Il convegno sui problemi della montagna

interventi dal n. 41 al n. 50

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  1. PAROLA D'ORDINE: IGNORARE

  2. WORK SHOP AMBITO CULTURALE GEMONA -23.10.00: IL SINEDRIO HA GIA'IDEE CHIARE

  3. COME L'ULTIMO DEI MOIKANI ?

  4. PRETI ALPINI ADDIO! ORA VI ASPETTIAMO IN CARNIA.

  5. MINARETI IN CARNIA E CROCIFISSI NEL CASSETTO

  6. CASALINGA CONTRO IL FISCO

  7. DEDICATO AI SAGGI DEL CONVEGNO

  8. CJARGNEI PASSIN AI FATS : FASINSI SINTI

  9. SCOMMETTIAMO CHE… 

  10. 28 COMUNI POSSONO FARE LA PROVINCIA DELLA CARNIA

PAROLA D'ORDINE: IGNORARE (int. 41)

Dopo il primo timido, fumoso ma inevitabile riferimento di Mario Gollino durante il mini-workshop di Paularo, di questo Sito Internet nessuno osa parlare. Neanche l'ultimo numero di "La Vita cattolica" di sabato 21 ottobre, accenna minimamente a questo UNICO vitale e libero spazio di confronto, pur dedicando ben due paginone al Convegno Diocesano ufficiale. Ma come? esiste un luogo, gratuito e spontaneo, dove ci si confronta e si dibattono gli stessi argomenti e problemi della Montagna (seppure con maggiore libertà e accoglienza), e tu VITA CATTOLICA ignori completamente il fatto. Posso capire se a farlo (e lo fanno!) sono gli amici M.V. oppure I.G., che hanno dei vincoli editoriali da rispettare (essendo legati ad un Editore ben preciso) per cui danno spazio solo ai loro portavoce o affiliati. Ma tu, VITA CATTOLICA, COME PUOI CONTINUARE A IGNORARE che tantissimi carnici e friulani, soprattutto quelli sparsi nel mondo, conoscono la realtà della loro Montagna attraverso CJARGNE ONLINE? Come puoi continuare a ignorare temi e proposte che provengono, questi si, dalla base, mentre tu dai respiro e spazio solo a quelli autenticati con l'imprimatur della vecchia e stantia politica? Come riesci a conciliare le tue proposte sulla scommessa tecnologica per la Carnia se poi ignori totalmente questa realtà tecnologico-telematica già in essere, utilissima ed efficacissima? Tutto questo sa tremendamente di URSS dove, fino in tempi recentissimi, chi dissentiva prima era ignorato, poi calunniato, poi delegittimato e infine internato. Vuoi forse internarci nel comodo (per te) ghetto della "protesta" (dove infilare tutti i "diversi e dissenzienti") e tu sola legittimarti nell'arena positiva della "proposta"? Perché HAI PAURA DEL CONFRONTO E DEL DIBATTITO diretto, sui problemi concreti?


WORK SHOP AMBITO CULTURALE GEMONA -23.10.00:
IL SINEDRIO HA GIA'IDEE CHIARE
(Int. 42)

Il " sinedrio", anche se il termine mi suona iproprio, ha già deciso.
Nel Work Shop di Gemona tenutosi lunedì 23.10 per certi aspetti interssante, per altri noiosissimo, abbiamo avuto la netta sensazione che il "Sinedrio"abbia già deciso.
NON SE NE FARA' nulla, nonostante le belle parole di don Alessio e dei suoi parrocchiani che hanno convinto i rari Glemonas presenti in una sala angusta, che, ILLEGIO sta in cima ad una montagna e non a cinque minuti da Tolmezzo!
Ci sono state diverse interessanti proposte, proposte anche concrete, ma, né il moderatore, né altri relatori sono stati visti prendere annotazioni.
Sanno già tutto!
In realtà nemmeno a una nostra precisa domanda, su un particolare poco chiaro rilevato nel libretto di presentazione del Convegno, nessuno ha preso nota e nessuno ha risposto. Infatti è stata la sensazione condivisa anche da altri uditori che, cioè, si arriva a questi WS con il malloppo delle proprie relazioni e il resto non conta. Forse conterà, ma?
Le proposte che possono venire da un pubblico volonteroso e sempre incredibilmente mal sistemato - 50 posti a sedere e 100 in piedi , non interessano a nessuno o quasi.
Anche questa volta ci siamo assorbiti due ore di relazioni e una ora, o poco più, di proposte sofferte, ma visibilmente date per scontate, quindi inutili, quasi ignorate volutamente o casualmente, dai proff.
Se poi per non affrontare il problema della Provincia si comincia a parlare dell'Università della Montagna, abbiamo raggiunto lo scopo.
Quale?
Quello di far tanto rumore per nulla.
Vogliamo sperare che il CONVEGNO, che ancora si deve fare , non si riduca a fumo.
Ci interessa partire con la Provincia Regionale della Carnia, magari formata da solo 28 comuni.
Ci interessa che il comitato dei trenta diventi stabile e punto di riferimento per i problemi politici e della montagna.
Per non dare adito a facili illazioni si vorrebbe che questi Convegni trovassero una collocazione stabile e cadenzata, annuale, biennale… insomma non soltanto in "preparazione" di eventi elettorali…
Ci interessa che se non si riesce a creare la PROVINCIA REGIONALE della Carnia, si riesca almeno a ripristinare la DIOCESI DI SAN PIETRO IN CARNIA.

