Scrivere oggi di una
fucilazione eseguita all’alba del I° Luglio del 1916 potrebbe sembrare
anacronistico e forse un’inutile perdita di tempo. Ciò sarebbe vero se noi ci
reputassimo degli storici o degli studiosi della prima guerra mondiale e prima
di affrontare l’argomento ci dovessimo affidare a pagine e pagine di
prefazione. Nelle pagine seguenti abbiamo
raccolto e registrato con cura tutti i principali atti che il pronipote, Mario
Flora di Paluzza, ha compiuto in 30 anni
(1988-2017) per giungere alla riabilitazione di Silvio Ortis, la cui vicenda per decenni e
per generazioni ha creato imbarazzo reticenza e vergogna fra i suoi parenti e
nella intera valle del But in cui si è svolta. I
nostri quattro alpini, anche se innocenti, non potranno essere più riabilitati perché
non in grado di sottoscrivere la richiesta di riabilitazione oppure perchè le testimonianze raccolte dai parenti non sono state legalmente vidimate e quindi inefficaci dal punto di vista processuale. Chi desiderasse ulteriori
informazioni o fosse a conoscenza di fatti simili si metta in contatto con Mario Flora al
seguente indirizzo: Marino
Plazzotta e Alfio Englaro
Gli
ultimi interventi
1.
Il discorso di Mario Flora a Cercivento (30.6.96) 2.
La lettera di Mario Flora al Presidente Scalfaro (1.10.97) 3.
La lettera del Sindaco di Paluzza al Presidente Scalfaro (1.10.97) 4.
Intervento di Mario Flora a VTC (14.11.98) 5.
Lettera di Mario Flora al ministro Scognamiglio (20.11.98) 6.
Lettera di Mario Flora al ministro Diliberto (20.11.98) 7.
La recensione di Marino Plazzotta al libro di Maria Rosa Calderoni (dicembre 1999) 8.
L’intervento di Mario Flora alla presentazione del libro di Maria Rosa
Calderoni a Cercivento (8.1.2000)
9.
Ambiguità e reticenze: intervento di Mario Flora a VTC (19.2.2000) 10. La prima vittoria: intervento di Mario Flora a VTC (1.7.2000)
PRIMA CHE SIA GIORNO La manifestazione di
maggior successo del Mittelfest 2003 di Cividale del Friuli è stata
indubbiamente la rappresentazione CERCIVENTO. Questo atto unico era stato
pervicacemente inseguito dal presidente del Mittelfest, Marino Plazzotta,
il quale conoscendo la storia, aveva fortissimamente voluto che venisse
allestito e presentato per la prima volta in Italia proprio durante il “suo”
ultimo Mittelfest. Ed ha avuto totalmente ragione. Infatti CERCIVENTO è stato
subissato di applausi e di bis. Dopo Cividale, è stato rappresentato a Cercivento
(nel pronao del municipio), a Cleulis (presso le scuole) e a Salars
(all’aperto). Presto inizierà a viaggiare in tutta Italia. Le recensioni sui
maggiori quotidiani nazionali sono state a dir poco elogiative: Unità,
Repubblica, Corriere della Sera (ma anche Messaggero Veneto e Gazzettino) hanno
riservato un’accoglienza decisamente positiva a questa piece che per
contenuti, recitazione, ambientazione, scenografia si discosta di molto dalla
produzione analoga nazionale. Il tema è per noi carnici della Valle del But,
familiare: la fucilazione dei 4 alpini a Cercivento nel 1916, accusati di
diserzione di fronte al nemico. Già gli spettatori, conoscendo a memoria la
vicenda, attendevano al varco i due attori, per cogliere nella loro performance
un coinvolgimento sentimentale e psicologico. E non sono stati delusi: RICCARDO
MARANZANA (Matiz Basilio) e MASSIMO SOMAGLINO (Massaro
Angelo) hanno talmente introiettato i protagonisti del dramma e vi si sono
talmente immedesimati che hanno fatto rivivere in diretta le ansie, le emozioni,
le paure, le speranze di due (dei 4) condannati di 80 anni fa. Hanno saputo
talmente ricreare l’ambiente psicologico di allora che tutto è parso così
naturale e vero che nessuno degli spettatori, seduti in circolo, osava neppure
tossire per non sciupare la tensione e l’attesa che si materializzava
nell’aria. Ogni battuta, ogni parola era percepita come una frustata, ogni
grido ogni urlo veniva udito come un brivido sulla schiena. Neppure le innocenti
battute che in altro contesto avrebbero mosso il riso, riuscivano a far
sorridere. La scenografia, curata da Parrino e Di Blasio, era,
nella sua esasperata semplicità, talmente contagiosa e naturale che non
esisteva confine tra platea e scena, ma era stata studiata proprio per dare
continuità tra platea e scena: gli attori potevano essere in platea e gli
spettatori in scena, in una osmosi continua di stati d’animo, di tensioni, di
scambi di ruoli. Ciò che l’attore diceva e manifestava, lo spettatore
assorbiva e metabolizzava, realizzando un transfer diretto tra scena e paltea.
Talmente coinvolgente e stimolante, che nel finale, a luci spente, non si sapeva
più chi e quali fossero gli attori che avevano fatto rivivere il dramma dei
fucilati. Tale era stato lo scambio di sentimenti e di angosce tra i
protagonisti (attivi) e gli astanti (passivi). Grande è stato il regista CARLO
TOLAZZI che, dopo averla a fondo studiata, ha saputo cogliere pienamente
questa drammatica storia nei suoi punti più acuti, nei suoi risvolti più
tragici, nelle sue ironie più beffarde, nelle sue speranze più deluse. La
trama è assai semplice: due soldati, chiusi in una cantina, in attesa di
essere fucilati il giorno seguente per il reato di rivolta, per il quale sono
stati sommariamente processati assieme ad altri 129. Solo in 4 (tra cui appunto
Basilio e Angelo) affronteranno però il plotone di esecuzione dei regi
carabinieri per essere fucilati al petto. E in questa ultima notte di vita,
trascorsa in una cantina, si assiste all’accavallarsi di ansia, sconforto,
rabbia, speranza, disperazione…in una rincorsa affannata che lascia poco
spazio allo spettatore ed alla riflessione. Tutto è concitato, tutto
precipitante e vorticoso, fino alla scena finale che, nonostante tutto, lascia
un piccolo pertugio alla Speranza… Dopo aver detto di questa opera teatrale splendidamente riuscita e di
preciso e alto impegno civile, ci piace proporre due considerazioni: 1. se non ci fosse stato nel 1988 Mario Flora, pronipote di Silvio
Ortis, a iniziare la sua solitaria battaglia per la riabilitazione dei 4
fucilati (finora senza esito), oggi noi non avremmo certamente questo capolavoro
teatrale che prossimamente susciterà certamente tantissima approvazione
dovunque sarà rappresentato. 2. se non ci fosse stato Cjargne Online, a rendere disponibile in
rete tutto l’impegno di Mario Flora ed il suo materiale, relativo alla storia
dell’alpino Ortis (che gli autori hanno ripetutamente consultato), oggi noi
non gusteremmo le sensazioni acute e uniche che Maranzana e Somaglino hanno
saputo suscitare. Chi non ha ancora visto il dramma CERCIVENTO, si prenoti per il 13 gennaio 2004 a Tolmezzo.
