divider.gif (415 bytes)


(PRIMI 10 INTERVENTI)

Una singolare carriera ecclesiastica
KIPKOECH ARAP ALFRED
Da včscul di Zuj a vescovo militare del Kenya

Il penultimo vescovo titolare di Zuglio era stato il kenyano Kipkoech Arap Rotich Alfred che pur lavorando in Vaticano, non era mai stato a visitare la chiesa cattedrale di S. Pietro di Carnia nei tre anni della sua titolaritą (1996-99). Oggi mons. Alfred Kipkoech Arap Rotich č stato nominato Vescovo castrense (cioč Ordinario Militare) del suo paese, il Kenya, e fa parte dell'Ufficio Centrale di Coordinamento Pastorale degli Ordinariati Militari presso la S. Sede. Questa singolare carriera pastoral-militare nell'esercito del suo Paese (ricordiamo appena le guerre fratricide e tribali dell'Africa) suscita qualche ulteriore velata perplessitą circa l'utilizzo che viene oggi fatto del titolo di Zuglio. Speriamo che l'attuale titolare di Zuglio, mons. Mario Zenari, attualmente nunzio apostolico, possa perseguire una carriera pił pastoralmente vicina al Vangelo e si ricordi della Carnia della cui sede episcopale egli č oggi ancora il titolare.

Una grande manifestazione di popolo
SCENSCE DOIMIL A S. PIERI
Cose mai viste, cose mai scritte

La festa dell'Ascensione del 4 giugno 2000 sul colle di S. Pietro, ha registrato alcuni fatti singolari dapprima mai visti. Ricordiamoli insieme brevemente:
1- La folla: mai prima si era visto un tale concorso di popolo (c'č chi parla di 4.000 persone, chi di 2.500); comunque sia, tutti sono stati concordi nel ritenere eccezionale l'affluenza di fedeli per questa SCENSE 2000.
2- Le croci astili: mai prima d'ora si era visto un cosģ elevato numero di croci provenienti non solo da tutta la Carnia (e questa č la prima volta in assoluto) ma anche dal Friuli collinare e della pianura. Uno sventolio di mille nastri hanno reso luminosa e indimenticabile la giornata.
3- I due vescovi: gią era successo che a questa importante festa di Carnia, assistesse l'Arcivescovo di Udine (alla cui Diocesi appartiene anche la Carnia), mai perņ era stato presente contemporaneamente anche il titolare della cattedra vescovile di Zuglio. Infatti S.E. mons. Mario Zenari, attuale vescovo di Zuglio e Nunzio Apostolico in Costa d'Avorio, č rimasto vivamente impressionato non solo dalla gente convenuta ma soprattutto dalla singolaritą e intensitą della cerimonia.
4- I preti: mai prima d'ora aveva assistito alla tradizionale cerimonia un numero cosģ elevato di sacerdoti. Infatti oltre ai cosiddetti canonici di S. Pietro, erano presenti quasi tutti i preti di Carnia; l'Arcidiacono di Tolmezzo primo tra tutti e primo concelebrante dopo i due vescovi.
5- Le autoritą: mai prima d'ora avevano ufficialmente presenziato autoritą cosģ numerose e di alto rango. In rappresentanza di tutto il Consiglio Regionale, il Presidente Antonio Martini; in rappresentanza della Giunta regionale, l'assessore Renzo Tondo. Poi sindaci, consiglieri e il telegramma del sen. Francesco Moro, trattenuto a Roma da impegni politici.
6- I doni: il presidente Antonio Martini, con atto altamente significativo, ha donato al vescovo di Zuglio, S.E. mons Mario Zenari una croce d'oro di Aquileia; a mons. Alfredo Battisti una croce d'oro longobarda. Due doni carichi di suggestione e di presentimenti. E forse di speranza.

Ebbene il settimanale diocesano LA VITA CATTOLICA, nel numero 23 del 10 giugno 2000, ha relegato questo importante avvenimento in 20° pagina, dandogli uno spazio pari al problema dei rifiuti di Coseano. Non solo, ma in questo breve articoletto e con inspiegabile reticenza, non si nomina neppure una delle 6 cose straordinarie sopra riportate. Del vescovo Zenari non si fa neppure menzione (per la VITA CATTOLICA non č mai stato a Zuglio); cosģ dicasi per il presidente Antonio Martini, l'assessore Tondo ecc. Tutto l'articoletto č stato incentrato solo sulla omelia di mons. Battisti che ha nuovamente invitato la Carnia ad "alzarsi in piedi" e che ha annunciato un altro Convegno sulla Montagna per il prossimo autunno. Per la VITA CATTOLICA insomma la SCENSE DAL DOIMIL č stata come tutte le altre: una rimpatriata di carnici nostalgici e piagnucoloni, che devono essere rincuorati dal loro vescovo. Chi c'era, sa che non č stato cosģ.

 

Una legittima aspirazione della Carnia
LA DIOCESI DI ZŚJ
Un fulgido passato che permea il presente

Solitamente, noi siamo abituati a pensare ad una Diocesi che coincida grossomodo con i confini di una Provincia e diamo per scontato che, salvo rarissime eccezioni, vi sia un Vescovo per ogni provincia, come accade ad esempio nel Friuli-VG, dove a 4 provincie corrispondono sostanzialmente 4 diocesi. Ecco invece qual č la geografia ecclesiastica italiana:

        

REGIONE         Abitanti       Provincie    Diocesi                                       

ABRUZZO

1.200.000     

4

7

BASILICATA

   600.000

2

6

CALABRIA

2.000.000

5

12

CAMPANIA

5.400.000

5

25

EMILIA

3.900.000                

9

15

LAZIO

5.000.000

5

20

LIGURIA

1.670.000

4

7

LOMBARDIA

8.900.000

11

10

MARCHE

1.400.000

4

13

MOLISE

   300.000

2

4

PIEMONTE

4.300.000

8

17

PUGLIA

4.000.000

5

19

SARDEGNA

1.600.000

5

10

SICILIA

5.000.000

9

18

TOSCANA

3.500.000

10

18

UMBRIA

   800.000

2

8

VALLE AOSTA

   120.000

1

1

FRIULI  V.G.

1.250.000

4

4

VENETO

4.400.000

7

9

TRENTINO-A.A

   900.000

2

2

Queste vistose anomalie della geografia ecclesiastica centro-meridionale vengono giustificate con la millenaria tradizione cristiana che in quelle terre aveva costituito durante il Medio Evo una miriade di minuscoli vescovadi tuttora esistenti e per nulla intenzionati ad accettare le ragionevoli semplificazioni e gli accorpamenti proposti con saggezza continuamente dal Vaticano. Una tale sovrannumeraria presenza di vescovi nel centro-sud si ripercuote conseguentemente in tutte le organizzazioni della CEI e stimola confronti.
Analizziamo ora pił da vicino le Diocesi della regione FVG:

                                                        

 

Kmq

Abitanti

Parrocchie Preti

TRIESTE

134

260.000

60

107

GORIZIA

1.030

180.000

90

123

CONCORDIA-PORDENONE

2.675

340.000

188

281

UDINE

4.726

488.000

373

419

(Annuario Pontificio 1999)


L' Arcidiocesi di Udine, con i suoi 488.245 abitanti ed il suo vastissimo territorio (Kmq 4.726) che va dalle Alpi al mare (da Sappada a Lignano Sabbiadoro vi č una distanza di km 156 con percorrenza automobilistica di h 2, 35'), č tra le grandi diocesi italiane per abitanti, ed č la terza per estensione della superficie (dopo le due Macro-diocesi montagnose del Trentino-Sud Tirolo, vaste sģ, ma omogenee sia economicamente che orograficamente). La Diocesi di Milano pur avendo oltre 5 milioni di abitanti, ha una estensione minore (Kmq 4.243) e ben 7 vescovi ausiliari, oltre al cardinale arcivescovo.
L'Arcivescovo di Udine, seppure armato di tanta buona volontą e sorretto da incrollabile fede, non riesce pił fisicamente a svolgere il suo ministero pastorale nelle 373 parrocchie in maniera adeguata, incisiva e capillare (come invece possono fare altri vescovi, il cui territorio č pił limitato e omogeneo), ma č quasi costretto a trascurare le realtą pił periferiche ed emarginate, la Montagna, che risente ovviamente di questa situazione di oggettivo abbandono nella quale si ritrova pure il clero, spesso solo e demotivato, volendo usare degli eufemismi.

