Castelli e fortificazioni
della Carnia

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Dopo aver letto il precedente lavoro del 2011 di Gianni Virgilio (autore che non conosco personalmente), avevo sommessamente svolto brevi considerazioni, a margine delle quali sottolineavo alcune vistose lacune (riguardanti la Carnia) presenti in quel volume.
Che poi Virgilio abbia addocchiato quella recensione o meno, è del tutto irrilevante: fatto sta che oggi 2013 l'autore, quasi a volersi inconsciamente scusare di quelle non tanto veniali omissioni, presenta, senza più tema di smentite o correzioni, questo scintillante volume dedicato interamente ed esclusivamente alla Carnia, i cui numerosi (e spesso ignoti) archeositi vengono sistematicamente visitati e presentati con dovizia di iconografia e di sussidi topografici.

Dopo i doverosi saluti del sindaco di Tolmezzo, Dario Zearo, e di Giulio Boiti (Direttore della locale Biblioteca Civica "Adriana Pittoni": quanta nostalgica riconoscenza per lei!), l'autore introduce "I carnici", mediante un rapido e brillante excursus che, partendo dalle origini, arriva ai tribolati giorni nostri, i quali (nonostante esorcismi e scongiuri vari) non paiono affatto riservare grandiose speranze per la Karnorum Regio odierna (o per quel che ne rimane)...
Il successivo contributo di Maurizio d'Arcano Grattoni (Introduzione storica) delinea un conciso percorso dell' evoluzione archeologica locale. Mariangela Pecol abbozza poi in poche righe l'humus profondo di Carnia. Termina le presentazioni Sandro Piussi (La fede nell'arte della Carnia) che offre le coordinate religiose per comprendere a fondo le varie realtà che si potranno ammirare... ator pa Cjargne.

Il contenuto del libro è comodamente sintetizzato in 9 itinerari (per un totale di 29 schede che riguardano 60 archeositi):

ITINERARIO 1 (Torre Picotta, Pra Castello, Colle Mazeit, Cesclans...)
ITINERARIO 2 (Illegio, Broili, Feleteit, Cuel di Tor...)
ITINERARIO 3 (Cort dal Salvan, Terzo, Sezza, Zuglio, S. Pietro...)
ITINERARIO 4 (Invillino, Somcolle di Lauco, Raveo e Cuel Budin, Monte Soantri...)
ITINERARIO 5 (Enemonzo, castello di Socchieve, Nonta, Priuso, Ampezzo, Sauris, Dilignidis, Feltrone...)
ITINERARIO 6 (Pra di Got, Sacuidiç, Cuol di Cjastiel, Andrazza, Cella...)
ITINERARIO 7 (Agrons, Luint, Luincis, Pradumbli...)
ITINERARIO 8 (Avosacco, Pradeit, Ognissanti di Sutrio, Gjai, Fratta, Monaio...)
ITINERARIO 9 (Torate, San Daniele di Paluzza, Siajo, Valdajer, Duron, Paularo, Dierico...)

Ogni itinerario comprende varie schede attribuite ciascuna ad uno specifico archeosito;
ogni scheda è formata da cartina topografica, corredo fotografico, note storiche, descrizione del percorso, breve bibliografia.

Gianni Virgilio (un architetto) si avvale spesso anche delle diagnosi e delle ipotesi di precedenti autorevoli autori, tra tutti Tito Miotti, mitico archeologo locale che dedicò la vita quasi interamente alla riscoperta archeologica degli antichi manufatti friulani e carnici e che scrisse un'opera fondamentale su questo specifico argomento, finora insuperata (Castelli del Friuli, 6 volumi, Del Bianco editore, 1993).
Cita spesso l'autore anche professionisti moderni che hanno già all'attivo diversi recuperi di archeositi locali; nè poteva mancare, nell' ambito dell'Incarojo, un doveroso accenno a pre Toni Bellina, che tanto si prodigò per la rinascita culturale della Carnia.

