDINESE
- (TROPPO)
IMPEGNO PER OBIETTIVI (TROPPO) POLITICI
-
IN
CALABRIA SI, IN CARNIA NO. PERCHE’?
-
CARNIA
ritorna Beleno
Terzo gruppo
di
interventi
-
LO
STUPORE DEGLI ATTI - DIOCESI DI ZUJ : quattro righe
-
VEXATA
QUÆSTIO - Il
malessere dei preti
-
Il
territorio della Diocesi di Zuglio
-
DIOCESI
DI ZUGLIO
-
-
“ZUGLIO
una diocesi negata”
-
Un video istruttivo e chiaro
-
SCENSE
2001- Una presenza significativa, Un’assenza inattesa
-
1751
- 6 LUGLIO - 2001 - Un triste anniversario, un mesto compleanno
-
UN
PALLIO VIRTUALE Per l’Arcivescovo di Udine
-
LA
DIOCESI DI ZUGLIO
Come quando dove è nata questa IDEA-PROGETTO
-
SULLA
NECESSITA’ DI RIPRISTINARE LA DIOCESI DI ZUGLIO (in
friulano e italiano)
Quarto gruppo
di
interventi
-
IL
PIU’ ANTICO BATTISTERO DI CARNIA
-
COLLE
ZUCA - Una testimonianza forte, un
segno di speranza
-
Lettera
del Centro Amicizia e Libertà alla curia
-
“QUESTO
CONVEGNO NON S’HA DA FARE, NE’ DOMANI NE’ MAI”
-
RECUPERO
DEL TITOLO DI ZUGLIO
-
I
Preti di Carnia
-
Scense 2003
-
Copertina della Cassetta
VHS dedicata alla Diocesi di Zuglio
-
Una
ciotola di riso per i “cjargnei cence Diu”
- VOLEIS UN VESCUL E NON VEIS NENCJE
PREIDIS
Quinto
gruppo di interventi
SCENSCE
2007
Nel segno e nello spirito di Pre Toni Beline
Quest'anno
2007, la Festa dell'Ascensione sul colle di S. Pietro di Zuglio,
pur svolgendosi secondo il rito ed i tempi di sempre, antichi di secoli, ha presentato alcune caratteristiche
particolari che rendono questa solennità storico-religiosa sempre nuova ancorchè sempre identica e unica.
Per lo svolgimento della cerimonia, rinviamo la tua curiosità alla
cronaca delle edizioni precedenti che in questa sezione sono
ospitate con ricca documentazione fotografica.
Mi piace qui annotare le novità di quest'anno:
1. La ripresa moderna di questa antica tradizione (che fino
ai primi anni '70 del secolo scorso era andata evaporando di anno in anno)
risale al 1978, quando, nell'immediato post-terremoto del
6 maggio 1976, un ristretto manipolo di preti, animati da pre Toni
Beline, allora parroco di Rivalpo-Valle e Trelli e canonico di diritto
di S. Pietro di Carnia, decise di dare nuovo vigore ed impulso a questa solenne
e significativa cerimonia le cui origini risalgono al XIII secolo (vedi storia
di Carnia in Home Page). Ebbene la prima Scense post-terremoto fu un evento
memorabile: lo stupore dei nuovi canti in friulano, altamente evocativi e di
profondissima sensibilità (composti da pre Sef Cjargnel)
fece vibrare le corde interiori di quella prima folla di cjargnei, saliti fin
lassù come gli apostoli per la prima volta. Ci fu un convergere di croci
mai visto, preti da tutta la Carnia, cori da tutte le valli, commozione, tripudio
di nastri e di "a riviodisci un'ati an". Fu proprio pre
Toni Beline il primum movens di questo recupero grandioso
di una tradizione plurisecolare che si stava estinguendo...
2.
Ebbene, a distanza di 30 anni da quel memorabile giorno, non poteva mancare
lo spirito di pre Toni Beline, tornato alla Casa del
Padre neppure un mese prima e tempestivamente evocato e rievocato all'inizio
della sua omelia, dallo stesso Prevosto di Zuglio, mons. Pietro
Degani, amico ed estimatore di pre Toni Belline, di cui ha tratteggiato
un brillante e convincente parallelo con Lutero, traduttore della Bibbia
in tedesco. Pre Toni, ha detto il Prevosto, va a buon diritto paragonato
a Lutero per quell'immane lavoro di traduzione in friulano della Bibbia,
che manca ancora in troppe case carniche e friulane. E se pre Toni fu
per il vescovo di Udine un prete scomodo, certamente la sua scomodità fu
operosamente positiva. Sono stati ricordati anche pre Checo Placereani
(maestro e collaboratore di pre Toni) e Clemente Pellizotti, cruciferario
di S. Pietro da oltre 40 anni e recentemente scomparso (ora il suo posto è stato
preso da Franco Piazza di Piano d'Arta)
3. Il
proseguio della predica del Prevosto ha costituito poi
il cuore di tutta la cerimonia ed ha calamitato l'attenzione di tutti
i convenuti (una folla da grandi occasioni, assiepata nella Pieve, sulle
gradinate esterne, sui prati e sui colli circostanti). Dopo essersi presentato
con due fogli dattiloscritti (da chi?) in italiano, il Prevosto ha abbandonato
la pedissequa lettura ed è partito a braccio tracciando, ora in
italiano ora in schietto friulano, il profilo della società odierna,
avendo come coordinate la Carnia stessa. Ecco i temi: l'aborto
in Carnia (più di 100 all'anno; senza alcun funerale,
senza un luogo di sepoltura, senza alcun segno di pietà cristiana
o civile...); la famiglia, grande assente anche in Carnia;
i giovani, spesso orfani con genitori viventi, che non
avendo più alcun punto di riferimento certo e stabile e ignorando
completamente la parola "sacrificio", provano la droga e cercano
la discoteca; il laicismo ed il relativismo della società di
oggi, per la quale nulla è male e tutto si può fare, dove
la libertà è stata soppiantata dal libertinismo; la politica
politicante che nulla combina a Roma, divenuta un vero madracâr...
E il Prevosto sarebbe andato avanti ancora con il medesimo tono realistico
e concreto se, delicatamente, il parroco di Sutrio non si fosse alzato
dal suo scranno e non gli fosse andato accanto per ricordargli che tempus
inesorabile fugit... Così il Prevosto, per nulla contrariato
(anzi quasi divertito) ha ripreso in mano i fogli dattiloscritti ed ha
velocemente concluso in un gelido e arido italiano una omelia che, fino
ad allora, nessuno aveva osato interrompere perchè troppo coinvolgente
e profondamente sentita.
4. Altre novità,
non meno suggestive ed importanti, sono emerse in questa edizione della
Scense 2007:
- finalmente anche la croce di S. Martino di Cercivento (finora
sempre assente: la spiegazione c'è ma non si può dire) ha partecipato
a questa grande manifestazione di fede e di memoria storica e questo fatto è indubbiamente
molto positivo, non solo per la "ritrovata unione" di
tutta la Carnia sul colle di S. Pietro, ma proprio anche per la stessa comunità di
Cercivento che, pur partecipando sempre individualmente e ciascuno a titolo
personale, non aveva finora mai potuto vedere anche la propria tra le croci
astili di tutta la Carnia (vedi la cronaca delle precedenti edizioni).
- anche i canti hanno riservato una bellissima novità; alla comunione è stato
intonato un inno, di chiara melodia austriaca, le cui strofe erano alternate
in friulano e tedesco (per rispetto e riconoscenza nei confronti
dei fedeli fedeli carinziani di Mauthen, qui giunti per ricordare l'antica
Diocesi di Zuglio, che allora comprendeva anche una piccola parte della bassa
Carinzia). Ebbene tutti i presenti, seguendo il foglio precedentemente distribuito,
hanno insieme cantato anche in tedesco, pur magari non conoscendo la lingua...