Aspetti storici

Coesistono perņ anche motivazioni storiche che sarebbero in grado di sostenere la legittimitą di una Diocesi della Montagna Friulana, avente Zuglio come sede titolare. Queste motivazioni riposano su dati incontestabili che derivano da una attenta lettura della nostra Storia:
- L'evangelizzazione di Aquileia, pur in assenza di sicuri documenti relativi ai primi due secoli che la confermino, avviene verosimilmente per opera dell'apostolo ed evangelista Marco ("interpres Petri", interprete e scrivano di Pietro): lo attesta indirettamente anche San Paolino di Aquileia in un suo famoso Inno in onore di S. Marco ("Iam nunc per omne"), in cui dice nella 5° strofa "Sic a beato Petro missu…" riferendosi appunto a S. Marco evangelizzatore di Aquileia, inviato da Pietro. Il Cristianesimo raggiunge poi, attraverso la via Julia Augusta, anche il municipium di Forum Julium Carnicum, fondato (da Giulio Cesare?) verso il 50. a.C., la cui giurisdizione territoriale, "agro", č limitata a nord dalle Alpi, a est dal fiume Torre, a sud dalle colline moreniche e ad ovest comprende il Cadore. Presso Alleghe, a settentrione del monte Civetta, sono state rinvenute, nel 1938, tre iscrizioni confinarie incise su roccia. La prima fu scoperta sul versante sud-orientale del monte Codai e la seconda sul versante settentrionale; recano il seguente testo: FIN(es)/ BEL(lunatorum) JUL(iensium). La terza iscrizione, su una parete del monte Fernazza, era in due righe ma vi č rimasta una tenue traccia cosģ ricostruita: FIN(es) (I)V (I.Bellunatorum). La interpretazione di E Ghislanzoni č univoca: questi territori facevano parte dell'agro di Julium Carnicum (V. Dreosto, Autonomia e sottomissione in Friuli, Del Bianco 1997).
- il primo vescovo di Forum Julium Carnicum (Zuglio) ricordato fin dal 490 č un certo Januario. E' tempo di invasioni barbariche (Unni, Vandali, Ostrogoti…) e il potere romano gią in forte declino, č ormai caduto. Unico punto di riferimento resta il vescovo, la cui giurisdizione episcopale ricalca l'antico "agro" romano municipale di Forum Julium Carnicum (vedi sopra).
- Nel 576 il vescovo di Zuglio, Massenzio, č citato tra i vescovi partecipanti al Concilio di Grado e nel 589 lo ritroviamo al Sinodo di Merano.
- Sotto il dominio longobardo, il vescovo di Zuglio Fidenzio, si trasferisce nella capitale longobarda del Friuli, Civitas Austriae (poi chiamata Cividale), sia perché Zuglio sta attraversando un periodo di decadenza ed č pericolosamente esposta a nuove invasione da Nord, sia perché il Duca longobardo desidera un vescovo residente nella sua capitale.
- Nel 732, il vescovo di Zuglio Amatore (suffraganeo del Patriarca di Aquileia), che risiede sempre in Civitas Austriae, viene da lģ cacciato dal Patriarca stesso, Callisto, che trasferisce definitivamente la sua residenza patriarcale dalla modesta Cormones alla fiorente Civitas Austriae, capitale del Ducato. Il duca longobardo Pemmone perņ si oppone a questo sopruso del Patriarca nei confronti del vescovo zugliese Amatore e lo imprigiona nel castello di Duino da dove "lo voleva gettare in mare" (Paolo Diacono, "Historia Langobardorum", VI: 51). Il re longobardo Liutprando perņ non accetta il comportamento del suo Duca nei confronti del Patriarca e interviene liberando il suo amico Callisto Patriarca; destituisce Pemmone e assegna il Ducato del Friuli al di lui figlio Ratchis.
- A seguito di ciņ, non si parla pił di un vescovo di Zuglio; nel 744 viene probabilmente soppressa la Diocesi di Zuglio (il cui territorio corrispondeva sempre all'antico "agro" romano di Julium Carnicum) che viene inglobata nella grande Diocesi di Aquileia, il cui Patriarcato (unione di pił diocesi suffraganee o soggette) č gią vastissimo, comprendendo le seguenti regioni: Venezie ed Istria, i due Norici, la Rezia Seconda e la Pannonia superiore. Il Patriarcato di Aquileia si estendeva quindi a mezzodģ sino al Po ed al mare Adriatico; ad occidente fino al corso dell'Adige (inglobando anche il vescovado di Como); a nord fino al Danubio che era il confine settentrionale sino a Lorch (Lauriacum); all'oriente comprendeva tutto il terreno montuoso dell'Austria, della Stiria e della Carniola sino al Quarnaro. (Pio Paschini, "San Paolino Patriarca e la Chiesa Aquileiese alla fine del sec. VIII", Udine 1906).
- La Diocesi di Zuglio cessa pertanto di esistere pił per motivazioni di carattere politico che per necessitą pastorali. Il vescovado di Zuglio viene trasformato in Prepositura, con un Capitolo di 8 canonici guidati dal Preposito, al quale vengono lasciati alcuni diritti "vescovili", tra cui il diritto di "placito"(tribunale per controversie ecclesiastiche).
- Successivamente la chiesa cattedrale di S. Pietro di Zuglio (sede della cattedra vescovile) diventerą Pieve (la prima della Carnia ed una delle pił antiche dell'intero Friuli) cioč centro propulsore di cultura e di vita cristiana, dalla quale origineranno poi altre chiese filiali (Paluzza, Sutrio, Piano, Rivalpo-Valle, Cadunea, Cedarchis e Fielis).
- Il 6 luglio 1751, con la bolla papale "Injuncta nobis", Benedetto XIV sopprime la Diocesi (ed il Patriarcato) di Aquileia e istituisce due Arcivescovadi di pari dignitą: quello di Udine (con le diocesi suffraganee di Feltre-Belluno, Capodistria, Ceneda, Cittanova, Concordia, Padova, Pola, Treviso, Verona e Vicenza) resta sotto il Dominio di Venezia; quello di Gorizia (con le diocesi suffraganee di Como, Pedena, Trento e Trieste) sotto l'Austria. Il territorio della antica Diocesi di Zuglio rimane parte integrante della Arcidiocesi di Udine.

 

Motivazioni socio-economiche

Vi sono in effetti anche motivazioni di tipo socio-economico che orienterebbero verso un processo di "visibilizzazione" della Carnia. Questa particolare realtą montuosa, avente caratteristiche peculiari, all'interno della vasta Arcidiocesi Udinese (e della stessa Provincia di Udine), viene ora "nascosta" e confusa nel vasto territorio friulano, che presenta zone estremamente disomogenee dal punto di vista socio-economico. Per immediatamente comprendere la situazione della Carnia rispetto alla Provincia di Udine, č sufficiente scorrere i dati del reddito medio pro capite 1998, dei 28 comuni di Carnia all'interno dei 137 Comuni della provincia:

SAURIS

26.540.000

 

95°

ZUGLIO

16.150.000

TOLMEZZO

24.030.000

 

101°

VERZEGNIS

15.670.000

10°

VILLA SANTINA

23.880.000

 

109°

ENEMONZO

14.820.000

31°

AMARO

20.701.000

 

114°

ARTA TERME

14.010.000

33°

COMEGLIANS

20.640.000

 

115°

PALUZZA

13.880.000

41°

FORNI SOTTO

19.850.000

 

119°

FORNI DI SOPRA

13.340.000

56°

OVARO

18.970.000

 

120°

PAULARO

13.100.000

67°

RIGOLATO

18.230.000

 

121°

LAUCO

13.070.000

69°

AMPEZZO

18.160.000

 

123°

SOCCHIEVE

12.780.000

76°

PRATO CARNICO

17.500.000

 

125°

CAVAZZO C.