Il taglio di questo lavoro è quello tipico archeologico-turistico perchè oltre a far conoscere la peculiarità dei luoghi considerati, ne viene sollecitata la visita con indicazioni e consigli vari (oltre che viari e comportamentali).
Spesso la descrizione dei manufatti antichi scivola immancabilmente ma necessariamente (quasi come un fuori-tema) sulle viciniore chiese esistenti (e sui loro tesori d'arte), le quali spesso hanno preso il posto o sono stato costruite sui precedenti siti storici, oggi non più visibili o spesso neppure intuibili. Questo dato ovviamente potrebbe deludere o infastidire qualcuno, perchè in effetti la demolizione di antichi manufatti per far posto a chiese più recenti ha cancellato ogni possibilità di risalire documentalmente ad essi e di capire così più a fondo la nostra storia.
Non così è accaduto ad esempio in Alto Adige/Sud Tirolo, dove i castelli sono rimasti castelli e non sono diventati chiese... successive!

Ottima la simbologia castellana la quale aiuta, con una rapida occhiata, a capire l'entità attuale dei vari manufatti.

Si tratta insomma di un pregevole lavoro che viene a riempire un vuoto che richiedeva di essere quanto prima colmato. Chiaramente se qualche lettore/escursionista volesse approfondire un archeosito particolare, potrà tranquillamente cercare lumi nella esaustiva bibliografia che l'autore ha ampiamente rappresentato.

Avendo detto tutto questo, mi sento di proporre alcune lievi osservazioni:

* dal punto di vista tipografico esistono a mio avviso delle piccole imperfezioni:
il carattere troppo esile utilizzato affatica notevolmente gli occhi del lettore specie alla luce artificiale; il colore verde-acqua dominante mi è sembrato un po' "smamît" per questo importante lavoro nel senso che non esalta la copertina e gli stacchi interni; qualche refuso tipografico, qualche raro errore di sintassi (passim) e qualche capolettera gotico errato suscitano lievissimo fastidio; la posizione delle cartine a cavallo tra due pagine non ne aiuta la comprensione a causa del mascheramento della parte centrale di esse...

* dal punto di vista contenutistico:
- a pag. 66 si afferma che "...Cesclans divenne sede vescovile nell'VIII secolo, accogliendo Amatore, l'ultimo vescovo fuggitivo di Zuglio". Ciò non corrisponde al vero. Da quanto se ne sa, già il vescovo zugliese Fidenzio, verso gli ultimi anni del 500, aveva abbandonato la insicura sede di Zuglio su sollecitazione dei Duchi longobardi ed aveva posto la sua residenza in Civitas Austriæ (Cividale) neo capitale del Friuli, pur detenendo sempre il titulus di Iulium Carnicum; il patriarca di Aquileja in questo periodo si era trasferito dalla insalubre Aquileia alla fiorente Cormones (Cormons). Quando però nel 732 il patriarca aquileiese Callisto spostò definitivamente la sua sede patriarcale da Cormons alla prestigiosa Cividale, entrò in conflitto proprio con il suffraganeo vescovo zugliese Amatore che aveva sempre lì la sua effettiva residenza e che da lì fu cacciato dal patriarca stesso, cosa che irritò notevolmente il duca longobardo Pemmone il quale imprigionò il patriarca Callisto nel castello di Duino... Il vescovado di Zuglio fu quindi subito dopo soppresso ed inglobato nella vasta diocesi di Aquileia (744 ?) il cui patriarcato (costituito da diocesi suffraganee) era già vastissimo. Così racconta Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum. Quindi la notizia di "Cesclans sede vescovile" non avrebbe alcun supporto storico.
- a pag.102 l'autore così descrive il "bacio delle croci" sul plan da Vincule: "... le croci adornate di fiori e di nastri colorati vengono alfine disposte in circolo attorno alla pieve di S. Pietro in omaggio a questa chiesa matrice e sfiorate con un simbolico bacio dalle fanciulle maritate del paese...". Questa fantasiosa descrizione attesta inconfondibilmente come l'autore di questo testo non abbia mai partecipato al rito della Scense sul colle di San Pietro.

 

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