COME L'ULTIMO DEI MOIKANI ? (int. 43)

Amo la Carnia e le mie radici e proprio come l'ultimo dei Moikani voglio rimanere qui nonostante tutto.
Si sente spesso dire che i carnici sanno solo piangere, nulla di più sbagliato, anzi è giunto il momento di sfatare questo pregiudizio che tanto ci ha penalizzato, quanti lo sostengono ancora non conoscano affatto la dignità del carnico.
Ciò premesso voglio aggiungere qualche mia impressione sul terzo WORKSHOP tenutosi a Tolmezzo.
Al di là dei vari interventi perlopiù interessanti si è premuto il tasto sulla ipotetica Provincia Regionale.
Mi dite cosa sarebbe una simile Provincia ?
Stiamo nuovamente prendendoci in giro ? Cosa se ne fa la Carnia con tutte le sue problematiche di un contenitore vuoto che con molta probabilità farebbe comodo solo a chi si aspetta contributi. ?
Sarebbe opportuno invece che fossero i cittadini a decidere del loro futuro non altri per essi. "L'Unione Europea ignora il problema della montagna; dobbiamo quindi far capire all'Europa i diritti e i bisogni della montagna" (ha detto tra l'altro l'On. Bressa)
A questo punto una domanda sorge spontanea: cosa hanno fatto in questi decenni i vari Governi compreso l'attuale e gli Europarlamentari italiani se siamo ancora a questo punto? Hanno solo scaldato le sedie e percepiti lauti stipendi ? VERGOGNA…!
Perchè Austria e Germania hanno sempre tutelato e protetto la loro montagna e l'Italia no ? Ecco chi getta le perle ai porci altro che il carnico.
Purtroppo questo territorio è sempre stato sacrificato dalla Regione per favorire la pianura, per cui se oggi la Carnia si trova a uno stadio terminale è anche grazie a queste politiche ottuse, sarà quindi un risarcimento anche morale concedere alla montagna la provincia autonoma senza indugiare oltre.
Troppi danni e forse irreversibili sono già stati fatti.
Parimenti la Chiesa Udinese non può tirarsi fuori; dopo aver sguarnito le parrocchie con la scusante che i preti scarseggiano; (a Udine si celebrano più di cento messe la domenica ed in qualche paese della Carnia forse una al mese), la concessione di un Vicariato per la montagna magari anche con il Vicario da Udine e non Carnico, sa tanto di elemosina, pertanto prima di pretendere dai politici ciò che ovviamente non daranno, Essa dia l'esempio concedendo la Diocesi di Zuglio ai carnici.
Se queste legittime aspirazioni non dovessero ottenere risposte concrete i 28 sindaci di Carnia eletti dai propri cittadini per protesta dovrebbero dimettersi, però dubito fortemente che lo faranno in quanto dovrebbero rinunciare ai loro cospicui stipendi aumentati quest'anno ben oltre il 50 %.

