(PRIMI 10 INTERVENTI)
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Una
singolare carriera ecclesiastica
KIPKOECH
ARAP ALFRED
Da včscul di Zuj a vescovo militare del
Kenya
Il penultimo vescovo titolare di Zuglio era stato il kenyano
Kipkoech Arap Rotich Alfred che pur lavorando in Vaticano, non era mai stato a
visitare la chiesa cattedrale di S. Pietro di Carnia nei tre anni della sua
titolaritą (1996-99). Oggi mons. Alfred Kipkoech Arap Rotich č stato nominato
Vescovo castrense (cioč Ordinario Militare) del suo paese, il Kenya, e fa parte
dell'Ufficio Centrale di Coordinamento Pastorale degli Ordinariati Militari
presso la S. Sede. Questa singolare carriera pastoral-militare nell'esercito del
suo Paese (ricordiamo appena le guerre fratricide e tribali dell'Africa) suscita
qualche ulteriore velata perplessitą circa l'utilizzo che viene oggi fatto del
titolo di Zuglio. Speriamo che l'attuale titolare di Zuglio, mons. Mario Zenari,
attualmente nunzio apostolico, possa perseguire una carriera pił pastoralmente
vicina al Vangelo e si ricordi della Carnia della cui sede episcopale egli č
oggi ancora il titolare.
Una
grande manifestazione di popolo
SCENSCE
DOIMIL A S. PIERI
Cose mai viste, cose mai scritte
La festa dell'Ascensione del 4 giugno 2000 sul colle di S.
Pietro, ha registrato alcuni fatti singolari dapprima mai visti. Ricordiamoli
insieme brevemente:
1- La folla: mai prima si era visto un tale concorso di popolo (c'č chi
parla di 4.000 persone, chi di 2.500); comunque sia, tutti sono stati concordi
nel ritenere eccezionale l'affluenza di fedeli per questa SCENSE 2000.
2- Le croci astili: mai prima d'ora si era visto un cosģ elevato numero
di croci provenienti non solo da tutta la Carnia (e questa č la prima volta in
assoluto) ma anche dal Friuli collinare e della pianura. Uno sventolio di mille
nastri hanno reso luminosa e indimenticabile la giornata.
3- I due vescovi: gią era successo che a questa importante festa di
Carnia, assistesse l'Arcivescovo di Udine (alla cui Diocesi appartiene anche la
Carnia), mai perņ era stato presente contemporaneamente anche il titolare della
cattedra vescovile di Zuglio. Infatti S.E. mons. Mario Zenari, attuale vescovo
di Zuglio e Nunzio Apostolico in Costa d'Avorio, č rimasto vivamente
impressionato non solo dalla gente convenuta ma soprattutto dalla singolaritą e
intensitą della cerimonia.
4- I preti: mai prima d'ora aveva assistito alla tradizionale cerimonia
un numero cosģ elevato di sacerdoti. Infatti oltre ai cosiddetti canonici di S.
Pietro, erano presenti quasi tutti i preti di Carnia; l'Arcidiacono di Tolmezzo
primo tra tutti e primo concelebrante dopo i due vescovi.
5- Le autoritą: mai prima d'ora avevano ufficialmente presenziato
autoritą cosģ numerose e di alto rango. In rappresentanza di tutto il
Consiglio Regionale, il Presidente Antonio Martini; in rappresentanza della
Giunta regionale, l'assessore Renzo Tondo. Poi sindaci, consiglieri e il
telegramma del sen. Francesco Moro, trattenuto a Roma da impegni politici.
6- I doni: il presidente Antonio Martini, con atto altamente
significativo, ha donato al vescovo di Zuglio, S.E. mons Mario Zenari una croce
d'oro di Aquileia; a mons. Alfredo Battisti una croce d'oro longobarda. Due doni
carichi di suggestione e di presentimenti. E forse di speranza.
Ebbene il settimanale diocesano LA VITA CATTOLICA, nel
numero 23 del 10 giugno 2000, ha relegato questo importante avvenimento in 20°
pagina, dandogli uno spazio pari al problema dei rifiuti di Coseano. Non solo,
ma in questo breve articoletto e con inspiegabile reticenza, non si
nomina neppure una delle 6 cose straordinarie sopra riportate. Del
vescovo Zenari non si fa neppure menzione (per la VITA CATTOLICA non č mai
stato a Zuglio); cosģ dicasi per il presidente Antonio Martini, l'assessore
Tondo ecc. Tutto l'articoletto č stato incentrato solo sulla omelia di mons.
Battisti che ha nuovamente invitato la Carnia ad "alzarsi in piedi" e
che ha annunciato un altro Convegno sulla Montagna per il prossimo autunno. Per
la VITA CATTOLICA insomma la SCENSE DAL DOIMIL č stata come tutte le altre: una
rimpatriata di carnici nostalgici e piagnucoloni, che devono essere rincuorati
dal loro vescovo. Chi c'era, sa che non č stato cosģ.
Una
legittima aspirazione della Carnia
LA
DIOCESI DI ZŚJ
Un fulgido passato che permea il presente
Solitamente, noi siamo abituati a pensare ad una Diocesi che
coincida grossomodo con i confini di una Provincia e diamo per scontato che,
salvo rarissime eccezioni, vi sia un Vescovo per ogni provincia, come accade ad
esempio nel Friuli-VG, dove a 4 provincie corrispondono sostanzialmente 4
diocesi. Ecco invece qual č la geografia ecclesiastica italiana:
REGIONE
|
Abitanti
|
Provincie
|
Diocesi
|
ABRUZZO
|
1.200.000
|
4
|
7
|
BASILICATA
|
600.000
|
2
|
6
|
CALABRIA
|
2.000.000
|
5
|
12
|
CAMPANIA
|
5.400.000
|
5
|
25
|
EMILIA
|
3.900.000
|
9
|
15
|
LAZIO
|
5.000.000
|
5
|
20
|
LIGURIA
|
1.670.000
|
4
|
7
|
LOMBARDIA
|
8.900.000
|
11
|
10
|
MARCHE
|
1.400.000
|
4
|
13
|
MOLISE
|
300.000
|
2
|
4
|
PIEMONTE
|
4.300.000
|
8
|
17
|
PUGLIA
|
4.000.000
|
5
|
19
|
SARDEGNA
|
1.600.000
|
5
|
10
|
SICILIA
|
5.000.000
|
9
|
18
|
TOSCANA
|
3.500.000
|
10
|
18
|
UMBRIA
|
800.000
|
2
|
8
|
VALLE
AOSTA
|
120.000
|
1
|
1
|
FRIULI
V.G.
|
1.250.000
|
4
|
4
|
VENETO
|
4.400.000
|
7
|
9
|
TRENTINO-A.A
|
900.000
|
2
|
2
|
Queste vistose anomalie della geografia ecclesiastica
centro-meridionale vengono giustificate con la millenaria tradizione cristiana
che in quelle terre aveva costituito durante il Medio Evo una miriade di
minuscoli vescovadi tuttora esistenti e per nulla intenzionati ad accettare le
ragionevoli semplificazioni e gli accorpamenti proposti con saggezza
continuamente dal Vaticano. Una tale sovrannumeraria presenza di vescovi nel
centro-sud si ripercuote conseguentemente in tutte le organizzazioni della CEI e
stimola confronti.
Analizziamo ora pił da vicino le Diocesi della regione FVG:
|
Kmq
|
Abitanti
|
Parrocchie
|
Preti
|
TRIESTE
|
134
|
260.000
|
60
|
107
|
GORIZIA
|
1.030
|
180.000
|
90
|
123
|
CONCORDIA-PORDENONE
|
2.675
|
340.000
|
188
|
281
|
UDINE
|
4.726
|
488.000
|
373
|
419
|
(Annuario Pontificio 1999)
L' Arcidiocesi di Udine, con i suoi 488.245 abitanti ed il suo vastissimo
territorio (Kmq 4.726) che va dalle Alpi al mare (da Sappada a Lignano
Sabbiadoro vi č una distanza di km 156 con percorrenza automobilistica di h 2,
35'), č tra le grandi diocesi italiane per abitanti, ed č la terza per
estensione della superficie (dopo le due Macro-diocesi montagnose del
Trentino-Sud Tirolo, vaste sģ, ma omogenee sia economicamente che
orograficamente). La Diocesi di Milano pur avendo oltre 5 milioni di abitanti,
ha una estensione minore (Kmq 4.243) e ben 7 vescovi ausiliari, oltre al
cardinale arcivescovo.