C'è da dire insomma che tutta la Messa è stata davvero plurilingue
(anche italiano e latino), quasi a voler soddisfare le diversità linguistiche
dei presenti, giunti fin quassù dal piano e dalla città...
La
intensa partecipazione di centinaia e centinaia di persone (più di 1500)
a questa grande manifestazione di fede e di tradizione (anche se i carnici
erano minoranza), dimostra che forse non tutto è perduto. Certamente
non è perduta la consapevolezza dei problemi e non è ancora
perduta la coscienza di una precisa identità di popolo che non vuole
sparire. E questo è bene.
MISSALE
AQUILEYENSIS ECCLESIE
SCENSCE
2008
una presenza inattesa
Anche
quest' anno, il 4 maggio 2008, sul colle di Zuglio si è svolto il
tradizionale e antico rito del "Bacio delle Croci" sul Plan da
Vincule,
seguito dalla celebrazione della "Messe Grande" nella
cattedrale di San Pietro.
La partecipazione dei fedeli è risultata
minore degli scorsi anni, probabilmente (e non è la prima volta)
per la concomitante festa di S. Floriano
celebrata sull'omonimo opposto colle situato sulla sponda
sinistra del But, che ha radunato i fedeli della conca tolmezzina (e
infatti le croci
astili di
Tolmezzo,
Amaro,
Cavazzo
ecc. non erano presenti a S. Pietro). Qui occorre ancora una volta sottolineare
un aspetto: accettato che la festività dell'Ascensione riveste
un maggiore e più pregnante
significato religioso rispetto alla festività di un santo patrono
ed accertato che S. Pietro è stata la cattedrale vescovile di
tutta la Carnia mantenendone tuttora il titulus, sarebbe finalmente
tempo che anche i preti della conca
tolmezzina fossero presenti alla SCENSCE o quantomeno
mandassero almeno le
loro croci astili a S. Pietro (come del resto fanno sempre tutti gli
altri sacerdoti della Carnia, che, pur appartenendo ad altre Pievi,
riconoscono da sempre nella cattedrale di Zuglio la
radice della propria fede). Vedi a questo proposito la sezione Storia
di Carnia.
La chiama delle croci si è svolta secondo la consueta regola,
tramandata nei secoli, che prevede un ordine preciso e prestabilito per
il "bacio".
La prima chiamata è stata la croce di S.
Elizabeth di Mauthen (Carinzia, Austria) che da alcuni anni
non manca mai a questo appuntamento storico-religioso, riconoscendo così
implicitamente la propria antica origine filiale dalla chiesa
matrice di S. Pietro di Carnia.
Successivamente
sul Plan da Vincule si sono affacciate ad una ad una le croci astili
di tutte le chiese del Canale di S. Pietro che hanno reso omaggio alla
croce
madre.
E' stata poi la volta delle altre croci presenti che, pur non avendo
alcun obbligo storico-religioso, sono ugualmente giunte sul colle carnico
da ogni parte della collina e della pianura friulana. Particolare commozione
ha suscitato la croce di Basagliapenta (Visepente) che il Prevosto di
Zuglio ha calorosamente salutato ricordando il suo parroco scomparso
esattamente un anno fa: pre
Toni Beline,canonico emerito di Zuglio e per tanti anni parroco
di Rivalpo-Valle-Trelli. Preceduto dalla croce astile di S. Pietro, il
corteo è poi salito alla cattedrale per la celebrazione della
Messa.
Quest'anno però
la Scensce ha riservato una piacevolissima sorpresa che
nessuno immaginava: la presenza dell'Arcivescovo di Udine, il
carnico mons. Pietro Brollo. Questo fatto merita alcune considerazioni:
1. E' stata la prima volta che mons. Brollo, in
qualità
di Arcivescovo di Udine, ha presieduto la cerimonia religiosa
più vera
e suggestiva che si svolge in Carnia. Infatti dalla sua elezione ad arcivescovo
di
Udine
(2001), mons. Brollo non aveva mai presenziato alla Scense di Zuglio.
Di questo abbiamo più volte argomentato (vedi in questa sezione
la cronaca delle Scensce precedenti). Pietro Brollo era stato presente
al Bacio delle
Croci alcune volte negli anni '80 e '90 in qualità di vescovo
ausiliare di Udine e, allora, anche di titolare della cattedrale di Zuglio.
Questa odierna però probabilmente sarà anche la
sua ultima volta come
arcivescovo di Udine perchè
il 2.12.2008 Brollo compirà 75 anni (certissimamente ben portati:
ad multos annos!) e, secondo il diritto canonico vigente, dovrà presentare
al papa le dimissioni, per
cui il prossimo anno molto difficilmente mons. Brollo sarà ancora
arcivescovo di Udine. Auguriamogli fin d'ora di essere presente a Zuglio
nel 2009 come vescovo emerito, magari con il (riacquistato) titolo di S.
Pietro di Zuglio, attualmente prerogativa di mons. Mario Zenari, nunzio
apostolico in Sri Lanka, che, avanzando in carriera, potrebbe appunto
cedere la titolarità di Zuglio al tolmezzino Brollo: chissà che poi...
2. Indubbiamente mitria, pastorale e pallio (anche se quest'ultimo
putroppo ancora e sempre virtuale) hanno dato alla cerimonia un significativo
tocco di solennità
e di suggestione. L'omelia del vescovo (in lingua friulana, come del
resto tutta la liturgia) ha toccato il cuore dell'assemblea cristiana quando
ha ricordato il piccolo Elia Chiapolino di 8 anni, di
Sutrio, tragicamente mancato il 30 aprile scorso. Il presule poi ha voluto
raccontare
l'apologo
delle stelle alpine (paragonando la nostra vita terrena all'ascesa
dell'Amariana, la cui salita è accompagnata dalla visione di tantissime
stelle alpine
che distolgono e distraggono e possono fin anche arrestare l'ascensione
dell'alpinista nell'eventualità di una non voluta "incrodata" nel tentativo
di raggiungere un magnifico esemplare: oggi siamo assediati da
troppe "meraviglie" materiali che ci distraggono e deviano il nostro agire...).
Brollo ha poi
confrontato la vita di un tempo con quella di oggi, traendone spunti per
una eticità
quotidiana a portata di tutti.
3. Con il vescovo erano presenti sul colle anche tre chierici del
seminario udinese,
che indossavano la ormai desueta e dimenticata tonie (tonaca
o talare) che non si vede più in giro in Carnia da oltre 30 anni (se si esclude
ovviamente quella di don Elio Nicli, capellano emerito dell'ospedale carnico
di Tolmezzo).
Credo
sia
stato un bel vedere: tre giovani ragazzi in tonaca nera (apene screade!)
hanno
dato un
ulteriore
e
rassicurante
segno di speranza a questa pur singolare cerimonia che affonda le sue radici nei
secoli passati.
4. Il Prevosto di Zuglio (ormai 80enne e prossimo
al pensionamento:
ma andrà
davvero in quiescenza?)
ha
fatto il regista della situazione come solo lui può fare, mescolando (a
microfono
acceso)
commenti
ironici a
richiami improbabili, esortazioni curiose a parole di lieve insofferenza, suscitando
spesso l'amabile ilarità degli astanti. E a proposito di altoparlanti
e microfoni, alla fine della messa il Prevosto ha fatto sapere che lo stesso
vescovo Brollo
ha voluto donare alla Cattedrale di S. Pietro il nuovo impianto di sonorizzione
esterno che permette ai fedeli rimasti sui prati circostanti di seguire ogni
fase della cerimonia ("Così sentiremo la voce di mons. Brollo
anche
quando sarà
morto!" è stato il sibillino commento dello stesso Prevosto).
Qualcuno
ha
suggerito
(e
auspicato)
che
il
prossimo
arcivescovo
di
Udine, successore di Brollo, possa donare un maxischermo! Non male come idea.
Nell'attesa, auguriamoci che la Carnia trovi maggior coesione e più solidarietà.