Appunti
e disappunti sulla La Grande guerra del 1915-18 mobilitò ben
5.200.000 soldati italiani, un numero altissimo se confrontato con l’entità
dell’Esercito Italiano odierno che conta solo 230.000 soldati (ufficiali
compresi). Ebbene, di questi 5,2 milioni di uomini, oltre 680.000 perirono
sul fronte. Il numero dei feriti e degli invalidi permanenti non fu mai
precisamente definito. A questi occorre aggiungere i 500.000 morti civili
colpiti dalla “spagnola” (sindrome virale) che trovò fertilissimo terreno
nelle precarie condizioni socio-economiche delle popolazioni più emarginate e
indigenti. Durante i 4 anni di guerra ben 870.000
soldati (cioè il 15% dell’intero esercito) furono denunciati alla
Autorità Giudiziaria Militare. Di questi: 470.000 per renitenza
alla leva e 400.000 per reati commessi sotto le armi. La
stragrande maggioranza di questi militari erano soldati semplici o sottufficiali
di rango inferiore (in gran parte villici e contadini). Al 2 settembre 1919, giorno in cui
venne promulgata un’amnistia per i reati di guerra, i Tribunali Militari
avevano definito 350.000 processi a carico di centinaia di migliaia di
soldati, mentre 50.000 processi erano ancora pendenti e caddero in
prescrizione. Questi 350.000 processi ebbero la seguente
conclusione: 140.000 terminarono con l’assoluzione, 210.000 con
una condanna. Le condanne ebbero una variegata irrogazione
di pena. Le pene più severe furono: l’ERGASTOLO (comminato a ben 15.000
soldati), la MORTE (applicata a 7.000). I reati contemplati furono svariati:
dall’insubordinazione all’intelligenza col nemico, dalla disobbedienza alla
codardia all’auto-lesionismo. Ma il reato più frequente fu la DISERZIONE
(ben 162.563 giudicati), che si manifestò in questi modi: - DISERTORI CON PASSAGGIO AL NEMICO
(giudicati 2.662, assolti 640, condannati 2.022). - DISERTORI IN PRESENZA DEL NEMICO (giudicati 9.472, assolti 3.137,
condannati 6.335). - DISERTORI NON IN PRESENZA DEL NEMICO (giudicati 150.429, assolti 57.121,
condannati 93.308). Le condanne per DISERZIONE furono così
distribuite nei 4 anni di guerra : 10.272 nel 1915, 27.817 nel 1916, 55.034 nel 1917, 8.562 nel 1918 per un totale di 101.665 condanne
emesse. La pena capitale (cioè la
fucilazione al petto o alla schiena) fu largamente irrogata nei 4
anni di guerra: nel 1915 vi furono 212
condanne a morte con processo e 913 in contumacia (cioè senza
l’imputato presente); nel 1916 le
condanne furono 234 in processo e 866 in contumacia; nel 1917 ci furono 443
condanne in processo e 1043 in contumacia; nel 1918 vi furono 72 pene di morte in processo e 145
in contumacia. Il totale delle
condanne a morte (sia in processo che in contumacia) fu di 4.028. A questi dati mancano le esecuzioni
sommarie sul campo, che i Documenti ufficiali fanno salire a soli 107 casi,
ma il cui numero fu senz’altro maggiore, secondo recenti studi del Monticone e del Mortara. Di fronte a queste cifre, sorge spontanea una domanda
che per ora resta senza risposta: PERCHE’? Perchè oltre
un sesto dei soldati del regio esercito italiano non amò questa guerra? A queste aride ma eloquenti cifre che
pochissimi oggi conoscono, andrebbero aggiunti tantissimi episodi rimasti finora
sconosciuti ai più, tra i quali la vicenda appunto dell’alpino Ortis,
portata alla ribalta nazionale dal pronipote Mario Flora. Altro significativo episodio, rimasto finora
sconosciuto, è apparso sul CORRIERE DELLA SERA dell’11 agosto 1998, a
pag. 12. Vi si racconta, con precisa documentazione, che il famosissimo generale Cantore,
cui è dedicata anche una caserma a Tolmezzo, sarebbe stato ucciso dai propri
alpini, esasperati dalla spietata durezza e
irosità del loro ufficiale. Riteniamo doveroso concludere queste note,
ribadendo che non sono state scritte per polemica, ma solo per amore di verità
e per rispetto di tutti coloro che, consapevolmente o inconsapevolmente, sono
morti. In sintesi: LA GRANDE GUERRA 1915-‘18
SOLDATI
DENUNCIATI
ATTIVITA’
TRIBUNALI MILITARI (al 2.9.1919)
REATO DI
DISERZIONE
CONDANNE PER
DISERZIONE
CONDANNE A
MORTE
ESECUZIONI SOMMARIE (Dati ufficiali) 107 casi Dati
estratti da: Forcella- Monticone “PLOTONE DI ESECUZIONE”,
Laterza, 1972-1998 Il tempio
ossario di Timau accoglie oggi le spoglie dei caduti del “Fronte Carnia”
della Grande Guerra. Precedentemente a questo edificio, esisteva sul medesimo
luogo la chiesa di S. Gertrude, di cui si hanno notizie fin dal 1327. La chiesa
venne danneggiata durante la terribile alluvione che spazzò via Timau nel 1729;
fu ricostruita a seguito di alcuni fatti prodigiosi attribuiti all’acqua che
sgorgava al suo interno. Divenne meta di tantissimi pellegrini e prese il nome
di Santuario del Santissimo Crocifisso, il quale richiamava tantissimi fedeli
dalla Carnia e dalla Carinzia. Fu poi rialzato e orientato da levante a ponente nel
1752. Fu ricostruito ex novo nel 1910 ed ebbe ulteriore splendore fino al 28
ottobre 1917, quando gli italiani, in precipitosa ritirata dopo Caporetto, lo
incendiarono, dopo averlo adibito a magazzino viveri. Nel 1937 fu
trasformato in TEMPIO OSSARIO-MONUMENTO NAZIONALE: le sue pareti interne
ed esterne racchiudono oggi le urne funerarie che accolgono le spoglie di 1764
CADUTI provenienti dalla zona dell’Alto But. Nella Valle però viene ancora
ricordato come il CRISTO DI TIMAU. Questi sono i dati: SPOGLIE conservate 1764,
di cui 1466 note e 298 ignote. Vi sono compresi anche 73
austro-ungarici di cui solo 8 noti. PERDITE PER ARMA O CORPO
UNITA’ DI APPARTENENZA DEI CADUTI
DECORATI AL VALORE MILITARE 174 di cui
Dal 1988 al 1998
sono state recuperate sul Pal Piccolo e sul Freikofel le spoglie di altri 8
caduti ignoti. Le spoglie di Silvio
