Tolmezzo: 17-18-19 novembre 2000
Novembre - Dicembre 2000 Alfio ENGLARO & Marino PLAZZOTTA
LA
DIOCESI DI ZUGLIO? UN MESSAGGIO FORTISSIMO - Intervista al Sindaco di Tolmezzo
– Sig. CUZZI 17.11.2000 – Convegno sulla Montagna (int. 76) So che voi nel Comune avete recentemente, all’unanimità,
deliberato per la Provincia della Carnia. Però, so anche che i problemi
di questa Provincia riguardano il territorio, per cui si comincia a dire
Osoppo sì, Buia no, Gemona sì, ecc. Non le sembrerebbe, per partire, che
avremmo l’opportunità di fare una Provincia sperimentale con i 28 Comuni
della Carnia? Ho detto anche in altre occasioni che la soluzione istituzionale di una Provincia regionale dell’alto Friuli, sia una soluzione forte e sia quell’interlocutore di cui parlava il prof. De Rita questa ser! Penso però che debba essere una cosa reale per poter funzionare, per poter concentrare in sé tutti i poteri, adesso frammentati in competenze che a volte si annullano fra di loro, e non un fatto burocratico. Perché al fatto burocratico non ci crede nessuno, crea un 20 - 30 posti di lavoro nel terziario e basta, non incidono sul futuro del territorio. Allora, perché questo strumento sia forte secondo me deve comprendere Gemona, deve comprendere la pedemontana! Ora è vero si può partire con coloro che sono più convinti, così si risolvono i problemi di quorum, ecc. ecc. e quindi questo vuol dire partire con la Carnia e possibilmente con il Canal del Ferro. Ma anche Canal del Ferro non è sicuro al 100 per 100 che sia interessato a questo discorso. Però, ciò, non vuol dire escludere in concreto che successivamente Gemona senta il bisogno di entrare in qualche cosa che è già preordinato, che è già organizzato, che è già partito. Quindi io ritengo che abbia una forza politica importante la proposta di Tolmezzzo che può non essere condivisa da tutti i Comuni, ma Tolmezzo qualche cosa deve fare, deve dare certi esempi, lanciare certi segnali, che è disponibile… Il messaggio che Tolmezzo è
disponibile nei confronti di Gemona, di Osoppo anche, a lasciare la porta
aperta, per dire: “guardate sappiamo che non siete convinti di questa
cosa! Noi lo siamo! Ragioniamo insieme! Non mettiamo le mani avanti!” Noi non
diciamo che Tolmezzo deve essere per forza capoluogo, discutiamo su tutto. Non
abbiamo problemi però andiamo avanti di corsa senza perdere questa occasione e
senza furbizie fra di noi! Ecco quindi il messaggio di Tolmezzo:
quello di parlare di Provincia regionale dell’Alto Friuli. Abbiamo inteso
lanciare un messaggio di questo genere e mi auguro che Gemona e Osoppo
rispondano positivamente così come in altre occasioni (questa estate in
un Convegno organizzato dalla Comunità Montana del gemonese) si erano già
espressi. Una domanda a Lei Sindaco laico,
diciamo così, una domanda di carattere religioso. Come vedrebbe un insediamento
permanente a Zuglio di un Vescovo ausiliare? Il problema naturalmente esula
completamente dalla mia competenza. Ma io non lo so? Quando, alcuni anni
fa, si faceva politica nei partiti, so che una delle richieste periodiche,
quando c’erano i Congressi di partito, ecc., era che bisognava fare un
organismo una federazione autonoma per l’alto Friuli, separato da Udine. Cioè
questa cosa è una cosa che si trascina da molti anni nel senso che viene
sentita come esigenza di autonomia, di specificità. Io ritengo che quindi sia legittimo che anche in campo
ecclesiale, non amo parlare di cose che non conosco ma ritengo legittimo che
anche in campo ecclesiale, ci sia questa esigenza che poi si riallaccia a una
tradizione storica antichissima. Secondo me sarebbe un messaggio di una forza
incredibile!!! CHIESA
CHE AMI LA CARNIA, FACCI CAPIRE, COME PAREGGI I TUOI BILANCI! (int. 77)
BILANCIO
1997 DIOCESI DI UDINE USCITE
TOTALI 11.171.000.000 ENTRATE
TOTALI 444.000.000 Vediamo innanzitutto le SPESE rese note dalla Diocesi di Udine: MANTENIMENTO
DEL CLERO
ESIGENZE
PASTORALI
INTERVENTI
CARITATIVI
Il
resoconto delle USCITE appare assai
dettagliato e non può sfuggire come la fetta maggiore venga impiegata per il
sostentamento del clero mentre meno del 10% viene utilizzato per opere
caritative. Vediamo
ora le ENTRATE rese note dalla
stampa. Queste sono del tutto lacunose e parziali, poiché in effetti vengono
pubblicate due sole voci, cioè
quella relativa ai finanziamenti derivanti dall’ 8 per mille del mod. 740 e quella derivante dalle libere
offerte deducibili con le tasse (fino ad un massimo di 2 milioni). Tali
entrate ammontano a soli 444 milioni (che
la CEI gira alla diocesi di Udine) che però
non paiono affatto sufficienti a coprire le spese di gestione di questo grande
apparato burocratico, che, come abbiamo visto, costa oltre 11 miliardi l’anno.
