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TERZO GUPPO DI INTERVENTI)

LO STUPORE DEGLI ATTI - DIOCESI DI ZUJ : quattro righe

Sono stati pubblicati gli ATTI DEL CONVEGNO DIOCESANO sui PROBLEMI DELLA MONTAGNA svoltosi in novembre a Tolmezzo. Si tratta di un volume di ben 190 pagine, in cui vengono riportate: le Relazioni introduttive, le Conclusioni dei 5 Ambiti, la Sintesi dei 20 lavori di gruppo.

Vi č raccolta una variopinta antologia di BUONI PROPOSITI, BELLISSIME IDEE, BRILLANTI CONSIDERAZIONI, DOTTE CITAZIONI, ARGUTE PROPOSTE, BELLE SPERANZE, FAVOLOSI PROGETTI… che neppure la fervida fantasia di un Berlusconi pre-elettorale riuscirebbe a partorire.

Ebbene alla ipotesi della DIOCESI DI ZUJ sono state dedicate 4 righe a pag. 174 dove si scrive testualmente:

“Due componenti del gruppo a paritą di condizioni affermano che se si domanda una provincia per la Montagna, si deve, anzi si doveva domandare gią una diocesi per lo stesso territorio come segno di attenzione della Chiesa per una giusta autonomia”. (Ambito Pastorale, Gruppo di lavoro n. 2)

Riferimenti ad un vescovo ausiliare di Udine con sede in Zuglio sono apparsi a:

pag. 145: “In parallelo la richiesta alla Curia udinese di nomina del vescovo ausiliare di Udine con residenza a Zuglio e o Tolmezzo” (Ambito Politico-istituzionale, Gruppo di lavoro n. 3)

pag. 177: “Nominare il vescovo a Zuglio, che come ausiliare abbia un occhio particolare per la Montagna”.

pag. 178: “Vescovo ausiliare di Zuglio pił attento ai problemi della Montagna”. (Ambito Pastorale, Gruppo n. 4)

Come si puņ dunque arguire, l’ipotesi di un ripristino della paleocristiana DIOCESI DI ZUJ non viene ancora recepita come degna di studio e di riflessione, ma come una estemporanea battuta di “due componenti” che l’hanno buttata lą per stupire. Dispiace dover registrare un simile atteggiamento che ha davvero poco di cristiano e molto di cattolico.

VEXATA QUĘSTIO - Il malessere dei preti

 

I preti, non solo in Carnia, stanno vivendo una situazione di grave disagio e talvolta di emarginazione. Questo sito ha pił volte affrontato l’argomento con toni pacati ma sinceri e soprattutto documentati.

Il n. 2-2001 de “L’amico del Clero” a pag. 169, focalizza sorprendentemente proprio i punti da noi pił volte toccati ultimamente:  

1. Il nuovo sistema di sostentamento del clero ha operato una lodevole perequazione verso il “basso”, assicurando a tutti i preti indistintamente un equo trattamento minimo, bloccando nel contempo perņ ogni “valorizzazione” significativa verso l’”alto”.

2. Il clero giovane non affianca e sostituisce pił il clero anziano. Mentre in cittą vi č comunque una osmosi tra laici e prete e tra preti, in Montagna la situazione č ormai critica: č infatti comunque pił facile gestire UNA SOLA parrocchia di 15.000 abitanti, con UNA SOLA chiesa ed UNA SOLA sala parrocchiale (e magari con un collaboratore!), piuttosto che seguire una comunitą di 3000 abitanti distribuiti in cinque paesi con altrettante chiese, cimiteri, canoniche, sale, consigli… Se poi queste chiese sono ubicate in territorio montano, le cose si complicano tremendamente…

3. Le norme CEI prevedono che al Parroco, cui viene affidata una seconda parrocchia, spettino di diritto 8 punti aggiuntivi, pari a L. 136.000 nette mensili (62 litri di benzina!). Se poi le parrocchie diventano 3 o 4, non sussiste alcuna altra integrazione: tutto deve essere fatto in spirito evangelico: arrangiarsi!

4. Ormai sempre pił parrocchie vengono o verranno affidate ad un DIACONO. Ebbene a costui č precluso ogni accesso al sistema di sostentamento del Clero: praticamente non viene retribuito con niente! Ci si rivolge alla solidarietą diocesana e parrocchiale, quando miliardi e miliardi vengono invece spesi per altre voci meno pregnanti.

5. L’assistenza DOMESTICA del clero costituisce il nodo pił delicato. I pochi fortunati preti che dispongono ancora della sorella o della madre si contano sulle dita della mano. Molti preti si adattano alla situazione come possono sbrigando singolarmente ogni faccenda domestica, ma spesso con grave nocumento alla propria salute e spesso alla propria dignitą. Anche l’equilibrio psico-fisico ne risente, anche lo stesso modo di porgersi e il tratto di accoglienza ne soffrono. Il sistema impedisce di fatto per i preti l’assunzione di una persona efficiente e capace, regolarmente remunerata, perché “il demonio č sempre in agguato”.

6. Che fa allora il prete odierno? Accumula per la vecchiaia e forse quest’accumulo, in certa misura, č giustificato, con tutto quello che ne puņ perņ conseguire alla fine: ereditą ai nipoti, milioni in banca…

Ma in Carnia i preti perché TACCIONO SEMPRE?

 

 
Il territorio della Diocesi di Zuglio

 

DIOCESI DI ZUGLIO - troppo piccola per esistere?

 

Alcuni sostengono una comune e diffusa obiezione circa la ipotesi della DIOCESI DI ZUGLIO di cui ultimamente si parla con sempre maggiore insistenza. L’OBIEZIONE č LA SEGUENTE: il territorio sarebbe sģ sufficiente per una diocesi, ma la popolazione appare troppo esigua. In Italia non esistono diocesi cosģ piccole .