Ortis, dopo una transitoria deposizione anonima in un angolo del cimitero di
Cercivento (insieme a quelle degli altri 3 sfortunati compagni), fu,
all’insaputa dei parenti, traslata a Udine all’inizio degli anni Venti. La
sorella Paolina, a seguito di un presagio rivelatore in sogno, ne richiese le
spoglie, che furono portate al cimitero di San Daniele di Casteons, senza il
suono delle campane e con l’accompagnamento dei soli parenti (come aveva
preteso l’Autorità Militare). Contravvenendo
all’ordine, la campana di San Daniele ne salutò il passaggio con tre
rintocchi. Pubblichiamo in questo intervento alcune
delle carte storiche del volume: Mappa perdita e riconquista di q. 1859 del Pal Piccolo 26-27 marzo 1916 Mappa dello schieramento del XII Corpo d'Armata Italiano in Carnia la sera del 31 ottobre 1917 Mappa con l'indicazione del numero dei morti dei vari comuni della Carnia nella Grande Guerra
LA DISFATTA DI CAPORETTO in Carnia
LA
DISFATTA DI CAPORETTO fu caratterizzata da una disordinatissima fuga e immensa
confusione delle truppe italiane, dovuta alla imperizia e incapacità strategica
del Comando italiano. Il generale Cadorna viene destituito; assume il comando
supremo il gen. Armando Diaz. Per un tale disfatta, nessuno verrà processato nè tanto meno
fucilato... L’angoscia
di quei giorni, vissuta anche e soprattutto nei nostri paesi, è stata rimossa
negli anni successivi. Iniziò
proprio a novembre del 1917, quel massiccio esodo di donne, giovani e
bambini che, sollecitati dalle autorità civili e militari, abbandonarono i
nostri paesi per sottrarsi al nemico invasore. Nella
sola provincia di Udine i profughi furono 134.816 su una popolazione
totale di 628.081 persone. Da Udine, che allora contava 47.617 abitanti,
fuggirono in 31.247, appartenenti ad ogni ceto sociale. Una cospicua percentuale
di carnici e friulani nati alla fine del 1917 e nel 1918, ha visto la luce nel
meridione d’Italia dove le loro famiglie erano fuggite. La profuganza di
allora era rimasta impressa nella memoria collettiva di tutti come un evento
negativo imponente e indimenticabile, collegato alla disfatta di Caporetto, nome
tragico che da allora assumerà un solo ed univoco significato. Nell’
agosto 1914 ben 83.575 friulani e carnici erano dovuti rientrare
in Italia dalla Germania, dall’ Austria e dall’Ungheria (dove avevano
trovato lavoro) per essere arruolati nel regio esercito. Nel
febbraio del 1915 l’Ufficio Provinciale del Lavoro di Udine censiva ben
57.191 disoccupati. I prezzi e la fame salivano. La guerra
fu dichiarata il 24 maggio dello stesso anno. I mesi successivi videro
sanguinosissime battaglie (memorabili le 12 dell’ Isonzo) su ogni fronte,
centinaia di migliaia di morti per avanzare di qualche metro. Una
situazione magistralmente raccontata nel film UOMINI CONTRO con Gian Maria Volontè, ritirato dal
circuito commerciale e televisivo da moltissimi anni e mai più rivisto, perchè
“deprimeva il sentimento nazionale”. Il papa Bendetto
XV aveva bollato la guerra come “INUTILE STRAGE” ma i preti
friulani che ne ripetevano le parole venivano trattati come disfattisti e nemici
della Patria: tra questi vi fu don Lozer di Pordenone, processato e deportato in
Sardegna. Come lui
furono deportati molti preti del Friuli orientale in base al semplice sospetto
di essere austriacanti. In Carnia furono
sgomberati interi paesi, come Timau e Cleulis,
soprattutto laddove si parlava tedesco. Molte persone, abitanti al di là del
vecchio confine del 1866, vennero arrestate e internate, alcune anche fucilate,
come accadde a Villesse per alcuni civili sospettati di sabotaggio. Ed in
questa atmosfera di diffidenza e di sospetti, va inquadrato anche il fatto dei 4
alpini fucilati a Cercivento nel 1916. Era
grande la diffidenza italiana anche nei confronti dei cattolici e dei preti. Don
Guglielmo Gasparutti di Codroipo, scrisse sul CORRIERE DEL FRIULI del 21
agosto 1917 un articolo dal titolo “La parola alla trincea” in cui
commentava le parole del papa e riportava lo stato mentale dei soldati. A seguito di
quello scritto, il giornale fu immediatamente chiuso e confiscato, il prete fu
processato e incarcerato assieme al direttore don Pagani, con l’ accusa di
aver incitato i soldati a non combattere. I due preti furono poi deportati uno
in Sardegna e l’ altro in Istria. Dopo
Caporetto dunque, la fuga interessò tutti, perfino l’arcivescovo mons. Anastasio
Rossi, che abbandonò Udine precipitosamente. Solo i preti in cura d’anime restarono sul posto, a difendere le
pecorelle loro affidate e a sfidare spesso l’ arroganza dell’ austriaco
invasore che aveva occupato tutto il Friuli, Udine compresa. Questi preti furono
subito visti come filo-austriaci e furono spesso anche insultati da coloro che
invece avevano abbandonato il Friuli, i quali esaltavano per contro la figura
del vescovo Rossi quale “esempio di patriottismo fermo e coraggioso che
abbandonò la patria per non subire l’onta del servaggio”, anche se in
realtà fuggì per banale paura. La guerra
finì un anno dopo, lasciando il FRIULI e la CARNIA in ginocchio:
materialmente, economicamente e moralmente. Industria e agricoltura devastate e
perdute. Oltre 20mila morti. Oltre 14mila orfani. Miseria
profondissima. In questo fertilissimo terreno di disagio sociale e di crescente
malumore, allignò facilmente il fascismo che poco tempo dopo impose il suo
tallone e fece profondissima e capillare opera di rimozione collettiva di tutti
questi tragici eventi. E le
generazioni successive poco o nulla seppero di questa GRANDE GUERRA così
tragicamente vissuta in Carnia, se non ciò che la retorica fascista aveva
ritenuto politicamente corretto far passare.
IN SICILIA una via.