In questo bilancio, diffuso a suo tempo dalla stampa locale, mancano dunque
totalmente tutte le altre entrate come segue: ENTRATE
Non pubblicizzate
Mancando
tutte queste rilevantissime voci di ENTRATA, non è possibile capire davvero lo
stato patrimoniale della Diocesi di Udine. Per finire: nell’ottobre 1998 la
stampa locale (MV) riportò la notizia che un ingegnere aveva destinato alla
Curia udinese un lascito di ben 30 miliardi di lire. Come sono stati utilizzati?
In Carnia esistono tantissime strutture
parrocchiali che
languono e vanno in rovina nell’attesa di una sistemazione che non arriva
mai. La canonica della ricca Palmanova aveva davvero l’urgenza di quei 600
milioni? I
POLITICI NON SONO CONTRARI ALLA
PROVINCIA DELLA MONTAGNA - INTERVISTA AL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE
– ANTONIONE REALIZZATA DA VTC -TELEFRIULI (int. 78) Presidente Antonione ci dica: “ perché i
politici sono così contrari alla Provincia della montagna?” Ma,
io non so
quali sono i politici contrari? Io
sono disponibile a ragionare molto
apertamente senza avere nessuna ricetta preconfezionata. Mi ha fato riflettere
molto la relazione del Prof. De Rita che, in
qualche modo, ha voluto anche
significare, rispetto a questa ipotesi, delle difficoltà, delle prospettive
anche diverse. E’ un dibattito aperto. Io credo,
obiettivamente, che ci sia
necessità di sentire soprattutto
quelli che in montagna vivono e che
abbiano loro la capacità di fare una proposta che per loro può
essere importante e risolutiva. Io
non ho nessuna rigidità da
questo punto di vista. Lei
pensa che sarebbe fattibile una Provincia sperimentale con i 28 Comuni
carnici? Ma sulla carta senz’altro sì. La legge c’è, lo consente. Bisogna ragionare però a 360 gradi e capire se veramente è questa la soluzione o se viceversa questa può essere in qualche modo una questione più di immagine che di sostanza Non mi piace ragionare per slogan. Credo che poi anche vicino ad un appuntamento elettorale, quale è il prossimo, sia opportuno, prudente, fare considerazioni più ponderate e mi auguro di avere modo e tempo per poterle fare.
IO
CREDO NELLA PROVINCIA. BISOGNA FARLA - INTERVISTA AL
PRESIDENTE DELLA REGIONE – MARTINI REALIZZATA DA VTC - TELEFRIULI
- 7.11.2000 – CONVEGNO SULLA MONTAGNA
(int. 79)
Presidente Martini ,adesso dicono che abbiamo 5 Consiglieri , Senatori e Deputati, 1 Presidente del Consiglio Regionale, 1 Vescovo, 1 Assessore! Che cosa vogliono ancora i carnici? Su questa Provincia cosa ci può dire? Ma
guardi ad di là delle persone e
delle parole, anche la cosa di oggi va bene.
Io credo alla Provincia. Bisogna farla.
Non vorrei che dicessero di sì e poi di no.
Entro il 2001 è roba che
deve partire, come deve partire l’applicazione della 97 “La legge della
Montagna”, come deve partire la 440 …. e devono ritornarci i soldi delle
strade. Sarà da piangere, ma questo è Vangelo. Bisogna che quelli che hanno il
potere e i soldi in mano, lo facciano. Spero
che anche questo discorso fatto in Chiesa ritorni a risvegliare il senso morale,
su queste cose.
SE
NON DAI AGLI ALTRI I CONVEGNI SONO SOLO CONSOLATORI - INTERVISTA AL PROF.
DE RITA REALIZZATA PER VTC - TELEFRIULI - 17.11.2000 – CONVEGNO
SULLA MONTAGNA (int.80) Professor De Rita, mi sono piaciute molto
le Sue parole, che mi sono sembrate poetiche ed esortative! Vorrei fare due
piccole e brevi domande. Lei ha visto il pubblico. Secondo Lei da statistico e
sociologo quale è , l’età media di questo pubblico quale potrebbe essere?
(in quanto a me è sembrata oltre i
quaranta!) Prima
di tutto è molto meno triste di quanto si pensi,
nel senso che io guardando
il pubblico, cosa che faccio
sempre, per vedere se ho di fronte pelati e capelli bianchi, oppure
ho di fronte dei giovani.
Io oggi ho trovato una media, tutto sommato,
non con tanti capelli
bianchi e teste pelate! Probabilmente, rispetto
alla dimensione demografica della montagna, qui c’erano molto più giovani.