Ebbene, abbiamo svolto una breve indagine ed abbiamo scoperto che attualmente in Italia vi sono ben 36 DIOCESI paragonabili alla diocesi di Zuglio (che non esiste) per territorio e popolazione. Vediamo sotto: a tal proposito č utile notare non solo la popolazione ma anche la superficie del territorio di queste diocesi esistenti:

  

                                         Kmq         Abitanti

ZUGLIO

2.102

54.000

  

 

Piccole Diocesi BASILICATA  

ACERENZA

1.250

60.500

TRICARICO

1.237

52.000

 

Piccole Diocesi CALABRIA

LUNGRO

493

33.000

 

Piccole Diocesi CAMPANIA

ALIFE

580

70.000

ARIANO IRPINO

739

64.000

ISCHIA

46

52.000

MONTE VERGINE

48

14.000

POMPEI

12

21.000

SESSA AURUNCA

358

74.000

CAVA TIRRENI

10

5.000

 

Piccole Diocesi EMILIA ROMAGNA

FIDENZA

451

64.000

S. MARINO

800

57.000

 

Piccole Diocesi LAZIO

ANAGNI

737

84.000

PALESTRINA

380

82.000

SUBIACO

357

27.000

 

 

Piccole Diocesi MARCHE

CAMERINO

1.630

57.000

FABRIANO

582

53.000

JESI

315

76.000

LORETO

17

11.000

URBINO

781

53.000

 

Piccole Diocesi MOLISE

ISERNIA

740

63.000

TRIVENTO

1.234

57.000

 

Piccole Diocesi PIEMONTE

FOSSANO

275

40.000

SUSA

1.062

62.000

 

Piccole Diocesi PUGLIA

LUCERA

1.337

76.000

 

Piccole Diocesi SARDEGNA

LANUSEI

2.348

71.000

OZIERI

2.269

52.000

  

Piccole Diocesi SICILIA

NICOSIA

1.368

84.000

PIANA ALBANESI

430

30.000

 

Piccole Diocesi TOSCANA

MONTE OLIVETO

49

530

PITIGLIANO

2.177

72.000

VOLTERRA

1.743

80.000

 

Piccole Diocesi UMBRIA

ASSISI

1.152

78.000

CITTA’ CASTELLO

820

58.000

FOLIGNO

350

66.000

GUBBIO

900

49.000

 

Allora: č ancora valida l’obiezione secondo cui la DIOCESI DI ZUGLIO sarebbe troppo piccola?

 

 

“ZUGLIO una diocesi negata” - Un video istruttivo e chiaro

VideoTeleCarnia VTC di Treppo ha realizzato recentemente un video dal titolo ZUGLIO UNA DIOCESI NEGATA, della durata di 25 minuti, nato da una idea di Alfio Englaro e Marino Plazzotta. In questo lavoro viene raccontata, per grandi linee, la storia del cristianesimo in Carnia dalle sue origini, il suo sviluppo nei secoli e l’attuale situazione.

Il testo, recitato da una voce maschile e da una femminile, č corredato da immagini tratte dall’archivio di VTC e da varie fonti storiche ed archeologiche. Il video appare a tratti didattico nel senso che taluni passaggi storici cruciali sono visualizzati da cartine esplicative e tabelle riassuntive che aiutano il telespettatore e lo accompagnano lungo questo affascinante percorso che molto spesso appare tortuoso e a volte oscuro se non č anche visualizzato attraverso schemi e immagini di riferimento.

Il sonoro di sottofondo č in larga parte occupato dai canti liturgici in lingua carnica che vengono eseguiti il giorno della SCENSCE sul colle di S. Pietro, ma anche da salmi in gregoriano e da interpretazioni moderne di antiche melodie medioevali come i “Carmina Burana”, probabilmente compilati dal Patriarca di Aquileia, il tedesco ghibellino Wolfger (1204-1218), grande intellettuale e amico di Federico II di Svevia (Enciclopedia monografica del FVG, 3 ****, pag. 1972).

Vi sono infine precisi riferimenti anche alla Carnia moderna che si inserisce in questo lungo cammino storico in maniera naturale, senza soluzione di continuitą col passato.

Chi intende conoscere anche questo aspetto di Carnia, puņ cliccare su VTC per ulteriori informazioni.

 

SCENSE 2001- Una presenza significativa, Un’assenza inattesa                 

Il 27 maggio sul colle di S. Pietro č avvenuta la tradizionale e suggestiva cerimonia del BACIO DELLE CROCI cui hanno partecipato moltissime persone convenute dai monti e dal piano. La cerimonia di quest’anno, pur non essendo stata “grandiosa” come quella giubilare del 2000 (che aveva visto la presenza di 2 vescovi, autoritą politiche di alto rango, tantissimi preti e 4000 fedeli) si č tuttavia caratterizzata per due particolari inediti:

1. La significativa presenza, per la prima volta dopo 140 anni, della croce astile di Kötschach-Mauthen, la cittadina austriaca della vicina Carinzia in Austria. La valle della Gail era infatti parte integrante della DIOCESI DI FORUM JULIUM CARNICUM fino all’VIII secolo ed era stata poi soggetta alla Prepositura della pieve di S. Pietro fino al secolo scorso, attraverso la chiesa di S. Elisabetta di Plöken, sconsacrata nel 1861 dall’Arcivescovo di Udine per il suo stato di avanzato degrado (oggi si possono vederne i ruderi presso Plöken Haus). Oltre alla croce austriaca, erano convenute moltissime altre croci del Friuli, che pur non avendo alcun obbligo di parteciparvi, hanno riconosciuto il ruolo storico e religioso della cattedrale di S. Pietro nella economia della salvezza di questa regione. Le chiese di Carnia erano tutte presenti, compresa quelle antiche di Gorto e di Invillino, a suggellare ancora una volta la centralitą della cattedrale di Forum Julium Carnicum in Carnia.