In CARNIA neppure il nome La questione della riabilitazione dei 4 alpini fucilati a Cercivento il 1° luglio 1916 è ormai di dominio pubblico nazionale: dopo la mia ultradecennale battaglia, i quotidiani italiani hanno a più riprese trattato lo spinoso argomento, il libro della Calderoni ha ulteriormente rinfocolato l’attenzione e l’interesse. Orbene, mentre a Paluzza (Comune retto da un centrosinistra), il nome dei due alpini, nonostante le passate promesse, non è ancora stato inserito nel Monumento ai Caduti, a Cercivento è stato nel frattempo eretto un cippo lapideo (unico in Europa) per i 4 alpini fucilati, mentre in Sicilia è accaduto un fatto incredibile. Sentite. Il comune di ISNELLO, alle porte di Palermo, retto da una maggioranza di centro-sinistra, ha inteso dedicare una via all’alpino ORTIS SILVIO. La notizia ha dello straordinario ed è comparsa sul Bollettino Comunale del luglio 2000, dove a pag. 2, vengono elencate le denominazioni delle nuove vie cittadine, che verranno intitolate a: mons. Oscar Romero, vescovo martire del Salvador, ad Anna Frank, ebrea uccisa dai nazisti, a Omar Al Muktar, eroe libico anti-colonialista, ad Antonio Gramsci, fondatore del PCI, a Ernesto Che Guevara, medico guerrigliero boliviano, a Madre Teresa di Calcutta, a padre Giuseppe Puglisi, sacerdote ucciso dalla mafia siciliana; ed infine al mio pro-zio SILVIO ORTIS, alpino fucilato dagli italiani. Per ogni nuova dedica, il foglio comunale traccia una sintetica biografia di questi scomodi eroi del nostro tempo e di SILVIO ORTIS tra l’altro dice: “Era un alpino della Carnia, un soldato contadino, uno dei sei milioni mandati al fronte tra il 1915 e 1918 a difendere la patria… Venne fucilato il 1 luglio 1916 insieme a tre suoi compagni rei di rivolta. Trascinati davanti a un pomposo e durissimo tribunale militare straordinario, vennero fucilati dopo un processo farsa davanti al muretto di un cimitero di un piccolo paese della montagna carnica “. La motivazione dunque risulta oltremodo chiara e vera, oltre che scomoda: tuttavia questo comune italiano della più profonda Sicilia, arcinota per mafia ed omertà, ha il coraggio civile di dedicargli una via. E lo fa, dandone l’annuncio sul bollettino ufficiale dell’Ente locale. Quassù in Carnia, ed in specie a Paluzza, le cose vanno diversamente… Mario Flora
SOFRI-
ORTIS DUE
CASI A CONFRONTO
Desidero esprimere le
considerazioni che seguono, riguardo al caso Sofri di cui oggi rischiamo
l’overdose massmediatica. - Caso SOFRI:
mai si è visto tanto clamore su stampa e tv
attorno ad una persona condannata in via definitiva a 22 anni di carcere (dopo 3
gradi di processo) per essere stato riconosciuto come il mandante di un omicidio
(il commissario Calabresi) materialmente eseguito da altri adepti di Lotta
Continua. Da destra e da sinistra si
invoca la grazia e vi è un
forsennato correre a chi arriva prima…Pannella addirittura digiuna sia in cibo
che in acqua affinchè Ciampi “si riappropri delle sue prerogative”
sottratte non si sa da chi, mentre il guardasigilli Castelli rimane convinto di
rispettare la Costituzione con il suo atteggiamento contrario. Una grazia che il condannato non ha mai
chiesto né intende tuttora chiedere
ma che chiedono in luogo suo tantissimi intellettuali e politici di ambo le
sponde. Si pensi: lui non dovrebbe fare altro che chiedere la grazia firmando il
relativo modulo (come capita di solito a pochi altri fortunati mortali) e gli
verrebbe concessa seduta stante su un piatto d’oro. Ma lui, no, non la chiede,
neppure di fronte al rischio mortale che sta correndo Pannella col suo digiuno.
No, Sofri è “troppo sopra” per abbassarsi a chiedere la grazia; lascia che
altri la chiedano per lui. Lascia che altri rischino di morire per lui. - Caso ORTIS: - In data 17 dicembre 1988, il settimanale friulano diocesano LA VITA CATTOLICA pubblicò una lettera del
sottoscritto in cui si sollevava per la prima volta questo spinoso argomento e
si ribadiva l’intendimento del sottoscritto di perseguire l’obiettivo di una
riabilitazione postuma. - In data 13 marzo 1990 il
sottoscritto aveva ufficialmente inviato ai Sindaci di Paluzza, Forni di Sopra,
Maniago, e per conoscenza al Comando Brigata Alpina “Julia”, una richiesta
di appoggio e sostegno per una completa riabilitazione dei 4 alpini
sommariamente processati e fucilati a Cercivento nel 1916. - In data 26 marzo 1990, l’allora Sindaco di Paluzza,
Alfredo MATIZ, con lettera prot. n
1309, comunicava al sottoscritto l'impegno dell'
Amministrazione Comunale nel sostenere la richiesta di riabilitazione
postuma degli alpini fucilati, Ortis Gaetano Silvio e Matiz Basilio, e la
promessa dell' inserimento dei loro nomi sulla lapide del Monumento ai Caduti
del Comune. - In data 27
aprile 1990, il sottoscritto aveva ufficialmente richiesto alla Corte Militare
di Appello di Verona, la riabilitazione postuma di ORTIS Gaetano Silvio, in
quanto suo parente. - In data 5 novembre 1990 il
Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma dichiarava inammissibile la richiesta
di riabilitazione postuma di ORTIS Gaetano Silvio, motivando il diniego con
l’asserzione che “l’istanza di riabilitazione ai sensi dell’articolo 683 C.P.P. e 412
C.P.M.P. deve essere proposta dall’interessato” (fucilato 80 anni
prima). - In data 20.novembre.1991 era stato
proposto ricorso al Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, avverso al
decreto 614/90 R.G. del Presidente del Tribunale di Sorveglianza del Tribunale
Militare di Roma. - In data 10
dicembre 1995 fu presentata presso la Sala Consiliare del Municipio di
Cercivento (UD) una monografia storica dal titolo “SAMEAVIN ANIMES DAL
PURGATORI“ a cura di Giampaolo LESCHIUTTA, avente per oggetto la vicenda
storica dei 4 alpini fucilati. In tale monografia a pag. 41 (come risulta anche
dalla documentazione in copia originale in mio possesso) si evidenziava
chiaramente che i 4 fucilati non facevano parte del gruppo incriminato,
trovandosi in altra baracca al momento della rivolta. - In data 30
giugno 96, presso il cimitero di Cercivento, venne scoperto e benedetto un cippo
lapideo, UNICO in Italia, a ricordo della fucilazione dei 4 alpini della 109°
compagnia "M. Arvenis", alla presenza di Autorità Civili, Militari e
Religiose. - In data 30
settembre 96, durante una riunione del consiglio comunale, il Sindaco di Paluzza,
Emidio ZANIER, rispondendo a una interrogazione del sottoscritto consigliere
comunale, esprimeva l'intendimento di una azione congiunta con il Comune di
Cercivento per giungere ad una giusta e comune soluzione della questione ed il
Capogruppo di maggioranza di centrosinistra, colonnello Cattelan, sosteneva che,
in assenza dei verbali di interrogatorio del processo, inspiegabilmente
scomparsi, vi erano ragionevoli dubbi circa il corretto iter processuale che si
era concluso con la condanna a morte dei 4 alpini che non avevano partecipato
affatto alle vicende incriminate poichè appartenevano ad un altro plotone. - In data 19
gennaio 97, il direttivo dell’ ASS. NAZ COMBATTENTI E REDUCI, sezione di Timau,
