La provincia della
Montagna DIVIDEREBBE il Friuli. (int. 12) Nelle ultime settimane di novembre
2003, il quotidiano locale MV ha pubblicato molte lettere di lettori e alcune
interviste, a stragrande maggioranza contrari alla ventilata provincia
regionale della Montagna. Fin che si tratta di gente della
pianura o della pedemontana, passi pure: costoro non conoscono i termini reali
del problema. Fa specie però se tra questi
CONTRARI, spiccano anche figure politiche o para-politiche di carnici doc (e
ciò insospettisce e preoccupa) i quali, senza valutare a fondo gli effetti di
un’autonomia amministrativa della Montagna, vanno sostenendo a spada tratta il
DOGMA dell’unità della provincia di Udine. Sappiamo anche che in ogni
“battaglia” esiste sempre qualcuno che porta soccorso, fiutando l’aria, ai
probabili vincitori o al potente di turno, che in questo specifico caso
sarebbero i concessionari udinesi delle poltrone provinciali (politiche e non),
graziosamente elargite ai pochi carnici in questione, che sentono così
l’obbligo di ricambiare la cortesia. Addirittura, con un tempismo molto
sospetto, Udine si è inventata anche la Giunta Provinciale Itinerante,
che ora è convocata a Moggio ora a Cercivento, in un tentativo fin troppo
scoperto di ingraziarsi i vari Consigli Comunali montani, che nella totalità
hanno però già votato lo scorso anno a favore della Provincia
della Montagna... Ma tant’è! L’obiezione ricorrente dunque è
la seguente: “LA PROVINCIA DELLA MONTAGNA DIVIDEREBBE
IL FRIULI”. Tentiamo qui 4 risposte: 1. Risposta storica:
A meno di non considerare FRIULI la sola provincia di Udine (topica colossale),
il FRIULI storico è da tempo già diviso amministrativamente
nelle province di Udine, Pordenone e Gorizia (i cui territori
concorrono a formare IL FRIULI). Anche il mandamento di Portogruaro
(ora in provincia di Venezia) era stato parte integrante del FRIULI STORICO fino
al 1818, quando l’Austria lo staccò dal Friuli per associarlo definitivamente
a Venezia. Anche Sappada-Pladen (ora in provincia di Belluno) fece parte
del Friuli storico fino al 1846, ora non più... Senza dire che il Tarvisiano
(oggi in provincia di Udine) non ha mai fatto parte del Friuli storico.
Quindi l’obiezione che una ulteriore provincia della Montagna (peraltro SENZA
prefetto, questore, targa automobilistica ecc…) dividerebbe il FRIULI, è una
semplice e capziosa invenzione antistorica, perché comunque il Friuli
resterebbe sempre lo stesso, ma anziché essere distribuito su 3 province
(Friuli UNO e TRINO), lo sarebbe su 4 (Friuli UNO e QUATRINO): non più
dunque la TRINITA’ friulana ma la QUATERNITA’. A riprova di questa
asserzione, cade a fagiolo la decisione (4.12.03) delle rispettive Casse di
Risparmio di Udine, Pordenone e Gorizia di fondersi nel 2004 per dare vita ad
nuovo e unico Ente bancario: la FRIUL-CASSA! 2. Risposta
economica: La provincia di Udine è già divisa:
dal reddito. Non disponendo di dati più recenti relativi al reddito
(abbiamo contattato in proposito via internet: ISTAT, Regione FVG e Provincia di
UD: non esiste nulla di più recente al riguardo), dobbiamo fare affidamento su
quelli del 1998 (ma quelli odierni forse sarebbero ancora più
divaricanti) che indicano il reddito pro capite di tutti i 137 comuni della provincia di Udine.
Questi dati erano stati ricavati in base a ben 60 parametri (finanziari, creditizi, demografici, economici e
sociali) da parte di un’ Agenzia specializzata nel settore, la Fondazione
CREF (vedi anche la sezione Convegno Montagna). Questo studio evidenziava
chiaramente come il divario tra pianura e montagna stesse allargandosi
ulteriormente. Infatti: REDDITO MEDIO ANNUO PRO CAPITE PROVINCIA DI UDINE L.