2. Un’assenza inattesa č stata quella del nuovo Arcivescovo di Udine, il tolmezzino Pietro Brollo, primo carnico nella storia a salire sulla cattedra dei ss. Ermacora e Fortunato. Quest’assenza č stata notata da tutti i convenuti che bisbigliavano tra loro: Dulą eisel il vescul?, quasi fosse scontato che a quest’appuntamento proprio il PRIMO ARCIVESCOVO CARNICO di Udine non dovesse mancare. Invece l’Arcivescovo di Udine (della cui diocesi fa parte anche il territorio di Forum Julium Carnicum) non c’era. Era impegnato, proprio il giorno del BACIO DELLE CROCI, nelle cresime a Marano (ore 9) e a Muzzana (ore 11). Stranamente alle ore 18 era (sempre per cresime) a Cercivento (Carnia). QUĘRITUR:

Considerando che il vescovo emerito Battisti č sempre disponibile per cresime domenicali (cerimonie peraltro molto fugaci o fuggitive), perché non mandare mons. Battisti a Marano e Muzzana, e venire fin dal primo mattino in Carnia, partecipando in prima persona alla antica cerimonia, e concludere a Cercivento alla sera?

Vescul Piźri, PARCE’ deludi cusģ la tō Cjargne in ta sō zornade plui grandiose e plui sintude? Parcč non sestu vignūt a San Pieri?

 

1751 - 6 LUGLIO - 2001 - Un triste anniversario, un mesto compleanno

 

Il 6 luglio 1751, esattamente 250 anni fa, papa Benedetto XIV, su pressanti richieste politiche della Repubblica di Venezia e della Cattolica Casa d’Austria, con la bolla papale INJUNCTA NOBIS data in Santa Maria Maggiore a Roma, sopprimeva “in perpetuum” il millenario PATRIARCATO DI AQUILEIA, sostituendolo con due Arcivescovadi di pari dignitą:

- l’ARCIVESCOVADO DI GORIZIA, formalmente istituito il 18 aprile 1752, con le diocesi suffraganee (= soggette) di Como, Pedena, Trento e Trieste, entrņ a fare parte dell’impero austriaco.

- l’ARCIVESCOVADO DI UDINE, formalmente eretto il 16 gennaio 1753, con le diocesi suffraganee di Feltre, Belluno, Capodistria, Ceneda (=Vittorio Veneto), Cittanova, Concordia, Padova, Pola, Treviso, Verona e Vicenza, restņ sotto il Dominio di Venezia.

Il territorio della antica Diocesi di Zuglio rimase parte integrante della Arcidiocesi di Udine.

I successivi sommovimenti politici e militari, mutarono ancora la geografia ecclesiastica della regione (vedi interventi precedenti) fino a giungere alla situazione odierna con l’Arcidiocesi di Gorizia (avente ancora come unica suffraganea Trieste) e l’Arcidiocesi di Udine (senza alcuna diocesi suffraganea e direttamente soggetta alla S. Sede).

Quest’anno dunque si commemora il 250° anniversario della triste scomparsa del PATRIARCATO DI AQUILEIA e si celebra il 250° compleanno delle (giovani) Diocesi di Udine e di Gorizia.

Il vescovado di Zuglio potrebbe festeggiare oggi il suo 1600° compleanno.

Quando Udine e Gorizia ancora non esistevano, Zuglio aveva gią il suo vescovo.

Qualcuno si ricorderą? E soprattutto: COME?

 

 

UN PALLIO VIRTUALE Per l’Arcivescovo di Udine                       

Giovedģ 28 giugno 2001 l’arcivescovo di Udine, S.E. mons. Pietro BROLLO, si č recato a Roma per ricevere dal Papa il pallio metropolitico.

Cos’č il PALLIO?

Il pallio č un piccola stola bianca, di lana di agnelli tosati il 21 gennaio di ogni anno. Ha una forma circolare (che si indossa facendovi passare la testa), con due appendici pendenti alle estremitą; č inoltre ornato di 6 croci nere, 2 delle quali ricamate sui due pendenti e le restanti 4 disposte sulle strisce laterali.

Qual’e’ il significato del PALLIO?

Rappresenta la pienezza del potere episcopale esercitato dall’arcivescovo metropolita in comunione con la Sede Apostolica. Viene consegnato agli arcivescovi metropoliti il 29 giugno, giorno di S. Pietro, presso le cui reliquie viene precedentemente benedetto.

Chi č un arcivescovo metropolita?

E’ quel vescovo la cui Chiesa metropolitana (dal greco: cittą-madre) ha una forma di particolare giurisdizione anche su altre diocesi suffraganee, rette da altri “vescovi soggetti” o appunto “suffraganei”.

Chi indossa il PALLIO?

Solamente l’arcivescovo metropolita, cioč quello che esercita anche questo potere di giurisdizione. Per fare qualche esempio: il Patriarca di Venezia (che č metropolita di tutto il Veneto), il cardinale di Milano (che č metropolita della Lombardia), il cardinale di Napoli (che č metropolita della Campania). Anche il Papa, essendo Primate d’Italia, indossa sempre nelle funzioni il PALLIO.

In FVG chi indossa il PALLIO?

Innanzitutto l’arcivescovo di Gorizia (in quanto co-erede del Patriarcato di Aquileia) che ha mantenuto a tutt’oggi una sola diocesi suffraganea, quella di Trieste.

