Il convegno sui problemi della montagna

interventi dal n. 61 al n. 75
(gli ultimi prima del convegno)

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  1. SMETTIAMOLA DI PIANGERCI ADDOSSO

  2. TRE PROPOSTE CONCRETE

  3. IL TELEGRAMMA DEL CLERO FRIULANO

  4. UN GEJ E UNE CROUS PAR Mons. BROLLO

  5. Bolla papale “DISJUNCTA NOBIS”

  6. 10 BUONE RAGIONI PER PARLARE DELLA PROVINCIA DELLA CARNIA

  7. PROVINCIA DA NON SPARTIRE

  8. GRAZIE "GAZZETTINO" PER AVER SENTITO IL NOSTRO FLEBILE GRIDO

  9. STELE DI NADÂL 2001
    Quasi tutto deciso sul "Convegno" ! Da dove le anticipazioni se si deve ancora incominciare?

  10. CHIESA COMUNISMO CAPITALISMO in Carnia

  11. STATO GENERALE DEL CLERO IN ITALIA - 1997

  12. LA SCOMPARSA DEL PARTITO-STATO FA CRESCERE LE AUTONOMIE (anche in Carnia)

  13. BILANCIO 1999 DIOCESI ITALIANE

  14. CONVEGNO MONTAGNA  - NON CI ANDRO’

  15. DIOCESI DI ZUGLIO - Altre due obiezioni

SMETTIAMOLA DI PIANGERCI ADDOSSO (Int. 61)    

Sono capitato per caso sul Vs. sito e, considerato che tutto quanto parli della Carnia mi interessa e mi fa piacere, mi sono permesso di esprimere alcune, se pur modeste, considerazioni personali, anche alla luce del "Convegno sui problemi della Montagna".
Considerando i già numerosi fiumi di parole spesi a tale riguardo, e visti gli argomenti in discussione mi è sembrato doveroso evidenziare che ormai sia giunta l 'ora di affrontare la questione con grande serietà, smettendo di fare solo demagogia proponendo soluzioni o argomentazioni completamente al di fuori sia dal contesto della ns. terra, sia al di fuori della realtà economica attuale, tanto a livello nazionale quanto a livello regionale.
Ritengo necessario, e questo lo dico da carnico anche se acquisito, smetterla di piangerci addosso, come spesso troppi carnici stanno facendo ormai da tempo, ma avere il coraggio, per chi intende operare in proprio, di affrontare anche con un pizzico di orgoglio quelle che sono le difficoltà di una zona montana, difficoltà che anche le altre regioni, tante per citarne alcune, vedi Alto Adige, Cadore, ecc. presentano.
E ' fuor di dubbio che i carnici da soli non possono sperare di risolvere i problemi dello spopolamento della montagna, ma che necessita la partecipazione attiva degli amministratori a ciò preposti, ma visto che con il convegno si è allargata la base dei partecipanti credo si possa affrontare in maniera seria le varie problematiche, evitando di fare voli pindarici, ma rimanendo il più possibile coi piedi per terra.
La cosa che sempre mi stupisce e mi rammarica, quando leggo le soluzioni che vengono proposte è il vederle quasi astratte, come se riguardassero un mondo che non comprendo dove possa esistere.
Invece troverei importante analizzare quanto fatto da altre regioni, anche se non sempre tutto può essere esportabile, ma credo che con qualche variante si potrebbe certamente realizzare qualcosa, sia nell'ambito del turismo che nell'ambito della riqualificazione agricola-ambientale.
Non è possibile che in questi ultimi anni gran parte dei terreni che da Amaro proseguono da un lato fino a Paluzza e dall'altro oltre Villasantina, siano abbandonati, quando in Alto Adige hanno saputo coltivare con opportune scelte tutto quanto era possibile%3B certamente sarà necessario dare loro degli incentivi, ma nel frattempo le amministrazioni hanno ottenuto due cose, la prima quella di fermare la gente sulle proprie terre, secondo con la salvaguardia, e quindi il miglioramento sotto l'aspetto paesaggistico della campagna, attirare anche il turismo concedendo la possiblità di affittare le camere e quant'altro.
E' evidente che questo solamente non può essere sufficiente, specialmente se non si provvede in contemporanea a risolvere i problemi della viabilità, che da noi è veramente tragica, condizione indispensabile.
Infine riguardo i giovani che troppo spesso pensano che l'unica soluzione sia quella di abbandonare la Carnia per altre destinazioni, penso che chi di dovere cominci veramente a sfruttare le realtà economiche offerte dalle nuove tecnologie, attivando quanto più possibile il centro di ricerche di Amaro affinchè diventi un polo di attrazione per i ns. giovani diplomati e/o laureati.
E' necessario che detto polo possa fungere da elemento di attrazione per l'insediamento di nuove realtà economiche proiettate nella cosiddetta new economy, creando pertanto le premesse per un vero riscatto di questa nostra terra.

TRE PROPOSTE CONCRETE (int. 62) 

  • PROVINCIA SPERIMENTALE DELLA CARNIA - Poiché abbiamo forti dubbi circa i tempi di realizzazione di una Provincia Regionale della montagna, che sia in grado di sostituire i numerosi Enti, che non hanno né autonomia decisionale, né di spesa, proponiamo che la Chiesa udinese, cui noi, gente di montagna, interessiamo se non altro per questo Convegno che ha organizzato per noi, si faccia promotrice di una "Provincia sperimentale" della Carnia. A formarla potrebbero essere i 28 Comuni della Carnia, con elezione diretta da parte dei cittadini, e con obiettivi che i burocrati regionali sapranno studiare e ritagliare ad hoc: pensando alla autonomia, agli Enti soppressi, agli ambiti da sperimentare e a dislocare nei vari Comuni certi specifici settori.
    Questa mozione intende chiedere che si faccia finalmente un primo gradino per cambiare, altrimenti perderemo l'opportunità che ci viene data. Così anziché fare una scala, non faremo nulla.
    Facciamo il primo gradino e che la Chiesa ci dia una mano.

  • DIOCESI DELLA CARNIA - Indipendentemente da quello che uscirà da questo Convegno riteniamo che, fondamentale e molto importante per tutti noi carnici, sarà il ripristino della Diocesi di Zuglio.
    Questa Diocesi ha una storia antica ed importante.
    Ripristinare la Diocesi di Zuglio potrebbe dare una identità ed una realtà etnografica assai omogenea e ben individuata con circa 54.000 abitanti in zona e diventare punto di riferimento anche per le migliaia di carnici ed oriundi carnici residenti all'estero.
    Oggi che il titolo vescovile di S.Pietro è un titolo "virtuale", che viene assegnato a giovani Vescovi che spesso non hanno nulla a che fare con la Carnia, e forse non hanno mai visitato la loro Pieve, potrebbe diventare il punto di partenza per cominciare a cambiare. Un primo gradino per poi sentire la presenza di qualcuno che davvero vuole ascoltare chi no ha voce!
    Noi non sappiamo come si evolveranno le cose, se ci daranno la Provincia della montagna, o i comprensori, siamo fiduciosi e vorremmo che la Chiesa riuscisse a precedere lo Stato italiano nel riconoscimento di questa terra particolare, reinstallando l'antica Diocesi. Siamo certi che un Vescovo nella Pieve sarebbe davvero un faro per credenti o non credenti, preti e laici.