PRETI ALPINI ADDIO! ORA VI ASPETTIAMO IN CARNIA. (int. 44)

Suscita sempre dibattito e discussione il tema del rapporto tra Chiesa ed Esercito, in qualunque paese del Mondo. Vi è in effetti una sonora contraddizione di termini che, oggi più di ieri, non passa più inosservata: il Vangelo (e quindi la Chiesa) non ha né può avere nulla in comune con la Guerra (e quindi l'Esercito, soggetto e attore di guerra).
Tuttavia da quasi due millenni tra Chiesa cattolica ed Esercito vi è stata (e continua ad esserci) una sorta di rapporto ambiguo, reticente e a volte inconfessabile.
Una breve sintesi storica: l'imperatore Costantino, aderendo al cristianesimo, introdusse per primo nel suo esercito un vescovo e un corpo di sacerdoti.
Ai nostri giorni, nel 1910, è stato il Cile a creare il primo Ordinariato Militare (così si chiama la giurisdizione ecclesiastica dell'esercito). In Italia l'Ordinariato sarà ufficialmente costituito nel 1925. Ma solo con la nota apostolica "SPIRITUALI MILITUM CURÆ" del 21 aprile 1986, l'Ordinariato militare italiano assumerà lo stesso diritto giuridico di una Diocesi.
Questa Diocesi Militare italiana, diffusa a pelle di leopardo in tutto il Paese, conta oltre un milione di "fedeli". Infatti l'assistenza spirituale riguarda 500mila persone tra ufficiali, sottufficiali e soldati di leva oltre al gran numero di familiari e di dipendenti civili.
La Gerarchia di questa diocesi speciale militare è così composta: 250 cappellani militari, 80 sacerdoti collaboratori, diversi diaconi permanenti e circa 300 suore addette agli ospedali militari. I vertici di questa particolare Chiesa sono così organizzati: a capo vi è il vescovo castrense o Ordinario militare, che ricopre il grado di generale di corpo d'armata. Poi vi è un Vicario Generale (come in una qualsiasi diocesi normale) il quale ha il grado di maggiore generale; poi ci sono 3 Ispettori (col grado di brigadiere generale), i quali svolgono funzioni di coordinamento. Vi è infine un Cancelliere segretario generale ed il corpo degli ufficiali, cioè i cappellani, il cui grado parte inizialmente da tenente per raggiungere via via i vari gradi superiori fino a colonnello che corrisponde al grado di 3° cappellano Capo.
A tutti questi sacerdoti spetta il trattamento economico dei rispettivi gradi, con tutte le indennità relative, eccetto l'indennità militare speciale e di alloggio. La carriera avviene per scatti di anzianità previa valutazione della Commissione di avanzamento.
I cappellani sono equamente distribuiti tra tutti i corpi delle FFAA e vengono inquadrati nei rispettivi ruoli gerarchici. Qualsiasi prete, che non abbia compiuto i 50 anni, può entrare a fare parte dell'Ordinariato Militare, impegnandosi a prestare servizio per almeno due anni continuativi. Il servizio militare è incompatibile con altre mansioni, per cui i cappellani militari svolgono esclusivamente tale compito. Vi sono almeno 4 preti carnici arruolati tra i cappellani militari.
Il Vescovo militare lascia il servizio a 65 anni, gli Ispettori a 63 ed i cappellani a 62. La pensione viene riconosciuta ai cappellani dopo almeno 20 anni di servizio effettivo. Chi ha meno di 20 anni di servizio effettivo ma almeno 15 di servizio utile, consegue la pensione come se avesse 20 anni di servizio effettivo. Le pensioni sono ovviamente quelle degli ufficiali pari-grado. Cioè elevate.
Una breve riflessione:
Solo fino a pochi decenni fa i cappellani militari benedicevano le baionette e celebravano la messa sugli affusti di cannone prima della battaglia contro altri soldati le cui baionette erano altrettanto benedette da altri cappellani militari. Fino a pochissimi anni fa in chiesa entravano truppe militari armate ed al momento dell'elevazione eucaristica si presentavano addirittura le armi col presentat-arm!: oggi tutto questo susciterebbe immediata disapprovazione e sdegno.
La imminente trasformazione professionistica dell' E.I che prevede minor numero di soldati e maggiore efficienza;
la utilizzazione dell'EI in varie parti del mondo in funzione di gendarme;
la assoluta cronica mancanza di preti nelle parrocchie;
la maggiore consapevolezza dei diritti e dei doveri dell'uomo;
il mutamento del concetto di Patria e l'acquisizione del concetto di Stato e di Nazione;
dovrebbero stimolare una profonda riflessione circa la funzione del cappellano militare il quale, a nostro modesto avviso, dovrebbe essere oggi ri-schierato sul fronte più difficile e più spopolato: quello delle zone montane carenti, dove ormai il prete appare sempre più come un solitario eroe che tenta di arginare come può il nuovo nemico dell'uomo moderno: l'indifferenza e il benessere eccessivo che viaggiano nell'etere televisivo e ci ammorbano l'aria che respiriamo.

