Michele Gortani e il fascismo carnico

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Nella storiografia della Carnia si sentiva sempre di più la mancanza di un lavoro che affrontasse seriamente il Ventennio fascista in Carnia. A colmare questo vuoto è significativamente apparsa l’opera di un giovanissimo Denis BARON di Paularo, di 25 anni. Questa è infatti la sua tesi di laurea, che la Fondazione Museo Carnico Gortani ha voluto assolutamente dare alle stampe (costo 15  euro) per far conoscere e diffondere un consistente ed importante tratto di Storia, finora (forse inconsapevolmente) trascurato dagli stessi storici.

Non è un libro di facile ed immediata lettura né costituisce un’opera divulgativa; a tratti è faticoso e spesso richiede una preparazione storica sottintesa che neppure le note a piè pagina riescono a volte a illuminare. Tuttavia appare fin d’ora, a mio sommesso avviso, una pietra miliare per coloro che si accosteranno allo studio ed alla ricerca storica di quel periodo così controverso e così ricco di contraddizioni e di luoghi comuni. A volte, da parte dell’autore, traspare forse una eccessiva posizione “da sinistra”, inconsciamente mutuata dal relatore di tesi (il prof. Gian Carlo Bertuzzi) che pare a tratti condizionare lo studente-laureando Baron, il quale tuttavia, con questo lavoro scrupoloso e approfondito, ha già attirato l’attenzione degli storici locali (ed anche la nostra).

Denis Baron, con quest’opera infatti si è ritagliato un posto di assoluto rilievo nel panorama degli storici carnici (pochini davvero) e friulani, avendo espresso in questo suo primo libro una padronanza della materia ed una capacità di sintesi davvero elevate. Anzi, nella presentazione ufficiale del libro avvenuta presso il Museo carnico, i suoi interventi a braccio (in risposta ad alcuni quesiti del pubblico) hanno evidenziato una preparazione ed una conoscenza della materia e del lessico davvero impressionanti. Baron (lo dico oggi, luglio 2004) diventerà un personaggio di elevato livello e di grande spessore intellettuale e sentiremo in futuro parlare molto di lui, quando la progressiva maturazione umana e culturale potranno sciogliere quella residua sudditanza filiale e psicologica (del resto comprensibilissima) nei confronti del suo attuale tutor.

Avendo delineato l’autore, vediamo cosa c’è nel libro. Tantissimo.

La figura di Michele Gortani rappresenta il fulcro attorno al quale ruota tutto il racconto storico che parte naturalmente con la descrizione della situazione economica della Carnia durante il fascismo. Questo primo grande capitolo illustra molto esaurientemente i vari settori su cui poggiava l’economia: agricoltura, industria, commercio, artigianato. Non può mancare ovviamente una puntigliosa relazione su: emigrazione, disoccupazione e spopolamento che nel Ventennio rappresentarono i punti neri del fascismo. Dopo aver delineato dunque la cornice socio-economica della Carnia del primo dopoguerra, Baron inserisce la figura di Michele Gortani, ripulendola però delle incrostazioni mitiche o retoriche o agiografiche con cui la DC degli anni ’50 e ’60 aveva rivestito la sua immagine.

Basti pensare che il Gortani, a differenza dell’amico professore universitario Egidio Feruglio (che rifiutò il giuramento fascista preferendo l’esilio in Argentina), richiese espressamente la tessera fascista nel 1932 anche se effettivamente questa non gli venne mai concretamente rilasciata, per l’opposizione dei fascisti tolmezzini i quali mal sopportavano la sua “indipendenza” di pensiero e di azione e le aspre critiche loro continuamente mosse.

Gortani, pur prendendo le distanze dunque dai fascisti locali che egli giudicava mediocri e nemici del popolo e dall’ala squadristica anticlericale e sovversiva, non disdegnava tuttavia l’amicizia e la protezione dei fascisti di rango, provinciali e romani, presso cui manteneva ottimi rapporti di colleganza (specie con lo storico P.S. Leicht). E se inizialmente il Gortani (animatore dei reduci della prima guerra mondiale) nutriva dunque forti riserve sull’ aspetto sociale e culturale del fascismo, dopo i Patti Lateranensi ebbe maggiore consuetudine con il regime, ufficialmente riconosciuto anche dalla Chiesa cattolica, di cui Gortani si riteneva figlio devoto e obbediente. E forse l’atteggiamento stesso della Chiesa fece sì che il Gortani si avvicinasse inequivocabilmente al fascismo nazionale di cui tuttavia criticava la concezione della funzione autoritaria, pur non opponendovisi ideologicamente.