  • COMMISSIONE PERMANENTE - Considerate le persistenti e costanti problematiche che la montagna presenta si chiede che il Comitato coordinatore di questo Convegno venga trasformato in una Commissione permanente sui problemi della montagna a testimonianza di una reale partecipazione della Diocesi alla ricerca di soluzioni.
    Tale Commissione coordinerà e si dovrà attivare per realizzare dei progetti che emergeranno da questo Convegno e verificherà che gli obiettivi siano sempre presenti anche ai livelli decisionali della politica o della burocrazia regionale.

IL TELEGRAMMA DEL CLERO FRIULANO (int. 63)

Siamo venuti in possesso del testo del telegramma che il Clero friulano aveva inviato in Vaticano nel mese di ottobre, per sollecitare la nomina del nuovo Arcivescovo. Eccolo:
MANDATECI UN VESCOVO SANTO
PENSEREMO NOI A FARLO MARTIRE

UN GEJ E UNE CROUS PAR Mons. BROLLO (int. 64)

I preidis furlans (di ogni sete), contentons pa sielte dal nuf vescul, ai an spesseat a invia a mrs. Brollo a Belun doi biei regai di valor:
une grande crous di vespul (cence il Crist) e un biel gej.
LA CROUS par c'al podi monti-su lui, apene c'al rivarà a Udin
IL GEJ c'al scuegnarà rassegnasi a dopra par toli-su l'aghe in ta nove Arcidiocesi.
Mrs Brollo, un grumon emozionat, al a preseat chesc' doi pinsirs e al a fat savei ca ju tegnarà tal so nuf studi, par vei-ju simpri sot vouli, di di e di gnot.

Bolla papale “DISJUNCTA NOBIS” (int. 65)

 “…OMISSIS. Propter enim huius amatissimae ac dilectissimae nostrae Utinensis Archidioecesis conditionem, omnibus ad resolvendas quaestiones frustra experitis periclitationibus, …OMISSIS…extinguimus ac abrogamus in perpetuum episcopalem sedem, dignitatem, titulum, nomen ed omne jus metropolitanum ac dioecesanum relatum, capitulum, ac omnia munera Archidioecesis Utinensis. Hac ratione divisum sit territorium eius in partes tres, quarum unam incolunt forojulienses, aliam slavi, tertiam qui ipsorum lingua carni, nostra autem paucifideles seu oligopìstoi appellantur. Etenim partem primam, quae posita est apud Tilamentum flumen usque ad Adriaticum mare, dioecesis Concordiensis accipiat; secundam, quae ad fines slavorum pertinet, archidioecesis Goritiensis auferat; tertia autem, quae est proxima germanorum agro et montibus imperviis constituta, renovetur in dioecesi, cui Julii Carnorum antiquum titulum benigne concedimus.  Data Romae…omissis…anno…omissis  

10 BUONE RAGIONI PER PARLARE DELLA PROVINCIA DELLA CARNIA (int. 66)

1. Un problema, per essere risolto, DEVE essere visibile e interpretabile
2. La Carnia oltre che avere problemi è UN problema che ora è INVISIBILE perché occultato nella grande provincia di Udine.
3. Se non rendiamo VISIBILE IL PROBLEMA CARNIA non lo si può né interpretare né tantomeno tentare di risolvere.
4. Qual è la cartina di tornasole del PROBLEMA CARNIA? il REDDITO. Perché finora questo reddito è stato abilmente occultato nei grandi numeri dei 137 comuni della provincia di UD? perché conviene a Udine (vedrai dopo perchè)
5. La Provincia autonoma, al pari della diocesi, VISIBILIZZA LA CARNIA, IL PROBLEMA Carnia, più di qualsiasi altra istituzione
6. Una volta visibilizzata la Carnia, a Bruxelles (e forse anche a Roma) si accorgono all'improvviso che un pezzettino di meridione italiano si è inspiegabilmente spostato nel Nord Est ricco e grasso. Oiboh! Ma dov'era prima? Che sisma è mai questo?
7. La Provincia NON deve AFFIANCARSI agli altri Enti inutili (CMC, BIM, Boschi Carnici, Consorzi ecc ) ma deve SOSTITUIRE tutti questi carrozzoni (che sono oggi privati territori a gestione partitica diretta)
8. Il personale della neo Provincia proverrebbe da questi Enti inutili soppressi, il cui parco-impiegati è ignoto a tutti (ma sono tantissimi e tutti rigorosamente DC o Psi Psdi o PCI) Se poi avanza qualche posticino, è forse uno scandalo se ad occuparlo ci andrà un tapiro di carnico senza tessera e senza raccomandazioni (si spera)?. Nella burocrazia di Udine, quanti carnici sono impiegati? Ogni presidente di provincia che è transitato per il Palazzo ha fatto entrare i suoi: basterebbe sapere da quale paese provengono gli impiegati provinciali per sapere in quale periodo sono stati assunti.
9. Udine (inteso come Curia, Industriali, Partiti, Provincia, Sindacato, ecc) ovviamente non intende MOLLARE L'OSSO seppure spolpato della Carnia, perché quest'osso consente di andare a piangere a Roma e a Bruxelles. (ogni contributo in arrivo necessita di tanta burocrazia quanta ne può disporre Udine, ombelico del Friuli ma non della Carnia). Se si asporta la derelitta zavorra di Carnia, la provincia di Udine balza ai primissimi posti nazionali per reddito pro capite (probabilmente al I°) con le conseguenze fiscali prevedibili (tagli di trasferimenti statali, inasprimenti dei controlli ecc.). Un balzo che, tutto sommato, Udine sorniona non vuole: meglio lontano dai riflettori nazionali.
10. Udine (inteso sempre come centro di qualsiasi potere) deve mantenere alcuni primati: vastità della provincia e della diocesi, baricentro geo-politico regionale, peso specifico all'interno della Regione Autonoma FVG ecc. Se "perde" il sasso chiamato Carnia, il p.s. di Udine cala immediatamente con contraccolpi non lievi nei rapporti politici tra le altre provincie e soprattutto con TS. Udine ha tutto l'interesse a tenere legata a sé questa Carnia meridionale: le serve, è funzionale ai suoi scopi ed ai suoi progetti, avendola sempre pilotata e asservita attraverso proconsoli, in tutto obbedienti alle direttive udinesi. Ma la gente di Carnia che ci azzecca?

A questo punto arriva la solita obiezione pretesca: NON CI SI PUO' DIVIDERE perché le divisioni alimentano risentimento, avvantaggiano gli avversari e soprattutto non favoriscono la solidarietà verso i più deboli (in questo la tapina Carnia) che si troverebbero costretti ad affrontare da soli nuovi e gravosi problemi. Sai cosa ti rispondo? torna al punto 1.
Meglio comunque un divorzio sereno che una convivenza insopportabile, soprattutto se in questa convivenza la magra e affamata moglie le prende tutti i giorni da un marito obeso, superbo e spesso ubriaco (di pane; la cjoche dal pan a è pieis di che dal vin!).

PROVINCIA DA NON SPARTIRE (int. 67)

Sappiamo che operano, in Carnia,  per lo più a Tolmezzo, diversi Enti, Comunità Montana, Carnia Leader, Bacino Imbrifero Montano, iaber ex iacpi,ecc. ecc. con relativi presidenti e consiglieri di amministrazione, quasi tutti di “emanazione” politica.

Un paio di domande.

1)     Questi enti come hanno operato?

2)     Chi li può giudicare?

3)     Alla gente  interessano?