MINARETI IN CARNIA E CROCIFISSI NEL CASSETTO (int. 45)

Per una singolare coincidenza e proprio mentre cercavamo documentazione per la preparazione del Convegno ci è capitato di leggere la lettera scritta da Don Bellina all'Arcivescovo Battisti per criticare certe sue prese di posizione più di 20 anni fa, dopo il terremoto.
Come potrete constatare il fatto di togliere i Crocifissi da alcuni ambienti colpiva e colpisce ancora. Noi carnici, magari non siamo molto praticanti, magari riusciamo a bestemmiare ancora con originalità, ma quando sentiamo che c'è una pur vaga possibilità che il nostro campanile venga sostituito dal minareto, non sappiano darci pace, né riusciamo a pensare che per rispetto agli ospiti mussulmani riusciremo un giorno a santificare i venerdì e a lavorare la domenica. E dai purciz, das pansettes, dal vin, che emplin il Friul, ce fasarino?

Scriveva Pre Bellina:

"Signor Arcivescovo,
mi è stato mostrato da alcuni parrocchiani il numero di "Oggi" del 28.05.1977 dove, a pagina 11, si dice che il Vescovo di Udine "ordina di non appendere il Crocifisso nei centri di raccolta perché non si senta offeso chi cristiano non è!". L'articolista conclude giustamente: "Sta nascendo una Chiesa diversa".

Devo complimentarmi con Lei per questa apertura emblematica, che risponde, a mio modesto avviso, a tutta la Sua coraggiosa linea pastorale ed alle esigenze di un tempo che deve avere la forza di rinunciare ad ogni rigurgito di sacralità esteriore. Anche in questo senso convengo con Lei quando scrive che il terremoto non è un castigo. Avevamo, onestamente, troppe Chiese, che avrebbero potuto offendere chi cristiano non é. Se non altro adesso c'è un ridimensionamento numerico.

E vengo al mio angoscioso problema. Stando alle indicazioni pastorali offerte da Lei sul settimanale citato, mi sento costretto a ricorrere al Suo illuminato consiglio. Nelle mie due comunità (che anticamente erano parrocchie) sono rimaste in piedi, purtroppo, due Chiese, una a Rivalpo ed una a Trelli.

La loro presenza è di conforto ai sedicenti cristiani, ma potrebbe offendere chi cristiano non é. Concordo con Lei che è difficile sapere se uno è cristiano o meno e molte volte si va per tentativi. Con tutti gli incresciosi inconvenienti che ne derivano (come del resto nel giudicare se un prete crede o non crede), tuttavia penso che ci siano dei non cristiani.

Come comportarmi con loro? Come aprirmi al dialogo ed alla comunione? Come non offendere la loro coscienza? In altre parole, devo lasciare ancora in piedi le mie due Chiese, con tutti i loro segni inequivocabili, o devo procedere alla loro demolizione o magari, togliendo quanto vi è di sacro, adibirle ad usi socialmente più aperti ed economicamente più redditizi (stalla sociale, sala da ballo, bar-pizzeria, ecc.)?

Sono certo che Lei mi sarà di grande aiuto anche in questo, come nel resto.
Approfitto della presente per pregarLa, caso mai venisse quassù per ministeri od altro, di togliere anche al Sua croce pettorale. Non che abbia molti non-cristiani, però sono molto suscettibili.

Con tutta la stima e devozione che si merita."

Dal Corriere della Sera del 18.10.2000 citiamo una parte dell'articolo di Lanfranco Vacari relativo a quanto oggi (non secoli fa!) si insegna nelle scuole palestinesi.

"Lo studente deve imparare le seguenti generalizzazioni:
Razzismo.
a) il sionismo è un movimento razzista e aggressivo
b) la superiorità razziale è l'essenza del sionismo e del nazi-fascismo….I più chiari esempi di dottrina razzista e di discriminazione razziale sono il nazismo e il sionismo.

Israele.
……Credo che gli ebrei siano i nemici dei Profeti e dei credenti….Israele costituisce una provocazione per il mondo arabo sul piano militare, economica, politica e della sicurezza."