12.650.000

83°

SUTRIO

17.220.000

 

128°

TREPPO C.

12.120.000

84°

CERCIVENTO

17.200.000

 

129°

RAVEO

11.820-000

93°

FORNI AVOLTRI

16.300.000

 

131°

LIGOSULLO

11.140.000

94°

RAVASCLETTO

16.220.000

 

132°

PREONE

10.890.000

Mentre il Reddito medio annuo della provincia di Udine č di L. 25.590.000 pro capite, in Carnia il reddito medio pro-capite č stato di neppure 16.000.000 di lire. Come si vede, la settentrionale Carnia rappresenta bene il "meridione" dell' Arcidiocesi e della Provincia di Udine, e forse dell'intero Nord Italia .

Quale Diocesi oggi?

Una eventuale ripristinata Diocesi di Zuglio (con sede in Zuglio) potrebbe comprendere, di base, i 28 comuni della Carnia (Kmq 1.230; abitanti 41.000). A questa zona, omogenea per cultura-tradizioni-geografia-storia, potrebbero essere aggregati anche i Comuni del Canale del Ferro e della Val Canale (Tarvisio, Pontebba, Malborghetto, Dogna, Resia, Resiutta, Chiusaforte e Moggio per un totale di: Kmq 872; abitanti 14.000), zona affine alla Carnia per geografia, storia, lingua. Una Diocesi cosģ configurata avrebbe le seguenti caratteristiche: Kmq 2.102; abitanti 54.000; confinerebbe a Est con la Slovenia, a Nord con l'Austria, a Ovest con la provincia di Belluno e a Sud sarebbe limitata dalla trasversale pedemontana. Una realtą etno-geografica assai omogenea e ben individuata. L'Arcidiocesi di Udine, pur perdendo kmq 2.102 (con bassissima densitą di abitanti), conserverebbe tuttavia una consistente popolazione di ancora ben 434.000 unitą. In alternativa, senza rompere l'unitą territoriale della Diocesi Udinese, si potrebbe optare per la creazione non di un Vicario Episcopale ma di un Vescovo Ausiliare, titolare di Zuglio, con lo specifico e unico incarico per la pastorale della Montagna: egli dovrebbe risiedere proprio sul colle di Zuglio (nella Pouse di Cougnes) e a lui dovrebbero fare capo tutte le parrocchie di Carnia e Canal del Ferro, che ritroverebbero cosģ il proprio pastore tra le proprie montagne a condividere i medesimi problemi. Questo vescovo dovrebbe possedere i requisiti naturali del missionario e costituire il punto di riferimento della Montagna oggi totalmente priva di qualsiasi identitą.

Conclusioni

Come si vede la storia assegna a Forum Julium Carnicum-Zuglio un posto di assoluto rilievo nelle vicende ecclesiastiche delle origini del Cristianesimo.
Oggi il titolo di S. Pietro Zuglio č un titolo virtuale, che viene periodicamente assegnato ai vescovi novelli, in attesa di una diocesi o impegnati in Diplomazia.
Se, come si č visto, sussiste dunque una molteplicitą di motivazioni (contingenti e storiche) a sostegno della istituzione di una Diocesi della Montagna con cattedrale S. Pietro di Zuglio, occorre che coloro i quali hanno a cuore la dimensione pastorale e la storia, diano subito dei segnali positivi in tal senso. Ragioni di carattere politico-gerarchico (echi del patriarcato "scismatico" di Aquileia) che condizionerebbero tuttora ogni approccio con il Friuli storico, non dovrebbero oggi prevalere su ragioni squisitamente pastorali ed umane (emarginazione e isolamento della Montagna friulana, moderna "pecorella smarrita").
Né giovano alcunchč i vari Convegni che la Chiesa Udinese organizza ciclicamente a Tolmezzo (sede di tutte le passate fallimentari politiche per la Montagna) con il lodevole (ma vano) intento di salvare la Montagna.
Mi auguro che queste brevi riflessioni aprano un serio e utile dibattito su questa problematica e che la Chiesa preceda lo Stato Italiano nel riconoscimento ufficiale di questa Terra, elevandola a Diocesi.
Appare quanto meno contradditorio, infine, l'atteggiamento de LA VITA CATTOLICA del 1 luglio 2000 che invoca la Provincia della Montagna, quando la Chiesa Udinese nega qualsiasi autonomia pastorale alla medesima Montagna, le cui Valli appaiono sempre pił lontane ed emarginate.

 

Origine delle Diocesi del Friuli
Rapida sintesi storica

a. Zuglio, assieme ad Aquileja, Concordia (e pił tardi Trieste), č divenuta sede vescovile nei primi tempi della storia del Cristianesimo (vedi anche precedenti interventi in questo sito) ed ha mantenuto il vescovo residente almeno fino al 744, in qualitą di suffraganeo di Aquileia. Gemona non č mai stata sede vescovile; Cividale č stata solo residenza temporanea dei patriarchi aquileiesi (mai sede episcopale autonoma).
b. La diocesi di Aquileia (ed anche il patriarcato) č stata soppressa "in perpetuum" per motivazioni di carattere squisitamente politico nel 1751 e non č stata pił ricostituita. Concordia, sorta nel IV secolo come suffraganea di Aquileia, č rimasta diocesi uninominale fino al 12 gennaio 1971, quando le č stata aggiunta la denominazione di "-Pordenone": č tuttora esistente sotto la duplice denominazione e fa parte della provincia ecclesiastica veneta, essendo soggetta a Venezia. Trieste, sorta nel VI secolo come suffraganea di Aquileia, fu unita a Koper-Capodistria il 30 giugno 1828 e fu di nuovo separata il 17 ottobre 1977; attualmente č diocesi uninominale, soggetta a Gorizia.
c. L'arcidiocesi di Udine č stata istituita solamente il 6 luglio 1751 sulle ceneri del patriarcato di Aquileia; fu ridotta a sede vescovile il 1 maggio 1818 e fu nuovamente elevata a metropolitana il 14 marzo 1847; attualmente č direttamente soggetta alla S.Sede e non ha alcuna diocesi suffraganea, pur essendo nominalmente "metropolitana".
d. L'arcidiocesi di Gorizia č stata istituita solamente il 6 luglio 1751 sulle ceneri del patriarcato di Aquileia; dopo una unione temporanea con Gradisca, č attualmente metropolitana della provincia ecclesiastica di Gorizia che comprende anche la diocesi di Trieste, attualmente suffraganea di Gorizia.