Anche l’Arcivescovo di Udine (sempre perché co-erede del Patriarcato di Aquileia) ha diritto al PALLIO. Il suo perņ č un PALLIO VIRTUALE poiché non ha NESSUNA DIOCESI SUFFRAGANEA, essendo egli direttamente soggetto alla S. Sede.

Come si potrebbe dare pieno significato e reale concretezza al PALLIO dell’Arcivescovo di Udine?

Solamente con un atto: il ripristino della DIOCESI DI ZUGLIO, suffraganea di Udine.  

Vescul Piźri, parcč no domandaiso al Pape c’al empli il vosti titul di metropolit, restaurant la DIOCESI SUFRAGĮNIE DI ZUJ ?  

Parcč no dā significat profont al PALLIO e ricongnosci e ringraziā finalmentri la Cjargne, māri dal Friūl, midiant un vescul a Zuj ?  

S’a no lu fās un cjargnel, cui voressial di fālu ? 

Sedinņ cumņ: cuant ?

 

 

LA DIOCESI DI ZUGLIO
Come quando dove č nata questa IDEA-PROGETTO

Il tema della DIOCESI DI ZUGLIO ha preso ufficialmente le mosse lo scorso anno, il giorno dell’Ascensione, sul colle di S. Pietro (esattamente il 4 giugno 2000), quando fu consegnata brevi manu all’Arcivescovo Battisti ed al vescovo Zenari (entrambi presenti alla tradizionale cerimonia) una breve relazione  dal titolo Una legittima aspirazione della Montagna Friulana: la Diocesi di Zuglio - un fulgido passato che permea il presente, (integralmente riportato nel 3° intervento di questa sezione).

Un piccolo seme dunque gettato sul colle di S. Pietro.

Nei giorni seguenti tale relazione fu inviata per conoscenza (e con cortese richiesta di opinioni) anche ai vescovi di Gorizia, Trieste, Concordia-Pordenone, Venezia, Belluno, Vicenza, ed all’allora Prefetto della Congregazione Romana dei Vescovi, card. Neves Lucas Moreira in Vaticano, oltre che ad alcuni preti sensibili all’argomento. Il 4 giugno 2000 Pietro Brollo era ancora saldamente vescovo di Belluno e nulla, ma proprio nulla avrebbe fatto presagire una sua venuta a Udine.

Il 20 giugno pervenne la risposta di mons. Battisti ed il 26 luglio rispose anche mons. Brollo da Belluno. Nel settembre 2000 analoga relazione sulla diocesi di Zuglio fu inviata ad altri due vescovi friulani, che risposero uno il 4 novembre 2000, l’altro il 22 gennaio 2001. Il 6 novembre 2000 fu inviato lo stesso lavoro al nuovo Prefetto della Congregazione romana dei Vescovi, card. G. Battista RE, che rispose cortesemente il 15 novembre 2000, ed al Nunzio Apostolico in Italia, Cordero di Montezemolo.

Come si puņ chiaramente osservare, il progetto-idea di una RIPRISTINATA DIOCESI DI ZUGLIO ha preso avvio MOLTO PRIMA che mons. Pietro Brollo venisse eletto nuovo Arcivescovo di Udine (fine ottobre 2000): non ha quindi alcun intento di contrapposizione o di mancato gradimento della sua persona, tutt’altro.

Occorre sottolineare infine come questa idea sia nata tra alcuni laici che amano profondamente la Carnia e senza alcun imprimatur clericale (anzi tra alcuni preti č serpeggiato un certo malumore, quasi scippati di un tema ritenuto di loro esclusivo monopolio: anche oggi taluni preti rimangono comunque contrari alla ipotesi di un vescovo zugliese, preferendone uno che se ne stia il pił lontano possibile).

Poi questo progetto-idea č comparso a VTC (che ha pure realizzato un interessante video) e su qualche Bollettino parrocchiale, facendo capolino in qualche dibattito e venendo infine portato all’interno dei Gruppi di Lavoro dell’ultimo Convegno diocesano sulla Montagna (clicca), dove ha ricevuto il trattamento noto (vedi sopra “Lo stupore degli atti”).

Cjargne on Line rappresenta attualmente il veicolo ottimale e veloce per la ulteriore diffusione di questa idea-progetto e la disponibilitą di Giorgio č stata finora totale se paragonata alla totale censura che abbiamo subito da parte dei quotidiani locali cosiddetti democratici e dei settimanali cattolici.

Il nostro impegno sulla DIOCESI DI ZUGLIO (su cui la maggioranza dei carnici appare ancora perlomeno tiepida se non ostilmente diffidente) esula pertanto completamente dal fatto che al Palazzo Arcivescovile di Udine ora risieda un carnico.

Anzi, ora siamo ancora pił motivati perché riteniamo (a torto, a ragione?) che questo carnico, avvertendo pił profondamente le esigenze della Carnia oggi, sia maggiormente disposto a riconoscere questo Istituto della Diocesi, l’UNICO (a nostro sommesso avviso) in grado di rinsaldare e rinvigorire una IDENTITA’ RELIGIOSA-SOCIALE E CULTURALE, altrimenti a fortissimo rischio di estinzione.

Esiste forse oggi un simbolo o una istituzione in grado di rappresentare la Carnia come popolo? Forse la CMC, la “cittą di Tolmezzo”, l’Agemont, l’ospedale, i sindaci?

Nulla, nulla vi č che rappresenti e tuteli la Carnia globalmente intesa.

Solo tra pochi anni (anche se noi gli auguriamo lunghissimo pontificato) Pietro Brollo dovrą lasciare, per raggiunti limiti di etą canonica, la sede metropolitana udinese e difficilmente verrą sostituito da un altro carnico o friulano. Tra 8-9 anni la Carnia, se priva di una sua precisa IDENTITA’ STORICO-RELIGIOSA-CULTURALE (= diocesi di Zuglio), soccomberą e sarą definitivamente inghiottita nel villaggio globale consumistico che cancellerą ogni residua traccia del passato.