Quindi io non mi sento triste da questo punto di vista. Certo,
quello che si capisce, nel modo in cui uno che parla respira un
pochettino con la platea, anche se non sono un attore, ma queste cose si
avvertono, c’è una certa esigenza, che esprime la platea,
di avere cose precise, cioè la gente non sente più come motivante
un discorso morale, religioso, troppo generale. La
profezia la devi fare, però ti
devi spendere pure sulle cose un po’ più brutali. Lei
pensa di aver lanciato un messaggio di speranza per i carnici, per i montanari? Ma
sa io non dò mai messaggi di speranza, io dò solo, tento di dare, messaggi di
responsabilità. Una fede adulta,
diceva Bohnoeffer, è la fede della responsabilità, è l’etica della
responsabilità. Se non c’è l’etica della responsabilità, se non dai
all’uomo, se non dai ai tuoi figli, come
ai tuoi allievi, come ai tuoi
collaboratori in ufficio, questo
senso della responsabilità come etica profonda, le speranze sono puramente
consolatorie. L’individualismo non è una cosa tipica dei montanari, ma qui è storicamente ben radicato perché l’emigrazione ha costretto tutti, individualmente, ad “arrangiarsi”. Questo grosso problema, che credo sia a Roma, come a Udine, come a Tolmezzo, si potrebbe in qualche modo superare ritrovando quella identità a cui Lei ha accennato? Ma
vede, il problema dell’individualismo, non è solo un problema carnico, è un
problema di tutta l’Italia. L’Italia è sempre stata
uno strano modo di essere. Da una parte una specie di prigionia nelle
norme esterne: eravamo prigionieri delle norme del peccato della Chiesa,
delle norme del giudice penale, delle norme della burocrazia e,
dall’altra parte un tentativo individualistico di fare quello che ci
piaceva fare. Abbiamo sempre viaggiato su due livelli. Il rispetto totale
della norma che ci imprigionava e la furbizia di fregarli. Oggi queste realtà
si sono accentuate, nel senso che la norma vola
sempre più alta e non ragiona più in termini di controllo, non ci
controlla più nessuno. E però la furbizia è diventata molto più variegata,
la furbizia pura e semplice del fregare il burocrate, di fregare perfino
il confessore,
non ce l’abbiamo più. Abbiamo invece una maggiore responsabilità.
Quindi è un periodo di passaggio molto delicato fra una situazione bloccata da
secoli, norme strette e furbizia larga, e oggi invece abbiamo norme larghe,
sostanzialmente,
e furbizia che diventa responsabilità. Ci
vorrà qualche decennio per capire dove andremo a finire. CARNIA:
IMPRENDITORI, BANCHE E DINTORNI (int.
81) Ringrazio
lo sconosciuto amico e cerco di rispondere alle sue obiezioni. Sono
pienamente d’accordo sul fatto che oggi i carnici hanno perso un po’ di
quella voglia di lavorare così
caratteristica dei nostri padri (le cause sono facilmente individuabili e questo
non è il luogo per elencarle). Avendo detto ciò, vorrei replicare ad alcuni
punti: 1.
Dice il nostro amico, riferendosi alle paghe degli operai: “… Considerato
che a parità di qualifica, settore, ecc. ovunque sul territorio nazionale la
paga è per tutti uguale, salvo le integrazioni di carattere aziendale o
provinciale…” Egli stesso riconosce dunque cioè che il problema non è
solo carnico ma è nazionale; deve però andare oltre e ammettere che in ITALIA
ABBIAMO DAVVERO PAGHE DA TERZO MONDO E TASSE DI LIVELLO EUROPEO. Egli non
considera neppure tutte le argomentazioni portate a tale proposito sempre nel
punto 3 dedicato agli imprenditori,
sulle quali glissa sorprendentemente e non accenna ad alcuna contestazione o
controdeduzione. Perchè? E forse
tutto vero ciò che è scritto? Io ritengo davvero che tra Sinistre e
Imprenditori (e la Chiesa?) sia in atto un tacito e conveniente (per entrambi)
patto di ferro sulla testa degli operai (carnici compresi). 2.
Continua sempre il mio amico sconosciuto: ”…non
aver voglia di lavorare oppure fa pensare che il resto dei lavoratori sono
fessacchiotti a lavorare a quelle condizioni economiche”. Credo di sì,
credo che siano davvero fessacchiotti a lavorare a quelle condizioni salariali e
credo che sia ancora più incomprensibile l’atteggiamento del sindacato e
delle sinistre che non accennano minimamente a modificare le condizioni degli
operai italiani in genere oggi equiparabili a quelle del III mondo. Certamente
cominceranno a farlo il prossimo anno, quando la sinistra perderà le elezioni,
ma allora l’operaio capirà come il comportamento sindacale sia stato finora
solo strumentale e funzionale alla propria strategia politica, rappresentata dal
governo della sinistra e che si traduce in: paghe
basse e immigrazione alta per calmierare i salari. 3.
Dice ancora il mio amico:…”i carnici che volessero intraprendere una qualsiasi attività
imprenditoriale, non essendoci preclusioni di sorta...” Certamente
esistono imprenditori carnici che hanno investito e creduto nella Carnia (Cescutti
di Paluzza tra tutti) ma sono talmente esigui che incidono ben poco sulla
economia globale di Carnia. La stragrande maggioranza degli imprenditori carnici
investe a valle (massimo massimo a Villa o Amaro o Tolmezzo: cioè a 100 metri
dalla superstrada o dalla autostrada) e non certo nelle valli alte. Del resto se
il coraggio uno non ce l’ha, non se lo può dare. E poi diciamoci la verità:
coloro che vengono qui in Carnia (vedi occhialerie) hanno alle spalle una
consolidata situazione economico-finanziaria che gli consente di rischiare una
percentuale bassissima del proprio capitale in Carnia, per cui se anche va male
rischiano davvero assai poco e quel poco è ampiamente assicurato dalle
agevolazioni che ottengono alla inaugurazione della attività (che volete che
siano 50 milioni per chi ha un capitale di decine di miliardi! Al massimo
diventa un gioco divertente). In Veneto i contadini e gli operai non hanno alcun
timore di far valere i propri diritti (vedi quote-latte) e vi è altra mentalità:
dopo il lavoro in fabbrica l’operaio attende al campo, alla stalla … In
Carnia dopo aver liquidato l’allevamento privato (premi europei per
l’abbattimento dei capi di bestiame) hanno liquidato anche quel po’ di
agricoltura, con una strategia politica raffinata. Che può fare un operaio nei
nostri paesi dopo essere rientrato alla sera dal lavoro, magari dopo un lungo
viaggio in auto? 4.