SUMMORUM
PONTIFICUM
Elogjo dal latin
Il fat
Une domenie di avrîl dal 2008, mi sei cjatât a jessi a Mauthen (Carinzie-
Austrie, a 28 km da Paluce), che par vecjo al faseve part da Diocesi
di Zuj, e ai volût
lâ a messe inta chel domo: plen di int dute cidine, vecjos e zovins,
femines e fruts ducj intai lôr puescj. Dôs tabeles luminoses
eletroniches, adalt, a mostravin i numars dai cjants che a si vares cjantât
durant la messe e che a sij cjatavin intun biel librut poiât sul banc.
A tache messe intune atmosfere solene e di racogliment (sul tipo da poesie “S.
Ambrogio” dal Giusti ch’i vin studiât ducj da fruts) e
plan plan mi cjati un tic strassameât e sbarlumît parceche non
rivi adore a capî propit nue: cjants in todesc, preieres in todesc,
predicje in todesc, in some dut in todesc (e forsit encje in ghenghe carinziane).
Lant che la messe a lave indevant, pensavi as nostes messes par talian (dulà che
un todesc a nol capiress nue) e pensavi encje ai masse fanatics furlaniscj
di chenti che ai voressin obleâ ducj i preidis ch’ai son in Friûl
a dî messe ogni dì par furlan (cul riscjo magari che nencje
un talian di Tumieç a nol capires nue).
Il document dal Pape
Tornât a cjase, ai runtinât par zornades su chest fat e ai pensât
che forsit la tant vituperade messe par latin di un viaç a saress
inmò indidivoi l’imprest plui just e naturâl par fâ sintî indaûr
ducj i cristians units, almancul la domenie, in cualsisei puest dal mont.
Par chest motîf, sei lât subit a consultâ l’ultim
document dal pape Benedet XVI ch’al trate propit
chest argoment e che, cjale tu, al è scrit dut par latin. A si intitule: “Litterae
Apostolicae Motu Proprio Datae Benedictus XVI Summorum Pontificum”.
Me lu sei let dut cun gust e cetante sodisfazion e ai voe di dâus
une cerce savoride in cheste pagjine.
Chest document al tache presentant
in sintesi la lungje storie da liturgie e dal cult che i varis papes, in
tancj secui, ai an contribuît a consolidâ: a si partis dal pape
Gregorio Magno a san Benedet, da Pio V a Clement VIII, da Urban VIII a Pio
X, par rivâ a Pio XII e Zuan XXIII; par ultims Pauli VI e Zuan Pauli
II. Di ducj chescj, il pape scrivent al ricuarde l’impegn e la determinazion
intal migliorâ simpri la liturgie e las cerimonies da Glesie Catoliche
Romane.
Dopo di vei fate cheste lungje premesse, Benedet XVI al dîs che cetancj
di lôr intai agns passâts (e massime cumò) ai veve domandât
di podei dî encje la messe par latin e par chest il pape al fisse une
serie di 10 articui dulà che al clariss dute cheste fazende:
art
1: al stabilisj
che il Messâl di Pauli VI dal 1972 al è l’espression
ordenarie dal rito latin (ordinaria expressio Legis
Orandi Ecclesiae Catholicae ritus latini est) e che il Messâl
di Pio V (ripublicât
dal pape Zuan XXIII intal 1962 e mai abrogât “numquam
abrogatum”)
al è l’espression stra-ordinarie dal rito latin
(extraordinaria
expressio) e che anzit, propit parceche al è vecjon, al merite
il so onôr (ob venerabilem et antiquum eius usum debito gaudeat
honore).
Pa la cuâl, al è permetût asolutamenti di usâ il
Messâl di pape Zuan XXIII par dî messe, seconti las
necessitâts.
Art. 2: Inta messe cence popul, ogni preidi catolic al po’ dî la
sô messe par latin secont il Messâl dal 1962 di pape Zuan XXIII,
cence domandâ permes né al so vescul né al Vatican (sacerdos
nulla eget licentia nec Sedis Apostolicae nec Ordinarii sui).
Art. 3: se comunitâts particolârs, Istituts
o congregazions ai vulin dî messe par latin, ai podin fâlu (id
eis licet). Se cheste
int po a vûl dî messe plui par latin o nome par latin (saepe
vel plerumque vel permanenter), ai an di concordâ dut cul lôr
superiôr (res a Superioribus maioribus decernatur).
Art. 4: a messe privade par latin di un preidi catolic, al po’ simpri
partecipâ spontaneamenti qualsiasi cristian (etiam christifideles
qui sua sponte petunt).
Art. 5:
§
1 intas parochies dulà che a sji cjate un grop di cristians
che ai voressin gole di tornâ a messe par latin, il preidi al tegni cont e
al fasi messe encje par latin, concordant timps e muts cence creâ discordies
in parochie (parochus eorum petitiones libenter suscipiat… ipse
videat ut harmonice concordetur bonum horum fidelium cum ordinaria pastorali
cura… discordiam
vitando et totius Ecclesiae unitatem fovendo).
§
2 la messe par latin a si po simpri fâle vie pa setemane (habere
potest diebus ferialibus) e la domenie o intas fiestes grandes ai po
fâ une
messe par latin (dominicis autem et festis una etiam celebratio fieri
potest).
§
3 se cualchidun al domande matrimoni, funerâl o ates celebrazions par
latin, il plevan ch’a lu permeti (…matrimonia, exequiae aut
celebrationes parochus permittat).
§ 4 i predis che ai disin messe par latin ai scuegnin iessi idoneos (idonei
esse debent ac jure non impediti).
Art. 6: Inta messe par latin pa int, las letures (epistule
e vanzeli) as podin iessi letes encje par talian o furlan (lectiones
proclamari possunt etiam lingua vernacula).
Art. 7: se un grop di cristians a nol oten dal so plevan la messe par latin,
ch’al leti dal so vescul e chel al proviodarà (…petita
a parocho non obtinuerit, de re certiorem faciat Episcopum dioecesanum…ut
eorum optatum exaudiat). Se nencje il Vescul al risolf la question, alore
a la risolvarà il Vatican (…si provi-dere non potest, res ad
Pontificiam Commissionem “Ecclesia Dei” referatur).
Art. 8: se il Vescul da diocesi al è impedît da cualchidun di
acogli la richieste di un grop, alore al mande dut in Vatican (Episcopus…ob
varias causas im-peditur, rem Pontificiae Commissioni committere potest).
Art. 9:
§
1 il plevan, se al è richiedût, al po usâ il vecjo rituâl
latin encje in: batisims, matrimonis, confession, ueli sant, simpri a fin
di ben da int (licentiam con-cedere potest rituali antiquiore utendi
in administrandis sacramentis Bapti-smatis, Matrimonii, Poenitentiae, Unctionis
Infirmorum…).
§
2 a si po domandâ encje la cresime par latin (facultas conceditur
celebran-di Confirmationis utendo Pontificali Romani antiquo).
§
3 i predis ai podin dî il breviari par latin (fas est clericis
uti etiam Breviario Romano… 1962 promulgato).
Art. 10: il vescul al po’ encje meti su une
parochie dulà che
a si fâs dut par latin (Fas est Ordinario loci…paroeciam
personalem pro celebrationibus iuxta formam antiquiorem ritus romani erigere…).
E Benedet XVI al finis la sô letare cuntun “servari jubemus-
comandin che a seti rispetade” parceche a no ‘ndè nue
in contrari da bande di nissun (contrariis quibuslibet rebus non ostantibus).
Cheste letare a è stade publicade il 7 di Luj dal 2007.
Considerazions
-
Rispiet a 40 agns fa, voi un grum di plui int a conos un tic di latin,
senoati par
vie che tancj
di lôr ai an studiât (liceo scientific,
classic, magistrâls…), encje se tancj preidis a lu an bielzà dismenteât
o nencje studiât (massime i plui zovins).
- il latin da Glesie al è avonde facil, almancul in chei tocs di messe
che par talian vin sintût tai ultims 40 agns e che, sintûts
par latin, a no voressin di iessi dal dut incomprensibii pa noste int ma
a deventaressin comprensibii inveze par todescs, franceis...