25.590.000 Disaggregando i dati dei
137 comuni della Provincia di Udine, abbiamo analizzato solo il reddito relativo
ai 28 comuni di Carnia che è risultato: REDDITO MEDIO PRO CAPITE della Carnia L. 16.000.000 a fronte dei 25,5 della
media provinciale. Se si fosse poi tolta la
“meridionale” Carnia dai 137 comuni della provincia di Udine, la stessa
provincia avrebbe consistentemente incrementato il proprio reddito medio,
attestandosi su oltre 30 milioni annui pro capite, con bel balzo in su nella
classifica italiana della ricchezza! Più dicotomia (divisione) di questa, è difficile da
immaginare! 3. Risposta locale: Perfino la Carnia è già
divisa
dalla disattenzione e dalla noncuranza della Provincia di Udine, unita e
unificante. Nella sola parte settentrionale della Valle del But esistono alcuni
esempi. Ricordiamone solo 3: 1. La strada Treppo Carnico-Ligosullo è da mesi (forse anni!)
interrotta per un modesto cedimento stradale ed il traffico è deviato verso
Tausia, con ovvi disagi… 2. Il ponte Bailey che collega Paluzza a Cercivento è chiuso da mesi (e per sempre)
sia al traffico automobilistico che pedonale per cedimento strutturale; occorre
compiere un largo giro attraverso Sutrio… 3. La statale 52 bis (che cade sotto la responsabilità dell’ANAS) è
chiusa da oltre due mesi (né si sa quando verrà riaperta) a motivo
dell’abbattimento della galleria di Noiaris, i cui lavori però sono stati già
sospesi perché i rilievi geologici, rifatti in corso d’opera, non consentono
di proseguire con i lavori per la realizzazione del progetto originario. Tutto
il traffico, leggero e pesante, è deviato per la precaria e pericolosa strada
provinciale di Piano d’Arta, con ovvie difficoltà per tutti… 4. Risposta pratica: nella regione FVG esistono 4 province, ma 5 tribunali. Mentre
l’amministrazione civico-politica è strutturata in 4 province, la
Giurisdizione lo è su 5 tribunali. I tribunali della regione sono ubicati a: Trieste (che è anche capoluogo di
provincia), Gorizia (che è anche capoluogo di provincia), Pordenone (che è anche capoluogo di
provincia), Udine (che è anche capoluogo di provincia) e Tolmezzo (che NON è capoluogo di
provincia). La giurisdizione del TRIBUNALE DI TOLMEZZO giunge fino a Buia,
Osoppo, Gemona e Tarvisio e costituisce inoltre COLLEGIO ELETTORALE REGIONALE
(nelle elezioni regionali) e COLLEGIO SENATORIALE (nelle elezioni politiche).
Mai nessuno ha finora obiettato che il Tribunale di Tolmezzo divide il FRIULI.
Mai il Tarvisiano o la pedemontana hanno chiesto di staccarsi dalla
giurisdizione di Tolmezzo per andare con Udine. Proviamo tuttavia a pensare come
sarebbe amministrata la Giustizia per la Montagna, se non esistesse il tribunale
di Tolmezzo... Conclusione: se la Montagna godesse davvero di una AUTONOMIA
AMMINISTRATIVA LOCALE, riteniamo che la situazione sarebbe assai diversa. Solo
la DEMOCRAZIA DIRETTA (= provincia regionale) sarebbe in grado di indirizzare e
vigilare sul territorio amministrato. Gli attuali Enti pubblici locali a nomina
partitica (CMC, BIM, APT ecc. che dovrebbero invece scomparire in questo caso)
non hanno l’autorevolezza, l’autorità e quasi mai la competenza per farlo.
INTERVISTA AL GOVERNATORE RICCARDO ILLY (int. 13) La nostra emittente, VideoTele Carnia, ha
programmato una serie di interviste per approfondire il progetto della
“PROVINCIA DELLA MONTANGNA” che suscita fra le popolazioni di Carnia Canal
del Ferro, Val Canale, curiosità ed anche interesse, seppur come è nel
carattere del montanaro, non privo di scetticismo e di
perplessità. Vorremmo riuscire a fare informazione di modo che ciascuno
possa arrivare a farsi una propria idea ed a prendere una decisione con
cognizione di causa, quando verrà chiamato a pronunciarsi nel referendum.