ha approvato all’unanimità la proposta di Lindo Unfer di inoltrare istanza al
Sindaco di Paluzza per l’aggiunta sulla lapide del monumento ai caduti, dei
nominativi dei due alpini paluzzani fucilati a Cercivento, Ortis Gaetano e Matiz
Basilio. - In data 8
settembre 1997, prot. 9052, il sottoscritto consigliere comunale ha presentato
una MOZIONE al Consiglio Comunale di Paluzza (approvata poi all’unanimità),
intesa ad ottenere l’impegno del Sindaco a richiedere al Capo dello Stato,
contestualmente al conferimento della onorificenza di M.O. “ ad memoriam” a
Maria PLOZNER MENTIL, la riabilitazione postuma dei 4 alpini fucilati a
Cercivento il 1° luglio 1916. - In data 16
e 17 settembre 1997 la vicenda dei 4 alpini fucilati viene largamente ripresa
dalle TV private e pubbliche e dalla stampa locale e nazionale: IL MESSAGGERO
VENETO, IL GAZZETTINO, LA VITA CATTOLICA, IL PICCOLO, IL SOLE-24 ORE, LA PADANIA,
LIBERAZIONE, IL CORRIERE DELLA SERA, LA REPUBBLICA, IL GIORNALE, LA STAMPA,
L’UNITA’, IL MANIFESTO. - Il 1°
ottobre 97, durante la visita del Capo dello Stato, O. L. Scalfaro, a Timau, il
sen. Francesco Moro, nella sua allocuzione ufficiale, ricordò la vicenda dei 4
alpini di Cercivento e chiese verbalmente al presidente Scalfaro la
riabilitazione. Il sindaco di Paluzza Zanier consegnò poi al presidente della
Repubblica la mozione del consiglio comunale di Paluzza, volta a richiedere la
riabilitazione postuma dei 4 fucilati. - In data 28
marzo 98 il CONSIGLIERE MILITARE della PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA mi informava
che era stata proposta una modifica all’articolo 683 del CPP e che su tale
proposta di legge il Presidente della Commissione Difesa della Camera, on. Valdo
Spini, aveva manifestato interesse presentando
una proposta di Legge in tal senso. - In data 28
aprile 98 scrissi al Presidente della Commissione Difesa della Camera, on. Valdo
SPINI, per congratularmi e per
caldeggiare un celere iter burocratico. A tutt’oggi non ho ricevuto alcuna
risposta. - In data 22
maggio 98, ho ricevuto una lettera del Consigliere Capo della Segreteria del
Presidente della Camera, on. Luciano Violante, con la quale mi si comunicava che
la questione della modifica dell’ art. 638 del CPP, era già stata fatta
pervenire alla II Commissione Giustizia la quale avrebbe quanto prima iniziato
ad esaminarla. A tale Commissione era stata inviata anche la mia lettera
precedente. - In data 3
novembre 98, su “ARENA” di Verona, viene pubblicata la notizia che il Primo
Ministro inglese, Tony BLAIR, tra i primi atti alla presa del potere, ha voluto
riaprire i processi della Grande Guerra, contestati dagli eredi dei fucilati
inglesi. Il Governo britannico riconosce oggi che non furono giudicati
equamente. Addirittura in Gran Bretagna vi è un movimento popolare che
intenderebbe rimuovere la statua del gen. Douglas Haig, finora ritenuto eroe
nazionale, perché mandò al massacro migliaia di soldati di Sua Maestà nelle
trincee della Somme, guardandosi bene dal condividere privazioni e sofferenze
degli stessi soldati. - In data 7 novembre 98, su CORRIERE DELLA SERA, a pag. 13, veniamo a sapere che “JOSPIN RIABILITA
I DISERTORI”. Lionel Jospin intende oggi ristabilire la verità storica sui
fatti della Prima Guerra mondiale, relativa ai soldati francesi che si erano
ribellati ad ordini assurdi e fucilati per dare l’esempio. Jospin intende
tributare a costoro l’onore repubblicano. - In data 9
novembre 1998, su Corriere della Sera a
pagina 25, si apprende che tra chi vuole restituire l’onore perduto a coloro
che si ribellarono, si è posto anche il neo ministro della Difesa italiano,
Carlo Scognamiglio, il quale ha dichiarato che: “ I nostri fucilati non furono
meno eroici dei commilitoni caduti in combattimento, e che anzi i veri colpevoli
furono i comandanti che tentavano di nascondere la loro incapacità”.
Conclusioni: com’è bizzarra l’Italia! Da un lato si vorrebbe concedere ipso facto la grazia ad un condannato
(passato in giudicato) che non la chiede, dall’altra si nega la
riabilitazione postuma ad un alpino (ucciso dalla giustizia militare 88 anni fa
per un reato non commesso!) il cui pronipote la sta chiedendo da 16 anni! Dicano un po’ i nostri lettori.
8 aprile 2004
Mario
Flora
PALUZZA
Sarà intitolata
una via ai due alpini fucilati nel 1916 Il 14
ottobre 2004, la Giunta Comunale di Paluzza, su esplicita e formale
richiesta di alcuni parenti delle vittime, ha accolto la proposta del
vicesindaco Mario Flora (che al momento del voto è uscito dall’aula), di
intitolare una via cittadina alla memoria dei due alpini, Ortis Silvio e Matiz
Basilio, fucilati a Cercivento nel 1916. Tale significativa decisione viene a
colmare un lungo periodo di silenzio e di inoperosità delle varie Istituzioni,
a suo tempo sollecitate in tal senso proprio da Mario Flora, pronipote
dell’alpino Silvio Ortis, che fino dal 1988, con un articolo comparso su La
Vita Cattolica, aveva riaperto l’annosa e sofferta questione. Ora la Giunta
Comunale di Paluzza ha dato il via libera a questo provvedimento, per giungere
al quale sono state brevemente ricordate le tappe salienti della vicenda. - Il processo contro 80 alpini, imputati del reato di rivolta,
si aprì alle ore 17 del 29 giugno 1916, si concluse alle ore 24 del 30 giugno
con l’emissione di una sentenza capitale per quattro di loro. La sentenza di
morte venne emessa alle 3 del mattino del primo luglio e la fucilazione dei 4
alpini venne eseguita due ore dopo dietro il cimitero di Cercivento. - A
questi 80 alpini fu
ascritto il reato di rivolta e non quello (aderente ai fatti accaduti) di ammutinamento,
la cui la pena in effetti sarebbe stata assai inferiore e non avrebbe comunque
previsto la pena di morte. - I 4 fucilati al momento
dell’ammutinamento (23 giugno 1916, ore 20,30) non si trovavano nella
baracca incriminata, dove erano radunati gli alpini che rifiutarono l’ordine
di attacco suicida, come si evince dal punto 1. del dispositivo della sentenza. - I due cittadini del comune di
Paluzza si erano sempre distinti per meriti militari in precedenza, come
dimostra l’onorificenza conseguita da Ortis Silvio nella guerra italo-turca
del 1911-12. - Non
furono mai messi sotto inchiesta disciplinare gli ufficiali autori di
ordini irragionevoli e privi di una visione tattico-strategica, che gli alpini
ammutinati, esperti dei luoghi, avevano cercato di modificare con osservazioni e
suggerimenti adeguati (fuoco preventivo di artiglieria sulle posizioni
austriache). Solo con il successivo espletamento di quelle osservazioni non
richieste e di quei precisi suggerimenti, ebbe successo la conquista
della cima del Cellon, avvenuta il 29 giugno 1916, ad opera di un’altra
compagnia di alpini che catturarono così anche 9 ufficiali e 156 soldati
austriaci. - Fin dal 1998 i quotidiani italiani hanno a più riprese
trattato lo spinoso argomento, attualizzandone i motivi sottesi, mentre il libro
di Mariarosa Calderoni (“La fucilazione dell’alpino Ortis”,
Mursia editore) ha nel frattempo ulteriormente rinfocolato l’attenzione e
l’interesse, suscitando commozione e partecipata solidarietà in tutta Italia.