- in Scandinavie (che a no è catoliche) i fruts ai imparin il latin
sui bancs das medies; in USA, in Inghiltere e intai Paisj culturalmenti plui
indevant, il latin al rapresente un inestimabil valôr cultural e di
prestigio. In Italie il latin lu vin (a lu an) sradisât oramai dal
dut.
- la traduzion taliane di certs tocs liturgics latins, dispess a fâs
ridi (se non vaî), no vint tegnût cont dal contest storic originari
ma trasferint diretamenti intal XX° secul mûts di dî e rasonaments
di seculorums prime, cence riguart da sensibilitât e dal contest atuâl.
Parceche un cont al è ripeti in latin ce che al è stât
det e pensât e scrit par latin agnorums fa, un cont al è tradusi
pedissequamenti in lenghe moderne concets di ates ètes.
- certes litugjes di vuei, semplificades fint a banalizazion, o svueidades
fint a inconsistence, o spetacolarizades fint a esagjerazion, as an dibisugne
di un “ritorno alle origini”, di une mondade e di un spel di
cidinôr e di riflession, forsit encje di un fîl di misteri, dutes
roubes che in ta liturgie taliane (e encje furlane) as mancje dal dut…
Propueste
finâl pa Cjargne
A mi plasares che finalmenti encje inta catedrâl
di San Pieri di Cjargne, sede episcopâl fintremai al VIII sec.,
a si fases une Messe (mensîl?) par latin (magari
la domenie, sot sere), dulà che
a vegnissin dongje ducj i cjargnei che ai an a cûr
e intal cûr la tradizion plurisecolâr da noste Mari Gleisie
di Cjargne, chê tradizion che a è stade confuart e sperance
pai nostis vons par secui e secui…
Invidi ducj chei che a si sintin in sintonie su cheste linie, a pocâ chei
pousc preidis ch'ai son restâts, di mût che encje lôr
ai tornin a imparâ a
dî messe
come un viaç, ai tornin a preseâ la noste tradizion, ai recuperin
fuarce e sperance cu las orazions dai nostis vons e ai dêtin vous a
lôr vous.
ET
INTROIBO AD ALTARE DEI
Elogio della liturgia latina
Nel
precedente articolo, ho analizzato il documento di Benedetto
XVI
(Summorum Pontificum) relativo al recupero
della messa in latino. Pochissimi preti (ne ho avuto la prova) hanno effettivamente
letto per intero ed in originale questo documento, ma solo leggiucchiato
le sintesi
(interessate)
dei vari giornali, quintessenza dell’approssimazione!
E se non leggono i preti i documenti del papa, figurarsi gli altri! Ritengo
utile e opportuno perciò proseguire con nuove considerazioni su
questo specifico argomento. Prima però voglio farti partecipe di due curiosità:
1) recentemente ho scoperto un giornale online finlandese
che si chiama: www.ephemeris.alcuinus.com che affronta tutti i temi della
quotidianità mondiale: è scritto
per intero in latino, un latino classico, corretto e comprensibile anche
per chi ne ha solo un’infarinatura!
2) il quotidiano “La Repubblica” ha pubblicato l’8 ottobre
2008 un’intera pagina dal titolo “Il Latino, nuova lingua
d’America” sullo
studio del latino negli USA: dopo il francese e lo spagnolo, la lingua che
viene più studiata tra i giovani americani è il latino, considerata
ormai “la lingua delle persone colte e di successo”: nel 1998
erano 101.000 i giovani che sostenevano l’esame nazionale di latino;
nel 2006 sono saliti a 134.000.
Ed ora cercherò di rispondere alle principali obiezioni che
vengono rivolte all’antico rito latino:
“Non è bene
che il sacerdote dia le spalle al popolo”
Rispondo a questa osservazione con tre argomentazioni:
1. La Messa, oltre che “convivium-cena” (come
la definiscono sempre i luterani), è anche “sacrificio” in
cui il celebrante “guida” il
popolo, prega e si rivolge, insieme ad esso, allo stesso Dio. Dopo il Concilio
si è privilegiato il primo aspetto (quello della “cena” o “men-sa”),
forse per un consapevole e fortemente sperato tentativo (poi malauguratamente
fallito) di agganciare i “fratelli separati” del mondo protestante,
e si è trascurato totalmente il secondo e più pregnante significato,
quello del “sacrificio” di Cristo, che nella messa po-stconciliare
pare abbia ceduto il ruolo di protagonista al celebrante,
divenuto “centro” della
liturgia perché annuncia la “Parola di Dio”. In questo
modo però la liturgia cattolica, per “compiacere” troppo
ai protestanti (che ultimamente invece si sono ulteriormente allonta-nati
e divisi a motivo di nuove decisioni ecumenicamente laceranti come il sacerdozio
agli omosessuali e l’episcopato alle donne), si è rivelata la
meno adatta per avvicinarsi ulteriormente agli ortodossi, la cui teologia è pressochè
identica a quella cattolica. Sono
andato per l’occasione
a rileggere il “Simbolo
di fede” degli ortodossi in un messale greco: è identico al
nostro “credo” (salvo il famoso “Filioque” quando
vi si accenna allo Spirito Santo); c’è perfino scritto “credo
la chiesa una santa cattolica apostolica”!
Credo
ortodosso (versetti finali)
Mentre
invece si continua a restare divisi sostanzialmente
solo per una questione teologica
di lana caprina
che nei secoli passati aveva sollevato diatribe e lotte
a non finire e che
oggi resta davvero incomprensibile. Ma non a caso però
il mondo ortodosso ha profondamente condiviso e manifestato un
convinto appoggio al motu proprio di Benedetto XVI “Summorum Pontificum”.
2. Sono
più sgradevoli “le spalle
del prete rivolte al popolo” della
messa pre-conciliare o “le
spalle del prete rivolte
al tabernacolo” della
messa post-conciliare?
Perché il problema è semplice:
o si crede che nel tabernacolo
c’è Cristo-Dio
nella Eucaristia (ed allora
buona educazione vorrebbe
almeno che non Gli si dessero
le terga
né che
ci si sedesse davanti)
o non si crede (ed allora
non ha senso neppure ciò
che stai leggendo). Per questo mi sento di suggerire
sommessamente di recuperare, nelle chiese di Carnia,
i
sedili laterali del coro (come una volta) e di
rimuovere le sediole tra l’altare maggiore
e l’altare
conciliare (come si usa
già in tante
altre chiese di Carnia).
3. Dopo attenta e integrale lettura, non ho trovato
in nessun paragrafo
della Costituzione Conciliare relativa alla liturgia, Sacrosanctum
Concilium (d’ora
in poi SC), la disposizione
di rivolgere l’altare verso il
popolo,
per cui mi è sorto il
forte dubbio che vi possa essere stata nel tempo
una discreta forzatura (post-sessantottina) di
quanto indicato
espressamente
dal Concilio.
Aggiungo che la SC fu
approvata il 4.12.1963 con ben
2147 voti a favore e solo 4 voti contrari (una
quasi unanimità dei
vescovi di tutto il mondo!).
“Nessuno
capirebbe una liturgia in latino”
Rispondo a quest’osservazione con tre argomentazioni:
1. Nulla vieterebbe di mettere sul banco il consueto foglietto
domenicale in italiano, così che ciascuno potrebbe seguire
tranquillamente la liturgia nella (ancora) lingua universale della chiesa,
comprendendo così appieno
ciò che si va dicendo, ed un forestiero si sentirebbe a casa sua
anche nella nostra chiesa, ascoltando la liturgia in latino.
2. In una normale celebrazione in italiano, se intergrata
magari anche da un battesimo, in cui tutti capiscono tutto (a meno che non
siano distratti),
il sacerdote ama intercalare la liturgia italiana con almeno 4-5
spiegazioni o mini-omelie in italiano oltre naturalmente alla predica
(in italiano). Non vi sarebbe quindi alcuno scandalo se il prete, in
una liturgia latina,
intercalasse qualche spiegazione in italiano, come fa ora, anche se al n.