L'Arcivescovo di Udine, seppure armato di tanta buona volontą e sorretto da
incrollabile fede, non riesce pił fisicamente a svolgere il suo ministero
pastorale nelle 373 parrocchie in maniera adeguata, incisiva e capillare (come
invece possono fare altri vescovi, il cui territorio č pił limitato e
omogeneo), ma č quasi costretto a trascurare le realtą pił periferiche ed
emarginate, la Montagna, che risente ovviamente di questa situazione di
oggettivo abbandono nella quale si ritrova pure il clero, spesso solo e
demotivato, volendo usare degli eufemismi.
Aspetti storici
Coesistono perņ anche motivazioni storiche che sarebbero in
grado di sostenere la legittimitą di una Diocesi della Montagna Friulana,
avente Zuglio come sede titolare. Queste motivazioni riposano su dati
incontestabili che derivano da una attenta lettura della nostra Storia:
- L'evangelizzazione di Aquileia, pur in assenza di sicuri documenti relativi ai
primi due secoli che la confermino, avviene verosimilmente per opera
dell'apostolo ed evangelista Marco ("interpres Petri", interprete e
scrivano di Pietro): lo attesta indirettamente anche San Paolino di Aquileia in
un suo famoso Inno in onore di S. Marco ("Iam nunc per omne"), in cui
dice nella 5° strofa "Sic a beato Petro missu
" riferendosi appunto
a S. Marco evangelizzatore di Aquileia, inviato da Pietro. Il Cristianesimo
raggiunge poi, attraverso la via Julia Augusta, anche il municipium di Forum
Julium Carnicum, fondato (da Giulio Cesare?) verso il 50. a.C., la cui giurisdizione
territoriale, "agro", č limitata a nord dalle Alpi, a est dal
fiume Torre, a sud dalle colline moreniche e ad ovest comprende il Cadore.
Presso Alleghe, a settentrione del monte Civetta, sono state rinvenute, nel
1938, tre iscrizioni confinarie incise su roccia. La prima fu scoperta sul
versante sud-orientale del monte Codai e la seconda sul versante settentrionale;
recano il seguente testo: FIN(es)/ BEL(lunatorum) JUL(iensium). La terza
iscrizione, su una parete del monte Fernazza, era in due righe ma vi č rimasta
una tenue traccia cosģ ricostruita: FIN(es) (I)V (I.Bellunatorum). La
interpretazione di E Ghislanzoni č univoca: questi territori facevano parte
dell'agro di Julium Carnicum (V. Dreosto, Autonomia e sottomissione in Friuli,
Del Bianco 1997).
- il primo vescovo di Forum Julium Carnicum (Zuglio) ricordato fin dal 490 č un
certo Januario. E' tempo di invasioni barbariche (Unni, Vandali, Ostrogoti
) e
il potere romano gią in forte declino, č ormai caduto. Unico punto di
riferimento resta il vescovo, la cui giurisdizione episcopale ricalca
l'antico "agro" romano municipale di Forum Julium Carnicum (vedi
sopra).
- Nel 576 il vescovo di Zuglio, Massenzio, č citato tra i vescovi
partecipanti al Concilio di Grado e nel 589 lo ritroviamo al Sinodo di Merano.
- Sotto il dominio longobardo, il vescovo di Zuglio Fidenzio, si trasferisce
nella capitale longobarda del Friuli, Civitas Austriae (poi chiamata
Cividale), sia perché Zuglio sta attraversando un periodo di decadenza ed č
pericolosamente esposta a nuove invasione da Nord, sia perché il Duca
longobardo desidera un vescovo residente nella sua capitale.
- Nel 732, il vescovo di Zuglio Amatore (suffraganeo del Patriarca di
Aquileia), che risiede sempre in Civitas Austriae, viene da lģ cacciato
dal Patriarca stesso, Callisto, che trasferisce definitivamente la sua residenza
patriarcale dalla modesta Cormones alla fiorente Civitas Austriae, capitale del
Ducato. Il duca longobardo Pemmone perņ si oppone a questo sopruso del
Patriarca nei confronti del vescovo zugliese Amatore e lo imprigiona nel
castello di Duino da dove "lo voleva gettare in mare" (Paolo Diacono,
"Historia Langobardorum", VI: 51). Il re longobardo Liutprando perņ
non accetta il comportamento del suo Duca nei confronti del Patriarca e
interviene liberando il suo amico Callisto Patriarca; destituisce Pemmone e
assegna il Ducato del Friuli al di lui figlio Ratchis.
- A seguito di ciņ, non si parla pił di un vescovo di Zuglio; nel 744
viene probabilmente soppressa la Diocesi di Zuglio (il cui territorio
corrispondeva sempre all'antico "agro" romano di Julium Carnicum) che
viene inglobata nella grande Diocesi di Aquileia, il cui Patriarcato
(unione di pił diocesi suffraganee o soggette) č gią vastissimo, comprendendo
le seguenti regioni: Venezie ed Istria, i due Norici, la Rezia Seconda e la
Pannonia superiore. Il Patriarcato di Aquileia si estendeva quindi a mezzodģ
sino al Po ed al mare Adriatico; ad occidente fino al corso dell'Adige
(inglobando anche il vescovado di Como); a nord fino al Danubio che era il
confine settentrionale sino a Lorch (Lauriacum); all'oriente comprendeva tutto
il terreno montuoso dell'Austria, della Stiria e della Carniola sino al Quarnaro.
(Pio Paschini, "San Paolino Patriarca e la Chiesa Aquileiese alla fine del
sec. VIII", Udine 1906).
- La Diocesi di Zuglio cessa pertanto di esistere pił per motivazioni di
carattere politico che per necessitą pastorali. Il vescovado di Zuglio
viene trasformato in Prepositura, con un Capitolo di 8 canonici guidati dal
Preposito, al quale vengono lasciati alcuni diritti "vescovili", tra
cui il diritto di "placito"(tribunale per controversie
ecclesiastiche).
- Successivamente la chiesa cattedrale di S. Pietro di Zuglio (sede della
cattedra vescovile) diventerą Pieve (la prima della Carnia ed una delle
pił antiche dell'intero Friuli) cioč centro propulsore di cultura e di vita
cristiana, dalla quale origineranno poi altre chiese filiali (Paluzza, Sutrio,
Piano, Rivalpo-Valle, Cadunea, Cedarchis e Fielis).
- Il 6 luglio 1751, con la bolla papale "Injuncta nobis",
Benedetto XIV sopprime la Diocesi (ed il Patriarcato) di Aquileia e istituisce
due Arcivescovadi di pari dignitą: quello di Udine (con le diocesi suffraganee
di Feltre-Belluno, Capodistria, Ceneda, Cittanova, Concordia, Padova, Pola,
Treviso, Verona e Vicenza) resta sotto il Dominio di Venezia; quello di Gorizia
(con le diocesi suffraganee di Como, Pedena, Trento e Trieste) sotto l'Austria.
Il territorio della antica Diocesi di Zuglio rimane parte integrante della
Arcidiocesi di Udine.