Solo la Chiesa, interpretata da Brollo, č oggi in grado di compiere questo estremo salvataggio di un PATRIMONIO storico-religioso unico e irripetibile, attribuendogli quella VISIBILITA’ che, sola, riuscirą poi a mettere in moto altri meccanismi di autotutela sul versante politico-istituzionale e forse anche economico.

Dalla classe politica potrą mai venire qualcosa di buono? Per rendersene conto, basta leggere quel che accade in questi giorni in Regione o a palazzo Belgrado: paiono ormai tutti tiepidamente ostili persino alla “provincia regionale” della Montagna. Che di pił?

Abbiamo avuto troppi convegni ultimamente, troppi “gridi muti di dolore”, troppe “gambe alla speranza”, troppi slogan che sono rimasti solo nelle orecchie assieme alle pie seppur lodevoli intenzioni di taluni, che si ostinano a chiedere ad altri ciņ che essi non concederebbero.

Hic et nunc ci vogliono chiari e concreti segnali; ci vogliono fatti operosi; non č pił il tempo di proclami alati.

Se non ora: quando? Se non Brollo: chi?

 

 

DE FORI JULII CARNICI DIOECESI RESTAURANDA

O viōt che il carūl/afiet/passion pe diocesi di san Pieri di Cjargne no us bandone e che no pierdeis ocasion par fā sintī la voste vōs.

Vōs no simpri scoltade. Anzit, o disarčs sopuartade o ignorade; in ogni cās fastidiose par tante int che no ūl savźnt di chestis “stupidagjnis” o “monadis”, come che mi semee di capī des ultimes esternazions fates cul intono di un scuintiāt o avilīt o malapajāt o smonāt o deludūt.

Mi veis domandāt un judizi e o procurarai di rispuindius, cul afiet che us ąi simpri puartāt e cu la clarece che o ąi simpri doprāt. Ancje e soredut a gno damp.

La rispueste e jč, come che nus insegne la miōr “scolastiche”, articolade.

Vadģ, prime o feveli in gjenerāl e po o voi sul specific.

O sai che nol č esaltant sintīsi une vōs che e berle tal desert. Epūr e jč propit la vōs che e berle tal desert, te indiference, te banalitāt e tal disinteres gjenerāl, cu la sensazion o la sigurece di fevelā di bant o di fāsi ridi e cojonā dai “benpensanz” che a vivin tai palaz e tes stanziis dal podź, che e vierē un dai timps plui biei dal an de glesie: il timp dal Avent, dal spietā.

Un spietā che al č preparā, messedāsi, tacā a fā, lā incuintri, prontā la strade. La vōs che e berle tal desert no jč chź di un cjargnelut di mont o di un biāt plevan di planure ma chź di Isaie, il grant profete, e di Zuan, il plui grant fra i nassūz di femine.

Une vōs tal desert no jč mai patetiche ma e jč simpri profetiche, grande, uniche. Al pont che, in gracie di chź sole vōs, il desert nol č plui desert, bandonāt, ma abitāt, recuperāt, vivificāt. Ben plui patetichis lis vōs che a berghelin te banalitāt, te confusion, tal incasinament gjenerāl, tal vueit asolūt.

Mi ripuartais il judizi negatīf di cualchidun che al fevele di “stupidagjnis”. Al pņ vź ancje reson. Dut ce che a mi no mi plās o no mi interesse, mi ven naturāl di clamālu “stupidagjne”. Come che un ātri al clamarą stupidagjnis e monadis lis robis che mi interessin a mi.  Ancje tal gno cās, la majorance dai predis, di curie e fūr de curie, a clamin monadis lis robis che jo o fās e o dīs di passe trent’agns. Forsit a varan ancje reson, usance lōr. Ma jo, pal moment, o soi convint di fā une sielte juste e no saran lis critichis, ancje se mi urtin e mi fasin stā māl, a fermāmi o a fāmi gambiā idee.

Ce disial il vanzeli di san Zuan il Batiste? “Ce seiso lāz a viodi? Une cjane sdrondenade dal ajar?”. No, parceche lis cjanis sdrondenadis dal ajar, lis bandieris o baretis, a vivin tal lūc dal podź, lą che no si ą di vź ideis, ma dome nās par savź di ce bande che al tire l’ajar.

L’impuartant al č che chestis robis no setin monadis, fantasiis, stupidagjnis, modis, origjnalitāz par vuātris. Ma se a rivin a dāti un sens, une fonde, une lidrīs, une lūs, une voe e une fuarce di scombati, no son stupidagjnis. Tant plui che, se o lin a cjalā in sot, dut al pņ jessi une stupidagjne. Ancje e soredut il nassi, il vivi e il murī.

Mi displasarčs che chest judizi negatīf, pōc profont e pōc inteligjent lu dessin chei che, par mistīr o par mission, a varessin di vź a cūr chestis cuistions. Se mi dīs che la messe e jč une monade un zujadōr di balon o un amant des discotechis, no piert il rumi e il sium. Ma se m’al dīs un predi o un vescul, alore no mi ven voe di ridi e o sint une grande forade tal cūr. Parceche la glesie e jč soredut e sostanzialmentri memorie. Une memorie dinamiche, tal sens che ogni gjenerazion e vīf la stesse veretāt e realtāt in maniere adate al so timp e al so contest, ma simpri memorie. Une glesie cence memorie, cence gjelosie pai siei tesaurs, cence bravure pes sōs perlis, cence gust di tramandā lis sōs ricjecis spirtuāls e culturāls e la sō esperienze di secui, e jč une płare glesie. Miei al sarčs clamāle struture o barache.