1 – Per sapere come hanno operato bisognerebbe disporre di bilanci su cui verificare obiettivi progetti, ed obiettivi raggiunti .

2 – Possono essere giudicati solo dagli Enti che li hanno emanati. Non saranno mai sconfessati. Al massimo si dirà “potevano fare qualche cosa di più, ma con i mezzi a disposizione, hanno fatto il meglio”.

3 – Trovatemi alcuni Carnici, diciamo un 10%, mi basta un 8% che sappia fini ed intenti degli Enti di cui sopra! Scoprirete che a moltissimi non interessa nulla di questi Enti.

La Carnia può e non può?

La Carnia potrebbe se riuscisse ad individuarsi in uno specifico territorio ( con redditi inferiori al Friuli) e quindi la Provincia è importante in questo senso. Questa individuazione, se non certa, ci fa perdere opportunità legate a certe leggi europee che concedono investimenti per lo sviluppo di zone depresse solo se queste sono ben individuate.

  La Carnia ora come ora non può nulla. Nonostante la cultura, (ci sono tra Cercivento e Ligosullo ben sei circoli cultural)i, non farà nulla, nonostante che  a Zuglio uno “stravagante imprenditore” sia riuscito a lavorare il cristallo inventando brevetti, nonostante la Società elettrica SECAB possa diventare oggetto di studi di efficienza e progettazione.

Alcuni singoli hanno buona volontà!
Non basta!

Se lasciamo in mano ai politici la spartizione di posizioni importanti saranno loro a decidere anche su di noi. Siccome rappresentiamo pochi voti, che poi diminuiscono con l’astensionismo, faranno di tutto per impedirci di fare una Provincia, anche sperimentale. Loro continueranno a voler decidere il Pres. della montagna, di Carnia Leader, del bacino Imbrifero ecc, e posizionare i loro …assistenti portaborse  ove gli pare.

E NOU COME AL SOLIT A TASIN, PROTESTANT SOT VOUS, CAL’E’ COME NUIE.

Sono stufo di parole, di piangerci addosso, di lamentarsi e di elencazioni di progetti già fatti. Io voglio e esigo nuovi  progetti e non venite ed imbonirci con lavori su internet. Se questa forma  fosse davvero una soluzione, io mi iscrivo subito in quella lista di collocamento, ed invito tutti i Friulani disoccupati ad affrettarsi verso la Carnia: il nuovo Eldorado del lavoro telematico!

Non dimenticatevi di ringraziare anticipatamente il prof. Tellia, il Mons. Arcivescovo e il suo Vicario per la cultura  Mons. Corgnali, nonché i 30 componenti il Comitato del Convegno che ci hanno prospettato questa opportunità.

A noi carnici ci basta il lavoro!

GRAZIE "GAZZETTINO" PER AVER SENTITO IL NOSTRO FLEBILE GRIDO (int. 68)

Cari amici di Cjargne Online,
il nostro lavoro con il "Convegno sulla Montagna" procede a ritmo serrato. Vi ricordo che il Convegno si terrà a Tolmezzo dal prossimo 17 novembre.
Il nostro obiettivo di fare parlare la gente in uno spazio aperto a tutti i contributi ha avuto successo e a tutt'oggi abbiamo ricevuto circa 65 messaggi. La loro lettura vi offrirà uno spaccato della situazione della Carnia, con molti dati statistici. Ma non solo, tra le righe si leggono le speranze, le aspirazioni ed anche la rabbia di chi da sempre è abituato e stanco di viaggiare nelle ultime carrozze del convoglio. Oggi anche il Gazzettino si è accorto del nostro lavoro e ce ne da merito. Nel numero di oggi 15 novembre trovate l'articolo di Dino Temil dedicato a Cjargne Ondine. E' possibile consultarlo anche online all'indirizzo http://gazzettino.it nella sezione Friuli, il pezzo si intitola: "Montagna, il sito bastian contrario".

STELE DI NADÂL 2001
Quasi tutto deciso sul "Convegno" ! Da dove le anticipazioni se si deve ancora incominciare?
(int. 69)

Da circa 10 giorni è in distribuzione nelle edicole e librerie del Friuli l’edizione 2001 di “Stele di Nadâl” (a L. 14.000), bruttissima copia della edizione 2000 (a mi displâs, pre Toni Beline, ma a è propit cussì: confronte e po’ tu jodarâs). Ebbene, a pagina 220 vi è un articolo a firma di F. Dal Mas, intitolato “La Montagna non è una riserva indiana”. In questo articolo si parla del Convegno prossimo come fosse già archiviato.

Sentite “…con il Convegno diocesano a Tolmezzo dal 17 al 19 novembre 2000,…omissis,…la Chiesa friulana ha voluto ribadire ancora una volta che la comunità che vive nelle terre alte o nei fondovalle … E queste ultime non hanno mancato di far sentire la loro solidarietà ecc…Ma il convegno diocesano voluto da mons. Battisti ha fatto compiere un decisivo passo avanti: basta con le lamentazioni, le analisi disponibili sono più che sufficienti, si ritrovi il coraggio per dare gambe alla speranza… 

Qui viene da ridere per davvero, ma più avanti si legge: “…Tra queste iniziative non è assolutamente secondaria quella intrapresa da alcune realtà dell’Alto Friuli che hanno dato vita all’Osservatorio socio-politico delle comunità cristiane per dare voce al crescente protagonismo delle popolazioni locali…” 

E per finire “ … si è materializzato un forte e vivace dibattito sull’ esigenza sempre più avvertita di una maggiore autonomia politico-amministrativa della montagna da tradurre nell’istituzione di una “provincia regionale” che, libera da tutti gli orpelli burocratici delle provincie (prefettura, questura, uffici statali), sia dotata dei poteri essenziali per gestire in proprio lo sviluppo del territorio”. 

Vi è infine una preziosissima perla che illumina questo articolo e questa “Stele di Nadâl 2001”: “…la Carnia in 50 anni ha perso 78.000 abitanti” , quando tutti sanno che nel 1951 in Carnia c'erano 61.230 abitanti mentre oggi  siamo rimasti in 40.200!  Va bè che ci vorrebbero tutti morti, ma arrivare a tanto mi pare davvero di cattivo gusto oltre che macabro.

Se tutte queste cose non fossero scritte su “STELE DI NADÂL 2001” , meriterebbero puntuali e inesorabili risposte: siccome sono comparse su STELE DI NADÂL 2001, facciamo finta che siano delle barzellette.

Che non fanno ridere. Ma piangere.

I convegnisti di venerdì e sabato prossimi sono avvisati: è già tutto deciso e stampato con largo anticipo!!!!

                                                        ---------------------

-         Mons. Brollo è stato nominato  Arcivescovo di Udine il 28 ottobre u.s.,

-         Questa notizia non compare in “Stele di Nadâl”, ma quelle relative alla conclusione del Convegno, ancora da svolgersi, (siamo al 15.11.00) sì!

-         “Questo Convegno - si scrive - ha fatto compiere un decisivo passo avanti… anzi ha dato gambe alla speranza…”.
MA SE IL CONVEGNO DEVE ANCORA  COMINCIARE???


CHIESA COMUNISMO CAPITALISMO in Carnia  (int. 70)     

Da sempre Chiesa cattolica e Comunismo, essendo entrambe due chiese con i rispettivi dogmi e atti di fede, si sono trovati su sponde opposte a combattersi a vicenda: la Chiesa lanciando scomuniche e anatemi, il comunismo perseguitando e opprimendo fisicamente.