Motivazioni
socio-economiche
Vi sono in effetti anche motivazioni di tipo socio-economico
che orienterebbero verso un processo di "visibilizzazione" della
Carnia. Questa particolare realtą montuosa, avente caratteristiche peculiari,
all'interno della vasta Arcidiocesi Udinese (e della stessa Provincia di Udine),
viene ora "nascosta" e confusa nel vasto territorio friulano, che
presenta zone estremamente disomogenee dal punto di vista socio-economico. Per
immediatamente comprendere la situazione della Carnia rispetto alla Provincia di
Udine, č sufficiente scorrere i dati del reddito medio pro capite 1998, dei
28 comuni di Carnia all'interno dei 137 Comuni della provincia:
4°
|
SAURIS
|
26.540.000
|
|
95°
|
ZUGLIO
|
16.150.000
|
8°
|
TOLMEZZO
|
24.030.000
|
|
101°
|
VERZEGNIS
|
15.670.000
|
10°
|
VILLA
SANTINA
|
23.880.000
|
|
109°
|
ENEMONZO
|
14.820.000
|
31°
|
AMARO
|
20.701.000
|
|
114°
|
ARTA
TERME
|
14.010.000
|
33°
|
COMEGLIANS
|
20.640.000
|
|
115°
|
PALUZZA
|
13.880.000
|
41°
|
FORNI
SOTTO
|
19.850.000
|
|
119°
|
FORNI
DI SOPRA
|
13.340.000
|
56°
|
OVARO
|
18.970.000
|
|
120°
|
PAULARO
|
13.100.000
|
67°
|
RIGOLATO
|
18.230.000
|
|
121°
|
LAUCO
|
13.070.000
|
69°
|
AMPEZZO
|
18.160.000
|
|
123°
|
SOCCHIEVE
|
12.780.000
|
76°
|
PRATO
CARNICO
|
17.500.000
|
|
125°
|
CAVAZZO
C.
|
12.650.000
|
83°
|
SUTRIO
|
17.220.000
|
|
128°
|
TREPPO
C.
|
12.120.000
|
84°
|
CERCIVENTO
|
17.200.000
|
|
129°
|
RAVEO
|
11.820-000
|
93°
|
FORNI
AVOLTRI
|
16.300.000
|
|
131°
|
LIGOSULLO
|
11.140.000
|
94°
|
RAVASCLETTO
|
16.220.000
|
|
132°
|
PREONE
|
10.890.000
|
Mentre il Reddito medio annuo della provincia di Udine č di
L. 25.590.000 pro capite, in Carnia il reddito medio pro-capite č stato di
neppure 16.000.000 di lire. Come si vede, la settentrionale Carnia rappresenta
bene il "meridione" dell' Arcidiocesi e della Provincia di Udine, e
forse dell'intero Nord Italia .
Quale Diocesi oggi?
Una eventuale ripristinata Diocesi di Zuglio (con sede in
Zuglio) potrebbe comprendere, di base, i 28 comuni della Carnia (Kmq 1.230;
abitanti 41.000). A questa zona, omogenea per cultura-tradizioni-geografia-storia,
potrebbero essere aggregati anche i Comuni del Canale del Ferro e della Val
Canale (Tarvisio, Pontebba, Malborghetto, Dogna, Resia, Resiutta, Chiusaforte e
Moggio per un totale di: Kmq 872; abitanti 14.000), zona affine alla Carnia per
geografia, storia, lingua. Una Diocesi cosģ configurata avrebbe le seguenti
caratteristiche: Kmq 2.102; abitanti 54.000; confinerebbe a Est con la Slovenia,
a Nord con l'Austria, a Ovest con la provincia di Belluno e a Sud sarebbe
limitata dalla trasversale pedemontana. Una realtą etno-geografica assai
omogenea e ben individuata. L'Arcidiocesi di Udine, pur perdendo kmq 2.102 (con
bassissima densitą di abitanti), conserverebbe tuttavia una consistente
popolazione di ancora ben 434.000 unitą. In alternativa, senza rompere
l'unitą territoriale della Diocesi Udinese, si potrebbe optare per la creazione
non di un Vicario Episcopale ma di un Vescovo Ausiliare, titolare di Zuglio,
con lo specifico e unico incarico per la pastorale della Montagna: egli dovrebbe
risiedere proprio sul colle di Zuglio (nella Pouse di Cougnes) e a lui
dovrebbero fare capo tutte le parrocchie di Carnia e Canal del Ferro, che
ritroverebbero cosģ il proprio pastore tra le proprie montagne a condividere i
medesimi problemi. Questo vescovo dovrebbe possedere i requisiti naturali del missionario
e costituire il punto di riferimento della Montagna oggi totalmente priva
di qualsiasi identitą.
Conclusioni
Come si vede la storia assegna a Forum Julium Carnicum-Zuglio
un posto di assoluto rilievo nelle vicende ecclesiastiche delle origini del
Cristianesimo.
Oggi il titolo di S. Pietro Zuglio č un titolo virtuale, che viene
periodicamente assegnato ai vescovi novelli, in attesa di una diocesi o
impegnati in Diplomazia.
Se, come si č visto, sussiste dunque una molteplicitą di motivazioni
(contingenti e storiche) a sostegno della istituzione di una Diocesi della
Montagna con cattedrale S. Pietro di Zuglio, occorre che coloro i quali hanno a
cuore la dimensione pastorale e la storia, diano subito dei segnali positivi in
tal senso. Ragioni di carattere politico-gerarchico (echi del patriarcato
"scismatico" di Aquileia) che condizionerebbero tuttora ogni approccio
con il Friuli storico, non dovrebbero oggi prevalere su ragioni squisitamente
pastorali ed umane (emarginazione e isolamento della Montagna friulana, moderna
"pecorella smarrita").
Né giovano alcunchč i vari Convegni che la Chiesa Udinese organizza
ciclicamente a Tolmezzo (sede di tutte le passate fallimentari politiche per la
Montagna) con il lodevole (ma vano) intento di salvare la Montagna.
Mi auguro che queste brevi riflessioni aprano un serio e utile dibattito su
questa problematica e che la Chiesa preceda lo Stato Italiano nel riconoscimento
ufficiale di questa Terra, elevandola a Diocesi.
Appare quanto meno contradditorio, infine, l'atteggiamento de LA VITA CATTOLICA
del 1 luglio 2000 che invoca la Provincia della Montagna, quando la Chiesa
Udinese nega qualsiasi autonomia pastorale alla medesima Montagna, le cui Valli
appaiono sempre pił lontane ed emarginate.
Origine
delle Diocesi del Friuli
Rapida sintesi storica
a. Zuglio, assieme ad Aquileja, Concordia (e pił tardi
Trieste), č divenuta sede vescovile nei primi tempi della storia del
Cristianesimo (vedi anche precedenti interventi in questo sito) ed ha mantenuto
il vescovo residente almeno fino al 744, in qualitą di suffraganeo di Aquileia.
Gemona non č mai stata sede vescovile; Cividale č stata solo residenza
temporanea dei patriarchi aquileiesi (mai sede episcopale autonoma).
b. La diocesi di Aquileia (ed anche il patriarcato) č stata soppressa
"in perpetuum" per motivazioni di carattere squisitamente politico nel
1751 e non č stata pił ricostituita. Concordia, sorta nel IV secolo
come suffraganea di Aquileia, č rimasta diocesi uninominale fino al 12 gennaio
1971, quando le č stata aggiunta la denominazione di "-Pordenone": č
tuttora esistente sotto la duplice denominazione e fa parte della provincia
ecclesiastica veneta, essendo soggetta a Venezia. Trieste, sorta nel VI
secolo come suffraganea di Aquileia, fu unita a Koper-Capodistria il 30 giugno
1828 e fu di nuovo separata il 17 ottobre 1977; attualmente č diocesi
uninominale, soggetta a Gorizia.
c. L'arcidiocesi di Udine č stata istituita solamente il 6 luglio 1751
sulle ceneri del patriarcato di Aquileia; fu ridotta a sede vescovile il 1
maggio 1818 e fu nuovamente elevata a metropolitana il 14 marzo 1847;
attualmente č direttamente soggetta alla S.Sede e non ha alcuna diocesi
suffraganea, pur essendo nominalmente "metropolitana".
d. L'arcidiocesi di Gorizia č stata istituita solamente il 6 luglio 1751
sulle ceneri del patriarcato di Aquileia; dopo una unione temporanea con
Gradisca, č attualmente metropolitana della provincia ecclesiastica di Gorizia
che comprende anche la diocesi di Trieste, attualmente suffraganea di Gorizia.
Problemas
pa Diocesi di Złj
Alcune delle obiezioni che pił frequentemente vengono rivolte
per controbattere alla ipotesi delle diocesi di Zuglio, sono le seguenti:
I obiezione:
I PRETI CARNICI SONO TROPPO POCHI. COME FARESTE A GESTIRE UNA DIOCESI AUTONOMA,
SEPPURE PICCOLA ?
