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BUCCE
D'ARANCIA
SUL FRONTE DI NORD EST
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Ho
letto avidamente e tutto d'un fiato questo bellissmo romanzo che
mi ha offerto Claudio
Calandra (paluçan di Modena), che, prendendo le mosse
dalla città siciliana di Caltagirone, risale l'intera Italia
e va ad ambientarsi nella Carnia
della Prima Guerra Mondiale 1915-18 (Editore Falzea 2008 - costo copertina E 16,50).
Dopo aver girato
l'ultima pagina di questo libro e dopo aver metabolizzato l'ultima
ondata di commozione, sono rimasto stupito dalla quantità di pensieri
e considerazioni che questo romanzo ha in me suscitato e che qui
cercherò di sintetizzare.
1. Innanzitutto si tratta di un romanzo
storico nel
senso più autentico del termine: una storia di fantasia si
dipana e cresce entro una cornice
storica
assolutamente
vera,
tanto
più vera
ed
autentica
per
chi
ha vissuto o vive tuttora nei luoghi narrati. Veri infatti sono i luoghi
geografici dei monti e dei fiumi (Pal Grande, Pal Piccolo, Freikofel,
Promosio, Malpasso, Bût...),
dei paesi e delle città (Timau, Cleulis, Tolmezzo, Arta, Treppo,
Udine...); veri
sono
i nomi propri che maggiormente sono in uso nelle nostre
valli (Sjulin, Otto, Mariute, Almute...);
veri
sono
gli
episodi
di guerra ed i fatti particolari narrati, accaduti in quel periodo (la
battaglia del Pal Piccolo, i ricognitori austriaci, il bombardamento
di Timau, il santuario del Cristo, il grande obice posizionato a Casali
Sega...). Storicamente veri sono i generali italiani ed austriaci comandanti
delle
rispettive
zone militari
sul confine
italo-austriaco (Lequio, Rohr...) e storicamente veri sono i due preti:
il siciliano calatino don
Luigi Sturzo (allora pro-sindaco di Caltagirone
e futuro fondatore del Partito Popolare) e il carnico pre Florio
Dorotea
(allora curato di Timau), i quali svolgono un ruolo chiave nella intera
vicenda
personale dei due protagonisti del romanzo.
Nel trattare questo materiale
storico, l'autore dimostra una assoluta padronanza della materia, che
deriva non solo da una personale ricerca storica ma anche dal fatto che
egli ha
vissuto
(e continua a vivere, tuttora, appena può) in questi luoghi a
lui noti e conosciutissimi, certamente carissimi alla sua memoria (vedi
anche
il suo primo "autobiografico" romanzo DO
SVIDANIA,
ambientato in Carnia nel 1944-45).
Lo sfondo su
cui si muovono i protagonisti del libro è dunque quello della
Prima Guerra Mondiale
che l'autore, con sapiente
dosaggio e grande acume tattico-strategico, sa magistralmente
lumeggiare in varie pagine, fino a far rivivere (e quasi vedere immaginandole)
situazioni belliche
sul
fronte
ed in trincea e nelle retrovie, che
solo le sequenze di un film riuscirebbero a garantire: le descrizioni
sono infatti precise e vere (quasi veriste) senza alcuna concessione
alla reticenza o ad un malinteso rispetto umano; l'approfondimento
psicologico di soldati e civili appare metodico e reale
e rispetta assolutamente
l'autentico sentire
dell'epoca, facendo emergere le diverse posizioni nei confronti
della guerra (il popolo non la voleva).
Questo romanzo, a mio avviso,
farà conoscere
soprattutto ai giovani
il
vero volto della Prima Guerra Mondiale, liberato e purgato
da tutte le incrostazioni retoriche in cui finora era stato avviluppato,
per essere restituito alla cruda realtà fatta di: pidocchi,
fame, freddo, gas asfissianti, impreparazione, incapacità di comando,
tribunali di guerra, plotone d'esecuzione...
Un romanzo che si inserisce perfettamente
in quel solco tracciato da M.R. Calderoni con il suo "La
fucilazione dell'alpino
Ortis" (Mursia,
1999), al
quale questo "Bucce d'arancia" può a buon diritto essere
affiancato e costituire una naturale e più pervasiva evoluzione
storico-letteraria.
2. Direi che questo è il romanzo delle
PORTATRICI CARNICHE perchè
esse sono le principali protagoniste del libro, anzi direi che esse stesse
sono l'ossatura del romanzo.