Dice
ancora il mio amico: “…dati ufficiali della Banca d'Italia, dai quali emerge che nella sola
Tolmezzo i depositi bancari superano i 300 Mld (ma ci saranno solo questi o la
vicina Austria, buon paradiso fiscale, non ne custodisce altri ancora?)”
E’ verissimo. Ma io vado oltre: a Paluzza (2600 abitanti nel Comune)
ci sono ben 4 banche oltre alla Posta ed alla SECAB (ben 6
soggetti dunque), che rastrellano i risparmi e tutte appaiono in buona salute.
Altre 2 banche sono a Sutrio: in totale 8
banche per i neppure 6000 abitanti
dell’Alto But: 1 banca ogni 750
abitanti: qualcosa qui non torna! Voglio solo esporre alcune considerazioni:
a- questo elevatissimo risparmio è
inefficace ai fini dello sviluppo economico della Carnia in quanto improduttivo
e congelato (ci pensano però le banche a investirlo dove loro fa più
comodo, non certo in Carnia). b-
questo elevatissimo risparmio (comune del resto a tutta l’Italia,
primo Paese al mondo per raccolta di risparmio) riflette non solo quella incertezza
e insicurezza del carnico di fronte ad un futuro oscuro, angosciante e
popolato dai fantasmi di una progressiva perdita di identità e di valori, ma
anche quella elevatissima sfiducia
del cittadino nei confronti dello Stato italiano. c-
nessuno può ragionevolmente escludere che parte (quale parte?) di questi
risparmi depositati nelle banche carniche possano provenire anche da altre fonti
più o meno lecite o da altri soggetti: la globalizzazione attuale consente
rapidità di manovra finanziaria quasi anonima da un capo all’altro del Paese.
d- non si può ignorare infine che
buona parte di questi risparmi sono il frutto di lunghissimi anni di lavoro o
delle successive pensioni dall’estero, sicuro sigillo di una durissima
emigrazione. Avendo detto tutto ciò,
la presenza di tutte queste banche (raddoppiate in pochissimi anni) mi inquieta
non poco. 5. Dice ancora il mio amico: “…ragionamenti qualunquisti cercando di trasferire solo e sempre sugli altri tutte le responsabilità dei mali della Carnia, come se i suoi abitanti, compresi pure quelli che sanno solo lamentarsi e contestare”. Se questi ragionamenti qui scritti, corroborati da cifre e fatti inoppugnabili, sono qualunquistici (cioè improntati ad una arida critica demolitrice) allora mi chiedo come si debba agire. In occasione di questo Convegno abbiamo offerto proposte (sono state disattese); abbiamo presentato mozioni (sono state ignorate); abbiamo presentato analisi e cifre (è calato il silenzio); abbiamo stimolato il dibattito (ci hanno ghettizzato). Che altro potevamo fare e non abbiamo fatto? POPULE MEUS QUID FECI TIBI
AUT IN QUO CONTRISTAVI TE? RESPONDE MIHI.
SVILUPPO IN CARNIA (int. 82) RISPOSTA AD UN AMICO NON TROPPO D'ACCORDO Riceviamo il seguente commento cui segue la risposta dell'autore dell'intervento criticato Nel leggere il contenuto dell'int. 71 "Chiesa Comunismo Capitalismo", al di là dei discorsi di carattere politico - religioso che per principio rispetto, somo rimasto meravigliato e un po' preoccupato e, nel contempo mi sono reso conto che difficilmente la ns, diciamolo pure, "povera Carnia", possa riscattarsi se un simile modo di ragionare dovesse diventare diffuso tra i ns. concittadini. Infatti se le premesse sono queste, c'è ben poco da sperare in futuri miglioramenti e/o sviluppi e a nulla varrebbero non solo i convegni come quello appena conclusosi a Tolmezzo, ma neppure qualsiasi sforzo profuso da qualunque organismo sia pubblico che privato. Ritengo che non ci possiamo più permettere ragionamenti qualunquisti cercando di trasferire solo e sempre sugli altri tutte le responsabilità dei mali della Carnia, come se i suoi abitanti, compresi pure quelli che sanno solo lamentarsi e contestare, fossero delle entità completamente estranee alla realtà locale. A tale riguardo, e in riferimento al su menzionato int. 71, ritengo doveroso esprimere alcune considerazioni: - Relativamente al lavoro mi preoccupa leggere che quasi 40 operai abbiano abbandonato, dopo soli pochi mesi e quindi non ancora in tempo per poter dire di aver imparato un poco il mestiere, l'azienda presso cui erano stati assunti e ciò, sembrerebbe, a causa della paga percepita. Considerato che a parità di qualifica, settore, ecc. ovunque sul territorio nazionale la paga è per tutti uguale, salvo le integrazioni di carattere aziendale o provinciale che, comunque, non modificano gran chè l'importo finale, tale atteggiamento non ha certo fatto onore ai carnici. Così facendo potrebbero dimostrare di non aver voglia di lavorare oppure far pensare che il resto dei lavoratori sono fessacchiotti a lavorare a quelle condizioni economiche. Sarebbe utile ricordare che in altre regioni, vedasi il Veneto, l'Emilia e, perchè no, la zona friulana del triangolo della