Problemas pa Diocesi di Złj

Alcune delle obiezioni che pił frequentemente vengono rivolte per controbattere alla ipotesi delle diocesi di Zuglio, sono le seguenti:

I obiezione:
I PRETI CARNICI SONO TROPPO POCHI. COME FARESTE A GESTIRE UNA DIOCESI AUTONOMA, SEPPURE PICCOLA ?
A questa precisa ma fondamentale obiezione cerchiamo ora di rispondere con le cifre ed i fatti, nel modo che segue:
1. Attualmente i preti diocesani carnici, viventi ed efficienti, sono in totale ben 33 (non sono conteggiati i preti in quiescenza). Tutti questi 33 preti carnici rivestono oggi ruoli attivi: sono PARROCI, CAPPELLANI MILITARI, INSEGNANTI, FUNZIONARI ECCLESIASTICI ecc. Non sono qui conteggiati perņ i preti carnici non-diocesani, appartenenti cioč ad istituti religiosi (Salesiani, Comboniani ecc.) che non hanno alcun vincolo con la diocesi di Udine.
Questi 33 preti carnici, se uniti agli 8 salesiani del Collegio operante in Tolmezzo e agli operatori, rappresentano un numero di partenza sufficiente a garantire un ministero pastorale adeguato alle parrocchie della Montagna, che potrebbero essere riorganizzate sulla base delle antiche Pievi.
2. Moltissimi di questi preti carnici svolgono attualmente il loro ministero al di fuori dei confini della ipotetica DIOCESI DI ZUGLIO. Nel contempo moltissimi preti non-carnici operano invece qui in Carnia, alcuni dei quali si sono perfettamente integrati nella realtą carnica da alcuni lustri, diventando in effetti pił carnici dei loro confratelli carnici operanti altrove, nel senso che sentono maggiormente i problemi e le preoccupazioni della montagna, proprio perchč li vivono quotidianamente sulla propria pelle.
Occorrerą chiedere ai preti carnici operanti altrove: VUOI TORNARE IN CARNIA A RI-EVANGELIZZARE LA TUA TERRA? Poi chiedere ai preti non-carnici operanti qui in Carnia: VUOI CONTINUARE A RESTARE CON QUESTA GENTE? Probabilmente in Carnia ci ritroveremmo con meno problemi e pił preti di oggi perchč molti vorrebbero rientrare e pochissimi se ne vorrebbero andare.
3. Il futuro dei preti non sarą diverso in Carnia dal resto del Friuli. Gią il Seminario Arcivescovile di Udine č stato da anni soppresso e affittato ad altre scuole pubbliche statali cittadine per mancanza assoluta di vocazioni ed č stato sostituito dal cosiddetto SEMINARIO INTERDIOCESANO REGIONALE a Castellerio (Pagnacco) dove confluiscono i superstiti seminaristi delle vicine diocesi di Gorizia, Trieste e di Udine (in tutto una VENTINA di seminaristi, moderati da preti udinesi, goriziani e triestini). Se poi la crisi vocazionale dovesse prolungarsi (e non si vedono attualmente ragioni che la possano arrestare), anche le diocesi di UD-GO-TS dovranno presto (tra meno di 10 anni) attingere alle vocazioni del III mondo o addivenire ad altre pił ragionevoli e pragmatiche soluzioni.
I pochi seminaristi (se ci saranno) della futura DIOCESI DI ZUGLIO convergeranno, come quelli di GO e TS, nel seminario interdiocesano regionale di Castellerio. In ogni caso il problema della scarsitą di preti non potrą interessare (strumentalmente) solo la Carnia, ma continuerą ad essere per lunghi decenni un angoscioso problema regionale che dovrą essere ricalibrato su posizioni assai diverse da quelle odierne (maggiore solidarietą tra chiese sorelle, maggiore permeabilitą di aiuti, maggiore interscambio di preti ecc...).
COME SI PU0' DUNQUE NOTARE, LA FUTURA DIOCESI DI ZUGLIO SI TROVEREBBE IN UNA SITUAZIONE PER NULLA PEGGIORE DI QUELLA ATTUALE, MA POTREBBE CONTARE SU UNA MAGGIORE RESPONSABILITA' E CONDIVISIONE DEI PROBLEMI, DERIVANTE DA UNA AUTONOMIA PASTORALE CHE SAREBBE CERTAMENTE IN GRADO DI IMPRIMERE UNA SVOLTA DECISIVA ALLA PROFONDA CRISI ATTUALE (religiosa, sociale, politica, economica, ambientale).

II obiezione:
NON SUNT MOLTIPLICANDA ENTIA SINE NECESSITATE (cioč non si debbono istituire altri Enti senza necessitą).
a. Tutti sono d'accordo su questo punto, qualora si intendano come "enti" tutti quei carrozzoni inutili e farraginosi aggregati all'Istituto che si vorrebbe creare, come Curia, Seminario, Settimanale diocesano, Uffici diocesani, Palazzi vescovili o di rappresentanza. Il vescovo di Zuglio dovrebbe semplicemente abitare nella "Pouse di Cougnes" (gentilmente concessa da don Giordano Cracina) e proprio da lģ irradiare la propria opera pastorale, ricalcando le orme dei suoi illustri predecessori in una quotidiana azione di ri-evangelizzazione della Carnia, oggi assediata e invasa da ben pił demolitrici e insinuanti turbe di barbari.
b. A pag. 221 di "Stele di Nadal 2001", F. Dal Mas a proposito della "provincia regionale" scrive che la vuole "…libera di tutti gli orpelli burocratici delle provincie (prefettura, questura, uffici statali), sia dotata dei poteri essenziali per gestire in proprio lo sviluppo del territorio". Trasferiamo ora questo legittimo desiderio di Dal Mas alla "diocesi regionale, libera di tutti gli orpelli burocratici delle diocesi…" e vedrete che la soluzione si troverą. Basta solo onestą intellettuale e volontą politica (pardon: pastorale) e la parola-tabł "diocesidizuglio" potrą essere finalmente scritta e pronunciata anche dal settimanale diocesano e dall'establishment curiale.

Preti per la Diocesi di Złj
Una proposta con due obiettivi

Si discute sempre pił spesso e pił rassegnatamente sulla scarsitą di preti nella nostra terra. Sono ormai tantissimi i paesi senza prete, che vengono periodicamente curati da altri sacerdoti "a mieges". Tra alcuni anni anche i sacerdoti "a mieges" mancheranno e la crisi, oggi solo pre-annunciata, esploderą. Che fare? Avremo preti extra-comunitari?
Un prete "a mieges" ha fatto questo ragionamento:
- Se oggi ci fosse il prete a Cleulis a Treppo o a Ligosullo o a Valle o a Cabia o a Dierico o a Rivo o a Tualis verrebbe retribuito? "certamente" č stata la risposta della Curia.
- Allora istruiamo i laici e li mandiamo poi nelle parrocchie sguarnite, garantendo loro uno stipendio analogo a quello del prete che non c'č.
Come fare? A Udine esiste gią la Scuola Superiore di Scienze Religiose (non riconosciuta legalmente dallo Stato): ebbene si fa un accordo con la Universitą Lateranense di Roma (riconosciuta legalmente dallo Stato) in modo che chi frequenta a Udine venga fornito di una laurea in teologia, seria e attinente, valida a tutti gli effetti legali.
In questo modo si otterrebbero due risultati:
1. si garantirebbe la presenza nei paesi di una figura pastorale competente e collaborante col prete di valle;
2. si creerebbero dei posti di lavoro retribuiti.

La provincia della Carnia
 e la Diocesi di Zuglio

La glesie no ą di pretindi dal stāt ce che jź no fās

In te cunvigne su la mont, che e cjape dentri dutis lis fuarcis politichis e economichis de nestre tiere par une azion corāl a pro de mont malade, si sint dispes une sorte di lagnance dal mont gleseastic tai confronz dal mont civīl par chel che nol fās. No jč une robe di vuč. A part il fat che bisugnares finalmentri rivā a une sane laicitāt, lą che lis cuistions economichis e politichis a vegni tratadis tes sedis economichis e politichis, riservant a la glesie il compit no mancul impuartant de profezie e dal judizi, mi semee che al sares plui just e educatīf se la glesie e fases jź par prime in cjase sō ce che e spiete o e pretint che a fasin chei ātris.
Mi spieghi miei cun tun esempli.
Il vescul Battisti al č il prin vescul, te storie diocesane di Udin, che al veti capide e frontade la cuistion de lenghe e de culture. Nissun vescul prime di lui si ere insumiāt di fevelā di culture e di lenghe furlane, slave e todescje. Se lu ąn fat, al č stāt dome par improibī, come cun Rossi e Nogara. Il vescul Battisti, di cuant che al č rivāt chenti, al ą simpri domandāt, in duc' i intonos e in dutis lis ocasions, che il stāt al rispietas la peraule dade cul art. 6 de Costituzion. Lu ą berlāt ancje denant dal pape, te sō visite in Friūl.
Pūr palesant la nestre ricognossince par cheste sensibilitāt, nō j vin simpri dit che il stāt al va indenant seont i siei calcui eletorāi o la sō ideologje e duncje al pņ pensā che j torni cont scontentā i pōs par contentā i tanc'.Diferent al č il discors de glesie, che e ą di partī des categoriis dal vanzeli, che no partissin di calcui umans o di podź, ma di servizi dai ultims.
Il vescul al fās ben a fāj la predicje al stāt inadempient ma al ą di vź la cussience, la sensibilitāt, la coerence, la libertāt di rivā prime di lui pes resons profondis e imperativis dal vanzeli. Une glesie che e spiete dal stāt e no jč buine di rivā prime dal stāt e cuintri dal stāt in tune cuistion di justizie, no ą dirit di fevelā. Denant di Diu e jč plui colpevule e denant dai oms plui scandalose.