A questa precisa ma fondamentale obiezione cerchiamo ora di rispondere con le
cifre ed i fatti, nel modo che segue:
1. Attualmente i preti diocesani carnici, viventi ed efficienti, sono in totale
ben 33 (non sono conteggiati i preti in quiescenza). Tutti questi 33 preti
carnici rivestono oggi ruoli attivi: sono PARROCI, CAPPELLANI MILITARI,
INSEGNANTI, FUNZIONARI ECCLESIASTICI ecc. Non sono qui conteggiati perņ i preti
carnici non-diocesani, appartenenti cioč ad istituti religiosi (Salesiani,
Comboniani ecc.) che non hanno alcun vincolo con la diocesi di Udine.
Questi 33 preti carnici, se uniti agli 8 salesiani del Collegio operante in
Tolmezzo e agli operatori, rappresentano un numero di partenza sufficiente a
garantire un ministero pastorale adeguato alle parrocchie della Montagna, che
potrebbero essere riorganizzate sulla base delle antiche Pievi.
2. Moltissimi di questi preti carnici svolgono attualmente il loro ministero al
di fuori dei confini della ipotetica DIOCESI DI ZUGLIO. Nel contempo moltissimi
preti non-carnici operano invece qui in Carnia, alcuni dei quali si sono
perfettamente integrati nella realtą carnica da alcuni lustri, diventando in
effetti pił carnici dei loro confratelli carnici operanti altrove, nel senso
che sentono maggiormente i problemi e le preoccupazioni della montagna, proprio
perchč li vivono quotidianamente sulla propria pelle.
Occorrerą chiedere ai preti carnici operanti altrove: VUOI TORNARE IN CARNIA A
RI-EVANGELIZZARE LA TUA TERRA? Poi chiedere ai preti non-carnici operanti qui in
Carnia: VUOI CONTINUARE A RESTARE CON QUESTA GENTE? Probabilmente in Carnia ci
ritroveremmo con meno problemi e pił preti di oggi perchč molti vorrebbero
rientrare e pochissimi se ne vorrebbero andare.
3. Il futuro dei preti non sarą diverso in Carnia dal resto del Friuli. Gią il
Seminario Arcivescovile di Udine č stato da anni soppresso e affittato ad altre
scuole pubbliche statali cittadine per mancanza assoluta di vocazioni ed č
stato sostituito dal cosiddetto SEMINARIO INTERDIOCESANO REGIONALE a Castellerio
(Pagnacco) dove confluiscono i superstiti seminaristi delle vicine diocesi di
Gorizia, Trieste e di Udine (in tutto una VENTINA di seminaristi, moderati da
preti udinesi, goriziani e triestini). Se poi la crisi vocazionale dovesse
prolungarsi (e non si vedono attualmente ragioni che la possano arrestare),
anche le diocesi di UD-GO-TS dovranno presto (tra meno di 10 anni) attingere
alle vocazioni del III mondo o addivenire ad altre pił ragionevoli e
pragmatiche soluzioni.
I pochi seminaristi (se ci saranno) della futura DIOCESI DI ZUGLIO
convergeranno, come quelli di GO e TS, nel seminario interdiocesano regionale di
Castellerio. In ogni caso il problema della scarsitą di preti non potrą
interessare (strumentalmente) solo la Carnia, ma continuerą ad essere per
lunghi decenni un angoscioso problema regionale che dovrą essere ricalibrato su
posizioni assai diverse da quelle odierne (maggiore solidarietą tra chiese
sorelle, maggiore permeabilitą di aiuti, maggiore interscambio di preti
ecc...).
COME SI PU0' DUNQUE NOTARE, LA FUTURA DIOCESI DI ZUGLIO SI TROVEREBBE IN UNA
SITUAZIONE PER NULLA PEGGIORE DI QUELLA ATTUALE, MA POTREBBE CONTARE SU UNA
MAGGIORE RESPONSABILITA' E CONDIVISIONE DEI PROBLEMI, DERIVANTE DA UNA AUTONOMIA
PASTORALE CHE SAREBBE CERTAMENTE IN GRADO DI IMPRIMERE UNA SVOLTA DECISIVA ALLA
PROFONDA CRISI ATTUALE (religiosa, sociale, politica, economica, ambientale).
II obiezione:
NON SUNT MOLTIPLICANDA ENTIA SINE NECESSITATE (cioč non si debbono istituire
altri Enti senza necessitą).
a. Tutti sono d'accordo su questo punto, qualora si intendano come
"enti" tutti quei carrozzoni inutili e farraginosi aggregati
all'Istituto che si vorrebbe creare, come Curia, Seminario, Settimanale
diocesano, Uffici diocesani, Palazzi vescovili o di rappresentanza. Il vescovo
di Zuglio dovrebbe semplicemente abitare nella "Pouse di Cougnes"
(gentilmente concessa da don Giordano Cracina) e proprio da lģ irradiare la
propria opera pastorale, ricalcando le orme dei suoi illustri predecessori in
una quotidiana azione di ri-evangelizzazione della Carnia, oggi assediata e
invasa da ben pił demolitrici e insinuanti turbe di barbari.
b. A pag. 221 di "Stele di Nadal 2001", F. Dal Mas a proposito della
"provincia regionale" scrive che la vuole "
libera di tutti gli
orpelli burocratici delle provincie (prefettura, questura, uffici statali), sia
dotata dei poteri essenziali per gestire in proprio lo sviluppo del
territorio". Trasferiamo ora questo legittimo desiderio di Dal Mas alla
"diocesi regionale, libera di tutti gli orpelli burocratici delle diocesi
"
e vedrete che la soluzione si troverą. Basta solo onestą intellettuale e
volontą politica (pardon: pastorale) e la parola-tabł "diocesidizuglio"
potrą essere finalmente scritta e pronunciata anche dal settimanale diocesano e
dall'establishment curiale.
Preti
per la Diocesi di Złj
Una
proposta con due obiettivi
Si discute sempre pił spesso e pił rassegnatamente sulla
scarsitą di preti nella nostra terra. Sono ormai tantissimi i paesi senza
prete, che vengono periodicamente curati da altri sacerdoti "a mieges".
Tra alcuni anni anche i sacerdoti "a mieges" mancheranno e la crisi,
oggi solo pre-annunciata, esploderą. Che fare? Avremo preti extra-comunitari?
Un prete "a mieges" ha fatto questo ragionamento:
- Se oggi ci fosse il prete a Cleulis a Treppo o a Ligosullo o a Valle o a Cabia
o a Dierico o a Rivo o a Tualis verrebbe retribuito? "certamente" č
stata la risposta della Curia.
- Allora istruiamo i laici e li mandiamo poi nelle parrocchie sguarnite,
garantendo loro uno stipendio analogo a quello del prete che non c'č.
Come fare? A Udine esiste gią la Scuola Superiore di Scienze Religiose (non
riconosciuta legalmente dallo Stato): ebbene si fa un accordo con la Universitą
Lateranense di Roma (riconosciuta legalmente dallo Stato) in modo che chi
frequenta a Udine venga fornito di una laurea in teologia, seria e attinente,
valida a tutti gli effetti legali.
In questo modo si otterrebbero due risultati:
1. si garantirebbe la presenza nei paesi di una figura pastorale competente e
collaborante col prete di valle;
2. si creerebbero dei posti di lavoro retribuiti.
La
provincia della Carnia
e la Diocesi di Zuglio
La glesie no ą di pretindi dal stāt ce che jź no fās
In te cunvigne su la mont, che e cjape dentri dutis lis
fuarcis politichis e economichis de nestre tiere par une azion corāl a pro de
mont malade, si sint dispes une sorte di lagnance dal mont gleseastic tai
confronz dal mont civīl par chel che nol fās. No jč une robe di vuč. A part
il fat che bisugnares finalmentri rivā a une sane laicitāt, lą che lis
cuistions economichis e politichis a vegni tratadis tes sedis economichis e
politichis, riservant a la glesie il compit no mancul impuartant de profezie e
dal judizi, mi semee che al sares plui just e educatīf se la glesie e fases jź
par prime in cjase sō ce che e spiete o e pretint che a fasin chei ātris.
Mi spieghi miei cun tun esempli.
