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LE DUE GIORNATE
DI OVARO
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Innanzitutto i due
autori:
- il carnico Luciano
Di Sopra, architetto, originario di Chialina di Ovaro, è Libero
Docente di Urbanistica presso l’Università “La Sapienza” di Roma;
docente emerito presso le Università di Firenze e Napoli; autore
del Piano di ricostruzione del Friuli post terremoto 1976; autore
di analogo Piano per Campania Basilicata e Puglia post terremoto
1980. Nelle stesse tematiche ha operato in Messico, San Salvador,
Armenia, Kazakhistan; autore di 30 libri in italiano e inglese.
- Rodolfo Cozzi,
nato a Udine, di origini carniche, è stato capo di Ufficio Stampa
di molti Enti Pubblici; redattore dell’Agenzia ANSA; ha scritto e
pubblicato svariati testi teatrali, storici, paraliturgici.
Il libro, di 143
pagine (euro 12), analizza con puntigliosa documentazione l’azione
cronologica che si è svolta il 1° e il 2 maggio 1945 a Ovaro,
durante le terribili e lunghe ore della grande carneficina avvenuta
proprio nel giorno della fine della Seconda Guerra mondiale: da una
parte i partigiani rossi e verdi; dall’altra le truppe cosacco-caucasiche in
ritirata con le loro masserizie ed i loro carriaggi; in mezzo la
popolazione civile inerme.
“La Liberazione è imminente.
I poteri civili non sono ancora ristabiliti. Le diverse forze partigiane
operano in assenza di un comando unico. I cosacchi si preparano
a ritirarsi attraverso una via di sganciamento che prevede anche
l’attraversamento di Ovaro, per raggiungere il passo di Monte Croce
tramite la Val Calda. In questa situazione confusa emerge un folto
gruppo di protagonisti… anche maggiorenti locali aspiranti a conquistarsi
un posto ed un ruolo nella Liberazione nell’ultima ora. Ancor’oggi
le varie versioni sono fatte di reticenze, di omissioni, in taluni
casi di ricostruzioni non vere dei fatti e di scarico di responsabilità…”.
Gli autori descrivono
minuziosamente il lento passare delle ore e dei minuti, dedicando
ad ogni frazione temporale una disanima precisa, verificata, puntuale di
ogni mossa delle controparti, di ogni atteggiamento dei vari attori
che si muovono sulla scena, di ogni accadimento correlato alla scena
madre. Ogni scansione temporale viene arricchita dalla cartina
topografica di riferimento (si avverte qui la mano dell’architetto
urbanista), e dai richiami di una microstoria locale che si dipana
verso varie linee prospettiche.
Anche la macrostoria viene
preliminarmente delineata, attraverso una serie di cartine inedite
che visualizzano perfettamente lo svolgersi degli eventi, in particolare
le vie di attraversamento delle varie truppe occupanti la regione.
L’apparato iconografico risulta rilevante.
Una considerazione
mi ha colpito tra tutte e la trascrivo pari pari come si legge a
pag. 18-19: “La strategia di ritirata dei cosacchi si basava sul
vincolo fondamentale di non cedere le armi ai partigiani Rossi ed
agli slavi, per evitare di essere consegnati ai Sovietici in base
agli accordi di Yalta. Sia pure su fronti opposti, quindi, questa
strategia era involontariamente consonante con quella della liberazione
operata dai Verdi, che intendevano salvaguardare il territorio friulano
dalle infiltrazioni ed occupazione slava… La presenza cosacca, che è stata
sostituita da quella inglese immediatamente successiva, ha impedito,
a differenza dei tragici giorni di Trieste, che i “liberatori” jugoslavi
raggiungessero il Tagliamento e potessero vantare nei confronti del
Friuli diritti territoriali scaturiti dagli accordi di Yalta.” In
altre parole: la tempistica della ritirata cosacca che ha atteso
in armi l’arrivo degli inglesi, ha impedito agli slavi di occupare manu
militari il Friuli e la Carnia, con conseguenze facilmente
immaginabili.
Altra considerazione
importante sottolineate dal libro: il comportamento umanitario tenuto
dagli abitanti di Ovaro nei confronti delle vittime cosacche (soldati,
donne e bambini feriti o uccisi), fece si che la ritorsione cosacca
successiva non degenerasse in azioni ancora più crudeli e lunghe
di quanto in realtà avvenne.
Leggendo queste
pagine vive e quasi registrate in presa diretta dai testimoni e dai
documenti, si ha le sensazione di assistere quasi all’ autopsia
di un evento, alla ricerca di cause ed errori, di responsabilità e
di omissioni.
Quest’autopsia
storico-letteraria porta alla fine ad una diagnosi precisa ed
ineludibile, circa le responsabilità di ciò che avvenne: lascio
volentieri al lettore interessato individuarle e scoprirle.
Un gran bel libro
dunque, appassionante e coinvolgente, che, pur riproponendo
e rivisitando un limitato lembo di storia carnica recente, offre
le coordinate precise di ciò che avvenne nel 1944-45, durante l’occupazione
e la ritirata cosacco-caucasica in Carnia.
Due piccoli
nei: talune ripetizioni nel testo e soprattutto una copertina che
appare lievemente sovraffollata e un po’ confusionaria (non ha
troppo appeal).