34 della SC si raccomanda “I riti splendano per
nobile semplicità;
siano trasparenti per il fatto della loro brevità e senza inutili
ripetizioni; siano adattati alla capacità di comprensione dei fedeli
né abbiano bisogno generalmente di molte spiegazioni”.
3. Il n. 36 della
SC dice “ L’uso
della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini” della
Chiesa cattolica. E la nostra regione appartiene al rito latino romano, dopo
la definitiva
soppressione del rito aquileiese, avvenuta nel 1596. Ricordo appena
che le grandi religioni monoteiste (ebraismo e islamismo) si guardano bene
dal rinunciare
alle loro “lingue sacre”: ebraico antico (che le giovani generazioni
spesso ignorano) e arabo classico (lingua sconosciuta in molti stati islamici
asiatici o del Mediterraneo).
“Nella messa latina non entrerebbero più gesti
di spontanea creatività”
Rispondo a questa osservazione con tre argomentazioni:
1. “La liturgia non è uno
show, uno spettacolo che abbisogni di registi geniali e attori di talento;
la liturgia non vive
di soprese
simpatiche, di trovate accattivanti, ma di ripetizioni solenni” (Card.
J. Ratzinger, aprile 2004). Anche ultimamente, in talune chiese, ho assistito
invece a veri e propri show del celebrante, che davvero
ama credersi centro e baricentro di tutta la liturgia, esibendo smanie di
protagonismo assai
sopra le righe, in una anarchia liturgica totale e disinvolta.
2. La SC al n. 22 §3 dice ”Di
conseguenza assolutamente nessun altro, anche se sacerdote, osi, di sua
iniziativa, aggiungere, togliere
o mutare alcunché in materia liturgica” per cui ogni atto,
oggetto o parola aggiunti o tolti, ma non previsti dalla Liturgia, costituiscono
an-che adesso un abuso. E la bandiera arcobaleno o della cosiddetta “pace”,
che in tempi recentissimi aveva impropriamente addobbato altari, ornato paramenti
sacri, sventolato sui campanili, ha costituito un grave abuso, se appena
si ricorda la sua origine e il suo uso politico (simbolo elettorale dei partiti
atei della estrema sinistra) alle ultime elezioni generali italiane del 2008.
3. Ancora la SC al n. 26 recita: “Le
azioni liturgiche non sono azioni private ma celebrazio-ni della Chiesa che è sacramento dell’unità,
cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei vescovi”,
anche se ci fosse un solo fedele a parteciparvi.
“Non si canterebbero più i
canti in italiano”
Rispondo a questa osservazione con tre argomentazioni:
1. Riporto
il trafiletto di un articolato saggio comparso su www.iltimone.org una rivista apologetica popolare, nell’aprile 2006. “L’esilio
del gregoriano: è il
canto proprio della liturgia romana, ma non gode di buona salute. Anche nei
monasteri e nelle cattedrali è dimenticato: un patrimonio di cinquemila
canti messo al bando, soprattutto nei paesi latini. Per sostituirlo, a volte,
cantilene melense indegne della messa”. Per contro, lo scorso
anno, tra i primi posti di CD musicali più venduti in Europa, ci fu
una compilation di canti gregoriani realizzata da un monastero benedettino
spagnolo,
che andò fortissimo tra i giovani: ma fu solo la transitoria curiosità di
persone del tutto ignare dell’esistenza del gregoriano.
2. Certamente alcuni dei canti italiani che hanno sostituito
i grandiosi inni antichi (di cui si è quasi persa ogni memoria) appaiono
davvero incolori e deboli se raffrontati con quelli latini della nostra infanzia.
Faccio un solo esempio, l’”Adoro te devote” di
S. Tommaso che si cantava fino agli anni ’70 del secolo
scorso, in cui una sola frase esprimeva un altissimo concetto teologico: “In
cruce latebat sola Deitas, at hic latet simul et Humanitas” cioè: “Sulla
croce era nascosta solo la divinità (di Cristo), ma qui (nell’Eucaristia) è nascosta
contemporaneamente anche la sua umanità”. Che dire di fronte
a questa sintesi sublime ed estrema di un mistero insondabile?
3. Così i canti latini
antichi sono scomparsi dalla attuale liturgia, anche se il n. 116
della SC recita: “La
Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana,
perciò nelle azioni liturgiche,
a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale”.
Anche in questo caso quindi vi è stata nel tempo una costante forzatura
che ha portato all’attuale impoverita situazione del canto liturgico;
tuttavia, almeno nelle sue espressioni più rilevanti, il canto popolare
religioso italiano sarebbe comunque compatibilissimo anche nei riti in latino,
come è sempre avvenuto fino al 1965 e come del resto recita il n.
118 della SC: “Si promuova con impegno il canto
religioso popolare…”.
“Le
traduzioni liturgiche in italiano sono chiare e adeguate ai tempi”
Rispondo a questa considerazione con un solo illuminante esempio:
Nella messa attuale, al termine della consacrazione del vino, il celebrante
dice in italiano: “…che sarà sparso per voi e
per tutti, in remissione dei peccati”.
Avvertendo che vi fosse
qualcosa di “strano” in
questa traduzione, sono andato a compulsare il testo latino della messa pre-conciliare
(per intenderci quella di Pio V e di Giovanni XXIII) e trovo queste parole: “… qui
pro vobis et pro
multis effundetur
in remissionem peccatorum.”, cioè “per molti”,
non “per
tutti-pro omnibus”.
Non contento, ho consultato la fonte originale,
cioè il Vangelo in lingua greca di Matteo (Mt 26,28)
che riporta le parole di Cristo:”…peri pollòn, per molti…”;
di Marco (Mc 14,24) che dice: “…uper pollòn, sopra molti…”;
di Luca (Lc 22,20) che dice: “…uper umòn, sopra voi…”;
Giovanni non riporta questo episodio. La fonte originaria dunque dice per
molti (pollòn), non dice per tutti (pantòn).
Tanto è vero
che il primo messalino post-conciliare (MESSALE DELL’ASSEMBLEA CRISTIANA,
Ed. Elledici, Torino 1966), traduceva correttamente a pagina 1095 il “pro
multis” con “ per molti”.
Perfino pre Toni Bellina, recentemente
morto (2007) in forte odore di “luteranesimo”, nella sua magistrale
e ponderosa
traduzione in friulano della Bibbia (Udine, 1997), aveva
correttamente tradotto il “peri pollon” con “unevore
di lôr” e non
con “ducj (tutti)”.
Vangelo
greco di Matteo (I sec. d.C.)
Messale
latino di Pio V e Giovanni XXIII
Primo
Messale Assemblea Cristiana post conciliare (1966)
Bibie
di Pre Toni Bellina (1997)
Ora
dunque perché le parole originarie di Cristo sono state cambiate
nella attuale liturgia in italiano? Hanno sbagliato dunque Cristo (e i
suoi tre evangelisti) oppure i traduttori e la chiesa post-conciliare?
In effetti
quella che potrebbe sembrare una svista o una traduzione approssimativa,
costituisce, a mio limitato modo di osservare, un radicale mutamento
della prospettiva teologica tradizionale, secondo la quale nell’aldilà ci
attenderebbe ragionevolmente il premio o la punizione. Se però si
fa dire a Cristo “per tutti” significa solo una cosa: che tutti
indistintamente si salvano per i meriti di Cristo e che di conseguenza
l’inferno è… vuoto (e per me va benissimo,
basta saperlo!). Un ribaltamento completo però di quanto finora
imparato. Questa, a ben osservare, è la teologia che dal ’68
in poi è andata
via via maturando in vasti settori della Chiesa Cattolica, dove il “buonismo” deresponsabilizzante è diventato
la caratteristica dominante, contagiando poi ampi strati della società civile
e areligiosa. Ma questa è proprio la teologia luterana la
cui efficacissima sintesi è: sola fides, sola gratia,
sola scriptura. Cioè: le opere e le azioni individuali
non contano nulla, perchè ciascuno è automaticamente salvato
dalle sole fede-grazia-bibbia, indipendentemente dal comportamento
pratico di ciascuno. Ma Cristo, almeno dalle “carte consultate”,
non ha detto precisamente questo. E dunque: perché il “per
molti” è stato
tradotto in “per tutti”? Non lo so,ma vorrei
saperlo. E questo è solo un piccolo pesantissimo esempio di come
la fedeltà al testo originale non sia proprio aderente nelle traduzioni
attuali e come questa “infedeltà” sia foriera di grossolani
equivoci quando non di implicazioni inattese.
