STORIA DI UN PAESE
e di un piccolo maestro

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Con questo secondo importante lavoro di ricerca storica locale, Denis Baron si pone inequivocabilmente come capofila specialista del Ventennio fascista in Carnia, un periodo non certo facile da studiare, irto di difficoltà e non ancora completamente metabolizzato dalla società italiana e carnica in particolare.
Lo caratterizzano una ricerca documentale meticolosa e precisa, una passione civile straordinaria, una applicazione ed un impegno diuturni.
Si tratta di un libro di non sempre facile lettura non solo per le problematiche affrontate (come ad esempio il complesso fenomeno demografico e di spopolamento
di Treppo che occupa oltre 30 pagine) ma a volte anche per il modo eccessivamente ricercato di scrivere (esempio: "A vivere un'alterazione ascendente della domanda fu anche il settore dei servizi di prima necessità..."), così che questo gran bel libro risulta essere più "scientifico" che "divulgativo" come ampiamente dimostrano le ben 326 note (alcune davvero pregevoli) a piè pagina per un testo di sole 165 pagine; note che, in ogni caso, se gratificano lo storico e il cultore della materia e valorizzano enormemente l'autore procurandogli autorevolezza, possono d'altro canto essere facilmente trascurate dal lettore medio che non vuole perdere il filo del discorso.
Buona la parte iconografica in b/n che viene a dare corpo ad un racconto avvincente e a tratti suggestivo ed ottime appaiono le illustrazioni di Nicola Beltrame che nei suoi carboncini riesce a mettere in risalto il profilo psicologico dei principali personaggi del narrato.
La bibliografia risulta davvero imponente e mirata, espressione di ampia e svariata consultazione.
Al termine della lettura di questo approfondito lavoro di Baron, la prima considerazione che mi torna alla mente è che questo risulta essere un libro "strano" nel senso che alla prima corposa parte di ben 130 pagine (in cui viene sviluppata e delineata la complessa storia di Treppo Carnico nel Ventennio) segue come un'appendice un po' forzata la seconda parte di 32 pagine (che narra la vicenda del ragazzo partigiano Igino Rainis). Due entità (a mio sommesso avviso) totalmente indipendenti e diverse, unite solamente da un cappello introduttivo (pag.15) che presenta la lettera di uno sconosciuto partigiano piemontese, Giovanni Ferroglia, scritta alla madre poco prima di essere fucilato dai fascisti il 12 agosto 1944 (e che l'autore utilizza come un ponte parallelo per evocare la figura del Rainis) e da due righe di pag. 109 ("...si ritiene tuttavia plausibile la presenza di Igino Rainis tra i bambini che vi ebbero accesso."). Mi viene da dire che la seconda parte relativa al ragazzo (il "piccolo maestro") avrebbe meritato per sè stessa una precisa e unica trattazione (un libro a sè per intenderci o nel contesto di un'opera sulla Resistenza); aver invece voluto mettere insieme i due argomenti (il paese e il ragazzo partigiano morto in Liguria) entrambi di rispettabilissimo valore letterario storico e civile, a me è parso un po' strumentale e illogico come tenterò di dimostrare.
La prima cosa che resta impressa nella memoria recente del lettore è il perenne scontro tra le fazioni politiche rivaleggianti di Treppo Carnico, fenomeno non certo tipico nè del primo Dopoguerra (dove socialisti e fascisti si facevano i "dispetti" anche sull'agone liturgico) nè tantomeno del Ventennio fascista dove gli scontri (in mancanza di avversari di diverso colore) avvenivano addirittura tra fascisti (il Podestà Deodato Zotton contro Antonio De Cillia a causa di una maine guareschiana: pag. 118; il segretario del PNF locale Guerrino Urbano contro il Podestà Deodato Zotton a causa dello statuto della latteria sociale: pag. 123; tutte acerrime diatribe che richiesero sempre l'intervento delle autorità superiori per placare gli animi). Tale atteggiamento conflittuale endogeno costituisce dunque proprio la cifra tipica della piccola comunità di Treppo Carnico tout court, dove, nelle varie generazioni che si sono poi succedute, si sono avvicendati sul ring politico TEUS liberali, socialisti, comunisti, democristiani e socialdemocratici, in lotta asperrima tra loro anche se invero attualmente, dopo il crollo ineluttabile delle ideologie, è più difficile intravedere il contorno di tali famiglie politiche che sempre più di frequente hanno oggi solo un riferimento esplicito in alcune "personalità forti" del paese.
La seconda considerazione emergente è che, in buona sostanza, l'amministrazione fascista del Ventennio non operò in maniera significativamente diversa da quella precedente socialista, nel senso che il Sindaco o il Podestà badavano precipuamente a mantenere floride le casse del Comune (ben più di 800.000 lire gli incassi del solo 1938, pag. 100) più che ad affrontare realisticamente i problemi della disoccupazione e dell'emigrazione, al punto che Baron afferma a pagina 96, con perfetta cognizione di causa, che Treppo era un Comune ricco ma i treppolani erano poveri (mutuando all'incontrario una icastica frase con cui Rino Formica alludeva al PSI craxiano "Il convento è povero ma i frati sono ricchi"); tale dualismo interpretativo-pragmatico dell'azione amministrativa (inizialmente presente tra socialisti e fascisti) si trasferì nella coppia Podestà-Segretario locale del PNF, ovviamente entrambi fascisti ma soprattutto treppolani (pag. 110).
La nascita del PNF a Treppo Carnico (in assoluto la prima sezione della Carnia, 24.4.1921, e la quarta dell'intero Friuli) viene qui riproposta e approfondita attraverso l'analisi e la storia dei principali protagonisti e le loro diatribe con i socialisti locali, nonostante "l'analisi storiografica sul fenomeno fascista in Carnia sconti allo stato dell'arte, vari aspetti di limitatezza sia tematici che geografici" che non ha consentito a Baron di dire come mai questo fatto sia successo proprio a Treppo e non altrove.