- nel Comune di Cercivento in Carnia, per volontà
di quella pubblica amministrazione, fu nel frattempo eretto nel 1996, sul luogo
preciso della fucilazione, un cippo lapideo (unico in Europa) per i 4 alpini
fucilati. - a Cividale, durante il Mittelfest 2003, venne
rappresentato il dramma degli alpini fucilati in un atto unico di Carlo Tolazzi,
intitolato PRIMA CHE SIA GIORNO, magistralmente interpretato da Massimo
Somaglino e Riccardo Maranzana, dramma via via riproposto con crescente successo
e partecipazione emotiva in vari paesi della Carnia e fuori di Carnia, ed
ampiamente e favorevolmente recensito dai maggiori quotidiani nazionali. - il comune di Isnello, in provincia di Palermo, ha inteso
dedicare una via all’alpino ORTIS SILVIO. La notizia è riportata dal
Bollettino Comunale nel luglio 2000, dove a pag. 2, vengono elencate le
denominazioni delle nuove vie cittadine, intitolate una a: mons. Oscar Romero,
vescovo martire del Salvador, una ad Anna
Frank, ebrea uccisa dai nazisti, una a Madre Teresa di Calcutta, una a padre Giuseppe Puglisi, sacerdote ucciso dalla
mafia siciliana; ed infine una a SILVIO
ORTIS, alpino fucilato dagli italiani insieme ad altri tre. Per ogni nuova
dedica, il foglio comunale traccia una sintetica biografia di questi scomodi
eroi del nostro tempo. Di SILVIO ORTIS tra l’altro dice: “Era un alpino della Carnia, un soldato contadino, uno dei sei
milioni mandati al fronte tra il 1915 e 1918 a difendere la patria… Venne
fucilato il 1 luglio 1916 insieme a tre suoi compagni rei di rivolta. Trascinati
davanti a un pomposo e durissimo tribunale militare straordinario, vennero
fucilati dopo un processo farsa davanti al muretto di un cimitero di un piccolo
paese della montagna carnica “. Ora dunque, seppure con evidente
ritardo, finalmente anche Paluzza, comune di nascita dei due alpini fucilati a
Cercivento, dedicherà una via a questi suoi due figli, che finora avevano avuto
solo silenzio e disprezzo. Con la intitolazione di una via a questi a due alpini, si intende -
riparare al grave atteggiamento del tribunale militare
di guerra che avviò e concluse in brevissimo tempo un processo sommario, privo
delle più elementari norme dei diritti della difesa. -
Riparare alla motivazione dell’accusa che sostenne
il reato di rivolta anziché quello reale di ammutinamento -
Riparare alla scarsa considerazione delle prove
addotte dagli imputati che sostennero di non essere stati presenti nel luogo del
reato. -
Riconoscere il valore e l’amore per la Patria dei
due alpini che in precedenza ed in altre occasione ebbero modo di manifestare. -
Riconoscere che le loro osservazioni e suggerimenti
valsero poi a risparmiare moltissime vite umane e a conquistare la vetta del
Cellon. Mario Flora
SAMEAVIN ANIMES DAL PURGATORISeconda edizione La editrice
CjargneCulture di Cercivento ha ristampato una nuova edizione del suo primo
volume della collana “Carnia Frontiera”, essendo andata esaurita la
prima edizione del 1995. Questo volume, oltre a riproporre l’intero contenuto
della prima edizione, presenta altri interventi e considerazioni riguardanti la
vicenda dei 4 alpini fucilati a Cercivento nel 1916. In copertina
compare significativamente la fotografia che ritrae il luogo della fucilazione
nel giorno dello scoprimento (avvenuto il 30 giugno 1996) del cippo
lapideo eretto dall’Amministrazione Comunale di Cercivento a ricordo dei 4
alpini fucilati. Come si può notare, erano presenti anche i labari e le
bandiere delle sezioni ANA locali ed inoltre molte autorità civili ed ex
militari. Purtroppo l’ANA Carnica ufficiale deplorò successivamente,
con una lettera del suo presidente Giampaoli alle varie Sezioni, la
partecipazione degli alpini in congedo a quella manifestazione invitando
fermamente a non più partecipare a simili manifestazioni per il futuro. La
gente comune comprese invece il significato profondo di quella cerimonia e da
allora, ogni anno, avviene la commemorazione dei 4 alpini fucilati presso il
cippo eretto in loro ricordo, visitato durante l’anno da diverse scolaresche
provenienti da tutta Italia.
INTITOLATE
A PALUZZA Sabato 19 febbraio
2005, sulla “piazza 21-22 luglio 1944” in Paluzza, si è svolta la
cerimonia di INTITOLAZIONE di due vie del Comune agli alpini ORTIS SILVIO di
Naunina e MATIZ BASILIO di Timau.
La cerimonia, cui hanno preso parte autorità civili, militari e religiose, si
è aperta con un minuto di silenzioso raccoglimento, dedicato al ragazzo Daniel
Palladini recentemente scomparso in circostanze tragiche. Dopo l’esecuzione dell’Inno
di Mameli, il parroco don Tarcisio Puntel ha benedetto le targhe delle
nuove vie intitolate ai due alpini, ed una corona di alloro. E’ poi risuonato
il SILENZIO che ha visto scattare sull’attenti le rappresentanze
d’arma e gli alpini dell’ANA, presenti senza i loro gagliardetti. Vi è stata quindi la prolusione
ufficiale del sindaco di Paluzza, Aulo Maieron, che voglio qui riportare per
intero:
Dopo la quasi ventennale battaglia iniziata dal qui presente
Mario Flora nel lontano 1988, i quotidiani italiani hanno a più riprese
trattato lo spinoso argomento, attualizzandone i motivi sottesi, mentre il libro
di Mariarosa Calderoni (La fucilazione dell’alpino Ortis,
editore Mursia) ha ulteriormente rinfocolato l’attenzione e l’interesse,
suscitando commozione e partecipata solidarietà. Poi è sceso un velo di
inoperoso silenzio.
Successivamente, mentre a Paluzza il nome dei due alpini
concittadini (Matiz Basilo e Silvio Ortis), nonostante le passate promesse,
rimaneva sempre avvolto nelle nebbie di un infastidito disinteresse, a Cercivento,
per volontà di quella amministrazione comunale, fu nel frattempo eretto nel
1996, sul luogo preciso della fucilazione, un cippo lapideo (unico in Europa)
per i 4 alpini fucilati, che suscitò la ingiustificata irritazione di alcuni
sodalizi carnici.
A Cividale, durante il Mittelfest 2003 presieduto da
Marino Plazzotta, venne rappresentato il dramma degli “alpini fucilati”, in
un atto unico di Carlo Tolazzi, intitolato PRIMA CHE SIA GIORNO, magistralmente
interpretato da Massimo Somaglino e Riccardo Maranzana, dramma via via
riproposto con crescente successo e partecipazione emotiva in vari paesi della
Carnia e fuori di Carnia, ed ampiamente e favorevolmente recensito dai maggiori
quotidiani nazionali, tra cui Repubblica e Corriere della Sera.
In Sicilia è poi accaduto un fatto incredibile,
ignoto a tutti e che qui voglio ricordare.
Il comune di ISNELLO, alle porte di Palermo, ha inteso
dedicare una via all’alpino ORTIS SILVIO. La notizia ha dello straordinario ed
è comparsa su quel Bollettino Comunale nel luglio 2000, dove a pag. 2, vengono
elencate le denominazioni delle nuove vie cittadine, intitolate una a:
Oscar
Romero, vescovo martire del Salvador,
una ad Anna Frank,
bambina ebrea uccisa dai nazisti,
una a Madre Teresa di
Calcutta,
una a padre Giuseppe
Puglisi, sacerdote ucciso dalla mafia siciliana;
ed infine una a SILVIO
ORTIS, alpino fucilato dagli italiani insieme ad altri tre.
Per ogni nuova dedica, il foglio comunale traccia una
sintetica biografia di questi scomodi eroi del nostro tempo.