CONCLUSIONI
FINALI
- La volgarizzazione in italiano (ed anche in friulano)
dell’azione
liturgica, se da un lato ha portato ad una maggiore comprensione dei
testi biblici (spesso però tradotti non correttamente),
dall’altro
ha repentinamente strappato quell’”alone di mistero e
di ascondimento” che
la stessa azione liturgica postulerebbe. Oggi tutto viene
proclamato in italiano (e in friulano): forse la
gente va più in chiesa per questo? A
me pare proprio di no. A dirla tutta: molti forse si allontanano
dalla chiesa proprio anche per questo motivo, perché il
disvelamento totale e frettoloso del mistero divino ha sospinto tanti alla ricerca del
nascosto e del mistero al di fuori della chiesa stessa e prova ne
sono: sette, sincretismi religiosi, apostasie, approdo
a diverse orientalità,
New Age, Scientology… dove
il senso del mistero (sensus mysterii) e dell’incomprensibile è ancora
ben vivo, mentre la chiesa cattolica, per “adeguarsi ai tempi”,
ha volutamente obliterato proprio questo importantissimo (e spesso deriso)
aspetto intimo e recondito dell’uomo.
- La volgarizzazione della liturgia in tutte le lingue NAZIONALI,
ha fortemente sminuito la "cattolicità" (dal
greco katà olon: verso
tutti, universale)
liturgica della Chiesa che, utilizzando oggi in ogni diverso
Stato la lingua
propria di quello stato,
sta diventando un pò come la Chiesa Ortodossa, che
in ogni Stato costituisce chiesa a sè, autoreferenziale,
autocefala, collegata
alle altre chiese autonome solo da vincoli di pura e semplice
fraternità.
La liturgia latina invece, sempre identica ad ogni latitudine
del globo, aveva
il pregio indiscusso di individuare immediatamente e di unire
in un' unica voce (seppure antica
e desueta e forse spesso incomprensibile per molti) le voci
di ogni diversa umanità,
eliminando in un colpo solo confini di razza, di geografia,
di lingua, di cultura,
di politica, di schieramento, di censo...
- Dopo aver letto attentamente e completamente la costituzione conciliare
Sacrosanctum Concilium, sono rimasto davvero stupefatto
nel constatare come vi sia una profondissima cesura tra quanto
espresso chiaramente in questo
limpido documento conciliare e quanto invece è stato
poi realizzato nella pratica quotidiana. Se debbo essere
sincero, a me pare davvero
che lo
spirito del Concilio Vaticano II, almeno per quanto riguarda
l’aspetto
liturgico, sia stato, in molti punti, travisato e anche stravolto.
E se questo grande papa si sta sforzando di recuperarne lo
spirito autentico, credo che ciò sia positivo per il ristabilimento della verità.
- La stragrande maggioranza (oltre 80%) dei sacerdoti attivi
attuali ha una età compresa tra 55 e 70 anni e quindi
sono, forse anche inconsapevolmente, tutti “figli
del ‘68”,
con i loro miti
e i loro totem.
Io ritengo che la prossima (seppure numericamente scarsa)
generazione di preti, se si applicherà con amore allo
studio delle varie discipline classiche e teologiche,
sarà capace di riappropriarsi
del grandioso patrimonio liturgico latino, perché finalmente immunizzata
dal “virus
68” e in grado quindi di valutare pienamente e serenamente quanto è stato
affrettatamente (e impropriamente) accantonato in soffitta
(o in cantina) dai loro zelanti (e ancor viventi) predecessori.
-
Sono persuaso che l'antica liturgia latina
tocchi le corde più profonde di coloro che amano nostra Storia e la nostra
Tradizione religiosa,
che è stata scandita per secoli e secoli dalla lingua latina e
dal gregoriano e prima ancora
dal canto aquilejese o patriarchino. La
Diocesi di Zuglio, facente parte fino al 732 del Patriarcato di Aquileja
e poi sciolta nella
vasta Diocesi
aquilejese, ha rappresentato la culla della nostra civiltà contemporanea
di Carnia, le cui radici, non dimentichiamolo mai, affondano in questo
substrato religioso e civile, che possiamo magari criticare o rinnegare,
ma mai più cancellare.
IL
VESCOVO DI ZUGLIO
Nunzio apostolico in Siria
Il
30 dicembre 2008, Benedetto XVI ha nominato mons. Mario ZENARI,
vescovo titolare di Zuglio, Nunzio Apostolico in Siria.
Così il vescovo zugliese ha lasciato lo Sri Lanka
per prendere incarico nella nuova sede, assai
più delicata e tormentata della precedente, se appena si pensa ai giganteschi
problemi del Medio Oriente, in cui la Siria sta giocando un ruolo di primo
piano.
Interpretando i sentimenti di tutti i cibernauti carnici e filocarnici,
rivolgiamo al nuovo ambasciatore del Vaticano in Siria gli auguri più fervidi
e sinceri per un apostolato ricco di frutti e fecondo di speranze in prospettiva
di una pace solida e duratura in quel tormentato scacchiere.
175
VESCUI FURLANS
un prezioso volumetto di Pieri Pinçan
Del
nostro grande amico PIERI PINÇAN abbiamo già presentato due
lavori importantissimi che riguardano la Carnia: GJVIANO
DI UNO VOLTO (2003) e CJARGNE MURIBONDE (2007),
nei quali l'autore si palesa non solo efficace scrittore e autorevole
ricercatore autodidatta del proprio microcosmo (nella prima opera)
ma anche un fine e acuto osservatore della società contemporanea,
specialmente di quella a lui molto nota e da lui molto amata: quella carnica
(nella seconda opera).
Direi che in Pieri convive anche un indubbio "fiuto politico" al
punto che se non avesse l'età (ottimamente ben portata, s'intende) che
ha, certamente sarebbe potuto diventare un ottimo (e ascoltato) rappresentante
della Carnia nelle sedi istituzionali anche le più alte, specie se messo
a confronto con i personaggi della classe politica che la Carnia oggi si ritrova.
Quando
mi è giunto per posta questo piccolo gioiello tipografico
artigianale sono rimasto davvero sorpreso e meravigliato per due
motivi:
- come avrà fatto Pieri a condurre in porto una ricerca così vasta
e articolata, da tradursi in un volumetto di tale portata?
- cos'è che lo spinge, alla sua veneranda età, ad occuparsi
continuamente di questa Terra che (diciamola tutta) non gli ha finora
dimostrato alcuna gratitudine?
Pieri è un "animale generoso" che dà gratuitamente
ciò che ritiene di avere di più prezioso: il suo animo
ed il suo cuore, semplici e schietti, da sempre incredibilmente fusi
con la Carnia! Può sembrare retorica ma è solo la convinta
constatazione di chi, conoscendo il suo atteggiamento interiore, lo ritiene
capace di slanci di generosità culturale impensati.
Perchè si deve subito dire che da questi 3 libri da lui scritti ed editi,
Pieri non ha ricavato nè ricaverà neppure un euro: anzi, solitamente
ci rimette sempre sicuramente e abbondantemente.
Questa
sua terza fatica letteraria (dicembre 2008) si presenta dunque quasi in
modo amabilmente contradditorio: la francescana sobrietà di
questo agile volumetto è indirettamente proporzionale al suo contenuto,
che è importantissimo!