Cuant che il stāt al č plui cussient de glesie

Finalmentri il stāt talian al ą aprovade la leē su lis minorancis e o vin chel benedet o maladet timbro di legjtimazion che il Vatican al spietave par dānus il nestri dirit origjnari e inalienabil di preā cu la nestre lenghe e muse e culture. Cumņ che il stāt al ą firmāt, il Vatican nol firme. Difat o vin il lezionari pront di passe un an e no podin doprālu parceche un mone di vescul nol met la sō firme.
In chest cās, la glesie no dome no jč diferente e alternative a un stāt latitant ma e jč cetant piźs, parceche no rive cul so vanzeli lą che a rivin i calcui cinics di un stāt prevaricadōr e ignorant. A chest pont, il vescul, se al fos cunvint, libar e serio cun ce che al ą dimandāt e insegnāt di simpri, al vares di metisi de bande dal so popul e invidālu a une disubidience corāl in non dal vanzeli. Senņ nol č de nestre bande, de bande dai piēui, de bande dal vanzeli e dut ce ch'al dīs e al fās al č fum tai vōi e demagogje.
Stesse robe cu la cuistion de mont, par chel che al riguarde la part eclesiāl. La glesie di Udin e ą di jessi diferente e alternative al stāt; e ą di meti lą che lui al gjave, di onorā lą che lui al disonore, di servī lą che lui si servis, di abondā lą che lui al č scjars e inesistent. Se il stāt al fās murī in alt par concentrā in bas, la glesie e ą di gjavā in bas par tignī in vite l'alt. E vie.

La provincie de Cjargne. E la diocesi di Zui?

Si sint a dī che la province de Cjargne e sares une buine strade par podź dāj fuarce contratuāl a la mont. No soi un espert e o sai che plui si moltipliche la burocrazie e piźs al č. Perņ se di ātris bandis a fasin gnovis provinciis, no capģs il parcč che ancje chi di nō no si puedi fā chel tant. Cheste perņ e jč un sielte che e ą di fāle la int e lis struturis ministrativis e politichis dal teritori. No son cuistions religjosis. Perņ o ąi let sun tun numar dal setemanāl diocesan, il prin di lui di chest an, che la glesie e jč preocupade "perchč salta una richiesta tra le pił pressanti", la provincie cjargnele. E biel che o stavi rumiant sun chest fat, mi č rivāt un biel studi, soredut puntuāl e passionāt, di un amģ cjargnel, il dr. Alfio Englaro di Paluce. Il titul al ere significatīf: "Una legittima aspirazione della Montagna Friulana: la Diocesi di Zuglio - un fulgido passato che permea il presente".
In te sō ricjerce, il dr. Alfio al fevele di resons storichis e di motivazions socio-economichis, cun tune tabele des regjons talianis e dal rapuart fra abitanz, provinciis e diocesis. Cence fāle lungje, il Friūl V-J-, cun 1.250.000 abitanz, al ą 4 diocesis. L'Umbrie, cun 800.000, and'ą vot. La Calabrie, cun 2.000.000, and'ą dodis. L'Abruzzo, cun 1.200.000. and'ą siet e la Basilicade, cun 600.000 abitanz, and'ą sīs. "Appare quanto meno contradditorio l'atteggiamento de La Vita Cattolica che invoca la Provincia della Montagna, quando la Chiesa Udinese nega qualsiasi autonomia pastorale alla medesima Montagna, le cui Valli appaiono sempre pił lontane ed emarginate".
Il bon dotorut, ch'al č ancje un bon cristian, al prospiete cheste diocesi di Zui, "con sede a Zuglio". Cjapant dentri i 28 comuns de Cjargne (kmq 1.230, abitanz 41.000), i comuns dal Cjanāl dal Fiźr e de Valcjanāl (kmq 872, abitanz 14.000), si vares une diocesi di kmq 2,102, cun 54.000 abitanz. A la diocesi di Udin j restaressin simpri 434.000 abitanz, ben plui de int des diocesis di Ts, Go e Pn. In alternative, al dīs il nestri amģ simpri conciliant, cence rompi l'unitāt teritoriāl de diocesi di Udin, si podares optā no par un vicjari episcopāl (lu ąn ancje lis muiniis) ma par un vescul ausiliār, titolār di Zui, ch'al vīf a Zui e al ą une incariche specifiche pe pastorāl des monz. Un pont di riferiment e di colegament fra i predis e la int des monz, par frontā insieme une emergjence che e riguarde duc'. Se la glesie e ūl jessi coerente e vź autoritāt sul stāt, e ą za sot man la possibilitāt di dā la prove provade e cence nissun permes.
Il dr. Englaro, batint su la presince dal vescul a Zui, al ą metūt ancje il dźt sun tun'ātre plae. La glesie-mari, sintude come glesie e come mari, des plźfs e de int de Cjargne e jč la glesie di san Pieri e no Tumieē, sintūt plui come une glutidōr che al glot un par un duc' i paisuz. O sintivi dispes a Rualp la detule:"Al č scrit Tol-mieē, ma al tol dut".
Mi maravei che la glesie, che si fonde su la memorie dai faz e dai lūcs, no veti pensāt ancje par un moment che il lūc deputāt a rapresentā la christianitas cjargnele al č san Pieri, lą che duc' si sintin fīs e nissun no si sint discrimināt. Parcč no ąno programade almancul une celebrazion eucaristiche o un dai doi momenz de cunvigne, magari chel di sierade, preferint invezit la realtāt di Tumieē, plui comude e plui furnide di salis e salons, ma spieli dal faliment de politiche pe Cjargne? Ancje i simbui e i lūcs e ąn la lōr impuartance. Chest a varessin di savźlu soredut chei che a partegnin a une realtāt culturāl e misteriche come la glesie, che si fonde propit su la simbologje e su la sacralitāt dai lūcs.

Un vicjariāt episcopāl pes minorancis e un diretori

Ce che si domande pe int de Cjargne, il teritori plui grant e plui compat de nestre mont, al vāl ancje par chźs ātris zonis, cun in plui une sensibilitāt specifiche pe diviersitāt e peculiaritāt culturāl e lenghistiche. Al č evident che no si pņ fevelā di un avignī des zonis di ēocje slovene cence une leē di tutele pe lenghe e pe culture slovene e une pastorāl che e tegni cont di cheste peculiaritāt e ricjece. A son agns che si domande un vicjari episcopāl pes minorancis e in particolār pai slovens. Ce si spietial?
A chest proposit al va dit che no si pņ lā indenant cun cheste anarchie liturgjche, lą che un predi al dīs messe par furlan, un par talian, un par sloven, un par inglźs, un al cīr di valorizā il patrimoni liturgjc, popolār e musicāl e chel ātri al bute jł dut. Bisugne che la diocesi e buti fūr, impen di tanc' documenz inutii, un diretori liturgjc-pastorāl, che al rispiete e al onore la diviersitāt culturāl e lenghistiche e al tutele ancje lis sieltis pastorāls che a son contestadis par resons politichis o ideologjchis. Nol č pensabil che un predi al vegni tacāt dai slovens parceche al fās par talian e dai talians parceche al fās par sloven. E la stesse robe e vāl pai paīs a majorance furlane.
Un ātri criteri, ch'al parten plui al sintiment che a la teologje, al č di cirī une continuitāt pastorāl almancul di fonde. Nol č acetabil che in tun paīs lą che un predi e une comunitāt e ąn lavorāt agns e agns par incjarnā la lōr fede te lōr culture, come che a racomandin i tanc' (ancje se teorics e inaplicāz) documenz magjsteriāi, al capiti un che le pense dut diferent e in tun pār di setemanis al disfe dut.
Cuant che mi ąn fat plevan, trentedoi agns indaūr, mi ąn fat firmā une cjarte lą che mi impegnavi a tignī cont dal patrimoni artistic e di dut il furniment de glesie e de canoniche. A esistin ancje i patrimonis culturāi e religjōs, la ricjece spirtuāl, che nissun predi nol ą il dirit di alienā, brusā, soterā, eliminā. Al č un sacrilegjo, come butā par tiere lis particulis consacradis.