Il vescul Battisti al č il prin vescul, te storie diocesane di Udin, che al
veti capide e frontade la cuistion de lenghe e de culture. Nissun vescul prime
di lui si ere insumiāt di fevelā di culture e di lenghe furlane, slave e
todescje. Se lu ąn fat, al č stāt dome par improibī, come cun Rossi e Nogara.
Il vescul Battisti, di cuant che al č rivāt chenti, al ą simpri domandāt, in
duc' i intonos e in dutis lis ocasions, che il stāt al rispietas la peraule
dade cul art. 6 de Costituzion. Lu ą berlāt ancje denant dal pape, te sō
visite in Friūl.
Pūr palesant la nestre ricognossince par cheste sensibilitāt, nō j vin simpri
dit che il stāt al va indenant seont i siei calcui eletorāi o la sō ideologje
e duncje al pņ pensā che j torni cont scontentā i pōs par contentā i tanc'.Diferent
al č il discors de glesie, che e ą di partī des categoriis dal vanzeli, che
no partissin di calcui umans o di podź, ma di servizi dai ultims.
Il vescul al fās ben a fāj la predicje al stāt inadempient ma al ą di vź la
cussience, la sensibilitāt, la coerence, la libertāt di rivā prime di lui pes
resons profondis e imperativis dal vanzeli. Une glesie che e spiete dal stāt e
no jč buine di rivā prime dal stāt e cuintri dal stāt in tune cuistion di
justizie, no ą dirit di fevelā. Denant di Diu e jč plui colpevule e denant
dai oms plui scandalose.
Cuant che il stāt al č plui cussient de glesie
Finalmentri il stāt talian al ą aprovade la leē su lis
minorancis e o vin chel benedet o maladet timbro di legjtimazion che il Vatican
al spietave par dānus il nestri dirit origjnari e inalienabil di preā cu la
nestre lenghe e muse e culture. Cumņ che il stāt al ą firmāt, il Vatican nol
firme. Difat o vin il lezionari pront di passe un an e no podin doprālu
parceche un mone di vescul nol met la sō firme.
In chest cās, la glesie no dome no jč diferente e alternative a un stāt
latitant ma e jč cetant piźs, parceche no rive cul so vanzeli lą che a rivin
i calcui cinics di un stāt prevaricadōr e ignorant. A chest pont, il vescul,
se al fos cunvint, libar e serio cun ce che al ą dimandāt e insegnāt di
simpri, al vares di metisi de bande dal so popul e invidālu a une disubidience
corāl in non dal vanzeli. Senņ nol č de nestre bande, de bande dai piēui, de
bande dal vanzeli e dut ce ch'al dīs e al fās al č fum tai vōi e demagogje.
Stesse robe cu la cuistion de mont, par chel che al riguarde la part eclesiāl.
La glesie di Udin e ą di jessi diferente e alternative al stāt; e ą di meti
lą che lui al gjave, di onorā lą che lui al disonore, di servī lą che lui
si servis, di abondā lą che lui al č scjars e inesistent. Se il stāt al fās
murī in alt par concentrā in bas, la glesie e ą di gjavā in bas par tignī
in vite l'alt. E vie.
La provincie de Cjargne. E la diocesi di Zui?
Si sint a dī che la province de Cjargne e sares une buine
strade par podź dāj fuarce contratuāl a la mont. No soi un espert e o sai che
plui si moltipliche la burocrazie e piźs al č. Perņ se di ātris bandis a
fasin gnovis provinciis, no capģs il parcč che ancje chi di nō no si puedi
fā chel tant. Cheste perņ e jč un sielte che e ą di fāle la int e lis
struturis ministrativis e politichis dal teritori. No son cuistions religjosis.
Perņ o ąi let sun tun numar dal setemanāl diocesan, il prin di lui di chest
an, che la glesie e jč preocupade "perchč salta una richiesta tra le pił
pressanti", la provincie cjargnele. E biel che o stavi rumiant sun chest
fat, mi č rivāt un biel studi, soredut puntuāl e passionāt, di un amģ
cjargnel, il dr. Alfio Englaro di Paluce. Il titul al ere significatīf:
"Una legittima aspirazione della Montagna Friulana: la Diocesi di Zuglio -
un fulgido passato che permea il presente".
In te sō ricjerce, il dr. Alfio al fevele di resons storichis e di motivazions
socio-economichis, cun tune tabele des regjons talianis e dal rapuart fra
abitanz, provinciis e diocesis. Cence fāle lungje, il Friūl V-J-, cun
1.250.000 abitanz, al ą 4 diocesis. L'Umbrie, cun 800.000, and'ą vot. La
Calabrie, cun 2.000.000, and'ą dodis. L'Abruzzo, cun 1.200.000. and'ą siet e
la Basilicade, cun 600.000 abitanz, and'ą sīs. "Appare quanto meno
contradditorio l'atteggiamento de La Vita Cattolica che invoca la Provincia
della Montagna, quando la Chiesa Udinese nega qualsiasi autonomia pastorale alla
medesima Montagna, le cui Valli appaiono sempre pił lontane ed
emarginate".
Il bon dotorut, ch'al č ancje un bon cristian, al prospiete cheste diocesi di
Zui, "con sede a Zuglio". Cjapant dentri i 28 comuns de Cjargne (kmq
1.230, abitanz 41.000), i comuns dal Cjanāl dal Fiźr e de Valcjanāl (kmq 872,
abitanz 14.000), si vares une diocesi di kmq 2,102, cun 54.000 abitanz. A la
diocesi di Udin j restaressin simpri 434.000 abitanz, ben plui de int des
diocesis di Ts, Go e Pn. In alternative, al dīs il nestri amģ simpri
conciliant, cence rompi l'unitāt teritoriāl de diocesi di Udin, si podares
optā no par un vicjari episcopāl (lu ąn ancje lis muiniis) ma par un vescul
ausiliār, titolār di Zui, ch'al vīf a Zui e al ą une incariche specifiche pe
pastorāl des monz. Un pont di riferiment e di colegament fra i predis e la int
des monz, par frontā insieme une emergjence che e riguarde duc'. Se la glesie e
ūl jessi coerente e vź autoritāt sul stāt, e ą za sot man la possibilitāt
di dā la prove provade e cence nissun permes.
Il dr. Englaro, batint su la presince dal vescul a Zui, al ą metūt ancje il
dźt sun tun'ātre plae. La glesie-mari, sintude come glesie e come mari, des
plźfs e de int de Cjargne e jč la glesie di san Pieri e no Tumieē, sintūt
plui come une glutidōr che al glot un par un duc' i paisuz. O sintivi dispes a
Rualp la detule:"Al č scrit Tol-mieē, ma al tol dut".
Mi maravei che la glesie, che si fonde su la memorie dai faz e dai lūcs, no
veti pensāt ancje par un moment che il lūc deputāt a rapresentā la
christianitas cjargnele al č san Pieri, lą che duc' si sintin fīs e nissun no
si sint discrimināt. Parcč no ąno programade almancul une celebrazion
eucaristiche o un dai doi momenz de cunvigne, magari chel di sierade, preferint
invezit la realtāt di Tumieē, plui comude e plui furnide di salis e salons, ma
spieli dal faliment de politiche pe Cjargne? Ancje i simbui e i lūcs e ąn la
lōr impuartance. Chest a varessin di savźlu soredut chei che a partegnin a une
realtāt culturāl e misteriche come la glesie, che si fonde propit su la
simbologje e su la sacralitāt dai lūcs.
Un vicjariāt episcopāl pes minorancis e un diretori
Ce che si domande pe int de Cjargne, il teritori plui grant e
plui compat de nestre mont, al vāl ancje par chźs ātris zonis, cun in plui
une sensibilitāt specifiche pe diviersitāt e peculiaritāt culturāl e
lenghistiche. Al č evident che no si pņ fevelā di un avignī des zonis di
ēocje slovene cence une leē di tutele pe lenghe e pe culture slovene e une
pastorāl che e tegni cont di cheste peculiaritāt e ricjece. A son agns che si
domande un vicjari episcopāl pes minorancis e in particolār pai slovens. Ce si
spietial?