Di SILVIO ORTIS tra l’altro dice:
“Era un alpino della Carnia, un soldato contadino, uno
dei sei milioni mandati al fronte tra il 1915 e 1918 a difendere la patria…
Venne fucilato il 1 luglio 1916 insieme a tre suoi compagni rei di rivolta.
Trascinati davanti a un pomposo e durissimo tribunale militare straordinario,
vennero fucilati dopo un processo farsa davanti al muretto di un cimitero di un
piccolo paese della montagna carnica “.
La motivazione dunque risulta oltremodo chiara vera e
severa, oltre che scomoda: tuttavia questo comune italiano della più profonda
Sicilia ha avuto il coraggio civile di dedicargli una via, ben 5 anni fa. E lo
ha fatto, dandone l’annuncio sul bollettino ufficiale dell’Ente locale.
Oggi io credo che sia giunto finalmente il tempo anche per
il Comune di Paluzza di ricordare e di riflettere ufficialmente su questo
doloroso episodio della I Guerra Mondiale.
Come
bene è scritto sulla corona di alloro che tra poco andremo a deporre al
Monumento ai Caduti, oggi noi ci ritroviamo qui per riconoscere anche a ORTIS
SILVIO e MATIZ BASILIO il valore del loro sangue, ugualmente versato per la
medesima Patria che però in quel momento era accecata dalla presunzione e dalla
retorica militarista che incolpava solo i sottoposti e mai osava indagare i
sopraposti, anche se poi la Storia (quella con la esse maiuscola) si incaricò,
seppure in ritardo, di ristabilire la verità, con la destituzione di Cadorna e
di tutto il suo Stato Maggiore.
A tal proposito vorrei citare alcuni passi della deposizione
fatta a Roma il 7 ottobre 1918 dall’ allora deputato carnico Michele
Gortani, dinanzi alla Commissione d’inchiesta, istituita dopo la rotta di
Caporetto e presieduta dal generale Carlo Caneva.
Il deputato Gortani elencò alcuni gravissimi errori rilevati durante la sua permanenza al fronte Carnia, come tenente degli alpini,
e affermò tra l’altro:
“…Quello che allora io comunicai all’on. Bissolati,
ministro della Guerra, si può così riassumere: Le ostinazioni e gli errori del
generale Cadorna e del nostro Stato Maggiore; l’ostinazione di voler fare
offensive sempre troppo estese senza i mezzi adeguati; la preparazione
generalmente insufficiente; lo sciupìo di vite; la carne umana opposta ai mezzi
meccanici e sostituita ad essi; nessun arretramento a nessun costo, anche se ciò
debba implicare il sacrificio della vita per migliaia di soldati tutti i giorni; il regime di terrore instaurato su tutta
la linea; autocrazia unita a fatuità e superbia; non si ascoltano e non si
valutano e non si permettono osservazioni; si chiede la fucilazione di
chicchessia senza processo; si punisce chiunque osi esprimere opinioni o fare
discorsi in disaccordo col pensiero del Comando…”
Queste valutazioni le fece il nostro Michele Gortani già
nel 1918, ma allora non furono rese pubbliche e restarono secretate fino a pochi
anni fa.
Certamente oggi le condizioni socio-culturali sono
totalmente cambiate anche all’interno delle forze armate, ormai
professionalizzate, come ampiamente dimostra il recente episodio iracheno,
dove 4 piloti italiani, si rifiutarono di alzarsi in volo di scorta, adducendo a
propria discarica l’inadeguatezza degli elicotteri loro affidati. Ebbene
costoro, che in altri tempi sarebbero comparsi davanti alla corte marziale
rischiando la fucilazione, oggi hanno subito una innocua denuncia alla procura
militare e pochissimi giorni fa sono stati totalmente assolti dall’accusa di
codardia, riacquistando tutti i loro diritti. Così dunque mutano i tempi ed
anche noi mutiamo con essi.
Il tricolore che oggi io indosso, è lo stesso tricolore nel
cui nome, 88 anni fa, si consumò un’ingiustizia tanto palese quanto assurda.
Auspico che questo stesso tricolore possa oggi riscattare
quell’ingiustizia e riconciliare con la Patria i discendenti di quei
protagonisti, fino ad oggi segnati dall’onta ingiusta di una disonorevole
condanna a morte.
Oggi,
a distanza di quasi 100 anni da questi epici e controversi avvenimenti, mi pare
giusta e doverosa una ideale pacificazione nazionale anche su questo
versante, che è stato per decenni e decenni totalmente ignorato e seppellito. E
lo facciamo, restituendo appunto ai nostri due concittadini MATIZ BASILIO di
Timau e ORTIS SILVIO di Naunina l’onore e la dignità calpestate allora.
Auspico che questo giorno possa essere ricordato dalle
future generazioni per questo gesto di alto significato civile, democratico,
unificatore e pacificatore.
Non
è più accettabile infatti che, mentre in Europa tutti gli antichi
vicendevoli nemici si sentono oggi uniti o gemellati come fratelli dopo
l’abbattimento dei confini e delle dogane, all’interno della nostra
Italia e del nostro Comune sussistano invece ancora vecchi pregiudizi e ingiuste
condanne, in grado di dividere ancora la nostra Comunità, la quale ha invece
bisogno di concordia e di unità di spirito e di intenti, per superare le
insidiose e pericolosissime difficoltà di ogni genere che già si allungano sul
nostro futuro prossimo.
Per questo oggi io mi sento doppiamente onorato di
restituire l’onore ingiustamente sottratto a Silvio Ortis e Matiz Basilio, 88
anni fa.
Con questa semplice cerimonia odierna, intendiamo ricordare
anche tutti i caduti del fronte Carnia del nostro Comune, morti in prima
linea o nelle retrovie o nel dopoguerra per malattie, i quali hanno già avuto
l’onore, la gratitudine e la memoria della gente e delle Istituzioni, sia nei
cimiteri che sul marmo del Monumento ai Caduti qui in Paluzza.
Silvio Ortis e Matiz Basilio finora non hanno avuto nulla,
se non il disprezzo delle Istituzioni e l’oblio della sua gente.
Oggi quella stessa Patria, che io qui rappresento
indossandone il tricolore, riconosce finalmente anche il sacrificio di Ortis
Silvio e di Matiz Basilio, ai quali io personalmente chiedo pubblicamente
perdono non solo per la morte disonorevole che hanno subito ma anche per il
colpevole oblio cui sono stati sottoposti per tutti questi anni.
Perché la morte, quando arriva in età giovanile, è
identica per tutti: specie se questa morte
non voluta e non cercata, è violenta e inattesa, quale è quella portata da
uomini ad altri uomini o, sorprendentemente come nel nostro caso, da amici ad
altri amici.
A nome della Amministrazione Comunale di Paluzza e di tutti
i cittadini che rappresento, porgo deferenti saluti ai parenti di Ortis Silvio e
Matiz Basilio ai quali noi oggi intitoliamo con gratitudine e convinzione queste
due vie del nostro Comune.
A Mario Flora va il mio personale ringraziamento per essere
riuscito, con tenacia e onestà, a portare a termine questa lunga battaglia di
civiltà e di giustizia che lo onora.
Invito tutti a una breve pausa di riflessione, libera da
condizionamenti ideologici o politici.