Par finī

O ąi volūt e cirūt di rifleti su la mont, su la sō malatie e su lis iniziativis diocesanis par ripiā une salūt forsit masse comprometude. No soi un grant espert e nancje no ąi te sachete la ressipe risolutorie. O ąi fevelāt forsit plui cul cūr che cul cjāf o, come che al dīs don Milani, cul cjāf guidāt dal cūr, dal afiet par cheste mari e cheste scune.
O ąi cirūt di salvā la buine intenzion dai organizadōrs e ancje la lōr volontāt di impiā i rifletōrs sun tune part impuartante de nestre realtāt diocesane e regjonāl par solit in penombre o in plene scuretāt.
No jentri in soluzions pratichis, che e ąn di cjatālis chei che a vivin plui di me la cotidianitāt e la (a)normalitāt di chźs zonis. In chest contest e pņ lā ben la gnove provincie e dutis chźs struturis che a judin. Plui che dā bźz, che a podaressin ancje fā deventā la int plui pegre, mi plasares che a vignissin dadis dutis chźs agjevolazions che a coventin par meti la int in condizion di autentiche paritāt. Mi riferis ai esercizis publics, ai traspuarz, ai servizis sociāi e sanitaris, a la scolarizazion. "La piźs injustizie e jč chź di tratā in maniere compagne int che no jč compagne". Lu ą dit don Milani.
Un progjet pe mont nol pņ no tignī in prin plan l'aspiet culturāl te sō globalitāt di lenghe, tradizion, usancis, musiche e vie. Al ą di jessi un progjet che al privilegje la persone, e la persone che e vīf in mont, cun atenzion dute particolār al piēul. Se si ą voe di fā un lavōr costrutīf, si ą di vź un contat sistematic cun chźs realtāz economichis e politichis a cunfin cun nō che a vivin la stesse situazion di mont e le ąn risolte cun plui sensibilitāt e inteligjence. Une regjon autonome di non e di fat e ą di rivā a imbastī un so sisteme di relazions extrateritoriāls. No rivi a capī cemūt mai che la mont e dą di vivi a la int dal puest e in plui e devente une ricjece par dute la comunitāt in Sud Tirol e in Carintie e culģ di nō e jč deventade un faliment e une tragjedie. Al ūl dī che il stāt e la regjon no san fā i conz e no ąn nissune sensibilitāt nč onestāt.
Par chel che al riguarde la glesie, prin (o plui) di fā predicjs a la comunitāt civīl, che e ciri di recuperā un rapuart positīf cu la int des monz fasint un grant esamp di cussience, domandant perdon di dut ce che e ą fat o no ą fat fin cumņ e impegnant dute la sō potenzialitāt e la sō disponibilitāt par chź int che e ą plui dibisugne e che e jč stade plui trascurade. Cun umiltāt, libertāt e creativitāt.

La vision di Ezechiel

Pal rest, o savin che la vite dai oms e dai popul e jč tes mans di Diu. Un Diu che al dą la vite e ancje la muart e che al č bon ancje di riscatānus de muart. O finis cun tun toc dramatic e profetic dal profete Ezechiel, il profete dal esili. Al č contāt tal c. 37 e al ven let come prime leture te messe dai sanz Ermacure e Furtunāt. In spirt al viōt une planure plene incolme di vues. A son secs incandīz. Il Signōr j domande:"Fī di om, puedino tornā a vivi chesc' vues?". Al rispuint:"Signōr, gno Diu, tu lu sās dome tu!". J dīs:"Profetiur ai vues e disiur:Vues incandīz, scoltait la peraule dal Signōr. Il Signōr, gno Diu, ur dīs cussģ a di chesc' vues: Ve', jo us metarai dentri il spirt e o vivareis. us darai i gners, us fasarai cressi la cjār e o slagjarai parorevie la piel; po us darai il spirt e o vivareis. O ricognossareis che jo o soi il Signōr".
No bastin i vues, vadģ la part matereāl, e nancje i gners e la piel, vadģ lis struturis e dutis chźs provedencis che un popul al ą dirit di vź pal fat di jessi popul e di jessi debul. Par vivi al covente il spirt. Il spirt dai cjargnei e de int des nestris monz, che e ąn mostrāt di vź tai tanc' momenz dificii di une storie ingredeade e intrigade e che salacōr une certe bondance di palanchis e di comoditāz e ą fat smamī. Un spirt che al cjape dentri l'inteligjence, la volontāt, la determinazion, l'ostinazion, la voe di vivi e di lā indenant. Un spirt che al cjape dentri ancje la religjon, il rapuart filiāl cun Diu, il rapuart vitāl cui nestris muarz che cu la lōr fadie e la lōr virtūt e ąn santificade la nestre mont. Un spirt di fiducie in se stes e ancje in tal avignī, savint che il Signōr nol siere mai dutis lis puartis e al compagne cu la sō provedence i popui te strade che lui al ą distinade tal so progjet di vite e di misericordie.


Visepente, ai 23 di otubar dal 2000, tal complean di mź mari Eline, di Davai.
pre Antoni Beline

 

(versione in italiano)

LA CHIESA NON PUO' PRETENDERE DALLO STATO QUELLO CHE LEI NON FA

Nel convegno sulla montagna, che prende dentro tutte le forze politiche ed economiche della nostra terra per una azione corale a favore della montagna ammalata, si sente spesso una sorta di lamento del mondo ecclesiastico nei confronti del mondo civile per quello che non fa. Non č cosa di oggi. A parte il fatto che bisognerebbe finalmente arrivare ad una sana laicitą, lą dove le questioni economiche e politiche vengono trattate nelle sedi economiche e politiche, riservando alla chiesa il compito non meno importante di profezia e di giudizio, mi sembra che sarebbe pił giusto e educativo se la chiesa facesse per prima in casa sua ciņ che le spetta o pretende che facciano gli altri.

Mi spiego meglio con un esempio.

Il vescovo Battisti č il primo vescovo, nella storia diocesana di Udine, che abbia capito e affrontato la questione della lingua e della cultura. Nessun vescovo prima di lui si era sognato di parlare di cultura e di lingua friulana, slava e tedesca. Se lo hanno fatto, č stato solo per proibire, come con Rossi e Nogara. Il vescovo Battisti, da quando č arrivato qui, ha sempre chiesto, in tutti i toni e in tutte le occasioni, che lo stato rispettasse la parola data con l'art. 6 della Costituzione. Lo ha gridato anche davanti al papa, nella sua visita in Friuli.

Pur palesando la nostra riconoscenza per questa sensibilitą, noi abbiamo sempre detto che lo stato va avanti secondo i suoi calcoli elettorali o la sua ideologia e dunque puņ pensare che gli convenga scontentare i pochi per accontentare i tanti. Diverso č il discorso della chiesa, che deve partire dalle categorie del vangelo, che non partono da calcoli umani o di potere ma dal servizio agli ultimi.