Vi sono raccolte le sintetiche biografie di tutti
i vescovi di origine friulo-carnica nella storia
della Chiesa (elencati in rigoroso ordine alfabetico)
che Pieri è andato a scovare nei più recessi
meandri archivistici che sono stati letteralmente spulciati e setacciati
con pazienza e ostinata caparbietà. Francamente
io non immaginavo neppure lontanamente che il Friuli storico avesse
dato i natali a questa folta schiera di prelati, molti dei quali
hanno raggiunto posizioni di indubbio prestigio come Mauro
Cappellari, originario di Pesariis, emigrato con i genitori a Belluno,
divenuto papa con il nome di Gregorio XVI nel 1831!
La
presentazione è del prof. Paolo de Caneva di Blâs
che espone le profonde ragioni che sussistono per "impensasci
di lôr, parceche an lassât un segno tal lôr timp".
Il
libro è scritto in friulano/carnico (come ama sempre scrivere Pieri)
e questo aspetto viene a confermare (anche esteriormente ed esteticamente)
l'inclinazione storico-letteraria dell'autore.
Certamente
il libro non è esaustivo della tematica affrontata, ma fortemente indicativo
per coloro che fanno ricerca storica ecclesiastica locale: sulla
traccia che offre Pieri, chiunque poi potrà incamminarsi verso una
ricerca personale più approfondita e specifica.
Un'unica
garbata osservazione mi sentirei di esprimere all'amico Pieri: sono
assenti tutti i proto-vescovi del vescovado di Zuglio:
Januario, Massenzio, Fidenzio, Amatore... (vedi a tal proposito: "La
sede episcopale del Forum Iulium Carnicum" di Franco Quai, AGRAF 1973).
Questi antichi vescovi, pur essendo forse anche leggendari (o comunque
orfani di una
biografia certa) andavano
(a mio modesto
avviso) inseriti nell'elenco dei vescovi friulo-carnici a pieno titolo,
magari con un esplicito corredo di note. Tanto più che in quarta
di copertina, Pieri Pinçan
espone, tra 4 croci di Aquileja, anche la Pieve
di San Pietro, già cattedrale vescovile
fino al 732 d.C.
SCENSE
2009
una solenne ripetizione
Anche
quest' anno, il 24 maggio 2009, sul colle di Zuglio si è svolto
il tradizionale e antico rito del "Bacio delle Croci" sul
Plan da Vincule, seguito dalla celebrazione della "Messe
Grande" nella cattedrale di San Pietro.
La partecipazione dei fedeli locali è risultata senz'altro minore
degli
scorsi
anni,
probabilmente
per la concomitante festa della Madone
dal Clap (a Castoia di Paularo) che ha distolto dal Colle di Zuglio
buona
parte dei fedeli dell'Incarojo, devoti a quella "miracolosa Madonna".
Neppure
la
conca Tolmezzina ha risposto con slancio alla chiamata zugliese. A
compensare tali assenze, ci hanno pensato i moltissimi fedeli giunti dai colli
e dal piano,
con le loro croci astili infiocchettate e quella loro "sete di antiche
memorie"
che
ritrovano
oggi forse solo sul Plan da Vincule...
La chiama delle croci si è svolta secondo la consueta regola, tramandata
nei secoli, che prevede un ordine preciso e prestabilito per il "bacio".
La prima chiamata è stata la croce di S. Elizabeth di Mauthen (Carinzia,
Austria) che da alcuni anni non manca mai a questo appuntamento storico-religioso:
viene così implicitamente
riconosciuta la propria antica origine filiale
dalla chiesa matrice di S. Pietro di Carnia. La novità assoluta di quest'anno
è data
dal fatto che questo gruppetto di fedeli austriaci è partito da Mauthen a mezzanotte,
a
piedi, giungendo puntuale poi sul colle all'ora prestabilita (dopo circa 9 ore
di cammino).
Un
lungo
applauso
li ha infatti accolti sul plan da Vincule.
Successivamente si sono affacciate, in mezzo al cerchio di folla, una ad
una
le
croci astili di tutte le chiese del Canale di S. Pietro che hanno reso omaggio
alla
croce madre.
E' stata poi la volta delle altre croci presenti che, pur non avendo alcun obbligo
storico-religioso, sono ugualmente giunte sul colle carnico da molte parti della
collina e della pianura friulana. Particolare commozione ha suscitato sempre
la
croce di Basagliapenta (Visepente) che il Prevosto di Zuglio ha calorosamente
salutato
ricordando ancora il suo parroco scomparso esattamente due anni fa: pre
Toni
Beline, canonico emerito di Zuglio e per tanti anni parroco di Rivalpo-Valle-Trelli.
Preceduto dalla croce astile di S. Pietro, il corteo è poi salito alla
cattedrale per la celebrazione della Messa.
La Messa Grande è stata sostenuta principalmente dal coro di Piano
d'Arta che
ha eseguito le antiche melodie di sempre. L'omelia è stata tenuta dal canonico
e parroco di Sutrio, don Giorgio, che, in friulano, ha ribadito
concetti teologici importanti e un pò dimenticati o sottovalutati. Il canto del
Vangelo in friulano e di altri
passi è stato eseguito dal canonico e parroco di Paluzza, don
Tarcisio. Assente
(in)giustificato era il canonico e parroco di Arta Terme, don Ivo,
che oggi ha preferito la Madone dal Clap, sua protettrice particolare, essendo
egli originario di Dierico,
dirimpettaio a quel famoso santuario di antica venerazione popolare... La sua
assenza è stata però colmata da altri sacerdoti della zona.
I
diffusori sonori esterni, offerti lo scorso anno dal vescovo Brollo come
suo ultimo lascito, hanno funzionato
a meraviglia: coloro che non avevano trovato posto all'interno
della cattedrale, hanno potuto chiaramente seguire il rito restandosene
sui prati circostanti, anche se molte persone hanno preferito impegnare
il tempo con mangiate e bevute anche durante la celebrazione della
Messa.
A mio sommesso avviso (e a parere di moltissime persone presenti) sarebbe
quanto
mai opportuno che la distribuzione di bevande e cibi iniziasse solo DOPO
la fine della Messa, proprio per ovviare alla impropria sagra
vociante che si ricrea sul Plan da Vincule. Speriamo che gli organizzatori
riescano
a considerare anche questo aspetto che non è affatto secondario
ma che dà la cifra esatta di una manifestazione del genere.
Voci
raccolte sul Plan da Vincule...
- Della ipotesi di ripristino della antica diocesi di Zuglio nessuno
ha sussurrato, neppure di squincio: non interessa proprio a nessuno.
- La diocesi di Udine è in dolce attesa della
nomina del suo nuovo arcivescovo, in sostituzione del carnico dimissionario
Pietro Brollo, di Tolmezzo, 75 anni.
- Alcune
voci (curiali?) fanno girare il nome del parroco di Cividale, Guido
Genero (62 anni), ma,
come si
usa dire,
chi in conclave entra da papa, ne esce cardinale. Anche il nome di
Angelo Zanello (63 anni), attuale parroco di Tolmezzo,
pare sia stato (in)cautamente (o artatamente?) bruciato dal titolo di
un quotidiano
locale che ne aveva anticipato una auspicata nomina ai primi di maggio.
Altro candidato
in pectore sarebbe Duilio Corgnali (62 anni),
già direttore di Vita Cattolica ed attuale arciprete di Tarcento.
Sarà forse
più plausibile
il trasferimento di una personalità già detentrice
di mitria e pastorale; in questo caso uno dei nomi più accreditati è quello
dell'attuale vescovo di Adria-Rovigo, Lucio Soravito-De Franceschi,
carnico pure lui, originario di Mione di Ovaro (dove è nato
il 8.12.1939 ed è vescovo dal 2004): se fosse lui il prescelto,
reggerebbe la diocesi udinese solo per i prossimi 5 anni (avendone
già ora 70 di età)
ma lo farebbe fin da principio con esatta cognizione di causa.
