L'ORMA DEL TEMPO

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Il sottotitolo di questa originale e particolare raccolta non lascia dubbi circa il contenuto: si tratta di fiabe e leggende PER la Carnia, non DELLA o SULLA Carnia. In altre parole sono racconti, scritti integralmente da Igino Piutti, affinchè siano letti e "studiati" proprio dai carnici o quantomeno da coloro che intendono avvicinarsi alla complessa storia di Carnia ed al suo mondo fantastico, perchè "ci sono leggende che nascono da fatti di storia e ci sono fatti di storia che sono finiti in leggenda" (pag. 100).
Nonostante le ripetute affermazioni dell'autore (presenti passim) di essere andato in ricerca in diversi paesi, questa non è una antologia di leggende raccolte dalla tradizione orale di varie e diversificate fonti, come d'altronde è il pregevole uso invalso negli ultimi decenni presso numerosi autori ed autrici del settore.
No! qui, salvo rarissime e indicate eccezioni, si tratta proprio di invenzione personale del Piutti che, con fare spesso sornione o finto stupito, ha allestito questo incredibile fascio di scintillanti racconti che partendo sempre da un dato storico, scivolano poi nella leggenda e spesso, volutamente, anche nella fiaba.
Questo impercettibile passaggio da un genere letterario all'altro è condotto sempre con rara e sottile maestria dal tolmezzino Piutti che riesce quasi sempre a elidere l'evanescente confine tra questi tre diversi approcci alla sequenza storica locale.
Ecco la sua confessione nell'incipit: "... alcune volte sono rielaborazioni di leggende precedenti, altre volte esclusivo frutto della fantasia, con l'obiettivo di ricreare la suggestione d'un luogo... Non sono il frutto di una nuova ricerca di testimonianze sulla tradizione orale carnica, ma una provocazione per spingere a studiare e ricostruire ciò che si è rotto nella continuità della trasmissione orale".
Due sono le basi storiche su cui l'autore fonda e poi sviluppa la sua produzione fantastica: la storia dei Celti (dalla quale è stato stregato molti anni fa e sulla quale ha scritto già diversi libri) ed il periodo dell'Inquisizione (che lo ha sempre affascinato, forse perchè mette drammaticamente a nudo le "vergogne della Chiesa cattolica" in un ben determinato periodo storico: Cinque e Seicento e gran parte del Settecento). Una terza caratteristica (derivante direttamente dalle prime due) che contraddistingue questa produzione letteraria del Piutti è rappresentata (a mio avviso) dal costante, puntuale, quasi ossessivo richiamo dell'autore all'originale sincretismo che nei primi secoli è maturato e lentamente si è imposto dapprima tra religione pagana di Roma e cristianesimo nascente e poi anche tra la religiosità celtica e quella cristiana; dalla fusione e compenetrazione di elementi provenienti da questi 3 filoni ha preso poi origine quella religiosità tipica carnica che ancora oggi conserva (a volte inalterati) alcuni peculiari aspetti, che spesso sono appena percettibili ma a volte sono chiaramente individuabili e distinguibili (a tal proposito Piutti cita vari autori, il più famoso dei quali è senza dubbio Gilberto Pressacco , autore di un insuperato "Viaggio nella notte della Chiesa di Aquileia" Gaspari Ed. 1998). Non a caso, quasi a "riappacificarsi" con la chiesa cattolica, dirà alla fine Piutti: "...le identità celtiche e romane si sono fuse attraverso la mediazione della religione cristiana, dando vita alla originalità della identità carnica".
Sono ben 37 le leggende e fiabe qui raccolte, alcune riprese da precedenti lavori (I Celti ritornano, I Dobes, Lo strano sogno) poi ampliate o aggiornate. Alcune (come "L'eremita di Vuerpa"), a motivo della loro particolare complessità filosofico/teologica paiono fuori posto in questa raccolta e meritevoli di altra collocazione, tuttavia anche i racconti che presentano tematiche inusuali o incongrue per una leggenda, riescono ugualmente ad essere coinvolgenti ed interessanti, seppure con qualche difficoltà per il lettore medio (la particolare cosmogonia del Menocchio, l'irrisolto problema della predestinazione...).
Lo stile di Piutti, come avviene sempre in queste produzioni che restano le sue migliori, appare sempre perfetto, aderente all'ambiente evocato, molte volte semplicemente suggestivo ("La luce del giorno pare si sia impigliata nelle cose e non le voglia lasciare... Le notti si allungano come trepide agonie d'un giorno che non vuol morire..." ma sull'arte poetica del Piutti prosatore ho già scritto e quindi non mi dilungo; accenno appena ai pochi refusi tipografici presenti nell'opera (in numero però di gran lunga minore rispetto ad altre precedenti opere).
Mi ha particolarmente impressionato la descrizione "in tempo reale" della frana di Cazzaso che l'autore ha saputo lumeggiare con flash drammatici improvvisi e notazioni altamente poetiche (" ... i vivi con la morte nel cuore si strinsero attorno alle tombe dei morti... le case si contorcevano con stridii sinistri e poi si sfasciavano con lugubri tonfi... il paese che si muoveva lentamente, che lentamente moriva...).
Piccoli refusi storico-mnemonici (Ermanno di Luint anzichè di Luincis, "in materialibus" anzichè "in temporalibus"...) o lievi cadute di stile (peraltro veniali) o paradossi esagerati ("... tutto si concluse nelle bettole di Arta mescolando vino birra e idromele... sembra che da lì sia iniziata la tradizione per la quale in Carnia gli affari importanti si trattano all'osteria..." pag. 172 e non voglio qui dire a cosa si riferisca l'autore con quel "da lì") non nuocciono assolutamente all'economia globale di questo significativo originale e coinvolgente libro che offre una infinità di scene tra loro diversissime, una quantità di spunti di riflessione, una miriade di personaggi di fantasia che hanno spesso i contorni della realtà e tantissimi personaggi veri che sfumano nella leggenda: tutto accade nella valli di Carnia perfettamente note all'autore che conosce ogni loro anfratto, ogni loro palpito, ogni loro segreto...
Certamente si deve dire che in quest'opera Piutti esprime la sua migliore vena letteraria nella qualle eccelle come un singolare maestro, abilissimo a... "seminare domande, senza essere responsabile di come crescano le risposte" (pag.222). Insomma un consumato provocatore intellettuale!

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