Al termine della breve
ma sobriamente significativa cerimonia, si è formato un corteo, lungo la via
principale del paese, che si è recato al Monumento ai Caduti, dove è stata
deposta la corona di alloro, in precedenza benedetta, che recava il seguente
emblematico titulus: RIUNITI NEL SACRIFICIO PER LA PATRIA. Oggi dunque può dirsi concluso
il mio lunghissimo impegno, iniziato nel lontano 1988, per riportare alla
riabilitazione postuma gli alpini ORTIS Silvio e MATIZ Basilio. Mario FLORA
LA FINE DI QUESTA LUNGA STORIA Il 15 marzo 2010 il messo giudiziario militare ha notificato all'attuale Ministro della Difesa, La Russa, che la sua istanza per la revisione del processo a carico dei 4 alpini di Cercivento (presentata il 6 novembre 2009 dallo stesso Ministro) è stata rigettata poichè tutta la documentazione predisposta in vista del rifacimento del processo è stata derubricata a un insieme di "pubblicazioni, di carattere storico o letterario, nelle quali viene prospettata una diversa ricostruzione dei fatti". Le dichiarazioni raccolte a partire dal 1971, provenienti "da persone che potevano fornire informazioni direttamente apprese" sono state considerate "generiche" e prive di valore legale perchè non verbalizzate dalla "autorità giudiziaria o dalla polizia giudiziaria". Il procuratore generale militare Ferrante ha così potuto argomentare che "non erano state proposte nuove prove, sopravvenute alla condanna, che sole o unite a quelle già valutate dimostrassero che i condannati debbano essere prosciolti".
(articolo comparso sul Corriere della Sera nel giugno del 2010)
Sono passati esattamente 95 anni da questo tristissimo episodio che rappresenta, per la nostra zona e per la Carnia intera, la pagina più amara e più nascosta della Grande Guerra. - Luglio 2003. Al Mittelfest di Cividale, presieduto quell’anno dal nostro carissimo amico Marino Plazzotta, cui va il mio affettuoso ricordo, si mandò in scena l’atto unico intitolato PRIMA CHE SIA GIORNO, di Carlo Tolazzi, con Massimo Somaglino e Riccardo Maranzana. Questo teatro, che disvelò al grande pubblico la tragica vicenda di due dei 4 alpini fucilati, venne poi riproposto in molti paesi di Carnia (Cercivento, Timau, Ravascletto…) e in molte città d’Italia, ovunque raccogliendo amplissimi consensi e fu positivamente recensito dalle pagine culturali dei più prestigiosi quotidiani italiani. - 19 Febbraio 2005: finalmente anche il comune di Paluzza, su sollecitazione del sottoscritto allora vicesindaco, ebbe il coraggio civico di intitolare una via a due dei 4 alpini fucilati e precisamente a: ORTIS SILVIO di Naunina e MATIZ BASILIO di Timau. - 15 marzo 2010: il messo giudiziario militare notifica all'attuale Ministro della Difesa, La Russa, che la sua istanza per la revisione del processo a carico dei 4 alpini di Cercivento (presentata il 6 novembre 2009 dallo stesso Ministro a Russa) è stata rigettata poichè tutta la documentazione predisposta in vista del rifacimento del processo è stata derubricata a un insieme di "pubblicazioni, di carattere storico o letterario, nelle quali viene prospettata una diversa ricostruzione dei fatti". Le dichiarazioni raccolte a partire dal 1971, provenienti "da persone che potevano fornire informazioni direttamente apprese" sono state considerate "generiche" e prive di valore legale perchè non verbalizzate dalla "autorità giudiziaria o dalla polizia giudiziaria". Il procuratore generale militare Ferrante ha così potuto argomentare che "non erano state proposte nuove prove, sopravvenute alla condanna, che sole o unite a quelle già valutate dimostrassero che i condannati debbano essere prosciolti". Esattamente 94 anni dopo i tragici fatti, la condanna viene così nuovamente riconfermata, nonostante la mia lunghissima battaglia, che, in questo lungo arco temporale di 23 anni, ha prodotto una puntuale e circoscritta documentazione come dimostrano le note pubblicazioni. A nulla è valso tutto ciò. Una diversa soluzione del caso avrebbe consentito a tutti gli interessati (parenti e autorità militare) una uscita onorevole e dignitosa; in questo modo invece si è voluto restare tenacemente e pervicacemente ancorati a formalismi giuridici asettici e freddi quando invece avrebbe dovuto prevalere un atteggiamento più umano e certamente più adeguato alla società civile odierna.
La stele scoperta il 1° luglio 2011 a Cercivento - Oggi 1 luglio 2011, quando ormai tutto pareva conchiuso e definitivamente seppellito, riemerge oggi con inatteso vigore questo ultimo importantissimo anello che mi stimola e mi commuove perché viene a dare un senso ed un sigillo alla mia lunga catena di speranza, forgiata con ostinazione e caparbietà, che riterrò terminata solo quando giungerà la RIABILITAZIONE POSTUMA di Ortis Silvio e degli altri 3 alpini con lui fucilati, anche se so perfettamente che ormai questo traguardo resta poco più che un’utopia.
Mario FLORA 2014 Si riporta integralmente il verbale della prima riunione di un Comitato, catalizzato dal giornalista Luciano Santin, cui stanno aderendo varie personalità (grassetti redazionali): "Signor Presidente, 2014
2015 Il 30 aprile 2015 Mario Flora si reca a Roma per essere ascolatato e deporre in Commissione Difesa della Camera dei Deputati nella concreta speranza di giungere finalmente alla riabilitazione postuma del pro zio Silvio Ortis e degli altri 3 alpini con lui fucilati a Cercivento nel 1916. Molto interessante seguire l'intero filmato (clicca qui) della deposizione.
2016 Preg. sig. PRESIDENTE DEL SENATO DELLA REPUBBLICA OGGETTO: “ Memoria da Ritrovare” Flora Mario Paluzza, 01/11/2016
2016 Egr. Sig. Direttore del Messaggero Veneto 2016 La legge Scanu (PD)-Zanin (PD), approvata all'unanimità (331 si, nessun contrario, un astenuto) dalla Camera dei Deputati il 21 maggio 2015, era stata inviata al Senato (Commissione Difesa) il 25 maggio 2015 e dopo ben un anno e mezzo di inutile attesa per l'approvazione, viene inopinatamente completamente stravolta e quindi bocciata nel novembre 2016 dalla 4^ Commissione permanente del Senato (Commissione Difesa) presieduta dal PD Nicola Latorre, a maggioranza di centro-sinistra e composta da 26 senatori cosi distribuiti: PD 9, M5S 3, ALA 2, FI 3, LN
1, Misto 5, Altri 3. E così anche l'ultima speranza (di vedere finalmente raggiunto l'obiettivo, dopo ben tre decenni di tenaci battaglie sostenute da Mario Flora) viene brutalmente e definitivamente decapitata.
2017 Ill.mo Sig. Presidente della Repubblica Italiana Paluzza, 07/07/2017 A questa lettera di Flora, il Presidente Mattarella non ha mai risposto. 2018 CHI DESIDERA AVERE QUESTO PREZIOSO OMAGGIO, PUO' RIVOLGERSI AL COMUNE DI CERCIVENTO 2021, 1 luglio Angelo, Basilio, Giovanni Battista, Silvio Gaetano: di che reggimento siete? Siamo fratelli!”. La messa celebrata dal cappellano militare don Minin, sul sagrato della pieve di San Martino a Cercivento
Sul luogo della fucilazione, il presidente del Consiglio Regionale FVG consegna a Mario Flora il riconoscimento
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