Poi la storia è finita come tutti sanno ed oggi Chiesa e Comunismo, senza aver rinunciato a nessuna delle proprie prerogative, si occhieggiano a vicenda e spesso giungono a veri propri patti di non belligeranza quando non ad autentiche alleanze. A volte addirittura pare che giungano ad una unione operativa strabiliante, avendo come padrino e testimone il Capitalismo, rappresentato dalla imprenditoria italiana.

L’ultimo esempio è la questione degli extracomunitari (clandestini e non). Tutti e tre questi soggetti (CHIESA COMUNISMO E CAPITALISMO) si trovano oggi d’accordo sul libero ingresso, spesso indiscriminato, degli extracomunitari. Ognuno lo fa con ragioni diverse. Vediamo.

LA CHIESA

vuole fare entrare tutti i poveri del mondo con una motivazione prettamente evangelica, ma poco riflette sulle reali possibilità dell’Italia (che ha sempre un debito pubblico di 2,5 milioni di miliardi) e della Carnia in particolare, di poter ospitare e dare lavoro a questa massa di diseredati mondiali. Accogliere tutti senza dare un dignitoso lavoro (quando ne hanno voglia) non risponde ad alcun requisito di ragionevolezza evangelica ed appare in stridente contrasto con l’enorme patrimonio mobiliare ed immobiliare della Chiesa Cattolica italiana, di cui solo una piccolissima parte viene dedicata ad opere esclusivamente caritative: il vasto Seminario di Udine, vuoto da alcuni decenni, è stato affittato a equo canone a scuole cittadine anziché essere adibito ad esempio all’accoglienza gratuita degli extracomunitari; le moltissime canoniche rimaste vuote nei vari paesi non sono utilizzate che in minima parte ecc. Se poi la Chiesa spera di potere un giorno riempire i seminari vuoti con cattolici extracomunitari africani o indiani, significa che ha assai poca fiducia nella Provvidenza.

IL COMUNISMO

vuole fare entrare tutti i poveri del mondo per ragioni apparentemente umanitarie e filantropiche, ma il vero scopo inconfessato è un’assicurazione elettorale: quando (tra breve) verrà concesso il voto agli extracomunitari, il maggior beneficiario di questo voto sarà il comunismo, oggi a corto di consenso nella società italiana, sia tra gli operai apparentemente super-tutelati sia tra i disoccupati senza tutela alcuna. Solo gli immigrati riusciranno forse ad arrestare il forte e costante declino del comunismo italiano, unico sopravvissuto tra i fratelli europei occidentali.

GLI IMPRENDITORI

vogliono gli extracomunitari con lo scopo annunciato di impiegarli nei lavori oggi non più richiesti dagli italiani. In realtà il motivo vero è che essi vogliono usarli come un CALMIERE SALARIALE e continuare ancora a sottopagare l’operaio italiano (e carnico); se poi questo operaio è del terzo mondo e quindi poco difeso sindacalmente, tanto meglio. In effetti il mercato capitalista avrebbe una sua legge ben precisa che dice: SE VI E’ ESUBERO DI MANODOPERA E POCO LAVORO, IL SALARIO CALA. SE PERO’ VI E’ TANTO LAVORO E POCA MANODOPERA, IL SALARIO DEVE AUMENTARE, proprio per attirare manodopera. Ora i capitalisti italiani (e carnici, buoni discepoli) anziché obbedire a questa legge economica e naturale, preferiscono perseguire il proprio tornaconto personale: tenere bassi i salari, richiamando gli extracomunitari (autentico calmiere delle paghe), anziché aumentare ai lavoratori italiani i salari, che oggi in Italia sono da terzo mondo, quando nel medesimo tempo invece le tasse sono di livello europeo (cioè salatissime). Proprio così: salari da terzo mondo e tasse europee, questa è la ricetta della sinistra italiana che ci governa da 5 anni per la quale il vero miracolo italiano è quello di importare povertà ed esportare ricchezza, a spese però del lavoratore italiano. Ma tutto ciò è funzionale anche al capitalismo che continua a ingrassare sulla pelle DEI LAVORATORI ITALIANI E DEGLI EXTRACOMUNITARI.

A nessuno oggi infatti sfugge che l’operaio italiano guadagna mediamente metà o un terzo di quello europeo e che un adeguamento dei salari risolverebbe il problema della scarsità di manodopera interna. Oggi un giovane non trova alcuno stimolo ad andare a lavorare e sgobbare per 40 ore settimanali a unmilioneeduecentomila al mese (vera manna per l’extracomunitario!); preferisce arrangiarsi in altri modi, spesso pericolosi. Se invece il suo salario fosse di 3 milioni (come il suo collega tedesco) accetterebbe anche il lavoro più ingrato e alienante, che oggi per una paga da terzo mondo non intende giustamente fare! A tal proposito viene a pennello la recentissima vicenda di una famosissima azienda veneta che ha aperto (con immaginabili agevolazioni) una succursale ad Ampezzo: ebbene nei primi 6 mesi di attività quasi 40 operai (moltissimi dei quali proprio di Ampezzo) hanno abbandonato questa azienda (e sono stati sostituiti da altri disoccupati in un incredibile turn-over) a causa della paga (sindacale!) che percepivano. Questa stessa azienda viene tra l’altro considerata in Veneto come l’ultima spiaggia occupazionale per i giovani, prima di aderire ad occupazioni più infime, proprio per la esiguità dei salari e la eccessiva richiesta di prestazioni per l’operaio. Trapiantare qui in Carnia queste realtà (come ad esempio le tanto declamate occhialerie, vero fiasco totale: se lo ricordino i nostri sindaci!) significa volere equiparare la Carnia all’Est europeo o al III Mondo, dove gli operai accettano qualsiasi lavoro a qualsiasi salario, pur di sopravvivere.

Ma questo non è dignitoso né politicamente corretto!

Se a questi aspetti, aggiungiamo le ULTERIORI TASSE LOCALI INDIRETTE: sul freddo (gasolio), sul pendolarismo (benzina), sull’ambiente (degrado), sul territorio (rischio idrogeologico), sull’identità (spopolamento), La Carnia si appresta davvero a regredire in una piccola parola da coltivare (alla pari di altri sentimenti e ricordi) tra le mura domestiche della città.

Modesto appello finale:

Il problema della immigrazione, così complesso ma anche così ovvio, è oggi in grado di costituire una tenace mastice tra CHIESA COMUNISMO E CAPITALISMO, tre soggetti che in altri tempi erano spesso su posizioni diverse e portatori di soluzioni e di modelli di società diametralmente opposti. Oggi, come abbiamo visto, navigano insieme verso la realizzazione di una SOCIETA’ MULTIETNICA E MULTIRAZZIALE dalla quale essi ritengono di trarre, ognuno individualmente, prossimi e stabili benefici.

Suggeriamo umilmente tuttavia:

1, alla CHIESA di impegnarsi anche per GARANTIRE LA GIUSTA MERCEDE AGLI OPERAI (carnici compresi), come da Catechismo.

2, al COMUNISMO, di impegnarsi anche per GLI OPERAI SFRUTTATI E SOTTOPAGATI (carnici compresi) come da Manifesto di Marx.