E non è poco... in attesa magari che gli episcopabili 60enni
di oggi maturino ancora un pò. Se poi arrivasse un vescovo-frate,
magari direttamente da Roma... sarebbe la soluzione ottimale!
-
Probabilissimo futuro vescovo (non però di Udine) sarà senz'altro Alessio
Geretti, attuale
cappellano di Tolmezzo. Osta ancora solo la giovane
età, ma tra pochissimi anni... potrebbe essere il più giovane
vescovo d'Italia o il nuovo (giovane) Direttore dei Musei Vaticani.
Scensce 2009, 24 maggio
Post scriptum
Nuovo arcivescovo di Udine è stato nominato il veneto mons. Andrea Bruno Mazzocato, già vescovo di Treviso, di cui offriamo una breve biografia:
Andrea Bruno Mazzocato è nato a Preganziol il 1° Settembre 1948. Ha frequentato gli studi presso il Seminario vescovile di Treviso ed è stato ordinato sacerdote il 3 settembre 1972. Dal 1972 al 1977 è stato Cooperatore parrocchiale a S. Martino di Lupari (Pd). Contemporaneamente ha conseguito la Licenza in Liturgia Pastorale presso l'Istituto di Liturgia Pastorale di Santa Giustina (Pd). Successivamente ha conseguito la Licenza in Teologia Dogmatica presso la Facoltà Teologica dell'Italia settentrionale (Milano). Dal 1977 al 2001 è stato docente di Teologia Dogmatica presso lo Studio Teologico del Seminario di Treviso. Dal 1977 al 1986 ha avuto l'incarico di Padre Spirituale nel Seminario Maggiore diocesano. Dal 1987 al 1994 ha seguito la formazione del clero giovane come Delegato Vescovile. Nel 1990 è stato nominato Pro-Rettore del Seminario Minore di Treviso e poi, nel 1994, Rettore del Seminario Vescovile. Mons. Mazzocato è stato fatto vescovo di Adria-Rovigo l'11 ottobre 2000. Ha guidato la chiesa rodigina per 3 anni. Poi è stato nominato vescovo di Treviso il 18 gennaio 2004. Il 20 agosto 2009 infine è stato nominato Arcivescovo di Udine.
MISSUS EST
canto natalizio in Carnia
Durante i giorni immediatamente precedenti il Natale, in tutti i paesi di Carnia un tempo si partecipava alla Novena, che era imperniata sul canto del MISSUS (brano del Vangelo di Luca). Questa antica tradizione risale alla liturgia aquilejese-patriarchina, definitivamente soppressa nel 1596 dal Papa, che la sostituì con il rito romano. Oggi solo in pochi paesi di Carnia si è conservato questo rito, eco degli splendidi drammi liturgici medioevali (come i "Gjespui a la vecje" che ancora si cantano in alcune Comunità carniche in occasione delle solennità patronali). Il Missus viene cantato in latino dall'intero popolo con intensa partecipazione e da due solisti che interpretano rispettivamente l'angelo Gabriele e Maria. Dopo il canto del Missus, il rito presegue con le acclamazioni a Cristo (Jesus Christus propter nostram salutem, incarnatus est del Spiritu Sancto ex Maria virgine et homo factus est. Venite adoremus!). Successivamente sono cantate le litanie latine della Madonna sempre su antica melodia e il rito si conclude con il "Tantum Ergo" e la benedizione finale con il S.S. Purtroppo sempre meno persone partecipano a questo suggestivo rito natalizio ed anche i preti, salvo rare e lodevoli eccezioni, non avvertono più questa peculiare sensibilità. Questo è il testo del canto, la cui melodia può variare da paese a paese:
Missus est angelus Gabriel a Deo in civitatem Galilaeae, cui nomen Nazareth, ad virginem desponsatam viro, cui nomen erat Ioseph de domo David, et nomen virginis Maria.
Et ingressus ad eam dixit: “ Ave, gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus”.
Quae cum audisset, turbata est in sermone eius et cogitabat qualis esset ista salutatio.
Et ait angelus ei: “Ne timeas, Maria; invenisti enim gratiam apud Deum. Ecce concipies in utero et paries filium et vocabis nomen eius Iesum. Hic erit magnus et Filius Altissimi vocabitur, et dabit illi Dominus Deus sedem David patris eius, et regnabit in domo Iacob in aeternum, et regni eius non erit finis”.
Dixit autem Maria ad angelum: “ Quomodo fiet istud, quoniam virum non cognosco?”.
Et respondens angelus dixit ei: “Spiritus Sanctus superveniet in te, et virtus Altissimi obumbrabit tibi: ideoque et quod nascetur ex te sanctum vocabitur Filius Dei. Et ecce Elisabeth cognata tua et ipsa concepit filium in senectute sua, et hic mensis sextus est illi, quae vocatur sterilis, quia non erit impossibile apud Deum omne verbum ”.
Dixit autem Maria: “ Ecce ancilla Domini; fiat mihi secundum verbum tuum ”.
Qui sotto lo spartito musicale della versione più diffusa e famosa: quella del Candotti.
SCENSE
2011
piccole-grandi novità per una solenne ripetizione
Anche
quest' anno, il 5 giugno 2011, sul colle di Zuglio si è svolto
il tradizionale e antico rito del "Bacio delle Croci" sul
Plan da Vincule, seguito dalla celebrazione della "Messe
Grande" nella cattedrale di San Pietro. Nonostante l'inclemenza del tempo (pioggia a dirotto, tuoni e fulmini) la celebrazione si è svolta, seppur con toni grigi e piuttosto freddi, secondo la prassi consolidata di sempre. Le novità di quest'anno possono essere considerate le seguenti:
- il tempo piovoso, lungi dal limitare l'afflusso dei fedeli/curiosi, ha ottenuto un benefico effetto positivo specialmente durante la messa. Non si sono viste quest'anno le frotte sparse sui prati circostanti a fare allegra scampagnata nè si sono avvertiti i profumi di salsiccia e di frico come ogni anno; la pioggia ha infatti sospinto tutti i presenti all'interno della pieve/cattedrale
che è apparsa stracolma; non solo ma anche il portico a capriate, caratterizzato dalla bifora alto-medioevale, era colmo di persone che hanno seguito compunte ed attente tutta la celebrazione, ascoltando la Parola attraverso il sistema di amplificazione esterno perfettamente funzionante (donato pochi anni fa dal vescovo emerito mons. Pietro Brollo in occasione del suo canonico pensionamento).
- Si parla per la prima volta del "Cammino delle Pievi" come esperienza nuova di fare "turismo religioso" in Carnia, toccando quelle particolari località segnate dalla storia, ora luoghi di silenzio e di riflessione spirituale sia individuale che collettiva.
- E' stata la prima volta di don Giordano Cracina come Prevosto di Zuglio (prevosto bagnato, prevosto fortunato!), che lo scorso anno ha sostituito in tale carica l'anziano mons. Pietro Degani, ritiratosi in quiescenza all'età di 82 anni.
- Per la prima volta ha guidato la celebrazione eucaristica il nuovo arcivescovo di Udine, Andrea Bruno Mazzocato, che ha anche svolto una brevissima generica omelia in italiano, inflessione veneta.
- Pochi i sacerdoti concelebranti: oltre al Prevosto, solamente don Ivo Dereani (di Arta) e don Harry Della Pietra (di Sutrio) ed uno sconosciuto diacono. Il capitolo dei canonici di Zuglio si è talmente assottigliato nel tempo che ormai di sacerdoti se ne osservano sempre meno, contandoli sulle dita di una sola mano...
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Sempre presente la minuscola delegazione di Mauthen (A) con la propria croce astile.
Alcuni suoi componenti hanno raggiunto la pieve risalendo a piedi il ripido colle di S. Pietro attraverso un sentiero reso viscido e pericoloso dalla pioggia.
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