sedia, gran parte delle industrie sono state create dagli operai che, dopo aver appreso veramente il mestiere, hanno poi avuto il coraggio di intrapprendere la strada dell'imprenditore, mettendo a frutto l'esperienza acquisita. Diciamocelo francamente solo così si può creare sviluppo e benessere e non con le parole e/o le pretese. Il comportamento su evidenziato ha portato, purtroppo, alla luce una nuova sfaccettatura del carnico, quella stessa più volte contestata ai cittadini di altre regioni e cioè quella di non avere tanta voglia di lavorare; per fortuna che, per il momento, tale problema non sembra essere esteso, ma il problema comincia ugualmemte a preoccupare. - Altro punto sul quale ritengo necessario soffermarmi, riguarda il giudizio, alle volte semplicistico e direi non sempre corretto, nei confronti delle aziende che, bene o male, si sono insediate in Carnia "con immaginabili agevolazioni" come richiamato nell'intervento, in quanto dette eventuali agevolazioni sono valide anche per i carnici che velessero intrapprendere una qualsiasi attività imprenditoriale, non essendoci preclusioni di sorta. Pertanto, invece di fare sempre e solo polemiche sterili, di cui veramente non penso ce ne sia bisogno, chi ritiene di avere la bacchetta magica lo dimostrasse partecipando in prima persona, perchè così darebbe un grande contributo allo sviluppo e nel contempo dimostrerebbe la validità delle proprie teorie. - Ulteriore punto che ritengo necessario evidenziare è quello caratterizzato dalla situazione economica della Carnia, quella dei dati ufficiali della Banca d'Italia, dai quali emerge che nella sola Tolmezzo i depositi bancari superano i 300 Mld (ma ci saranno solo questi o la vicina Austria, buon paradiso fiscale, non ne custodisce altri ancora?). Considerato che diversi sono i contribuenti eccellenti, non si comprende come mai si debba pretendere che siano quelli di altre regioni a dover investire in Carnia e perchè mai non lo possa fare il carnico stesso. Penso che il carnico, conoscendo meglio la propria terra possa avere maggiori opportunità di uno estraneo anche perchè così potrebbe essere di esempio per attirare altri investitori. Cerchiamo di essere noi i primi a volere il riscatto della nostra montagna se vogliamo essere credibili, perchè altrimenti viene spontaneo pensare che se non interessa ai carnici come possiamo pensare che possa interessare agli altri. Infine se vogliamo migliorare la situazione vediamo di eliminare quella forma di campanilismo, orami fuori luogo, che contraddistingue non solo il comune cittadino ma purtroppo anche i ns. amministratori, riscoprendo i valori che avevano contraddistinto i ns. emigranti per la loro dignità e gran voglia di lavorare.
CURIA LOCUTA, CAUSA FINITA
…e Carnia buggerata (come simpri) a meno che…?
(int. 83) Ho
nostalgia del precedente convegno del 1987 (riferito nel libretto giallo!), che
pure non aveva sortito alcun effetto pratico in Carnia. La sua analisi
socio-economica e culturale però era stata di gran lunga più incisiva e
puntuale (e soprattutto più vera e meno reticente) delle tante parole di questo
Convegno diocesano che ha davvero
partorito un topolino, per giunta pre-confezionato quasi
in provetta. Molti
erano del resto gli indizi: l’opuscolo preparatorio, Stele di Nadal 2000,
varie interviste ai quotidiani locali. Tutti questi mezzi di informazione
avevano già evidenziato con largo anticipo quali sarebbero state le conclusioni
del convegno diocesano: *la Provincia
regionale della montagna ed *il
Vicariato episcopale (tutto il resto sarebbe stato solo contorno e paillettes,
coreografiche e funzionali al progetto imposto). Anche l’intervento n° 31 di
questo sito aveva facilmente previsto queste due conclusioni che puntualmente si
sono avverate, nonostante alcune precise e puntuali proposte siano state
presentate e discusse in alcuni gruppi di lavoro sabato 18 novembre. Tra
queste proposte erano emerse in particolare queste tre: -
la
diocesi di Zuglio, -
una
commissione permanente post-convegno con funzioni di verifica e di controllo, -
una
provincia autonoma alla pari di quella di TN o BZ. Ebbene nessuna di tali proposte (che non erano proteste) sono figurate nelle
relazioni finali dei 5 relatori in Duomo a Tolmezzo il 19.11.00. Sono state
tutte volutamente censurate e ignorate o
presentate in modo velato e sotto “mentite spoglie”. -
Sono
invece state spese tantissime parole per generici e scontati progetti che vanno
bene dappertutto, anche in Sicilia. A che è servito allora questo convegno quando si sapeva con largo anticipo la conclusione finale? Per
quale motivo esibire questa potente e capillare organizzazione ecclesiale di tre
giorni, con ampio dispendio di passioni, energie, discussioni, proposte?