Cercheremo di presentarvi, quindi, sia i pareri di quanti sono favorevoli, che
quelli di quanti sono contrari. Cominciamo con il Governatore Illy che
ringraziamo di aver accettato di rispondere alle nostre domande. 1) Quali sono le motivazioni che quando si è trovato a
stendere il suo programma elettorale l’hanno convinto di fare sua l’idea
della Provincia della montagna, al punto da aggiungere simbolicamente una quinta stella, cioè una quinta
provincia, sul suo logo? Ecco prima devo premettere che per costituire la provincia della montagna friulana é necessario che le amministrazioni comunali prendano l’iniziativa. Buona parte del consigli comunali hanno già deliberato, a suo tempo, e hanno chiesto poi di avviare la pratica per il referendum. Poi, secondo me, è bene che sia la popolazione a esprimersi positivamente. Penso che sarebbe assolutamente inopportuno che il consiglio regionale decidesse di costituire una nuova provincia se la popolazione di quel territorio non la vuole. Le considerazioni che avevo fatto prima di stendere il programma e anche di inserire la quinta stella nel simbolo di ‘Intesa Democratica’ sono le seguenti. Conosco
il territorio perché sono maestro di sci, ho fatto gare di sci per moltissimi
anni da ragazzo. Ho frequentato tutte le zone della montagna friulana , ho
insegnato a Piancavallo per una intera stagione. Sono zone che ancora frequento.
Conosco poi molto bene le provincie di Bolzano e Trento. Anche quelle sono
province costituite esclusivamente per
la montagna. La nostra montagna friulana è una zona oggi considerata
depressa nel senso che ancora è in fase di spopolamento e che il reddito medio
è più basso rispetto alla media regionale. Le province di Bolzano e di Trento
sono le prime due provincie
italiane per qualità della vita. Certo sono due province autonome, hanno
maggiori poteri anche legislativi, ricevono più soldi dallo Stato, ma non è
possibile che sia solamente quella la risposta per l’elevatissima qualità
della vita di cui si può godere su
quel territorio. Quindi mi sono detto ‘probabilmente una delle motivazioni per
cui a Bolzano-Trento si sta così bene e la popolazione certamente non è in
calo è che li c’è un Ente, appunto
la Provincia, che si occupa
esclusivamente di amministrare, di governare quel territorio.’ Mi sono detto,
l’ultima chance che ha la
popolazione che ancora abita, spesso
con una tenacia veramente encomiabile, la
montagna friulana, per un vero e
proprio rilancio, è quello di
avere un proprio Ente. Quindi mi sono detto che
se i cittadini della montagna friulana lo vorranno, noi dobbiamo, come
maggioranza che oggi governa la regione, acconsentire a che possano realizzare
il loro sogno’. 2) Il carico di sofferenze, dello
spopolamento, a causa della emigrazione, dell’invecchiamento, della mancanza
di lavoro induce spesso a pensare alla nostra montagna come a “una sorta di maledizione” per quelli
che vi ci vivono. Come pensa che la provincia regionale della montagna possa
aiutare i residenti a migliorare le loro condizioni di vita? Che cosa è o sarà importante pere realizzare
un cambiamento? Io
penso, come ho già accennato, anzitutto al
fatto che gli amministratori della,
ancora dobbiamo dire, eventuale futura provincia della montagna friulana potranno e dovranno esclusivamente
occuparsi dei problemi e delle
opportunità di quel territorio. Oggi quel territorio è sotto la provincia di Udine
che senz’altro se ne occupa ma si occupa anche di quello, poi ha tanti altri territori , tanti altri problemi
di cui preoccuparsi. Fra le competenze di ogni provincia vi sono anche quelle che riguardano il
coordinamento delle attività
economiche, quindi penso che la
prima modalità per trasformare questa,
che addirittura lei ha definito una maledizione, comunque per trasformare quello che è indubbiamente un problema
del territorio della montagna friulana, in una opportunità. E cioè preoccuparsi di sviluppare, di favorire l’attrazione di imprese, lo sviluppo
di imprese che possano sfruttare le peculiarità della montagna. E quindi
soprattutto nel settore del turismo , nello sfruttamento delle altre tre materie
prime che la montagna ha a disposizione in grande abbondanza. L’acqua, per
esempio, con la realizzazione di un numero più elevato di centrali
idroelettriche, con uno
sfruttamento ancora più ampio delle terme,
quindi con uno sfruttamento ancora delle
acque per quanto riguarda altre
lavorazioni industriali che richiedono grandi quantità di acqua. Poi il legno, che viene oggi sfruttato in
maniera parziale, per esempio è
noto che una delle produzioni di energia elettrica che vengono promosse
oggi è quella delle biomasse, ma
noi non abbiamo oggi in tutta la montagna friulana una centrale perché funzioni
a biomasse che poi non sono null’altro che legno appunto che viene bruciato per produrre energia
elettrica. Così come il legno ovviamente va
utilizzato per realizzare
altri beni come mobili, ancora per
costruire le case anche questa è
una tecnologia che fa parte delle tradizioni della montagna che in qualche modo
è andata non dico perduta ma
trascurata, negli ultimi decenni. E la terza ricchezza naturale è il turismo:
Su quattro impianti sciistici della regione tre sono in provincia di Udine.