A chest proposit al va dit che no si pņ lā indenant cun cheste anarchie
liturgjche, lą che un predi al dīs messe par furlan, un par talian, un par
sloven, un par inglźs, un al cīr di valorizā il patrimoni liturgjc, popolār
e musicāl e chel ātri al bute jł dut. Bisugne che la diocesi e buti fūr,
impen di tanc' documenz inutii, un diretori liturgjc-pastorāl, che al rispiete
e al onore la diviersitāt culturāl e lenghistiche e al tutele ancje lis
sieltis pastorāls che a son contestadis par resons politichis o ideologjchis.
Nol č pensabil che un predi al vegni tacāt dai slovens parceche al fās par
talian e dai talians parceche al fās par sloven. E la stesse robe e vāl pai
paīs a majorance furlane.
Un ātri criteri, ch'al parten plui al sintiment che a la teologje, al č di
cirī une continuitāt pastorāl almancul di fonde. Nol č acetabil che in tun
paīs lą che un predi e une comunitāt e ąn lavorāt agns e agns par incjarnā
la lōr fede te lōr culture, come che a racomandin i tanc' (ancje se teorics e
inaplicāz) documenz magjsteriāi, al capiti un che le pense dut diferent e in
tun pār di setemanis al disfe dut.
Cuant che mi ąn fat plevan, trentedoi agns indaūr, mi ąn fat firmā une
cjarte lą che mi impegnavi a tignī cont dal patrimoni artistic e di dut il
furniment de glesie e de canoniche. A esistin ancje i patrimonis culturāi e
religjōs, la ricjece spirtuāl, che nissun predi nol ą il dirit di alienā,
brusā, soterā, eliminā. Al č un sacrilegjo, come butā par tiere lis
particulis consacradis.
Par finī
O ąi volūt e cirūt di rifleti su la mont, su la sō malatie
e su lis iniziativis diocesanis par ripiā une salūt forsit masse comprometude.
No soi un grant espert e nancje no ąi te sachete la ressipe risolutorie. O ąi
fevelāt forsit plui cul cūr che cul cjāf o, come che al dīs don Milani, cul
cjāf guidāt dal cūr, dal afiet par cheste mari e cheste scune.
O ąi cirūt di salvā la buine intenzion dai organizadōrs e ancje la lōr
volontāt di impiā i rifletōrs sun tune part impuartante de nestre realtāt
diocesane e regjonāl par solit in penombre o in plene scuretāt.
No jentri in soluzions pratichis, che e ąn di cjatālis chei che a vivin plui
di me la cotidianitāt e la (a)normalitāt di chźs zonis. In chest contest e
pņ lā ben la gnove provincie e dutis chźs struturis che a judin. Plui che dā
bźz, che a podaressin ancje fā deventā la int plui pegre, mi plasares che a
vignissin dadis dutis chźs agjevolazions che a coventin par meti la int in
condizion di autentiche paritāt. Mi riferis ai esercizis publics, ai traspuarz,
ai servizis sociāi e sanitaris, a la scolarizazion. "La piźs injustizie e
jč chź di tratā in maniere compagne int che no jč compagne". Lu ą dit
don Milani.
Un progjet pe mont nol pņ no tignī in prin plan l'aspiet culturāl te sō
globalitāt di lenghe, tradizion, usancis, musiche e vie. Al ą di jessi un
progjet che al privilegje la persone, e la persone che e vīf in mont, cun
atenzion dute particolār al piēul. Se si ą voe di fā un lavōr costrutīf,
si ą di vź un contat sistematic cun chźs realtāz economichis e politichis a
cunfin cun nō che a vivin la stesse situazion di mont e le ąn risolte cun plui
sensibilitāt e inteligjence. Une regjon autonome di non e di fat e ą di rivā
a imbastī un so sisteme di relazions extrateritoriāls. No rivi a capī cemūt
mai che la mont e dą di vivi a la int dal puest e in plui e devente une ricjece
par dute la comunitāt in Sud Tirol e in Carintie e culģ di nō e jč deventade
un faliment e une tragjedie. Al ūl dī che il stāt e la regjon no san fā i
conz e no ąn nissune sensibilitāt nč onestāt.
Par chel che al riguarde la glesie, prin (o plui) di fā predicjs a la
comunitāt civīl, che e ciri di recuperā un rapuart positīf cu la int des
monz fasint un grant esamp di cussience, domandant perdon di dut ce che e ą fat
o no ą fat fin cumņ e impegnant dute la sō potenzialitāt e la sō
disponibilitāt par chź int che e ą plui dibisugne e che e jč stade plui
trascurade. Cun umiltāt, libertāt e creativitāt.
La vision di Ezechiel
Pal rest, o savin che la vite dai oms e dai popul e jč tes
mans di Diu. Un Diu che al dą la vite e ancje la muart e che al č bon ancje di
riscatānus de muart. O finis cun tun toc dramatic e profetic dal profete
Ezechiel, il profete dal esili. Al č contāt tal c. 37 e al ven let come prime
leture te messe dai sanz Ermacure e Furtunāt. In spirt al viōt une planure
plene incolme di vues. A son secs incandīz. Il Signōr j domande:"Fī di
om, puedino tornā a vivi chesc' vues?". Al rispuint:"Signōr, gno Diu,
tu lu sās dome tu!". J dīs:"Profetiur ai vues e disiur:Vues
incandīz, scoltait la peraule dal Signōr. Il Signōr, gno Diu, ur dīs cussģ
a di chesc' vues: Ve', jo us metarai dentri il spirt e o vivareis. us darai i
gners, us fasarai cressi la cjār e o slagjarai parorevie la piel; po us darai
il spirt e o vivareis. O ricognossareis che jo o soi il Signōr".
No bastin i vues, vadģ la part matereāl, e nancje i gners e la piel, vadģ lis
struturis e dutis chźs provedencis che un popul al ą dirit di vź pal fat di
jessi popul e di jessi debul. Par vivi al covente il spirt. Il spirt dai
cjargnei e de int des nestris monz, che e ąn mostrāt di vź tai tanc' momenz
dificii di une storie ingredeade e intrigade e che salacōr une certe bondance
di palanchis e di comoditāz e ą fat smamī. Un spirt che al cjape dentri l'inteligjence,
la volontāt, la determinazion, l'ostinazion, la voe di vivi e di lā indenant.
Un spirt che al cjape dentri ancje la religjon, il rapuart filiāl cun Diu, il
rapuart vitāl cui nestris muarz che cu la lōr fadie e la lōr virtūt e ąn
santificade la nestre mont. Un spirt di fiducie in se stes e ancje in tal
avignī, savint che il Signōr nol siere mai dutis lis puartis e al compagne cu
la sō provedence i popui te strade che lui al ą distinade tal so progjet di
vite e di misericordie.
Visepente, ai 23 di otubar dal 2000, tal complean di mź mari Eline, di Davai.
pre Antoni Beline
(versione in italiano)
LA
CHIESA NON PUO' PRETENDERE DALLO STATO QUELLO CHE LEI NON FA
Nel convegno sulla montagna, che prende dentro tutte le forze
politiche ed economiche della nostra terra per una azione corale a favore della
montagna ammalata, si sente spesso una sorta di lamento del mondo ecclesiastico
nei confronti del mondo civile per quello che non fa. Non č cosa di oggi. A
parte il fatto che bisognerebbe finalmente arrivare ad una sana laicitą, lą
dove le questioni economiche e politiche vengono trattate nelle sedi economiche
e politiche, riservando alla chiesa il compito non meno importante di profezia e
di giudizio, mi sembra che sarebbe pił giusto e educativo se la chiesa facesse
per prima in casa sua ciņ che le spetta o pretende che facciano gli altri.
Mi spiego meglio con un esempio.
Il vescovo Battisti č il primo vescovo, nella storia
diocesana di Udine, che abbia capito e affrontato la questione della lingua e
della cultura. Nessun vescovo prima di lui si era sognato di parlare di cultura
e di lingua friulana, slava e tedesca. Se lo hanno fatto, č stato solo per
proibire, come con Rossi e Nogara. Il vescovo Battisti, da quando č arrivato
qui, ha sempre chiesto, in tutti i toni e in tutte le occasioni, che lo stato
rispettasse la parola data con l'art. 6 della Costituzione. Lo ha gridato anche
davanti al papa, nella sua visita in Friuli.