Questo suo ambivalente rapporto col fascismo rappresenta una novità per il lettore, abituato a considerare il Gortani come quella figura politicamente cristallina che la DC convinse a correre sotto le sue bandiere e che amò poi di farne bandiera. Mi hanno anche impressionato i costanti contatti epistolari che il Gortani manteneva coi preti più in vista di allora, quasi tutti “patrioti”, della cui amicizia andava fiero e dei cui consigli si riteneva esecutore.

Anche una certa visione paternalistica della Carnia emerge in Gortani che ama spesso descriverla con toni idealizzati ma che non tralascia di difendere nei periodi più critici e bui: ecco allora lamentare la perdita della rappresentanza democratica, la privazione delle cooperative e dei segretariati dell’emigrazione, la chiusura delle agenzie culturali (biblioteche e associazioni)… Tutti questi accorati appelli rimasero sempre inascoltati presso le autorità fasciste e valsero infine a costringerlo al ritiro culturale e politico, che durò fino al termine della guerra, quando la DC, tirandolo per la giacchetta, lo arruolò all’ombra dello scudocrociato.

Leggendo questo interessantissimo libro, si scoprono anche stimolanti curiosità che aiutano a capire la temperie del tempo:

- la prima sezione fascista friulana nacque a Udine già nell’ottobre 1920, ma la seconda in assoluto sorse a Treppo Carnico nel febbraio del 1921, per opera di Ugo De Cillia, molto prima dunque della Marcia su Roma.

-  nelle ancora libere elezioni politiche del 1924, il partito fascista ottenne in Carnia oltre il 60% dei voti espressi.

-  il piano dell’attentato a Mussolini del novembre 1925, prese le mosse dagli antifascisti e anarchici della val Pesarina che erano in contatto col gruppo clandestino di Tito Zaniboni, che dalla Carnia tenne le fila di quell’attentato.

- al funerale dell’anarchico Giovanni Casali, svoltosi a Prato Carnico nel giugno 1933, parteciparono anche il podestà ed il segretario del fascio del Comune, che vennero immediatamente destituiti, mentre 4 anarchici e 1 comunista vennero condannati al confino all’isola di Ponza per 5 anni, per aver espresso frasi oltraggiose nei confronti del fascismo.

Sull’aspetto intellettuale del Gortani, geologo di rango nazionale e internazionale e fondatore del Museo carnico, l’opera traccia delle sintetiche prospettive, che contribuiscono a farci comprendere ancora meglio questa poliedrica personalità che rappresenta sicuramente il CARNICO più importante di tutto il Novecento.

Volendo concludere queste brevi e non esaustive note, si può a ragione sostenere che quest’opera, per come è stata scritta ed impostata, rappresenta una assoluta novità storiografica e merita una precisa collocazione nella biblioteca di chi ama la storia di Carnia, specialmente quella relativa al ventennio fascista.

Con Denis Baron non possiamo che complimentarci vivamente ed invitarlo a raccontarci altri capitoli di questa inesplorata storia di Carnia che riserva sempre incredibili novità!       

 

Post scriptum

Recentemente l’autore Denis Baron mi ha inviato una cortese lettera di apprezzamento per la recensione del suo lavoro. Ha però voluto precisare con molta chiarezza che l’affermazione: 
“…la una eccessiva posizione da sinistra, inconsciamente mutuata dal relatore di tesi (il prof. Gian Carlo Bertuzzi) che pare a tratti condizionare lo studente-laureando Baron” 
NON CORRISPONDE AL VERO in quanto la visione storicistica (di sinistra) che traspare da questo lavoro è propria dell’autore e non è affatto mutuata né condizionata dal prof. Bertuzzi.
Pertanto la successiva affermazione:
“… quella residua sudditanza filiale e psicologica (del resto comprensibilissima) nei confronti del suo attuale tutor
NON E’ MAI ESISTITA perchè l’autore stesso ha sempre goduto della massima libertà espressiva e interpretativa durante la stesura della sua tesi di laurea.
Nel prendere atto di queste precisazioni, mi rammarico pubblicamente delle mie personali interpretazioni che possono essere apparse come illazioni o gratuite supposizioni, non supportate da alcun riscontro oggettivo.
Colgo l’occasione per chiedere pubblicamente scusa sia all’autore Denis Baron che al relatore prof. Bertuzzi, ai quali va tutta la mia rinnovata stima e la mia personale deferenza per il lavoro fin qui svolto.
Novembre 2004
       al. en.                 

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