3, agli IMPRENDITORI, di impegnarsi a RISPETTARE LA LEGGEO

STATO GENERALE DEL CLERO IN ITALIA - 1997 (int. 71)

Nel 1997 la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) ha provveduto al sostentamento di 36.864 sacerdoti che hanno prestato servizio a tempo pieno nelle parrocchie, ed al sostentamento di altri 3.228 sacerdoti inabili a prestare servizio a tempo pieno a favore delle diocesi. I sacerdoti ABILI (cioè quelli che hanno prestato servizio a tempo pieno) sono stati retribuiti con una mensilità che varia da un minimo di L. 1.512.000  ad un massimo di L. 2.664.900 mensili, pari ad una retribuzione annua variate tra un minimo di 18.144.000 ad un massimo di  31.978.800 di lire nette. I preti INABILI invece sono stati retribuiti con L. 2.065.100 nette mensili per una retribuzione annua di L. 24.781.200 nette. I vescovi pensionati, denominati EMERITI, hanno percepito una retribuzione mensile di L. 2.509.000, pari ad uno stipendio annuo di L. 30.108.000 nette. I sacerdoti che percepiscono stipendio per insegnamento o altro titolo o pensione per lo stesso motivo, non hanno diritto allo stipendio mensile elargito dall’Istituto Centrale di Sostentamento del Clero, ma  solo ad una integrazione  qualora non raggiungano la cifra spettante. In quest’ottica la intera remunerazione è stata assegnata solo a 112 sacerdoti, mentre hanno ottenuto una integrazione dello stipendio 36.619 preti. Non è stata elargita alcuna integrazione a 3.361 preti, poiché erano finanziariamente autosufficienti.  La cifra totale per il mantenimento dei preti italiani ammonta dunque a 467 miliardi. In questo calcolo non sono però conteggiate le offerte delle Messe che sono percepite direttamente dai preti che le celebrano ma che non figurano nello stipendio mensile ufficiale,  essendo una spettanza personale del singolo sacerdote.

A tale spesa vanno aggiunti per il 1997, L. 92 miliardi di ritenute fiscali e 34 miliardi di contributi previdenziali e assistenziali complessivamente per tutti i  40.092 sacerdoti italiani.

La CEI inoltre ha speso nel 1997 altri 633 miliardi così suddivisi: 120 miliardi per la costruzione di nuove chiese,  229 miliardi per le attività di culto; 45 miliardi per interventi nazionali  non meglio precisati; 30 miliardi per case canoniche nel Mezzogiorno;  9,3 miliardi per l’assistenza domestica dei preti; 100 miliardi per i beni culturali ecclesiastici; 100 miliardi per la catechesi.

La CEI ha infine speso ulteriori 282 miliardi per interventi caritativi così suddivisi: 142 miliardi a favore delle esigenze italiane; 140 miliardi a favore del Terzo Mondo. Anche in ambito nazionale dunque, appare chiaro come la quota per opere caritative sia assai esigua rispetto  alle altre voci in USCITA.

Il totale delle USCITE della Chiesta Cattolica Italiana si aggira quindi sui 1.508 miliardi per il 1997, una cifra certamente ragguardevole.

Prima di andare a verificare le ENTRATE, apriamo però una breve parentesi analizzando per esempio come vengono distribuiti i 229 miliardi per le attività di culto alle varie diocesi italiane che sono ben 227 (ricordiamo che le provincie italiane sono solo 100).

Ogni diocesi italiana riceve per questo specifico settore, INDIPENDENTEMENTE dal numero degli abitanti, una quota FISSA di mezzo miliardo  all’anno. Quindi la diocesi di Milano e  quella di Tricarico ad esempio, ricevono la medesima cifra annuale.

A questa  QUOTA FISSA però si aggiunge una quota VARIABILE  che è di L. 1.965 per ogni abitante della Diocesi. Peraltro le DIOCESI CON MENO DI 20.000 abitanti, hanno una  QUOTA FISSA di soli 171 milioni, anziché di mezzo miliardo.

Questo passo è interessante perché ci dice tre cose: esistono diocesi con meno di 20mila abitanti (e queste sono tutte al Sud). 2° la QUOTA FISSA distribuisce maggiori finanziamenti al Sud dove ci sono più diocesi. Se la diocesi di Zuglio fosse già effettiva, potrebbe disporre di discreti finanziamenti annuali garantiti dalla CEI sia nel settore caritativo che in quello gestionale e conservativo dei beni artistici e culturali.

Chiudiamo questa piccola parentesi e occupiamoci  ora delle ENTRATE della Chiesa Cattolica Italiana.

Purtroppo anche in questo caso, come abbiamo avuto modo di vedere per la Diocesi di Udine, le voci di ENTRATA rese pubbliche sono solo due  e cioè:

1.         le EROGAZIONI LIBERALI private, pervenute all’Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero e che, da parte del cittadino, sono deducibili con le tasse fino ad un massimo di 2 milioni.

2.         Il cosiddetto OTTO PER MILLE che viene sottoscritto dai contribuenti sul modello 740 della denuncia dei redditi. E’ utile ricordare a tal proposito che il 65% delle tasse italiane viene raccolto al Nord del Paese.

Le cifre relative a queste due voci di ENTRATA sono queste.

Le EROGAZIONI LIBERALI dei privati hanno fruttato 42.368.877.582 nel 1997. I cattolici che hanno contribuito a tale offerta sono stati 159.420 in tutta Italia: un numero certamente esiguo.

Lo Stato Italiano, tramite l’8 PER MILLE  dei mod. 740, ha versato alla Chiesa Cattolica  la cifra di 1.384 miliardi e 269milioni nel 1997.

Il totale delle ENTRATE, secondo la CEI, ammonterebbe quindi a  poco più di 1400 miliardi per il 1997, una cifra ragguardevole dunque, ma certamente inferiore alle ENTRATE TOTALI EFFETTIVE.

Infatti  a queste DUE VOCI DI ENTRATA mancano tutte le rendite mobiliari e immobiliari della Chiesa,  tutte le offerte ordinarie e straordinarie dei fedeli ed i lasciti dei defunti, tutti i dividendi delle varie partecipate ecc. In sintesi: 

SACERDOTI DIOCESANI ITALIANI 1997

ABILI a tempo pieno

36.864

INABILI al tempo pieno

3.228

Tot SACERDOTI

40.092

RETRIBUZIONE SACERDOTI DIOCESANI

Sacerdoti  tempo pieno

Mensile

   da 1.512.000

   a    2.664.900             

Annuo

Da  18.144.000

 a   31.978.800                    

Sacerdoti inabili

Mensile            

         2.065.100

Annuo

      24.781.200                           

Vescovi emeriti

Mensile                  

         2.509.000

Annuo              

      30.108.000       

SPESA TOTALE MANTENIMENTO CLERO  

467 MILIARDI annui

 

TASSE 1997

(Versate dai  40.092 SACERDOTI)

Ritenute fiscali  92.010.669.259

Contributi assist.-prev.  34.014.576.860

  

SPESE  VARIE CHIESA ITALIANA

Costruzione chiese

120 miliardi

Attività di culto

229 miliardi

Interventi nazionali

45 miliardi

Canoniche al Sud

30 miliardi

Perpetue dei preti

9,3 miliardi

Beni culturali Chiesa

100 miliardi

Catechesi

100 miliardi

TOTALE   633 MILIARDI

  

INTERVENTI CARITATIVI

In ITALIA

142 miliardi

Nel TERZO MONDO:

Mozambico, Brasile, India, Filippine, Cuba, Albania, Corea, Nigeria

140 miliardi

TOTALE  282 MILIARDI

USCITE 1997 CHIESA ITALIANA

Mantenimento clero 467 mld

Tasse e previdenza 126 mld

Spese varie 633 mld

Interventi caritativi  282 mld

TOTALE  1.508 MILIARDI

 

DIOCESI ITALIANE:   227

(Provincie italiane: 100)

Quota fissa per Diocesi L. 514.947.526

Quota  variabile per abitante L. 1.965

  

ENTRATE 1997 CHIESA ITALIANA

 Dalle Erogazioni liberali

di 159.420 offerenti:

Lire 42.368.877.582  

Dall’ 8 per 1000 (Mod. 740):

 Lire 1.384.269.005.565


 

LA SCOMPARSA DEL PARTITO-STATO FA CRESCERE LE AUTONOMIE (anche in Carnia) int. 72                

In questi ultimissimi anni si sono verificati in Carnia alcuni fatti, prima d’ora impensabili.