Perché spendere infine tanti soldi (con l’otto per mille?) per sapere
e stabilire cose che fin dall’inizio erano state già decise altrove? Sarebbe
stato più semplice dire: “Noi, classe
dirigente ecclesiale, abbiamo in testa questa e questa proposta per la Montagna
e desideriamo che i politici le prendano in considerazione” e via con un
contatto diretto con le poltrone che contano.
Si è invece voluto mobilitare una folla di convegnisti (moltissimi dei
quali assolutamente “ignoranti” di montagna - nel mio gruppo c’era perfino
un triestino, vedi i verbali -, in quanto cittadini del piano e della costa) per
dare l’illusione che ciò che sarebbe emerso era il frutto di approfondite
riflessioni e, si fa per dire, accurate dissertazioni… Insomma
si è fatto tutto questo polverone, alla rarefazione del quale appare e resta
solo ciò che era stato già deciso e pianificato, benché questo sembri
incredibile ai fedeli. Né servono ad attenuare la triste ed esacerbata
delusione dei carnici l’entusiasmo giulivo e i battimani di maniera di molti
friulani del piano (e di qualche tolmezzino):
si abbia il coraggio della verità. Risentitevi il discorso di De Rita e
scoprirete che senza alcuna enfasi, il nostro Riedo Puppo aveva già detto
questo anni fa. Un’ultima
osservazione: mons. Battisti (essendo ora solo amministratore apostolico) non ha
alcun potere per rendere operative queste conclusioni; il nuovo arcivescovo
mons. Brollo non è affatto tenuto a recepire questi “desiderata” del
Convegno, soprattutto se saprà in quale modo sono stati raggiunti e presentati.
Come
finirà
dunque? Chi saranno i soggetti che faranno proprie queste istanze della
struttura ecclesiale udinese? I politici locali (tutti ex dc ed ex psi con
contorno di ex pci)? Sono da 30
anni sulle poltrone, figurarsi se oggi accetterebbero di essere imbeccati dai
preti, facendo la figura degli incapaci? Perderebbero la faccia e i voti. Mi
aspetto da Mons, Corgnali e dall’Arcidiacono Zanello, articoli profetici sui
giornali che contano. Chi
attuerà allora i nuovi progetti? Nessuno,
perché: 1.
queste
conclusioni sono letteralmente piovute dall’alto senza alcuna partecipazione
dal basso. 2.
non
si è voluto minimamente accogliere le proposte emerse dalla gente, solo gli
applausi anonimi e non impegnativi! - se vi pare dai Work-shop. Vi sfido a
confrontare i verbali dei referenti con le melliflue ed assecondate relazioni,
ed a trovare congruenze e riferimenti. 3.
si
è preferito tirare dritto senza ascoltare nessuno, facendo finta di ascoltare
tutti il “grido muto”. Ma che grido avete ascoltato? Il vostro?
4.
si
è dato l’impressione del “già visto, già fatto” il che equivale ad una forma di epilessia
intellettuale e culturale per la quale non esiste alcuna terapia. Ora
non ci resta che aspettare il libro verde oliva, per confrontarlo con quello
giallo! Soluzioni?
Davvero una bella domanda! Confermo la mia convinzione che solo la Chiesa
e la cultura ci potranno far uscire dal Circo. Il Convegno ha fatto la sua
esibizione, quasi tutti i personaggi sono stati all’altezza, tranne alcuni
relatori vacui e fantasiosi. Nessuno,
nemmeno la GENTE sarà in grado di
smuovere l’apatia politica regionale e nazionale. La Chiesa cosa farà, ora?
Porrà mano a un segnale
inequivocabile al Palazzo? Diversamente la Carnia e la Montagna in generale
franeranno irreversibilmente al piano con la scomparsa defin
LA PROVVIDENZA E LA DIOCESI DI UDINE (int. 84)Tempo
fa un vecchio monsignore, di stampo lefevriano, rivolgendosi all’allora
Rettore del seminario di Udine a conclusione di un colloquio, se ne uscì con
questa icastica frase: “ Il Signore ha tanta compassione di questa nostra diocesi che, per
conservare quel poco di fede rimasta, non manda più preti”. Oggi
forse è ancora più vera. PARROCO “LAICO”: una proposta (int. 85)Si
discute sempre più spesso e più rassegnatamente sulla scarsità di preti nella
nostra terra. Sono ormai tantissimi i paesi senza prete, che vengono
periodicamente curati da altri sacerdoti “a
mieges”. Tra alcuni anni anche i sacerdoti “a mieges” mancheranno e la crisi, oggi solo pre-annunciata,
esploderà. Che fare?