E credo che l'autore abbia volutamente (e splendidamente) approfittato
di una storia di fantasia
per avere la possibilità di narrare le vicende reali e
le storie vere delle portatrici carniche, la cui saga culmina
e si sublima nella morte della Maria Plozner Mentil a Malpasso,
che viene qui descritta con i toni e la partecipazione di una cronaca
in diretta. Di questo particolare
aspetto della Grande Guerra (le donne militarizzate al fronte)
pochi in Italia sono a conoscenza: ritengo che questo romanzo riempirà
un vuoto informativo che dura da troppo tempo e contribuirà a
fare luce su queste impavide donne che rischiavano la vita per poche
lire
(per sfamare i figli, essendo i mariti al fronte), mentre in Italia si
faceva solo retorica e si lanciavano grandi proclami. Un altro aspetto
interessante
del libro
è
costituito dalla
grande onestà storica dell'autore quando racconta la assoluta diffidenza
dell'esercito italiano nei confronti degli abitanti di Cleulis e Timau,
ritenuti austriacanti
e pertanto costretti ad abbandonare le proprie case per sistemarsi altrove (deportazione?).
Vi sono altri aspetti interessantissimi nel libro che meriterebbero menzione,
ma lo spazio non lo consente ed è comunque preferibile che sia il lettore
stesso a scoprirli.
3.
La vicenda che si racconta nel libro (che
ha tratti di tale verosimiglianza da poter essere ritenuta totalmente
autentica) vede due protagonisti
(lui siciliano, lei carnica) che, attraverso varie vicissitudini,
tutte e sempre racchiuse nello spazio geografico della Carnia (con
rapidi e importanti sorvoli a Caltagirone), offrono vari spunti di
riflessione che, nello
svolgersi della storia, contribuiscono a dare al romanzo spessore
civile e impercettibile intento pedagogico positivamente
inteso, privo di falsi moralismi o atteggiamenti bacchettoni.
L'autore ha saputo sapientemente dosare i vari ingredienti tipici
del romanzo, accostando e sviluppando tematiche diverse fino a creare
un amalgama letterario
elaborato che si tiene saldamente fino al termine della storia. La
simpatia che suscitano i personaggi, mirabilmente delineati e pienamente
veri
nella loro
psicologia
derivante
da ambienti
culturali
diversi e per certi aspetti antitetici, aumenta e si fa compartecipe,
pagina dopo pagina, del loro destino. Nulla appare scontato e i pregiudizi
cadono uno dopo l'altro ma... occorre davvero leggere il libro per
apprezzarne
ogni sfumatura, ogni sottinteso, ogni moto dell'animo dei protagonisti
che non lascia assolutamente indenne l'animo del lettore.
4.
La figura che più colpisce per la sua forte personalità,
la sua libertà
interiore, la sua indipendenza di giudizio e di pensiero è certamente
quella di pre Florio, curato di Timau, i
cui consigli e considerazioni appaiono sempre quelli di un saggio
paziente ma deciso, buono ma determinato, compassionevole disponibile
lungimirante. E se a tratti il suo carattere focoso lo rende più
umano al lettore, il suo animo commuove fino alle lacrime e la sua
dirittura civile e morale aleggia su tutti. A questo prete carnico
fa il controcanto don Luigi Sturzo (certamente più
famoso e "popolare") i cui suggerimenti da Caltagirone
sono altrettanto saggi, umani,
benevoli, impostati all'ascolto dell'altro e diretti al suo bene.
Due figure di preti che l'autore, con precise pennellate, ha saputo
icasticamente mettere a fuoco, facendoli
risaltare in tutta la loro grandezza umana e civile.
5.
Un ultimo accenno alla veste tipografica del libro:
perfetta! Il
colore della copertina, il motivo floreale liberty, la scelta del
carattere, la fotografia non avrebbero potuto essere più azzeccati.
Unica perplessità iniziale resta il titolo: ma quando, leggendo,
ne hai colto il significato, convieni che titolo migliore non poteva
esserci.
Può farti questo effetto: appena vedi il libro,
assapori già quasi il racconto e ti vien voglia immediata
di iniziare a lettura. Presumi
di conoscere già il suo contenuto ma alla fine della lettura
ti accorgi che dentro c'è
assai
di più di
quanto ti aspettavi. Molto di più.
Per informazioni rivolgersi
a calandraclaudio@alice.it
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