Alcuni di questi li citiamo soltanto: la benzina agevolata, lo sconto- gasolio, lo sconto- legna. Tutti questi avvenimenti che, a primo acchito, possono apparire futili o di secondaria importanza, nascondono invece una valenza politica enorme.

Infatti, prima di queste - chiamiamole- “provvidenze”, il cittadino di Ligosullo era considerato alla stessa stregua di quello di Napoli o di Milano e su di esso incombevano le stesse tariffe di ogni altro cittadino italiano.

Ora invece, con questi benefici rivolti ai cittadini di una determinata zona, viene indirettamente riconosciuta una peculiarità, che può essere identificata con diversi criteri: il clima, l’emarginazione, l’altitudine ecc. Caratteri questi che sono patrimonio di un ben identificato gruppo sociale e non di un altro. In altre parole: si viene a riconoscere una situazione particolare a Paularo o a Cercivento rispetto a Trapani. Questo minimo e banale riconoscimento costituisce però una assoluta novità non solo per la Carnia o il Friuli, ma per lo stesso stato italiano. Su questo filone si deve leggere anche la recente approvazione, avvenuta definitivamente al Senato il 25 novembre 1999, della legge che riconosce la lingua friulana. A molti è parso un fatto esclusivamente culturale e accademico, di scarsissima rilevanza politica e sociale. Non è così. E l’ha capito bene il segretario di AN Gianfranco FINI, che, essendo statalista e difensore d’ufficio dello stato centralista, ostinatamente ha votato contro, assieme a tutto  il POLO (una piccola parentesi: al Senato il voto di ASTENSIONE equivale ad un voto CONTRARIO).

Questo sofferto riconoscimento della lingua friulana implica in effetti che lo Stato Italiano comincia a cedere delle prerogative ed a rinunciare ad un centralismo ottocentesco che si rivela sempre più astruso e inadeguato oltre che ingiusto e ingiustificato..

La lingua friulana, assieme ad altre 11 lingue riconosciute nella stessa legge, assume così un significato del tutto particolare, un significato politico che rappresenta la chiave di lettura dei prossimi avvenimenti socio-politici che potranno accadere nella nostra Regione e in Carnia in particolare.

Ma perché solo ora è stata ufficialmente riconosciuta la lingua friulana, nonostante la nostra Costituzione, vecchia di oltre 50 anni, reciti all’art. 6 :”LA REPUBBLICA TUTELA CON APPOSITE NORME LE MINORANZE LINGUISTICHE” ?  Perché finora non è mai stato compiuto questo passo?

Certamente la Lega Nord ha avuto il suo peso, ma non basta. Certamente la Chiesa Friulana, l’Università Friulana, gli Industriali Friulani, hanno avuto il loro peso, ma non basta. Anche le sinistre hanno avuto un peso non indifferente, ma non basta a spiegare ciò che è avvenuto. Perché dunque solo ora?

A noi pare che la spiegazione più logica vada ricercata nella scomparsa del PARTITO-STATO, che per un 50ennio, era riuscito a tenere e a contenere le spinte centrifughe.

La Democrazia Cristiana, pur vantando un consenso elettorale tra il 30 ed il 40%, deteneva tutto il potere politico. La Democrazia Cristiana dunque, avendo tutto il potere, si identificava essa stessa con lo Stato e lo Stato italiano con essa. Un intreccio di interessi e di convergenze che fece si che ogni azione, ritenuta dannosa per lo Stato centralista, fosse ritenuta dannosa per la stessa Democrazia Cristiana ed ogni azione, ritenuta dannosa per la Democrazia Cristiana, doveva ritenersi pregiudizievole anche per lo Stato. In questo modo, per 50 anni, è stato disatteso l’art. 6 della Costituzione, perché giudicato pericoloso per la unità dello Stato e perciò dannoso per la Democrazia Cristiana. Tant’è vero che i democristiani che, numerosissimi, sono stati sempre eletti in Friuli, mai hanno concretamente agito a favore della lingua friulana: si comportavano come dei muri di gomma, tentennavano, rinviavano, glissavano, ignoravano, pur avendo il potere di decidere di qualsiasi legge. Eppure erano friulani e carnici, eppure erano gente della nostra gente. Ma prima di tutto erano democristiani e cioè si sentivano investiti di una missione particolare, quasi divina: fare quadrato attorno allo Stato, di cui essi ritenevano di avere la tutela ed il monopolio e nel quale si identificavano totalmente. Stato e Democrazia Cristiana fu un tutt’uno, spesso inscindibile, spesso ambiguo, quando non misterioso. Ecco perché nel 50ennio democristiano, mai sono stati riconosciuti i diritti delle minoranze, neppure quelli tutelati dalla stessa Costituzione. Tant’è che Giulio Andreotti, democristianissimo per eccellenza, in un estremo tentativo di bloccare la legge sul riconoscimento della lingua friulana, il 25 novembre 1999 avrebbe voluto ancora una volta rinviarne l’approvazione, affermando testualmente che “voleva ancora studiare il problema”, quasi che 50 anni non gli fossero bastati!

Ora la Democrazia Cristiana, come PARTITO MONOLITICO e PARTITO-STATO, è scomparso dalla scena politica italiana, anche se gli ex democristiani hanno riparato un po’ ovunque, sotto altre insegne, equamente distribuite tra destra, sinistra e centro da dove tessono ancora le loro trame.

Non esistendo più il PARTITO-STATO, stanno venendo meno le remore e gli ostacoli, i lacci e le furbizie, anche se tuttora i democristiani in spe continuano imperterriti a frapporre ostacoli ad ogni tentativo di qualsiasi AUTONOMIA e ad arginare quanto più possibile ogni fuga ritenuta centrifuga, come sta accadendo in questi tempi per LA PROVINCIA DELLA MONTAGNA, per la quale sorgono ogni altro giorno problemi e distinguo, dubbi e perplessità, progetti e piani a volte in contrasto tra loro, in un estremo e inconscio tentativo da parte degli ex-dc di bloccare questa naturale e fin troppo tardiva autonomia! Solo questa è infatti la chiave di lettura della cosiddetta provincia regionale, che viene sbandierata dalla attuale classe politica carnica, composta in prevalenza da ex-dc (ed ex-psi).

Oggi però le richieste di autonomia stanno lentamente emergendo, seppure entro limiti ancora angusti e per certi aspetti fors’anche marginali. Ma ormai la via è stata aperta e lo Stato, vedovo della DC, è costretto a delegare le proprie prerogative ad altri soggetti, verso un federalismo ed una sussidiarietà sempre più possibili, ancorchè lontani e dai contorni ancora sfumati.