Vignint al cās di Zui,  si lamentais che lis Madonis di Dieē e lis rogazions di Guart a interessin di plui il mont gleseastic. Se mi č permetude une precisazion, no metarčs sul stes plan lis Madonis di Dieē lą che, stant a lis lengatis, al semee che la Madone e servissi par onorā i organizadōrs e no il contrari. In Guart, invezit, al č il popul de glesiis dal vecjo arcidiaconāt che si cjate compat e devot a celebrā un moment impuartant de sō vite e de sō memorie. No viodarčs lis rogazions di Guart come antagonistis a la ipotetiche diocesi di Zui ma come une premesse e une fonde utile e induvinade. Parceche la diocesi a va restaurade dome se, dongje des pieris venerandis, al č ancje un popul plen di fede. Se no o riscjģn di fā archeologje.

Lis resons pe diocesi di Zui lis veis spiegadis e a restin validis. Nō o vin il dovź di dī ce che la cussience nus ispire. Nol dipent simpri di nō che il nestri pinsīr al vegni realizāt. Si lu dīs instes, si ten batūt compagn.

Une volte il vescul Brollo al ą dit che si oten plui tasint e ubidint che no protestant. J vin dit che no sin d’acordo e o vin continuāt a protestā. Tantis robis che no varessin mai pensāt, come la Bibie, il Lezionari furlan, i libris di prejere, la stesse leē su la lenghe, le vin vude propit parceche le vin domandade, pretindude, cence rindisi, cence pierdi la sperance. O crōt che e seti la strade juste. Si domande il just par vź l’onest. Cualchi volte si domande cent par rivā a cincuante o ancje a mancul.

Nō o vin di domandā la diocesi di Zui, par resons storichis, culturāls e pastorāls, ancje se dificilmentri le daran. Plui facil che si ripiin sun tun arcidiaconāt di dute la Cjargne, che al unissi dutis lis plźfs e dutis lis glesiis des plźfs in determināz apuntamenz dal an. Cu la pussibilitāt, par chei dongje, di doprā la glesie mari cu la frecuence e la devozion che e merte: pas cunvignis di predis, di zovins, par avōz, par une grande rogazion, par un incuintri anuāl su la situazion de glesie in Cjargne.

Dut al dipent di trope fantasie che e ąn ventijł e di trop rocs che ai son a ventisł i amīs di San Pieri.

Chel filmāt (“ZUGLIO, una diocesi negata”, ndr) che o veis fat a VTC, mandailu fūr plui voltis. Par che la int e cognossi e cognossint e veti gole.

Riguart al vescul Brollo che al č lāt jł a Rome a ricevi il pallio o fasse di metropolite, ancje se nol č metropolite di nuje, un mi ą dit che al ą fat ben, parceche almancul al ą un segnāl de vecje glorie aquilejese. Un ātri mi ą dit che al č cence dignitāt, parceche no si va fint a Rome a cjapā un segnāl che nol significhe nuje.

E alores: miōr cu la fasse di metropolite ancje se e jč une fasse cence sostance o miōr cence fasse, come che in realtāt al č?

Contentāsi di un simbul che nol simbolize nuje o batisi par che san Pieri al vueli dī alc magari di mancul, ma di autentic?

Se mi domandais une mź idee su lis resons che tal AMBIENT CLERICĀL si sint tante pocje voe di fevelā e tant mancul di meti su la diocesi di S. Pieri di Cjargne, o pues ancje rispuindius, ma a nivel personāl, dal moment che no ąi mai vude nissune incariche uficiāl. No ur interesse pal fat che no ur interesse masse la storie, la nestre storie e ricjece e tradizion. Un fat di ignorance che si po’ spiegālu cu la mode di cjapā simpri e dome chel che al ven di Rome e al č universāl. Pa la cuāl l’ultin document di un ufizi roman al sarą let cun plui atenzion che no il plui impuatrtant dai nestris. Se ur interessas la incjarnazion de fede, a varessin dadis dongje lis dutrinis aquilejesis, lis tradizions de nestre glesie e vie. Invezit e ąn savūt dome butā vie la nestre robe genuine par comprā robe foreste. Come lis feminis che e ąn dāt vie i cjaldīrs par comprā i segloz di plastiche. Ma chźs almancul a vevin la reson valide di jessi strachis a fuarce di russāju cu la cinise.

I progjez de Glesie udinese, come chźs di ātris curiis, a son soredut orientāz a stropā busis plui che a viergi stradis gnovis. No rivin nancje a sigurā un sbit di messe par paīs e no ur ven tal cjāf di pensā plui in grant, come a une gnove struturazion de glesie e dal teritori, che al valorizi lis tantis fuarcis che a vegnin lassadis a fraidessi. La clime gjenerāl, in Italie, e jč chź di ridusi lis diocesis, come che a ridusin lis parochiis. Duncje la strade contrarie, di meti sł o di tornā a meti su une glesie che e ere za, nol jentre te mentalitāt e te prassi de glesie catoliche.

Par chestis resons, no savint o no rivant a progjetā nuje di diferent, a sielgin la strade plui curte: no fevelā di une cuistion, forsit inludinsi che la cuistion, se no si’n fevele, no esist. In zoologje le clamin “la politiche dal struz”.

Ma, come che o ąi cirūt di dģ modant, si ą di fevelānt instes, come che si ą di fevelā di dutis lis robis bielis. Fin che in’ fevelais in lunc e in larc, cun duc’ i miez, la diocesi a esist almancul tal vuestri cūr. Ur semeial pōc?

