Ecco l'ultimo laborioso parto letterario di Igino Piutti (marzo 2020): un romanzo storico con un impegnativo e ambizioso (forse utopistico) scopo, quello di fare luce sui "fatti di Ovaro" avvenuti il 1 e 2 maggio 1945, remando a volte magari anche controcorrente... Con un ingegnoso artifizio letterario, Piutti (seguendo un po' l'ultimo Calandra, ma con intenti totalmente diversi) ha rievocato personaggi e testimoni del tempo, ridando loro vita e parola per una rivisitazione dei luoghi e degli attori, con sapiente calibratura di considerazioni deduzioni interpretazioni ipotesi... Non si può certamente parlare di revisionismo storico sia perchè l'intento dell'autore non è assolutamente questo, sia perchè un romanzo (seppure storico) non si presta affatto ad essere etichettato come revisionista, anche se in effetti, come in questo caso, può suggerire soluzioni verosimili o ipotesi ragionevoli. Non vi è nulla di provocatorio o di esagerato e di palesemente stravagante ma tutto si tiene entro un perimetro di assoluta credibilità e ragionevolezza. Ovviamente non possono mancare richiami concreti alla realtà del tempo, quando la gente di Carnia si ritrovò stretta tra tre fuochi: partigiani, cosacchi e tedeschi (i fascisti erano ormai evaporati da settimane) con un progressivo sospetto ingrossamento delle file partigiane, parallelamente all'avanzata degli anglo-americani dal Friuli ed alla ritirata dei tedeschi oltre confine... Piutti, come sempre, scrive bene e la sua narrazione coinvolge e ottiene un costante livello di attenzione che quasi mai cala (se non in veniali ripetizioni serenamente evitabili). Una narrazione che non rifiuta (ed anzi reclama) spunti filosofici e psicologici, spesso associati a valutazioni soggettive che non disturbano il racconto ma lo ravvivano... La trama del romanzo viene lasciata ovviamente alla scoperta dal lettore, che saprà certamente apprezzare anche lo sforzo di Piutti di rendere comprensibile quel drammatico groviglio di accadimenti che portarono alla follia di Ovaro...
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