Il vescovo fa bene a fare la predica allo stato inadempiente ma deve avere la coscienza, la sensibilitą. La coerenza, la libertą di arrivare prima di lui per ragioni profonde e imperative del vangelo. Una chiesa che aspetta dallo stato non č buona di arrivare prima dello stato e contro lo stato in una questione di giustizia, non ha diritto di parlare. Davanti a Dio č pił colpevole e davanti agli uomini pił scandalosa.

QUANDO LO STATO E' PIU' COSCIENTE DELLA CHIESA

Finalmente lo stato italiano ha approvato la legge delle minoranze e abbiamo quel benedetto o maledetto timbro di legittimazione che il Vaticano aspettava per darci il nostro diritto originario e inalienabile di pregare con la nostra lingua e faccia e cultura. Adesso che lo stato ha firmato, il Vaticano non firma. Infatti abbiamo il lezionario pronto da pił di un anno e non possiamo adoperarlo perché un vescovo qualsiasi non mette la sua firma.

In questo caso, la chiesa non solo non č diversa e alternativa a uno stato latitante ma č ancora peggio, perché non arriva con il suo vangelo lą dove arrivano i calcoli cinici di uno stato prevaricatore ed ignorante. A questo punto, il nostro vescovo, se fosse convinto, libero e serio con quello che ha chiesto e insegnato da sempre, dovrebbe mettersi dalla parte del suo popolo e invitarlo a una disobbedienza corale in nome del vangelo. Altrimenti non č dalla nostra parte, dalla parte dei piccoli, dalla parte del vangelo e tutto quello che dice e fa č fumo negli occhi e demagogia.

Stessa cosa con la questione della montagna, per quello che riguarda la parte ecclesiale. La chiesa di Udine deve essere diversa e alternativa allo stato; deve mettere dove lo stato leva, onorare dove lui disonora, servire dove lui si serve, abbondare dove lui č scarso e inesistente. Se lo stato fa morire in alto per concentrare in basso, la chiesa deve togliere in basso per tenere in vita l'alto. E avanti.

LA PROVINCIA DELLA CARNIA. E LA DIOCESI DI ZUGLIO?

Si sente dire che la provincia della Carnia sarebbe una buona strada per poter dare forza contrattuale alla montagna. Non sono un esperto e so che pił si moltiplica la burocrazia e peggio é. Perņ se da altre parti fanno nuove province, non capisco perché anche qui da noi non si possa fare altrettanto. Questa perņ č una scelta che deve farla la gente e le strutture amministrative e politiche del territorio. Non sono questioni religiose. Perņ ho letto su un numero del settimanale diocesano, il primo Luglio di quest'anno, che "la chiesa č preoccupata perché salta una richiesta tra le pił pressanti", la provincia della Carnia. E mentre stavo rimuginando su questo fatto, mi č arrivato un bello studio, soprattutto puntuale e passionale, di un amico carnico, il dr. Alfio Englaro di Paluzza. Il titolo era significativo: "Una legittima aspirazione della Montagna Friulana: la Diocesi di Zuglio - un fulgido passato che permea il presente".

Nella sua ricerca, il dr. Alfio parla di ragioni storiche e di motivazioni socio-economiche e presenta una tabella di regioni italiane e del rapporto fra abitanti, provincie e diocesi.
Senza farla lunga, il Friuli V-J-, con 1.250.000 abitanti, ha 4 diocesi. L'Umbria, con 800.000, ne ha 8. La Calabria, con 2.000.000, ne ha dodici… L'Abruzzo, con 1.200.000, ne ha sette e la Basilicata, con 600.000 abitanti, ne ha sei.
"Appare quanto meno contradditorio l'atteggiamento de la Vita Cattolica che invoca la Provincia della Montagna, quando la Chiesa Udinese nega qualsiasi autonomia pastorale alla medesima Montagna, le cui Valli appaiono sempre pił lontane ed emarginate".

Il dr. Englaro, che č anche un buon cristiano, prospetta questa diocesi di Zuglio, "con sede a Zuglio", prendendo dentro i 28 comuni della Carnia (kmq 1.230, abitanti 41.000), i comuni del Canal del Ferro e di Valcanale (kmq 872, abitanti 14.000), si avrebbe una diocesi di kmq 2,102, con 54.000 abitanti.
Alla diocesi di Udine resterebbero sempre 434.000 abitanti, ben pił della gente delle diocesi di Ts, Go e Pn. In alternativa, dice il nostro amico sempre conciliante, senza rompere l'unitą territoriale della diocesi di Udine, si potrebbe optare non per un vicario episcopale (lo hanno anche le suore) ma per un vescovo ausiliare, titolare di Zuglio, che vive a Zuglio e ha un incarico specifico per la pastorale delle montagne. Un punto di riferimento e di collegamento fra i preti e la gente delle montagne, per affrontare insieme una emergenza che riguarda tutti. Se la chiesa vuol essere coerente e avere autoritą sullo stato, ha gią sotto mano la possibilitą di dare la prova provata e senza nessun permesso.

Il dr. Englaro, battendo sulla presenza del vescovo a Zuglio, ha messo anche il dito su un'altra piaga. La chiesa-madre, sentita come chiesa e come madre, delle pievi e della gente della Carnia č la chiesa di San Pietro (nota, qui non si capisce chi č questo pietro) e no Tolmezzo, sentito pił come un imbuto che inghiotte uno ad uno tutti i paesetti. Sentivo spesso a Rualp il detto: "Al č scrit Tol-mieē, ma al tol dut" ( ) ("E' scritto Tol-mezzo, ma tol-tutto).

Mi meraviglio che la chiesa, che si fonda sulla memoria dei fatti e dei luoghi, non abbia pensato anche per un momento che il luogo deputato a rappresentare la cristianitą carnica č San Pietro, la dove tutti si sentono figli e nessuno si sente discriminato. Perché non hanno programmato almeno una celebrazione eucaristica o uno dei due momenti del convegno, magari quello di chiusura, preferendo invece la realtą di Tolmezzo, pił comoda e pił fornita di sale e saloni, ma specchio del fallimento della politica per la Carnia? Anche i simboli e i luoghi hanno la loro importanza. Questo dovrebbero saperlo soprattutto quelli che appartengono a una realtą culturale e misteriche come la chiesa, che si fonda proprio sulla simbologia e sulla sacralitą dei luoghi.

UN VICARIATO EPISCOPALE PER LE MINORANZE E UN DIRETTORIO

Quello che si chiede per la gente della Carnia, il territorio pił grande e pił compatto della nostra montagna, vale anche per quelle altre zone, con in pił una sensibilitą specifica per la diversitą e peculiaritą culturale e linguistica. E' evidente che non si puņ parlare di un avvenire delle zone di ceppo sloveno senza una legge di tutela per la lingua e per la cultura slovena e una pastorale che tenga conto di queste peculiaritą e ricchezza. Sono anni che si chiede un vicariato episcopale per le minoranze e in particolare per gli sloveni. Cosa si aspetta?

A questo proposito va detto che non si puņ andare avanti con questa anarchia liturgica, dove un prete dice messa per friulano, uno per italiano, uno per svoleno, uno per inglese, uno cerca di valorizzare il patrimonio liturgico, popolare e musicale e l'altro butta gił tutto. Bisogna che la diocesi butti fuori, in luogo di tanti documenti inutili, un direttorio liturgico-pastorale, che rispettando e onorando la diversitą culturale e linguistica, tuteli anche le scelte pastorali che sono contestate per ragioni politiche o ideologiche. Non č pensabile che un prete venga accusato di filo-slavo perché dice messa in sloveno e filo-italiano perché dice messa in italiano in italiano. E la stessa cosa vale per i paesi a maggioranza friulana.

Un altro criterio, che appartiene pił al sentiment che alla teologia, č il cercare una continuitą pastorale almeno di fondo. Non č accettabile che in un paese dove un prete e una comunitą hanno lavorato anni e anni per incarnare la loro fede nella loro cultura, come raccomandano in tanti (anche se teorici e irrealizzati) documenti magisteriali, capiti uno che pensa tutto diversamente e in un paio di settimane disfa tutto.