Mandi, mandi a duc’ i cjargnei

 

Visepente, ai 6 di lui dal 2001,

tal 250n aniversari de sopression dal patriarcjāt di Aquilee

 

Pre Antoni Beline

cjaluni emerit di San Pieri in Cjargne

(cumņ plevan di Visepente in Friūl)

 

 

SULLA NECESSITA’ DI RIPRISTINARE LA DIOCESI DI ZUGLIO

Osservo che il tarlo/affetto/passione per la diocesi di San Pietro di Carnia non vi lascia un attimo e che non perdete occasione per far sentire la vostra voce. Voce non sempre ascoltata. Anzi, direi, sopportata o ignorata; comunque fastidiosa per tanta gente che non ne vuole sapere di queste “stupidaggini”, come credo di intuire dalle vostre ultime esternazioni giuntemi in tono avvilito, deluso e scoraggiato.

Mi avete richiesto un giudizio e cercherņ di rispondere con l’affetto che vi ho sempre portato e con la chiarezza che ho sempre usato, anche e soprattutto a mio danno. La risposta č, come insegna la miglior scolastica, articolata. Prima pertanto mi soffermerņ su concetti generali, poi entrerņ nel particolare.

Considerazioni  Generali

So bene che non č esaltante sentirsi una voce che grida nel deserto, eppure č proprio la voce che grida nel deserto, nell’indifferenza, nella banalitą, nel disinteresse generale, con la sensazione o la certezza di parlare invano e di farsi ridere e buggerare dai benpensanti che vivono nei palazzi e nelle stanze del potere, che apre proprio uno dei tempi pił esaltanti della Chiesa: il tempo dell’Avvento, dell’attesa.

Un’attesa che č preparare, attivarsi, cominciare a fare, andare incontro, preparare la strada. La voce che grida nel deserto non č quella di un piccolo carnico sperduto tra i monti né quella di un povero parroco di campagna, ma quella di Isaia, il grande profeta, e di Giovanni, il pił grande tra i nati di donna.

Una voce nel deserto non č mai patetica ma č sempre PROFETICA, grande, unica. Al punto che, mediante questa sola voce, il deserto non č pił deserto abbandonato, ma abitato, recuperato, rivitalizzato.

Ben pił patetiche appaiono le voci che gridano nella banalitą, nella confusione, nel tourbillon generale, nel vuoto assoluto.

Mi riferite il giudizio negativo di qualcuno che parla di “stupidaggini”. Puņ avere ragione, beninteso. Tutto ciņ che a me non interessa o non piace, mi viene naturale di chiamarlo “stupidaggine”.  Come un altro definirą “stupidaggini” e bazzecole le cose che interessano a me. Anche nel mio caso, la maggioranza dei preti friulani, dentro o fuori la Curia, definisce “stupidaggini” le cose che io faccio e dico da oltre 30 anni. Forse avranno anche ragione loro. Ma io, attualmente,  sono convinto  di aver fatto una scelta giusta e non saranno le critiche, anche se mi irritano e mi fanno male, a farmi mutare idea o a farmi recedere.

Che dice il vangelo di san Giovanni il Battista? “ Chi siete andati a vedere? Una canna agitata dal vento?”. No di certo, perché le canne agitate dal vento, le banderuole o le berrette, vivono nei luoghi del potere, laddove non si debbono avere idee, ma solo fiuto per sapere dove tira l’aria.

L’importante č che queste cose non siano stupidaggini, fantasie, mode, originalismi per voi. Ma se queste cose giungono a darvi un senso, un fondamento, una radice, una luce, una volontą ed una forza di andare avanti, non sono stupidaggini. Tanto pił che, se poi andiamo a vedere pił sotto, tutto potrebbe essere stupidaggine: anche il nascere, il vivere e il morire.

Mi dispiacerebbe che questi giudizi negativi, poco profondi e poco intelligenti, li dessero quelli che, per professione o per missione, dovrebbero avere a cuore queste cose. Se un giocatore di pallone o un frequentatore di discoteche mi dicesse che la Messa č una stupidaggine, non mi infastidirei nč perderei il sonno. Se perņ me lo dice un prete o un vescovo, allora non ho pił voglia di ridere e avverto un tonfo al cuore. Perché la Chiesa č soprattutto e sostanzialmente MEMORIA. Una memoria dinamica, nel senso che ogni generazione vive la medesima veritą e realtą in maniera adeguata al proprio tempo e al proprio contesto socio-culturale, ma sempre MEMORIA. Una Chiesa senza memoria, senza gelosa cura per i suoi tesori, senza attenzione per le sue perle, senza il gusto di tramandare le sue ricchezze spirituali e culturali e la sua esperienza di secoli, E’ UNA POVERA CHIESA. Meglio sarebbe definirla “struttura” o “baracca”.

Considerazioni su Zuglio

Tornando ora alla questione di Zuglio, voi vi lamentate che le Madonne di Illegio (l’autore si riferisce alla Mostra delle Madonne lignee medioevali organizzata questa primavera a Illegio, frazione di Tolmezzo, ndt) e le rogazioni di Gorto (l’autore si riferisce ad un ampio articolo comparso sul settimanale diocesano VITA CATTOLICA nella primavera scorsa, ndt) suscitano pił interesse nell’ambiente ecclesiatico (il riferimento č sempre al settimanale  LA VITA CATTOLICA, che concede ampio spazio a queste manifestazioni rispetto al problema di Zuglio, ndt). Se mi č consentita una precisazione, io non metterei sullo stesso piano le rogazioni di Gorto e le Madonne di Illegio: in quest’ultimo caso parrebbe, secondo le malelingue, che la Madonna serva per dare lustro agli organizzatori e non il contrario. In Gorto invece, č il popolo delle chiese dell’antico Arcidiaconato che si ritrova compatto e devoto a celebrare un momento importante della sua vita e della sua memoria. Non vedrei pertanto le Rogazioni di Gorto come antagoniste della ipotetica diocesi di Zuglio (neppure noi, ma esiste un tentativo subliminale in tal senso, ndt), ma come una premessa ed un fondamento utile e tempestivo. Perché la Diocesi di Zuglio va restaurata solamente se, accanto alle antiche pietre, si ritrova anche il popolo fedele. Diversamente si rischia di fare solo archeologia.