Resta un solo sinistro pericolo: che alla Democrazia Cristiana si sostituisca, quale PARTITO-STATO, un altro partito: il PCI-PDS-DS, ostile per ora ad ogni vero federalismo ed autonomia.

 

BILANCIO 1999 DIOCESI ITALIANE (CEI) (int. 73)

  Per il 1999 lo Stato Italiano ha versato alla Chiesa cattolica italiana la somma complessiva di 1.462 miliardi di lire, corrispondenti all’OTTO PER MILLE versato dai contribuenti. Tale somma è il risultato dei seguenti apporti:

 

ANTICIPO PER L’ANNO 1999  L. 1.043.582. 097.452

CONGUAGLIO PER L’ANNO 1996 L. 92.990.878.267

TERZA TRANCHE DEI CONGUAGLI RATEIZZATI  L. 272.536.675.000

CONGUAGLIO DEFINITIVO PER L’ANNO 1994  L. 41.456.000.000

CONGUAGLIO DEFINITO PER L’ANNO 1995  L. 11.112.000.000

T o t a l e  lire 1.462 MILIARDI

Ecco come la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) ha ripartito questi 1.462 miliardi derivati dall’OTTO PER MILLE:

 

ESIGENZE DI CULTO DELLA POPOLAZIONE

Per il Culto e la Pastorale

229 miliardi e 100 milioni

Costruzione chiese

118 miliardi

Beni culturali e artistici

120 miliardi

Assistenza domestica del clero

1 miliardo

Tribunali ecclesiastici regionali

8 miliardi

Case canoniche al Sud

30 miliardi

Fondo Catechesi e cultura

130 miliardi

Scopi nazionali

75 miliardi e 977 milioni

T O T A L E

712.077.000.000

 

INTERVENTI CARITATIVI

Per la Carità delle Diocesi

132 miliardi e 600 milioni

Terzo Mondo

125 miliardi

Scopi nazionali

8 miliardi

T O T A L E

256.600.000.000

 

SOSTENTAMENTO DEL CLERO

T O T A L E

485.000.000.000

 

Queste cifre, come già sottolineato, si riferiscono solamente all’OTTO PER MILLE che i cittadini italiani versano tramite il modello 740 alla Chiesa Cattolica Italiana (non al Vaticano, il cui bilancio e la cui struttura sono altra cosa). Queste però non sono TUTTE le ENTRATE DELLA Chiesa cattolica italiana, ma solo quelle derivanti dall’ otto per mille  che la Chiesa per legge deve rendere pubbliche. Vediamo ora come le varie regioni scelgono la Chiesa Cattolica tra le varie opzioni cui destinare l’8 per mille:

 

                                                 Contribuenti che scelgono la

                                                           Chiesa cattolica

PUGLIA

93,94 %

CALABRIA

93,68 %

CAMPANIA

93,60 %

SICILIA

92,79 %

MOLISE

92,54 %

BASILICATA

91,80 %

ABRUZZO

89,99 %

SARDEGNA

89,10 %

MARCHE

87,43 %

VENETO

87,12 %

TRENTINO A-A

87,12 %

LOMBARDIA

87,01 %

PIEMONTE

85,01 %

LAZIO

84,74 %

UMBRIA

84,29 %

FRIULI

82,60 %

VALLE D’AOSTA

82,46 %

LIGURIA

81,35 %

TOSCANA

78,66 %

EMILIA ROMAGNA

72,24 %

I t a l i a

86,09 %

                       ( Fonte: Ministero Finanze 1999)

 

Questa tabella si presta a varie interpretazioni. Balza subito all’occhio come al Sud vi sia una percentuale maggiore di coloro che scelgono la Chiesa Cattolica per l’OTTO PER MILLE, con percentuali quasi plebiscitarie. Il Friuli invece compare tra gli ultimi, assieme alle regioni tradizionalmente rosse, anzi potrebbe considerarsi proprio una regione comunista. Vi è però una seconda e più importante considerazione da fare: la denuncia dei redditi (sulla quale si basa poi il cosiddetto OTTO PER MILLE) generalmente al Sud è assai bassa, spesso inesistente, per cui queste percentuali, che si riferiscono solo a coloro che effettuano la denuncia dei redditi, sono in effetti artificiose, in quanto non fanno emergere la grande evasione o elusione fiscale che invece esiste.

La Chiesa cattolica dunque, ha potuto contare nel 1999 su 1462 miliardi che i cittadini italiani le hanno versato tramite l’8 per mille. Contribuenti carnici compresi.

 

CONVEGNO MONTAGNA  - NON CI ANDRO’ (int. 74)

Io non so se vado contro corrente e cosa dico ,  perché sono abbastanza fuori testa.  Il mio quadro  fisso è puntato ad una copertina gialla “Problemi socio economici della montagna 1987”.  Da quella volta a oggi non ho trovato grandi cambiamenti. Da oggi a fra tredici anni cosa avremo? Un altro convegno?  Ho provato a seguire un po’  quei Workshop che hanno fatto in giro; hanno giovato a confusionarmi ancora di più le idee. Molte proposte. Ma se qualche carnico alzava la voce per dire che la strada  è a “remengo” dicevano che ci piangevamo addosso, se qualcunaltro diceva che abbiamo  bisogno di più rappresentanze in regione, subito la risposta, che “quando avevate due non avevate niente,  adesso che avete 5 rappresentanti, con il Presidente del Consiglio Regionale, più il Vescovo Brollo…” ora potete tacere!

Mi sono domandato fino a che punto  è una scelta, vivere in montagna. Cioè, se ci dessero una possibilità, a noi che viviamo in montagna, di trasferirci giù, avere un lavoro ed il resto,  quanti di noi resterebbero  in montagna?

E’ una scelta dettata da un obbligo, perché non c’è una alternativa?

O perché noi siamo legati al territorio?

Sono domande cui  anche io avrei difficoltà a rispondere.

Ritengo che per vivere in montagna non ci voglia molto se non una passione,  una crescita di identità, di autocoscienza.

A vivere in montagna a me lo ha insegnato mio padre.  Il seme che è stato piantato e mi ha costretto ad essere attaccato a questa terra, è ancora vivo.

Ma cosa ci si presenta oggi? La televisione e i mass media fino a che punto possono condizionare la nostra gente? 

Perché dobbiamo fare sacrifici per vivere in montagna quando potremmo vivere ugualmente e meglio  a Tolmezzo o a Udine?

E allora io, nel mio piccolo,  dico che al di là di  tanti Convegni e  di  progetti basterebbe,  per far rimanere, in montagna quelli che vivono in montagna, si inventasse in qualche maniera un modo  per compensare quel gradino che li differenzia da quelli che stanno meglio, giù in basso!

Che può essere un livellamento economico, ma non solo quello, dovrebbe essere un riconoscimento, prima di tutto, della dignità di quelli che vivono in montagna. “Tu stai lassù e ti meriti di più”.

La mia dignità  non deve essere minore di quella che hanno quanti  vivono in città. 

La dignità deve tener conto  anche del fatto che io per mandare mio figlio all’università  a Udine spendo più soldi. Per mandarlo a scuola anche a Tolmezzo è un tot di  soldi che si spendono in più. Per non parlare della viabilità. Allora, “l’è dibant” che  inventiamo progetti quando a questa gente non si dà la possibilità di vivere dignitosamente.