Infine credo che ci siano alcune attività economiche che possono essere sviluppate nella montagna friulana sfruttando
l’elevata qualità della vita di
cui si gode in quel territori.: Mi riferisco alla produzione di servizi, di
software, che vedono l’utilizzo del personal computer e quindi della
rete internet . Per questo uno dei primi compiti della eventuale futura
provincia dell’alta montagna sarà
di realizzare una rete di telecomunicazioni che sia adeguata che abbia una banda sufficientemente
larga per favorire lo sviluppo del tele-lavoro. Altre regioni, altre province lo hanno fatto,
per esempio in Liguria, per esempio nelle montagne dell’Emilia Romagna e hanno
avuto grande successo. 3) A quanti le attribuiscono un recondito
progetto di voler dividere il Friuli,
che cosa risponde? Rispondo
in due modi. Primo è che il Friuli
è già oggi diviso fra le
province di Udine, quella di Pordenone e quella di Gorizia che in parte è anche friulana. Quindi
il fatto che domani ci sia anche una provincia della montagna friulana non mi
sembra modifichi di granché questo
scenario complessivo . Due,
che ho proposto e quindi
senz’altro verrà accolto nella futura legge di riordino degli enti locali la
possibilità di costituire la unione
delle province. E quindi senz’altro le tre oggi e domani eventualmente quattro province friulane potranno costituire
un’unione delle province che andrà a ricomporre il tessuto non solo sociale, non solo territoriale, ma
anche politico che riguarda appunto il Friuli. Quindi non credo che questa sia una
argomentazione sufficiente, una
argomentazione valida per
sostenere l’inopportunità di
costituire la provincia dell’alto Friuli
perché quello è un territorio, quella è una popolazione che ha
sofferto di molte difficoltà negli
ultimi decenni e che quindi ,
secondo me deve ricevere la facoltà, l’opportunità di gestire il proprio destino con le proprie mani attraverso una
propria provincia. 4)La provincia della montagna sarà una
provincia regionale di una regione a statuto speciale, quali pensa potranno essere le principali
competenze (poteri) che potranno essere
trasferite alla nuova provincia? (In teoria la regione potrebbe trasferire
alla nuova provincia tutti i poteri di cui dispone tranne ovviamente quelli che
competono alla regione). Intanto precisiamo che il fatto che la provincia sia regionale non va visto come una ‘diminutio’ significa soltanto che lo Stato potrebbe decidere di non seguire la decisione della regione e quindi di non organizzare sul territorio della nuova provincia i suoi servizi periferici. Ma questo lo Stato ha già fatto per esempio per quanto riguarda il Tribunale , perché c’è un Tribunale a Tolmezzo ricordo anche che c’è una circoscrizione elettorale che riguarda appunto la montagna friulana. Però potrebbe succedere che dopo l’eventuale costituzione della provincia friulana lo Stato decida di non destinarvi un Prefetto di non realizzarvi una Questura di non realizzare, che ne so, gli Uffici Iva e così via, sulla base di quella provincie. Ciò non toglie che tutti i poteri che oggi hanno le province del Friuli Venezia Giulia verranno attribuiti anche alla provincia della montagna friulana con, eventualmente, qualche potere in più, quelli che specificamente riguardano i territori di montagna e che potrebbero essere legati proprio allo sfruttamento di quelle materie prime che sono disponibili nella montagna, penso subito, per es. alle questioni che riguardano la realizzazione di centrali idroelettriche. Quella competenza potrebbe essere affidata alla provincia stessa. Così lo sfruttamento delle risorse boschive e così ancora lo sfruttamento delle biomasse. Anche da un punto di vista finanziario è chiaro che da un lato la provincia della montagna friulana avrà le risorse che hanno le altre province sulla base di un calcolo che riguarda da un lato l’estensione territoriale e dall’altro la numerosità della popolazione, ma in più riceverà quelle risorse aggiuntive che oggi vengono conferite alla provincia di Udine, ma che sono destinate in maniera specifica a risolvere i problemi e a sfruttare le opportunità della montagna. 5) Un problema per essere risolto deve essere
visibile ed interpretabile. Spesso i problemi della montagna sono stati resi
invisibili perché occultati nella grande provincia di Udine che affronta tutto
“da lis mons in sin al mar”. Il fatto che questo problema una volta
circoscritto e definito geograficamente diventi evidente e visibile, potrà
trovare più attenzione anche da parte della U.E.? Sicuramente
sì. Anzi alcuni studiosi hanno fatto osservare
che se la provincia della montagna friulana fosse già esistita in
passato quell’area sarebbe diventata “area obiettivo 1” e quindi avrebbe
ricevuto da parte dell’Unione Europea molte,
ma molte più risorse rispetto a quelle che ha in effetti ottenuto.