Avremo preti extra-comunitari? Un
prete “a mieges” ha fatto questo ragionamento: -
Se oggi ci fosse il prete a Cleulis a Treppo o a Ligosullo o a Valle o a Cabia o
a Dierico o a Rivo o a Tualis verrebbe retribuito? “certamente” è stata la
risposta della Curia. -
Allora istruiamo i laici e li mandiamo poi nelle parrocchie sguarnite,
garantendo loro uno stipendio analogo a quello del prete che non c’è. Come
fare? A Udine esiste già la Scuola Superiore di Scienze Religiose (non
riconosciuta legalmente dallo Stato): ebbene si fa un accordo con la Università
Lateranense di Roma (riconosciuta legalmente dallo Stato) in modo che chi
frequenta a Udine venga fornito di una laurea in teologia, seria e attinente,
valida a tutti gli effetti legali. In
questo modo si otterrebbero due
risultati: 1. si garantirebbe la
presenza nei paesi di una figura
pastorale competente e collaborante col prete; 2. si creerebbero dei posti di lavoro
retribuiti. Questa
ragionevole e valida
proposta non è stata nemmeno presa in considerazione. Domanda:
lo stipendio che dovrebbe andare al parroco (inesistente) di
Ligosullo o di Cleulis, dove va a finire? PROMOVEATUR UT AMOVEATUR - Le prime mosse del nuovo arcivescovo di Udine (int. 86) Dopo la conclusione del Convegno arcidiocesano sulla Montagna svoltosi a Tolmezzo, che ha chiaramente indicato, dopo approfondite discussioni e animati dibattiti, le coordinate per il futuro impegno della chiesa friulana in montagna (da tutti finalmente riconosciuta come una “vera e insostituibile ricchezza”), il nuovo arcivescovo di Udine sta già pensando e riflettendo sul modo migliore per calare concretamente nella realtà arcidiocesana le preziose indicazioni emerse dal Convegno. Due tuttavia restano i punti fermi delle risoluzioni episcopali:
Molte sono le ipotesi che già circolano, seppure velatamente, nelle canoniche e negli uffici curiali arcidiocesani, ma il leit motiv che maggiormente si ascolta nei corridoi e nelle anticamere è uno solo: i preti migliori dell’arcidiocesi, finora impiegati in ruoli poco gratificanti dal punto di vista pastorale, verranno inviati ad assaporare quella autentica e intatta ricchezza arcidiocesana, costituita dalla montagna. Taluni sussurrano perfino i nomi e le destinazioni, anche se tutto ciò potrebbe essere indice di scarsa fiducia nello S. Santo. Ma tant’è. Gira ormai con sempre maggiore insistenza questo specchietto: sacerdote da a
Mons. Duilio Corgnali verrebbe inviato a realizzare la sua opera mediatrice come Nunzio Apostolico in Burkina Fasu. In questo modo si otterrebbero due risultati eclatanti: la Montagna, finora negletta e trascurata, potrebbe finalmente giovarsi dei migliori preti dell’arcidiocesi; i migliori preti dell’arcidiocesi, finora impiegati solo in ruoli organizzativi, potrebbero finalmente gustare la vera ricchezza della chiesa udinese. Ovviamente per ricoprire i posti lasciati vacanti dai partenti, vi sarebbe un turn-over in senso contrario, come ad esempio: sacerdote da a
Questa nuova organizzazione pastorale, ancora in nuce o meglio in pectore, presenta indubbiamente degli aspetti assolutamente innovativi e prefigurerebbe quei “tempi nuovi” indicati dall’Apostolo, che il nuovo arcivescovo vorrebbe quanto prima realizzare, ben sapendo di avere a disposizione solamente 7 anni di tempo, ancorché a “sovranità limitata” (l’arcivescovo emerito di Udine si stabilità infatti a Tricesimo, anziché al suo paesello natale, probabilmente - sussurrano i beneinformati - per tutelare e solidificare l’attuale establishment che di fatto gestisce l’intera arcidiocesi). E se il piviale se lo scrollerà di dosso?
BISOGNA
TROVARE SEMPRE MOTIVI DI SPERANZA - INTERVISTA A MONS. BATTISTI
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REALIZZATA DA VTC - TELEFRIULI
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“Cjargnei
cence Diu” Mi
ven di domandâmi se e àn un Diu in curie o a Udin, cun 108 predis. No
puedin vignî fûr cul resonament, scandalôs, che lassù a son in pôs.
In seminari no rivin a trente. Epûr e àn siet predis, paris spirtuâi,
viceretôrs e sielte di animadôrs. Lis muiniis di Mueç, tant puartadis
pe lôr santitât e pe feconditât dal lôr convent, no dome e àn il
Signôr in cjase e la Bibie e dut il timp di preâ, ma e àn sigurât il
predi ogni dì e i confessôrs ordenaris e straordenaris. Robe che si
ripet di âtris bandis. Une vergogne e un scandul tant plui dolorôs se
si pense che cun chest implant o varessin la presunzion di frontâ il
prossim milenari”.
Pre
Beline |
DIOCESI
DELLA CARNIA
Mi
riferisco in particolare a tre proposte:
1.
Formazione di una
commissione permanente per i problemi della montagna, con funzioni di verifica e
di controllo sull’attuazione della realizzazione
degli eventuali obiettivi che fossero emersi dal Convegno, oltre che
punto di riferimento per “dare voce a chi non ha voce”.
2.
Qualora la Provincia della Montagna non dovesse decollare a tempi brevi,
far partire
una Provincia autonoma della Carnia, composta anche solo dai 28 comuni
carnici, ma aperta ad ogni possibile ampliamento, pur di dare un segnale di
cambiamento .
La
cosa più curiosa e significativa è che di quest’ultima proposta , già
pubblicamente enunciata prima e durante il Convegno, nessun organo di stampa ha
dato un qualsiasi riscontro, nemmeno la “Vita Cattolica”. Aggiungo che della
diocesi di Zuglio se ne è parlato in diversi
gruppi di lavoro, ma l’argomento anche se, come ha dichiarato il
sindaco di Tolmezzo Cuzzi, “sarebbe
un messaggio fortissimo” è stato
completamente ignorato, sebbene si volesse con esso fare riferimento alla
memoria dei fatti e dei luoghi su cui la Chiesa si fonda.