Solo quando noi avremo pari dignità, allora potremo incominciare a dire che la fabbrica può essere anche in un altro  posto. Se a me danno la possibilità di vivere a Giviane e il disagio per   andare a  Rigolato, dove ho il posto di lavoro, mi viene coperto in qualche maniera, fiscale od economica e con una moderna viabilità, io vivo anche volentieri a Giviane, perché sono legato a quel paese, come a Treppo o a Ligosullo,a Paularo.

Allora “l’è inutil” che ci vengano a raccontare “sflocjes” di ogni sorte  e non risolvono i problemi primari e torniamo a dire che bambini non nascono e i giovani non restano più nel paese.

Gli specchi che ci vengono da fuori,  sono specchi che attirano anche i giovani e quindi  uno che vive in montagna, anche un giovane, è coraggioso! 

C’è poi l’abbandono del territorio. Le piogge di questi giorni hanno dimostrato come siamo subito in croce, in montagna. Un abbandono che è stato voluto, da quelli che hanno il potere in mano,  perché io  ad esempio ho un fratello che vuole fare l’agricoltore e vive in montagna, a Cercivento,  e vuol vivere con quella terra perché ha quella passione, ma tra la burocrazia e tutto quello che c’è dietro, mi viene da dire che solo un matto può sperare in un lavoro del genere!

L’agricoltura, in montagna, una volta voleva dire vivere in simbiosi stretta con il territorio. Era un dare e un ricevere che era unico! Tolto questo scambio naturale quando  hanno dato i soldi per abbattere  le mucche, la simbiosi è finita! Ormai vediamo che i cespugli arrivano fino avanti alla porta di casa!   

Pensiamo ai nostri  boschi.  Una volta la gente andava in “plovit”, dicevano da noi, quando venivano tagliati i boschi del Comune, uno per famiglia andava a sistemare “las peces”, a fare le cataste (i pass). Doveva andare uno per famiglia. Facevano tutti i lavori assieme, facevano “las tasses”  delle legna e dopo, il “uardean”, che aveva i numeri, li metteva nel cappello e a sorteggio  assegnava “une tasse o che ate”.

Quella  era una manutenzione del territorio che era dettata quasi  per legge, perché ogni famiglia doveva  partecipare.

“Prove cumo?” Oggi sarebbe indubbiamente  improponibile. Ma allora il  territorio chi lo mantiene,  se l’IRFOP di Paluzza é chiusa, chi insegna a governare i boschi? Chi fa turismo  in Carnia o in montagna se la scuola alberghiera di Arta è chiusa? Se si pensa  un po’ su queste ci ritroviamo “fur di plomb”, probabilmente.

Ci sono, però, le caserme vuote di proprietà del Demanio!

 Arriviamo  alla cultura. Cultura in Carnia c’è.

Ci sono circa 28 Circoli culturali in Carnia che ogni anno producono pregevoli opere. Ci sono libri che vengono stampati e questi Circoli si danno da fare. Abbiamo a Treppo una Televisione locale, VTC che fa roba nostra, di livello, anche se gratuitamente.

Non possiamo dire che non c’è cultura  in Carnia! Forse non ci sarà cultura di scienziati! Ma saper  “insedà” una pianta, non è cultura anche quella?  

Ho l’impressione che  abbiamo sballato i valori. Non solo noi ma anche quelli che dovrebbero dare  attenzione a questi valori, ed allora facciamo un Convegno!

Mi hanno messo in nota per una parrocchia.

Non so se ci andrò a questo Convegno, perché non ho capito dove vuole arrivare. Ho come l’impressione di non contare nulla anche se ho tante cose da dire. Non mi sapranno ascoltare e io non andrò a parlare a sordi.

Vadano lì i professori, quelli di Roma…quelli sì che sanno cosa vuol dire vivere in montagna!
 

DIOCESI DI ZUGLIO - Altre due obiezioni (int. 75)

Sono pervenute altre due obiezioni riguardo alla ipotesi della diocesi di Zuglio:

1.    OBIEZIONE: Se si concede la diocesi di Zuglio, si apre una rincorsa per altre richieste come Gemona, Cividale ecc.

RISPOSTA:

a. Zuglio, assieme ad Aquileja, Concordia (e più tardi Trieste), è divenuta sede vescovile nei primi tempi della storia del Cristianesimo (vedi anche precedenti interventi in questo sito) ed ha mantenuto il vescovo residente almeno fino al 744, in qualità di suffraganeo di Aquileia. Gemona non è mai stata sede vescovile; Cividale è stata solo residenza temporanea dei patriarchi aquileiesi (mai sede episcopale autonoma).

b. La diocesi di Aquileia (ed anche il patriarcato) è stata soppressa “in perpetuum” nel 1751 (vedi altri interventi in questo sito) e non è stata più ricostituita. Concordia, sorta nel IV secolo come suffraganea di Aquileia, è rimasta diocesi uninominale fino al 12 gennaio 1971, quando le è stata aggiunta la denominazione di “-Pordenone”: è tuttora esistente sotto la duplice denominazione e fa parte della provincia ecclesiastica veneta, essendo soggetta a Venezia. Trieste, sorta nel VI secolo come suffraganea di Aquileia, fu unita a Koper-Capodistria il 30 giugno 1828 e fu di nuovo separata il 17 ottobre 1977; attualmente è diocesi uninominale, soggetta a Gorizia.

c. L’arcidiocesi di Udine è stata istituita solamente il 6 luglio 1751 sulle ceneri del patriarcato di Aquileia; fu ridotta a sede vescovile il 1 maggio 1818 e fu nuovamente elevata a metropolitana il 14 marzo 1847; attualmente è direttamente soggetta alla S.Sede e non ha alcuna diocesi suffraganea, pur essendo nominalmente “metropolitana”.

d. L’arcidiocesi di Gorizia è stata istituita solamente il 6 luglio 1751 sulle ceneri del patriarcato di Aquileia; dopo una unione temporanea con Gradisca, è attualmente metropolitana della provincia ecclesiastica di Gorizia che comprende anche la diocesi di Trieste, attualmente suffraganea di Gorizia.

In sintesi:

La ripristinata Diocesi di Zuglio, oltre a giustificare le varie motivazioni più volte espresse, darebbe pieno significato anche al titolo (attualmente solo virtuale) di “metropolita” di Udine, di cui ovviamente diverrebbe suffraganea.

 

2.    OBIEZIONE: Non sunt moltiplicanda entia sine necessitate (cioè non si debbono istituire altri Enti senza necessità).

RISPOSTA:

a. Tutti sono d’accordo su questo punto, qualora si intendano come “enti” tutti quei carrozzoni inutili e farraginosi aggregati all’Istituto che si vorrebbe creare.

b. A pag. 221 di “Stele di Nadal 2001”, F. Dal Mas a proposito della “provincia regionale” scrive che la vuole “…libera di tutti gli orpelli burocratici delle provincie (prefettura, questura, uffici statali), sia dotata dei poteri essenziali per gestire in proprio lo sviluppo del territorio”. Trasferiamo ora questo legittimo desiderio di Dal Mas alla “diocesi regionale” e vedrete che la soluzione si troverà. Basta solo onestà intellettuale e volontà politica (pardon: pastorale) e la parola-tabù “diocesidizuglio” potrà essere finalmente scritta e pronunciata anche dal settimanale diocesano e dall’establishment curiale (in foto a pag 13 della Vita Cattolica di sabato 18 novembre 2000).

 

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