Naturalmente queste considerazioni hanno poco a vedere con il Convegno, ma dato che altre, ben più importanti nostre riflessioni sono state trascurate dai relatori che guidano la preparazione al Convegno, riteniamo di non dare fastidio se, in questa sede, ci permettiamo di ribadire che noi siamo ancora, umilmente, favorevoli al Crocifisso nelle aule, al campanile del paese e a santificare, sia pur un po' paganamente, la domenica!

CASALINGA CONTRO IL FISCO (int. 46)

Sono una casalinga e tutti questi discorsi di relatori - sindaci e sindaci - presidenti, sulla montagna mi danno un po' fastidio, anzi molto fastidio.
Io sto salvando l'economia della mia famiglia perché ho imparato a cucire, a ricamare e a rammendare.
Questo gran parlare sui problemi della montagna potrà mai aiutarci, noi donne carniche, a fare quello che sappiamo fare senza la partita I.V.A.?

DEDICATO AI SAGGI DEL CONVEGNO
(che sanno di greco e di latino e scrivono e scrivono…) int 47

Dioecesanus congressus parturibat, gemitus immanes ciens,
Eratque in Carnia maxima expectatio.
At ille murem peperit. Hoc scriptum est tibi,
Qui, magna cum minaris, extricas nihil.

CJARGNEI PASSIN AI FATS : FASINSI SINTI (int. 48)

Jò no sei nissun, ma mi sint distès di dî la mê in cont a cunvigne che da un pouc di timp a ten impiât il lumin dal probleme da mont.
Dî che i sin ducj stufs di sintì cjacaras mi par ripetitîf, a è ore di passâ ai fats. Come che ducj ai san già tal 1987 la gleisie a veve dât vite a un document dal titul "Problemi socio-economici della montagna"; i êsits son sot i vôi di ducj, ma chest no vûl di che no si à di cjacarâ âti.
Al è pusitîf il fat che inmò une volte i problemas da mont ai torne, cun prepotense i dîs jò, a tocâ tas puartas dal podei. Parceche, cjacarinsi claramenti, al è il podei ch'al à di meti man al tacuin e començâ a intervegni sul teritori in maniere serie e concrete.
Al è diband vei las leçs e no cjatâ il sisteme par aplicâlas o pieis inmò no volei aplicâlas. A è ore che la politiche regjonâl a decidi in ce misure che a intint salvâ la mont; a è ore che il podei al mostri la sô mûse une volte par dutas.
Se la soluzion dai mâi da mont a è l'istituzion di une PROVINCE a tocje che il mont politic al lavori par metili inpîs daurman.
NO VIN TIMP DA PIERDI! Vin bisugne di datas, di scjadenças da rispetâ.
Se la noste int e i aministradôrs dai comuns ai cròdin in chest a è rivade l'ore di fâ sintî fuarte cheste richieste a chei da Regjion par meti in moto subit, cence pierdi timp, dut il machinari par istituî cheste benedete di PROVINCE DA MONT.
Par gno cont la province a à un parcè di esisti dome se a rive adore di eliminâ DUCJ chei ents che in voi ai massede dome cjartas e ai covente a impiegâ un poucje di int. Dute cheste int a pos passâ a province parceche se a ven dade autonomie totâl di gjestion dal teritori di sigûr che lavôr non mancje. UNE PROVINCE CUN CJARTE BLANCJE IN DUCJ I CJAMPS E IN CONTAT DIRET CUI COMUNS.
In pratiche une province cun vêre autonomie e reâl podei.
Ai cjapât part in chescj dîs a cualchidun dai "workshop" cussi clamâts e mi à parût che la int a à inmò vôe di sconbati; tocje cjapâ cheste vôe e fâle daventâ un berli cussi fuart da sturnî chei ch'ai son ta stanze dai botons. "Tocje bati il fier cuant ch'al è cjalt" ai diseve i vecjos.
Poben las propuestas che a son jessudas e ch'a stan jessint a son buinas e intaressants, al reste però il probleme di mudâ la propueste in alc di concret.
Achì si cor il riscjo di finî come cul document dal 1987.
E alore mi pararès di proponi une idee: dâ vite a une scjale di prioritâts sui intervents necessaris a tornâ a da flât a mont. Definît par ben l'ordin das prioritâts, decidi in timp di atuazion: la date precîse di cuantche la prioritât a pos daventâ realtât e concretece.
Dâ il tim ai SORESTANTS o a chei ch'ai an il podei di tramudâ in fâts las cjacaras e se las prioritâts no si tramudin in realtât mandâju a cjase. Facil a dîsi , plui dificil da meti in pratiche!
Par esempli. I decidìn che la prioritât a son las vìas di comunicazion (stradas, e v.i.) e i disìn che denti dal 2002 la viabilitât a da jessi sistemade in dute la mont.
Dome metint palets sigûrs, forsi, a si rive a otegni alc. No sai se cheste a pos jessi une juste idee, ma la poure a è chê di tornâ a emplâsi di biei progjets che ai reste inmò une volte su pa cjarte e ca di 13 agns i tornarin a fâ un'âti "convegno" par cjapâ at che no si è fat trop.
No podìn permetisi di pierdi aitis 13 agns.
I sei cussient che encje las mes son dome cjacaras ch'a si giontin a âtas…
Ma se la int a cjacare di chest a vûl dî ch'a pense, e s'a pense a nol è dut pierdût parceche al è un segnâl che a è inmò vive! Jodin di no distudâlu, scjafoâlu, dineâlu chest segnâl! Scoltinlu!
I voi giontâ però encje un'âte propueste: la Glesie ch'a dimostri cui fats ch'a intint fâ alc pa mont concretamenti tornant a meti impîs (no dome metaforicamenti) il titul di Giui.
Al sarès un segnâl fuart pal mont pulitic e une dimostrazion di fiducie par chei che in chest moment ai son i piçui, i ultims dal Vanzeli.