Il ruolo dei sacerdoti in Treppo assume sempre una valenza particolare sia che si tratti di don Zanier che successivamente di don Dassi, caratteri certamente diversi ma entrambi determinati e decisi nelle rispettive convinzioni, che spesso andavano in rotta di collisione sia con i socialisti che (poi) con i fascisti, ma su questo particolare aspetto dei rapporti tra fascismo locale e chiesa cattolica l'autore mi è parso un po' lacunoso per ammessa "mancanza di informazioni più precise..." pag. 129.
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a questo complesso e brillante affresco socio-economico di Baron emerge tra gli altri il prefetto di Udine Temistocle Testa (pag. 106 et al.) che appare davvero un gigante rispetto agli amministratori odierni della cosa pubblica. Anche le stesse organizzazioni fasciste (ONMI, EOA, ECA...), pur doverosamente relativizzate dall'autore (pag. 108), assumono in queste pagine una importanza ed un ruolo non certo marginale se è vero che alcune di queste sopravvissero molto a lungo al fascismo stesso, essendo state traghettate in toto nella neonata Repubblica Italiana.
Perfino il tentativo di accorpamento dei comuni di Ligosullo e Treppo Carnico fu inutilmente tentato dal fascismo nel 1927 (pag. 115), per cui oggi si può stare davvero tranquilli su questo fronte: se neppure il fascismo è riuscito in tale impresa, figurarsi se vi riuscirà l'anarchia istituzionale odierna!
Mi ha stupito non poco il fatto che durante il Ventennio non tutti fossero iscritti al PNF (le tessere Balilla nel 1930 erano appena 15 a Treppo!) e che solo nel 1941 fu raggiunta la ragguardevole cifra di "soli" 678 iscritti su 1391 residenti (pag. 124) suddivisi tra le diverse associazioni fasciste locali. Questo dato singolare mi ha incuriosito e mi ha fatto giungere a questa conclusione: o la tessera di iscrizione era troppo costosa per un paese di poveri (pag. 96) oppure il regime fascista (perlomeno qui a Treppo) era meno pervasivo e opprimente di quanto abbia io finora creduto, probabilmente per esclusivo merito dei personaggi locali. Comunque sia, appare assai diverso dal coevo regime nazista e dai successivi regimi comunisti dell'Est europeo, anche se questa non è affatto una classifica edificante.
Anche allora (come ora) il salario degli operai era esattamente il doppio in Germania rispetto all'Italia (pag. 150) e questo mi convince che è proprio il "sistema Italia" con la sua forsennata e pervasiva (questa si) burocrazia e il suo sindacato politicizzato ad imbrigliare il decollo economico-salariale dei nostri lavoratori (operai e impiegati).
Alcune notizie incomplete hanno suscitato la mia curiosità: perchè e dove avvenne "l'internamento del socialista Renzo Cristofoli" pag. 45?; quale fu "l'episodio scatenante che coinvolse i due fascisti della prima ora, Zotton e De Cillia" pag.63?; cosa scrissero i "diversi treppolani direttamente al duce per invocare lavoro" e cosa eventualmente rispose il duce, pag. 105? Non vi è infine traccia di coloro che erano fascisti prima del 1943 e poi si rifecero un nuova fedina politica con una specie di battesimo di redenzione (così lo definisce Mirella Serri nel suo preciso saggio "I Redenti", Corbaccio 2005): questo è un tema che non doveva forse essere eluso, potendo contare su ampia documentazione archivistica.
Ed ora la seconda parte del libro il cui titolo è: Igino Rainis"Lupo" (1926- 1944).
Di queste 30 pagine, le prime 20 sono dedicate alla famiglia Rainis ed in particolare al padre Gilberto la cui vita di emigrante (Africa orientale, Francia, Germania) ricalca esattamente quella di altre centinaia di emigranti carnici, divenendone quasi un perfetto paradigma, tratteggiato dall'autore con inimitabile sintesi. Gilberto morirà a Udine nel 1940 a seguito di malattia (non specificata) contratta in Africa, lasciando moglie e 4 figli. Le successive 4 pagine sono dedicate alla madre Teresa Morocutti che l'autore delinea esattamente come perfetto paradigma della donna carnica, anche se egli si lascia coinvolgere e indulge in nominalismi radicaleggianti ("...una storia di genere": pag 152).
Entrambe queste figure rientrano perfettamente nell'economia del libro in quanto bene rappresentano e caratterizzano l'uomo e la donna carnici nel Ventennio fascista, con le loro angosce e la loro faticosa quotidianità.
Ed eccoci finalmente all'ultimo capitoletto ("In Liguria, la breve storia di un piccolo maestro") che presenta la figura sfumata di Igino Rainis in maniera (a mio sommesso avviso) un po' romanzata per quei troppi: ...è plausibile... non si conoscono i tempi precisi... non avendo trovato traccia... non poteva non... La storia appare davvero brevissima: Igino Rainis ha 14 anni anni quando muore il padre; diventa capofamiglia, come usava allora; nel 1942 la sorella Maria si sposa e va ad abitare in Liguria ad Aurigo; lì la raggiunge il fratello Igino sedicenne che trova lavoro come meccanico a Pontedassio. In questi mesi, diciassettenne, viene a contatto con i partigiani liguri che sono assai politicizzati ed attivi in zona e impegnano spesso i nazifascisti in scontri di guerriglia; si aggrega a loro presumibilmente "nel maggio 1944 entrando a far parte del distaccamento garibaldino 'Antonio Terragno'" (pag. 16); il 26 luglio 1944, assieme ad altri 4 compagni, si dirige verso Imperia per "tentare di penetrare nei locali della Questura per impossessarsi di armi automatiche" (pag. 164); il gruppo viene però intercettato dai nazifascisti a Treppia di Vasia e nello scontro muoiono subito i 4 compagni mentre Igino, "ferito al ginocchio e alla testa, non accettò di essere catturato e, presa la pistola, si tolse la vita" (pag 165). Fu sepolto nel cimitero di Oneglia nè fu mai poi traslato a Treppo Carnico dove tuttavia, di recente, gli è stata dedicata una piazzetta con targa celebrativa a Tausia.
Ancora alcune considerazioni:

- Igino Rainis non fu mai maestro non solo perchè non frequentò l'Istituto Magistrale di Tolmezzo, ma non concluse neppure (verosimilmente a causa della improvvisa morte del padre) la Scuola di Avviamento Professionale di Paluzza, tant'è che trovò occupazione come meccanico. Con questa dicitura, verosimilmente ci si vuole riferire, per assonanza letteraria [ha fatto la stessa cosa Igino Piutti con "Il partigiano Gianni"], al romanzo autobiografico di Luigi Meneghello, pubblicato nel 1964, "I piccoli maestri", che è un racconto diretto ed in prima persona dell'esperienza partigiana dell'autore, che ricorda con lucidità e semplicità gli avvenimenti senza volontà celebrative o retoriche. Ma questa singolare interpretazione non è di certo percepibile presso la stragrande maggioranza dei lettori più semplici.
- il sottotitolo "attraverso la vicenda del partigiano Igino Rainis 'Lupo'" induce a ritenere che a Treppo Carnico vi sia stato un movimento partigiano resistenziale. Ciò non corrisponde alla realtà, come indirettamente scrive anche Rudy Di Centa (vedi Testimone Oculare pag 57-58 et al.). In occasione delle sanguinose retate e rastrellamenti compiuti dai nazifascisti nella primavera ed estate 1944 a Paluzza (ritenuta un centro strategico della Resistenza), i paluzzani che riuscivano a scappare si rifugiavano sempre a Treppo Carnico dove trovavano ospitalità anche per la notte, essendo stato Treppo un paese sempre tranquillo e defilato durante i tragici mesi 1943-44, fino all'arrivo dei Cosacchi (ottobre 1944) che spensero defintivamente il movimento partigiano in Carnia.
- pertanto la vicenda del diciottenne Rainis non può assolutamente essere elevata a paradigma della lotta partigiana a Treppo (che non subì mai alcuna rappresaglia nazifascista) ma deve essere ricondotta più semplicemente a quella che è stata una storia personale di entusiasmo e impegno giovanile, certamente eroico, condizionata da tutta una serie di circostanze, spesso fortuite, peraltro ben evidenziate nelle pagine finali del libro.

Volendo concludere questa faticosa e non facile (per tanti motivi) recensione, rivolgo all'autore un plauso incondizionato e finalizzato ad una sua ulteriore crescita professionale storico-letteraria. Assieme a Claudio Lorenzini, Gilberto dell'Oste e Adelchi Puschiasis, Denis Baron rappresenta la giovane e degnissima sequela di quella ricerca storica locale che vide nell'ultimo Giorgio Ferigo l'indiscusso antesignano ed il maestro esigente e capace.

 

Il libro edito dalla FORUM (costo euro 16) viene distribuito gratuitamente a tutte le famiglie del Comune di Treppo Carnico

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