Quando mi hanno fatto parroco, trentadue anni fa, mi hanno fatto firmare una carta dove mi impegnavo a tener conto del patrimonio artistico e di tutto l'arredo della chiesa e della canonica. Esistono anche i patrimoni culturali e religiosi, la ricchezza spirituale, che nessun prete ha il diritto di alienare, bruciare, sotterrare, eliminare. E' un sacrilegio, come buttare a terra le particole consacrate.

PER FINIRE

Ho voluto e cercato di riflettere sulla montagna, sulla sua malattia e sulle iniziative diocesane per recuperare una salute forse troppo compromessa. Non sono un grande esperto e neanche ho in tasca la ricetta risolutrice. Ho parlato forse pił con il cuore che con la testa o, come dice don Milani, con la testa guidata dal cuore, dall'affetto per questa madre e questa culla.

Ho cercato di salvare la buona intenzione degli organizzatori e anche la loro volontą di accendere i riflettori su una parte importante della nostra realtą diocesana e regionale per solito in penombra o in piena oscuritą.

Non entro in soluzioni pratiche, che devono trovare quelli che vivono pił di me la quotidianitą e la (a)normalitą di quelle zone. In questo contesto puņ andare bene la nuova provincia e tutte quelle strutture che aiutano. Pił che dare soldi, che potrebbero anche far diventare la gente pił pigra, mi piacerebbe che venissero date tutte quelle agevolazioni che occorrono per mettere la gente in condizione di autentica paritą. Mi riferisco agli esercizi pubblici, ai trasporti, ai servizi sociali e sanitari, alla scolarizzazione. "La peggior ingiustizia é quella di trattare in maniera uguale gente che non č uguale". L'ha detto don Milani.

Un progetto per la montagna non puņ non tener in primo piano l'aspetto culturale nella sua globalitą di lingua, tradizione, usanze, musica, ecc. Deve essere un progetto che privilegia la persona, e la persona che vive in montagna, con attenzione tutta particolare al piccolo. Se si vuole fare un lavoro costruttivo, si deve avere un contatto sistematico con quelle realtą economiche e politiche che confinano con noi e che vivono le stesse situazioni di montagna e le hanno risolte con pił sensibilitą e intelligenza.
Una regione autonoma di nome e di fatto deve arrivare a imbastire un suo sistema di relazioni extraterritoriali. Non arrivo a capire come mai la montagna dą da vivere alla gente del posto e in pił diventa una ricchezza per tutta la comunitą in Sud Tirolo e in Carinzia e qui da noi č diventata un fallimento e una tragedia. Vuol dire che lo stato e la regione non sanno fare i conti e non hanno nessuna sensibilitą, né onestą.

Per quello che riguarda la chiesa, prima (o pił) di fare prediche alla comunitą civile, cerchi di recuperare un rapporto positivo con la gente delle montagne facendo un grande esame di coscienza, domandando perdono di tutto quello che ha fatto o non ha fatto fino adesso e impegnando tutta la sua potenzialitą e la sua disponibilitą per quella gente che ha pił bisogno e che č stata pił trascurata.
Con umiltą, libertą e creativitą.

LA VISIONE DI EZECHIELE

Del resto, sappiamo che la vita degli uomini e dei popoli č nelle mani di Dio.
Un Dio che dą la vita e anche la morte e che č buono anche di riscattarci dalla morte. Finisco con un pezzo drammatico e profetico del profeta Ezechiele, il profeta dell'esilio. E' raccontato nel c. 37 e viene letto come prima lettura nella messa dei santi Ermacora e Fortunato. In sogno vede una pianura piena zeppa di ossa. Sono secche stecchite. Il Signore gli domanda: "Figlio dell'uomo, possono tornare a vivere queste ossa?". Risponde: "Signore, mio Dio, lo sai solo tu!". Gli dice: "Parla alle ossa e dģ: Ossa stecchite, ascoltate la parola del Signore. Il Signore, mio Dio, dice cosģ a queste ossa: Guardate, io vi metterņ dentro lo spirito e vivrete, vi darņ i nervi, vi farņ crescere la carne e allargherņ sopra la pelle; poi vi darņ lo spirito e vivrete. Riconoscerete che io sono il Signore".

Non bastano le ossa, cioé la parte meteriale, e nemmeno i nervi e la pelle, cioč le strutture e tutte quelle previdenze che un popolo ha diritto di avere per il fatto di essere popolo e essere debole. Per vivere occorre lo spirito. Lo spirito dei carnici e della gente delle nostre montagne, che hanno dimostrato di avere nei tanti momenti difficili di una storia ingarbugliata e intrigata e che forse una certa abbondanza di denaro e di comoditą ha fatto svanire. Uno spirito che prende dentro l'intelligenza, la volontą, la determinazione, l'ostinazione, la voglia di vivere e di andare avanti. Uno spirito che prende dentro anche la religione, il rapporto filiale con Dio, il rapporto vitale con i nostri morti che con la loro fatica e la loro virtł hanno santificato la nostra montagna. Uno spirito di fiducia in se stessi e anche nell'avvenire, sapendo che il Signore non chiude mai tutte le porte e accompagna con la sua provvidenza i popoli nella strada che lui ha destinato nel suo progetto di vita e di misericordia.

Basaliapenta 23 ottobre 2000

Antonio Bellina

(tratto da un lavoro inedito)

UN TETTO BUGIARDO CHE COPRE VERGOGNE

Per la storia del tetto della Chiesa Matrice di Carnia per il momento mi limito a riassumerla per sommi capi. Alla fine degli anni novanta le autoritą preposte deliberano il restauro conservativo della copertura della chiesa di S. Pietro in Carnia ed affidano la direzione dei lavori ad un architetto che obiettivamente farebbe meglio a fare il garzone in una pescheria.
Una mattina i carnici alzano lo sguardo verso la loro bella chiesa e scoprono che il tetto in scandole invetriate di colore verde č stato sostituito da un ben pił misero manufatto in scandole in laterizio e nemmeno invecchiate chimicamente, in poche parole ora quel povero tetto assomiglia ad un giubbotto di salvataggio immerso nel verde. Ovviamente le proteste pił o meno vibrate si sono levate da pił parti e le giustificazioni per un simile scempio sono state al limite del grottesco, non ultima che il rifarlo come prima sarebbe stato troppo oneroso....... Alla fine il summenzionato architetto se ne esce con l'ennesima tesi degna del miglior "teatro dell'assurdo" vale a dire che durante uno dei suoi sopralluoghi ha rinvenuto delle scandole in laterizio marcate 1700 per cui il tetto andava rifatto cosģ, a fronte di una simile geniale trovata potremmo dedurre che la facciata marmorea del Duomo di Milano andrebbe rimossa perchč pił o meno alla stessa epoca risultava composta unicamente di mattoni faccia a vista. Probabilmente al meschino non č neanche passato per la testa che i nostri vecchi avendo fatto una relativa fortuna commerciando con l'Europa possano aver deciso come atto devozionale di ornare la loro Chiesa Madre con una copertura degna delle meraviglie viste durante i loro viaggi. Morale il tetto arancio č ancora lģ e nessuno ne parla pił anzi ormai probabilmente per occhi meno sensibili dei miei č sempre stato di quel colore. Comunque io vedo in tutto questo una brutta forma di colonialismo culturale iniqua quanto quella di attribuire il titolo di "Vescovo di Zuglio" a dei prelati africani. Questo in sintesi č il caso che volevo segnalare.
PIER GAETANO SALDARI

home.gif (2935 bytes)

 

divider.gif (415 bytes)
Cjargne Online 1999-2001© - Associazione culturale Ciberterra - Responsabile Giorgio Plazzotta
I contenuti presenti in questo sito sono di proprietą degli autori - Tutti i diritti riservati - All rights reserved