Le ragioni per chiedere al diocesi di Zuglio le avete gią spiegate e restano valide. Noi abbiamo il dovere di affermare ciņ che la coscienza ci ispira. Non dipende poi sempre da noi se i nostri intenti non si realizzano. Tuttavia se ne parla comunque, si insiste ugualmente.

Una volta il vescovo Brollo ci disse che si ottiene di pił tacendo e ubbidendo piuttosto che protestando. Gli abbiamo detto che non eravamo d’accordo e abbiamo continuato a protestare. Tante cose, che non avremmo mai pensato di ottenere, come la BIBBIA in friulano, il LEZIONARIO FRIULANO, i LIBRI DI PREGHIERA in friulano, la stessa LEGGE SULLA LINGUA FRIULANA, le abbiamo ottenute proprio perché le abbiamo reclamate, pretese, senza tregua, senza disperare. Credo sia la strada giusta. Si chiede il giusto per avere l’onesto. A volte si chiede cento per avere 50 o anche meno.

Noi dobbiamo richiedere al diocesi di Zuglio per ragioni STORICHE, CULTURALI E PASTORALI, anche se difficilmente ciņ verrą concesso. Sarą pił facile che riesumino un ARCIDIACONATO DELLA CARNIA che dia unitą a tutte le Pievi e a tutte le chiese delle Pievi in alcuni appuntamenti annuali. Con la possibilitą, per coloro che abitano pił vicino, di utilizzare la CHIESA MADRE con la frequenza e la devozione che meriterebbe: per convegni di preti, di giovani, per voti, per una grande rogazione, per un incontro annuale sulla situazione della CHIESA DI CARNIA.      

Tutto dipenderą dalla fantasia che avranno laggił (a Udine, ndt) e dalla determinazione dei carnici lassł.

Quel filmato video che avete realizzato a VTC (“Zuglio, una diocesi negata”, ndt), trasmettetelo pił volte: affinché la gente conosca e conoscendo apprezzi.

Riguardo al vescovo BROLLO che č sceso a Roma per ricevere il pallio di metropolita, anche se č metropolita di nulla, un tale mi ha detto che ha fatto bene, perché cosģ almeno ha ancora un segno dell’antico splendore di Aquileia. Un altro mi ha detto invece che č senza dignitą, perché non si va fino a Roma a ricevere un simbolo che non significa nulla.

E allora: meglio con il Pallio di metropolita, anche se č un pallio senza sostanza, o meglio senza pallio, come invece č la realtą?

Accontentarsi di un simbolo che non significa nulla o insistere affinché San Pietro significhi davvero qualcosa, magari di meno, ma che sia autentico?

Se poi mi chiedete una mia idea sulle ragioni per cui TRA I PRETI non si ha affatto voglia di parlarne e tanto meno di ripristinare la diocesi di Zuglio, posso solo rispondervi a titolo personale perché non ho mai avuto alcun incarico ufficiale. Ai preti non interessa affatto (la Diocesi di Zuglio, ndt) perché non interessa la storia, la nostra storia, la nostra ricchezza e tradizione. Una problema dunque di ignoranza che si puņ spiegare con la persistente moda di ritenere che solo ciņ che proviene da Roma č universale. Per cui l’ultimo documento di un Uffizio romano sarą letto con maggiore attenzione del pił importante documento nostrano.

Se a loro interessasse davvero la INCULTURAZIONE DELLA FEDE, avrebbero raccolto le dottrine aquileiesi, le tradizioni della nostra Chiesa ecc. Invece hanno saputo solamente gettare via le nostre cose pił autentiche per acquistare roba esterna. Come le donne che hanno svenduto i CJALDĪRS per comprare i secchi di plastica.  Ma quelle almeno avevano una qualche valida ragione perché stanche di doverli sempre lustrare con la cenere.

I progetti della Chiesa udinese, come quelli delle altre Curie, sono rivolti a coprire i buchi vuoti pił che ad aprire nuove strade. Non riescono ad assicurare neppure una piccola Messa in ogni paese e non balena loro per la mente di pensare pił in grande, come ad una nuova ri-strutturazione della chiesa e del territorio, che valorizzi le tante forze che sono lasciate marcire.

Il clima generale, in Italia, č quello di ridurre le diocesi (clicca a tal proposito LE DIOCESI ITALIANE  e la loro distribuzione, ndt), come si riducono le parrocchie. Pertanto il percorso inverso, cioč di creare una nuova diocesi o restaurare una gią esistente, non entra in questa mentalitą e nella prassi della chiesa cattolica.

Per questi motivi, non sapendo o non riuscendo progettare nulla di diverso, scelgono la strada pił breve: NON PARLARE DI UNA QUESTIONE illudendosi che la questione, non parlandone, non esista.

In zoologia la chiamano. “la politica dello struzzo”.

Ma come ho tentato di dimostrare poco fa, occorre parlarne ugualmente, come si deve parlare di tutte le cose belle. Finchč ne parlerete in lungo e in largo, con tutti i mezzi disponibili, la diocesi esisterą almeno nel vostro cuore. Vi sembra poco?

Mandi a tutti i carnici.

Basagliapenta, 6 luglio 2001,

nel 250° anniversario della soppressione del patriarcato di Aquileia.

Don Antonio BELLINA

Canonico emerito di San Pietro in Carnia

(ora parroco di Basagliapenta)

 

 

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