Pur palesando la nostra riconoscenza per questa sensibilitą,
noi abbiamo sempre detto che lo stato va avanti secondo i suoi calcoli
elettorali o la sua ideologia e dunque puņ pensare che gli convenga scontentare
i pochi per accontentare i tanti. Diverso č il discorso della chiesa, che deve
partire dalle categorie del vangelo, che non partono da calcoli umani o di
potere ma dal servizio agli ultimi.
Il vescovo fa bene a fare la predica allo stato inadempiente
ma deve avere la coscienza, la sensibilitą. La coerenza, la libertą di
arrivare prima di lui per ragioni profonde e imperative del vangelo. Una chiesa
che aspetta dallo stato non č buona di arrivare prima dello stato e contro lo
stato in una questione di giustizia, non ha diritto di parlare. Davanti a Dio č
pił colpevole e davanti agli uomini pił scandalosa.
QUANDO LO STATO E' PIU' COSCIENTE DELLA CHIESA
Finalmente lo stato italiano ha approvato la legge delle
minoranze e abbiamo quel benedetto o maledetto timbro di legittimazione che il
Vaticano aspettava per darci il nostro diritto originario e inalienabile di
pregare con la nostra lingua e faccia e cultura. Adesso che lo stato ha firmato,
il Vaticano non firma. Infatti abbiamo il lezionario pronto da pił di un anno e
non possiamo adoperarlo perché un vescovo qualsiasi non mette la sua firma.
In questo caso, la chiesa non solo non č diversa e
alternativa a uno stato latitante ma č ancora peggio, perché non arriva con il
suo vangelo lą dove arrivano i calcoli cinici di uno stato prevaricatore ed
ignorante. A questo punto, il nostro vescovo, se fosse convinto, libero e serio
con quello che ha chiesto e insegnato da sempre, dovrebbe mettersi dalla parte
del suo popolo e invitarlo a una disobbedienza corale in nome del vangelo.
Altrimenti non č dalla nostra parte, dalla parte dei piccoli, dalla parte del
vangelo e tutto quello che dice e fa č fumo negli occhi e demagogia.
Stessa cosa con la questione della montagna, per quello che
riguarda la parte ecclesiale. La chiesa di Udine deve essere diversa e
alternativa allo stato; deve mettere dove lo stato leva, onorare dove lui
disonora, servire dove lui si serve, abbondare dove lui č scarso e inesistente.
Se lo stato fa morire in alto per concentrare in basso, la chiesa deve togliere
in basso per tenere in vita l'alto. E avanti.
LA PROVINCIA DELLA CARNIA. E LA DIOCESI DI ZUGLIO?
Si sente dire che la provincia della Carnia sarebbe una buona
strada per poter dare forza contrattuale alla montagna. Non sono un esperto e so
che pił si moltiplica la burocrazia e peggio é. Perņ se da altre parti fanno
nuove province, non capisco perché anche qui da noi non si possa fare
altrettanto. Questa perņ č una scelta che deve farla la gente e le strutture
amministrative e politiche del territorio. Non sono questioni religiose. Perņ
ho letto su un numero del settimanale diocesano, il primo Luglio di quest'anno,
che "la chiesa č preoccupata perché salta una richiesta tra le pił
pressanti", la provincia della Carnia. E mentre stavo rimuginando su questo
fatto, mi č arrivato un bello studio, soprattutto puntuale e passionale, di un
amico carnico, il dr. Alfio Englaro di Paluzza. Il titolo era significativo:
"Una legittima aspirazione della Montagna Friulana: la Diocesi di Zuglio -
un fulgido passato che permea il presente".
Nella sua ricerca, il dr. Alfio parla di ragioni storiche e di
motivazioni socio-economiche e presenta una tabella di regioni italiane e del
rapporto fra abitanti, provincie e diocesi.
Senza farla lunga, il Friuli V-J-, con 1.250.000 abitanti, ha 4 diocesi.
L'Umbria, con 800.000, ne ha 8. La Calabria, con 2.000.000, ne ha dodici
L'Abruzzo, con 1.200.000, ne ha sette e la Basilicata, con 600.000 abitanti, ne
ha sei.
"Appare quanto meno contradditorio l'atteggiamento de la Vita Cattolica che
invoca la Provincia della Montagna, quando la Chiesa Udinese nega qualsiasi
autonomia pastorale alla medesima Montagna, le cui Valli appaiono sempre pił
lontane ed emarginate".
Il dr. Englaro, che č anche un buon cristiano, prospetta
questa diocesi di Zuglio, "con sede a Zuglio", prendendo dentro i 28
comuni della Carnia (kmq 1.230, abitanti 41.000), i comuni del Canal del Ferro e
di Valcanale (kmq 872, abitanti 14.000), si avrebbe una diocesi di kmq 2,102,
con 54.000 abitanti.
Alla diocesi di Udine resterebbero sempre 434.000 abitanti, ben pił della gente
delle diocesi di Ts, Go e Pn. In alternativa, dice il nostro amico sempre
conciliante, senza rompere l'unitą territoriale della diocesi di Udine, si
potrebbe optare non per un vicario episcopale (lo hanno anche le suore) ma per
un vescovo ausiliare, titolare di Zuglio, che vive a Zuglio e ha un incarico
specifico per la pastorale delle montagne. Un punto di riferimento e di
collegamento fra i preti e la gente delle montagne, per affrontare insieme una
emergenza che riguarda tutti. Se la chiesa vuol essere coerente e avere
autoritą sullo stato, ha gią sotto mano la possibilitą di dare la prova
provata e senza nessun permesso.
Il dr. Englaro, battendo sulla presenza del vescovo a Zuglio,
ha messo anche il dito su un'altra piaga. La chiesa-madre, sentita come chiesa e
come madre, delle pievi e della gente della Carnia č la chiesa di San Pietro
(nota, qui non si capisce chi č questo pietro) e no Tolmezzo, sentito pił come
un imbuto che inghiotte uno ad uno tutti i paesetti. Sentivo spesso a Rualp il
detto: "Al č scrit Tol-mieē, ma al tol dut" ( ) ("E' scritto
Tol-mezzo, ma tol-tutto).
Mi meraviglio che la chiesa, che si fonda sulla memoria dei
fatti e dei luoghi, non abbia pensato anche per un momento che il luogo deputato
a rappresentare la cristianitą carnica č San Pietro, la dove tutti si sentono
figli e nessuno si sente discriminato. Perché non hanno programmato almeno una
celebrazione eucaristica o uno dei due momenti del convegno, magari quello di
chiusura, preferendo invece la realtą di Tolmezzo, pił comoda e pił fornita
di sale e saloni, ma specchio del fallimento della politica per la Carnia? Anche
i simboli e i luoghi hanno la loro importanza. Questo dovrebbero saperlo
soprattutto quelli che appartengono a una realtą culturale e misteriche come la
chiesa, che si fonda proprio sulla simbologia e sulla sacralitą dei luoghi.
UN VICARIATO EPISCOPALE PER LE MINORANZE E UN DIRETTORIO
Quello che si chiede per la gente della Carnia, il territorio
pił grande e pił compatto della nostra montagna, vale anche per quelle altre
zone, con in pił una sensibilitą specifica per la diversitą e peculiaritą
culturale e linguistica. E' evidente che non si puņ parlare di un avvenire
delle zone di ceppo sloveno senza una legge di tutela per la lingua e per la
cultura slovena e una pastorale che tenga conto di queste peculiaritą e
ricchezza. Sono anni che si chiede un vicariato episcopale per le minoranze e in
particolare per gli sloveni. Cosa si aspetta?
A questo proposito va detto che non si puņ andare avanti con
questa anarchia liturgica, dove un prete dice messa per friulano, uno per
italiano, uno per svoleno, uno per inglese, uno cerca di valorizzare il
patrimonio liturgico, popolare e musicale e l'altro butta gił tutto. Bisogna
che la diocesi butti fuori, in luogo di tanti documenti inutili, un direttorio
liturgico-pastorale, che rispettando e onorando la diversitą culturale e
linguistica, tuteli anche le scelte pastorali che sono contestate per ragioni
politiche o ideologiche. Non č pensabile che un prete venga accusato di
filo-slavo perché dice messa in sloveno e filo-italiano perché dice messa in
italiano in italiano. E la stessa cosa vale per i paesi a maggioranza friulana.