SCOMMETTIAMO CHE… (int. 49)


- Mario Gollino presto scenderà in politica (forse già in primavera) nelle file del PPI (50%) o in quelle del CCD (50%) ?
- Gli ex democristiani (ora sparpagliati in PPI, CCD, CDU ecc.), che in 50 anni non hanno mai mosso un dito per l'autonomia della Carnia, sosterranno massicciamente la "provincia regionale" di Gollino con la forza e la decisione della mosca cocchiera?
- (spazio aperto: CLICCA QUI per proporre altre scommesse…)

28 COMUNI POSSONO FARE LA PROVINCIA DELLA CARNIA (int. 50)

Formuliamo una proposta. Diciamola a quanti converranno a Tolmezzo per discutere il 17-18-19 Novembre 2000:
noi Cittadini dei 28 Comuni carnici promuoviamo assieme ai nostri Sindaci la creazione di una Provincia della Carnia che preveda la soppressione delle Comunità Montane e di tutti quegli Enti connessi o "sconnessi" che hanno compiti e funzioni sul territorio carnico. La Provincia della Carnia governata da cittadini eletti direttamente, (e non scelti dai partiti come succede ora nel senso che il Presidente della Comunità Montana, della Carnia Leader, del Bacino Imbrifero Montano etc.etc. sono frutto di scelte e spartizioni partitiche) subentri in tutti i rapporti giuridici degli Enti soppressi o da sopprimere.
Noi carnici, come probabilmente anche altri italiani, siamo sempre più ostili e non riusciamo a nascondere un certo astio verso Roma, prima e verso Trieste, poi. Siamo anche sempre più portati a ribellarci verso un fisco iniquo che ha vessato soprattutto i nostri piccoli imprenditori, commercianti, agricoltori, artigiani, costringendoli a chiudere. Il fisco è sempre stato indifferente alle conseguenze ed ai risvolti sociali che ha provocato con la chiusura di queste piccole attività, piccoli punti di ritrovo, osterie, dove i nonni e i bisnonni avevano sostentato con i loro racconti tanti paesani.
La sensazione poi che la politica, poiché noi contiamo poco, ci abbia trascurati, ha portato molta sfiducia in tutti.
L'idea della Provincia della Carnia che potrebbe nascere dal basso cioè da noi, potrebbe darci di nuovo, quantomeno ai giovani la voglia di interessarsi ancora delle cose che ci riguardano.
Questa idea, che ha tutte le possibilità di nascere, se per una volta ci uniamo, ci sentiamo partecipi di una idea che farà continuare ad esistere nel futuro le nostre 28 Comunità, sarà molto avversata. I partiti con le assegnazioni delle cariche e le nomine dei vari Consigli di Amministrazione hanno un grande potere che terranno duro con i denti, ma se la Chiesa ci darà la mano allora anche la nostra montagna potrà cominciare ad esistere ed a risolvere i suoi problemi.
Amici fate, promuovete presso i vostri Amministratori la mozione: Provincia della Carnia, altrimenti come è già accaduto nella storia, non si ripeta che, mentre in Carnia si discute a Trieste si spartisce!

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