Sarebbe
idiota pensare che con un Vescovo in Carnia, ancorchè Santo, si potrebbero
dissolvere o risolvere, i nostri problemi! Sarebbe solo un punto di riferimento
spirituale e comunitario non indifferente!
Ma anche i simboli, e San Pietro di Zuglio è uno dei pochi
rimasti , hanno la loro importanza! Davvero penso che la pieve di S.Pietro,
per tutti noi, ha un significato grandissimo.
Viene
da chiedersi: La Chiesa che vuol dare alla
montagna, la Provincia (e il
Vicariato) che cosa dà di suo?
E
rischiamo, anzi LORO rischiano di
perdersi ancora in parole, se non
capiscono che per risolvere il
problema della montagna, e mi
riferisco in questo momento alla Carnia, si deve
assolutamente colmare le differenze evidentissime tra un cittadino che
vive in montagna e quello che vive in città.
I
Carnici non si piangono affatto addosso, come si usa dire per affrontare
il problema e risolverlo
ricorrendo a pregiudizi che vedono il Carnico rassegnato,
poltrone, ignorante ed infine con caratteristiche “meridionali”!
Pensate
ai costi che una famiglia di Cleulis o di Paularo, deve sostenere per mandare i
suoi figli a scuola , rispetto alle famiglie della pianura?
Pensate
a quanti, giovani o meno giovani si
recano ogni giorno a lavorare a Udine, e non per fare gli avvocati o i
medici , ed alla fine dell’anno si trovano a presentare
la dichiarazione dei redditi con le stesse modalità di chi va a lavorare
davanti alla porta di casa o poco distante?
Pensate
a quanto ha perso la Carnia, in contributi dell’ Ue, perché il suo reddito,
basso, unito a quello degli Udinesi
e Triestini dà una media più alta della realtà?
“La
piéis injustizie e jè chê di tratâ in maniere
compagne int che no jè compagne! (don Milani)”.
Se
la Curia e i politici facessero proprio questa formidabile intuizione di don
Milani, probabilmente si potrebbe cominciare a fare, un gradino dopo l’altro,
qualche piccolo cambiamento.
Da
questo Convegno francamente non ho capito, perché, uno, dovrebbe rimanere a
Montenars a Ligosullo o a Zovello solo, perché “vivere in Carnia si può’
”, ardito slogan del Convegno, senza avere incentivi che peremino il rimanere
in questi posti?
Se
la montagna è una risorsa per tutti, non servono i Convegni, passiamo alle vie
di fatto, agiamo!
Ora
uscirà una bella edizione sugli atti di questo convegno e i curiali, oltre a
altri uomini di buona volontà, che hanno speso del loro, si riterranno
soddisfatti. Altri no, e fra questi ci sono anche io, soprattutto perché tutto
questo movimento ha fatto piovere dall’alto conclusioni e proposte , condite
di qualche utopia (lavoro telematico, traforo della Mauria, Università della Carnia…) senza
sapere a chi darle in mano in modo che diventino operative, senza individuare un
SOGGETTO che si faccia carico della loro realizzazione.
In
conclusione: grazie per la dedizione , le belle parole, l’affetto
dimostrato, ma la gente, se si continua così, oltre ad essersi già stufata
ed a non credere ai politici,
comincerà a non credere alle
parole dei preti, gli unici finora in grado di
lasciare qualche flebile traccia della loro testimonianza, assordati da
“un grido muto” che nessun convegno è in grado di ascoltare fin quando non
decide e si impegna per eliminarlo
definitivamente.
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Une
sfide O
dîs une assurditât. Se il vescul di Udin, che al ûl riservâ lis
ultimis energjis dal so lunc pontificât a dâur vôs a lis comunitâz
mutis de mont, impen di ritirâsi a Tresesim al ves decidût di
ritirâsi in tun paisut de Cjargne o de Sclavanie, a tignîur vierte la
glesie e impiade la sperance a chei cuatri che a son restâz, al vares
fat il plui biel document, e soredut il plui sflandorôs e elocuent, sul
so afiet pai ultims.
Pre
Beline |
Si potrebbe
definire questo Convegno anche “stravagante”, in quanto un Vescovo, rispettato ed
amato, prima di andare in pensione, indice
un Convegno sulla montagna, quasi per tacitare la propria coscienza, per il poco
che ha fatto e dato a questa, nonostante abbia
ascoltato il famoso “grido muto”!
Ne
vengono fuori, alcune proposte, purtroppo vane, comunque proposte , ma
l’Arcivescovo a chi le vuole “affibbiare”? Il
nuovo Arcivesco mons. Brollo non è
affatto tenuto a recepire le “desiderata” di questo convegno, soprattutto se
sarà informato sul modo con cui vi si è addivenuti. Ed allora?
Di
fronte a queste considerazioni, marginali e modeste rispetto alle grandi
riflessioni del convegno, io,
(che posso scrivere e pensare soltanto di domenica) resto assai
perplesso. E voi?
Le
citazioni sono state tolte da un testo ancora inedito :
“O
alci i miei vôi viers lis montagnis” di
pre Antoni Beline
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