Un altro criterio, che appartiene pił al sentiment che alla
teologia, č il cercare una continuitą pastorale almeno di fondo. Non č
accettabile che in un paese dove un prete e una comunitą hanno lavorato anni e
anni per incarnare la loro fede nella loro cultura, come raccomandano in tanti
(anche se teorici e irrealizzati) documenti magisteriali, capiti uno che pensa
tutto diversamente e in un paio di settimane disfa tutto.
Quando mi hanno fatto parroco, trentadue anni fa, mi hanno
fatto firmare una carta dove mi impegnavo a tener conto del patrimonio artistico
e di tutto l'arredo della chiesa e della canonica. Esistono anche i patrimoni
culturali e religiosi, la ricchezza spirituale, che nessun prete ha il diritto
di alienare, bruciare, sotterrare, eliminare. E' un sacrilegio, come buttare a
terra le particole consacrate.
PER FINIRE
Ho voluto e cercato di riflettere sulla montagna, sulla sua
malattia e sulle iniziative diocesane per recuperare una salute forse troppo
compromessa. Non sono un grande esperto e neanche ho in tasca la ricetta
risolutrice. Ho parlato forse pił con il cuore che con la testa o, come dice
don Milani, con la testa guidata dal cuore, dall'affetto per questa madre e
questa culla.
Ho cercato di salvare la buona intenzione degli organizzatori
e anche la loro volontą di accendere i riflettori su una parte importante della
nostra realtą diocesana e regionale per solito in penombra o in piena
oscuritą.
Non entro in soluzioni pratiche, che devono trovare quelli che
vivono pił di me la quotidianitą e la (a)normalitą di quelle zone. In questo
contesto puņ andare bene la nuova provincia e tutte quelle strutture che
aiutano. Pił che dare soldi, che potrebbero anche far diventare la gente pił
pigra, mi piacerebbe che venissero date tutte quelle agevolazioni che occorrono
per mettere la gente in condizione di autentica paritą. Mi riferisco agli
esercizi pubblici, ai trasporti, ai servizi sociali e sanitari, alla
scolarizzazione. "La peggior ingiustizia é quella di trattare in maniera
uguale gente che non č uguale". L'ha detto don Milani.
Un progetto per la montagna non puņ non tener in primo piano
l'aspetto culturale nella sua globalitą di lingua, tradizione, usanze, musica,
ecc. Deve essere un progetto che privilegia la persona, e la persona che vive in
montagna, con attenzione tutta particolare al piccolo. Se si vuole fare un
lavoro costruttivo, si deve avere un contatto sistematico con quelle realtą
economiche e politiche che confinano con noi e che vivono le stesse situazioni
di montagna e le hanno risolte con pił sensibilitą e intelligenza.
Una regione autonoma di nome e di fatto deve arrivare a imbastire un suo sistema
di relazioni extraterritoriali. Non arrivo a capire come mai la montagna dą da
vivere alla gente del posto e in pił diventa una ricchezza per tutta la
comunitą in Sud Tirolo e in Carinzia e qui da noi č diventata un fallimento e
una tragedia. Vuol dire che lo stato e la regione non sanno fare i conti e non
hanno nessuna sensibilitą, né onestą.
Per quello che riguarda la chiesa, prima (o pił) di fare
prediche alla comunitą civile, cerchi di recuperare un rapporto positivo con la
gente delle montagne facendo un grande esame di coscienza, domandando perdono di
tutto quello che ha fatto o non ha fatto fino adesso e impegnando tutta la sua
potenzialitą e la sua disponibilitą per quella gente che ha pił bisogno e che
č stata pił trascurata.
Con umiltą, libertą e creativitą.
LA VISIONE DI EZECHIELE
Del resto, sappiamo che la vita degli uomini e dei popoli č
nelle mani di Dio.
Un Dio che dą la vita e anche la morte e che č buono anche di riscattarci
dalla morte. Finisco con un pezzo drammatico e profetico del profeta Ezechiele,
il profeta dell'esilio. E' raccontato nel c. 37 e viene letto come prima lettura
nella messa dei santi Ermacora e Fortunato. In sogno vede una pianura piena
zeppa di ossa. Sono secche stecchite. Il Signore gli domanda: "Figlio
dell'uomo, possono tornare a vivere queste ossa?". Risponde: "Signore,
mio Dio, lo sai solo tu!". Gli dice: "Parla alle ossa e dģ: Ossa
stecchite, ascoltate la parola del Signore. Il Signore, mio Dio, dice cosģ a
queste ossa: Guardate, io vi metterņ dentro lo spirito e vivrete, vi darņ i
nervi, vi farņ crescere la carne e allargherņ sopra la pelle; poi vi darņ lo
spirito e vivrete. Riconoscerete che io sono il Signore".
Non bastano le ossa, cioé la parte meteriale, e nemmeno i
nervi e la pelle, cioč le strutture e tutte quelle previdenze che un popolo ha
diritto di avere per il fatto di essere popolo e essere debole. Per vivere
occorre lo spirito. Lo spirito dei carnici e della gente delle nostre montagne,
che hanno dimostrato di avere nei tanti momenti difficili di una storia
ingarbugliata e intrigata e che forse una certa abbondanza di denaro e di
comoditą ha fatto svanire. Uno spirito che prende dentro l'intelligenza, la
volontą, la determinazione, l'ostinazione, la voglia di vivere e di andare
avanti. Uno spirito che prende dentro anche la religione, il rapporto filiale
con Dio, il rapporto vitale con i nostri morti che con la loro fatica e la loro
virtł hanno santificato la nostra montagna. Uno spirito di fiducia in se stessi
e anche nell'avvenire, sapendo che il Signore non chiude mai tutte le porte e
accompagna con la sua provvidenza i popoli nella strada che lui ha destinato nel
suo progetto di vita e di misericordia.
Basaliapenta 23 ottobre 2000
Antonio Bellina
(tratto da un lavoro inedito)
UN
TETTO BUGIARDO CHE COPRE VERGOGNE
Per la storia del tetto della Chiesa Matrice di Carnia per il
momento mi limito a riassumerla per sommi capi. Alla fine degli anni novanta le
autoritą preposte deliberano il restauro conservativo della copertura della
chiesa di S. Pietro in Carnia ed affidano la direzione dei lavori ad un
architetto che obiettivamente farebbe meglio a fare il garzone in una pescheria.
Una mattina i carnici alzano lo sguardo verso la loro bella chiesa e scoprono
che il tetto in scandole invetriate di colore verde č stato sostituito da un
ben pił misero manufatto in scandole in laterizio e nemmeno invecchiate
chimicamente, in poche parole ora quel povero tetto assomiglia ad un giubbotto
di salvataggio immerso nel verde. Ovviamente le proteste pił o meno vibrate si
sono levate da pił parti e le giustificazioni per un simile scempio sono state
al limite del grottesco, non ultima che il rifarlo come prima sarebbe stato
troppo oneroso....... Alla fine il summenzionato architetto se ne esce con
l'ennesima tesi degna del miglior "teatro dell'assurdo" vale a dire
che durante uno dei suoi sopralluoghi ha rinvenuto delle scandole in laterizio
marcate 1700 per cui il tetto andava rifatto cosģ, a fronte di una simile
geniale trovata potremmo dedurre che la facciata marmorea del Duomo di Milano
andrebbe rimossa perchč pił o meno alla stessa epoca risultava composta
unicamente di mattoni faccia a vista. Probabilmente al meschino non č neanche
passato per la testa che i nostri vecchi avendo fatto una relativa fortuna
commerciando con l'Europa possano aver deciso come atto devozionale di ornare la
loro Chiesa Madre con una copertura degna delle meraviglie viste durante i loro
viaggi. Morale il tetto arancio č ancora lģ e nessuno ne parla pił anzi ormai
probabilmente per occhi meno sensibili dei miei č sempre stato di quel colore.
Comunque io vedo in tutto questo una brutta forma di colonialismo culturale
iniqua quanto quella di attribuire il titolo di "Vescovo di Zuglio" a
dei prelati africani. Questo in sintesi č il caso che volevo segnalare.
PIER GAETANO SALDARI