Quindi sono convinto che non solo il fatto di avere un proprio governo
provinciale che ripeto si dovrà e potrà concentrare solo sulle opportunità,
sui problemi di quel territorio, ma ciò
consentirà a quel governo di rendere noti i problemi a tutti i livelli, a
livello regionale, a livello statale e perché no anche a livello dell’Unione
Europea. Quindi certamente l’attenzione crescerà
e di conseguenza cresceranno anche
le risorse che gli alti soggetti potranno destinare alla montagna friulana o gli
aiuti che sotto altra forma potranno destinare. 6) Nel suo discorso programmatico del
1.07.03 per quanto riguarda l’argomento enunciava: “ Intendiamo istituire
previo referendum la Provincia dell’Alto Friuli. Un soggetto istituzionale
che, in un quadro di autogoverno, potrà
svolgere una regia in tema di integrazione e di servizi ad area vasta, programmando e coordinando
le politiche regionali a favore di
questi territori”. Se non capisco male lei pensa che dalla provincia
montana potranno arrivarle le proposte per risolvere i problemi di tutta la
montagna friulana. Conoscendola come politico pragmatico penso che questo non sia solo un suo pensiero ottimistico. No, penso anch’io di no. Sono convinto che quando le persone ma anche i gruppi di persone, quindi anche un’intera popolazione viene responsabilizzata sia in grado di rispondere in maniera molto migliore, molto più efficace agli stimoli e anche ai problemi che si trova ad affrontare. Quindi sono convinto che il governo della, intendevo dire, eventuale, futura provincia della montagna friulana , essendo costituito da cittadini di quel territorio che lo conoscono, che lo amano e che hanno rapporti quotidiani con tutti gli altri cittadini sapranno rappresentare meglio, non solo i problemi ma anche individuare le migliori soluzioni per quei problemi e quindi saranno in grado anche di programmare una serie di interventi per favorire anche tutto lo sviluppo dell’economia, perché quello che è indispensabile per la montagna friulana è di stimolare l’avvio di nuove attività economiche. Sono quelle che poi attirano imprenditori, lavoratori, cittadini, le famiglie e che consentono anzitutto di frenare uno spopolamento che purtroppo e ancora in atto. Perché non pensare che un domani si possa anche di arrivare a una sorta di ripopolamento? Parlandone, ormai diversi mesi fa con l’Arcivescovo di Udine, Monsignor Brollo, che peraltro è originario proprio di quelle terre, di fronte a questa mia affermazione mi disse: “ma, da che mondo è mondo, l’acqua è scesa dalle montagne verso valle”. Ecco queste sue parole mi colpirono. Ci ho rimuginato su e alla fine una risposta l’ho trovata. Questo è vero, tranne che in un caso, quello dei capillari. Ecco, con i capillari, l’acqua sale. Tant’è che quando ci sono dei problemi nei muri, di capillari, l’acqua poi va addirittura a rovinare i muri proprio perché sale dal basso verso l’alto. Ecco, noi dobbiamo avviare in montagna soprattutto, tante capillari attività economiche, che consentano in questo caso alla popolazione di ritornare, da valle, dove si è trasferita, di nuovo verso la montagna. 7) A quanti obiettano che la provincia
della montagna si rivelerà come un nuovo carrozzone,
una nuova occasione di sperperi di moltiplicazione dei costi, senza autonomia e
risorse incerte che cosa si potrebbe rispondere? Anche qui la risposta è abbastanza facile. Sta nella legge che è stata approvata, durante la precedente legislatura, è una legge ben fatta, che prevede laddove venga costituita una nuova provincia che corrisponde ai confini di uno dei comprensori montani che la provincia acquisisca le competenze del comprensorio montano. Ecco quindi, se oggi noi abbiamo nella zona della montagna friulana i comuni, il comprensorio montano che è una specie di ente intermedio e poi la provincia di Udine domani avremo soltanto i comuni e la provincia della montagna friulana la quale acquisirà anche le competenze del comprensorio. Il che significa che non ci sarà nessun carrozzone in più, avremo un ente che avrà competenze e quindi poteri superiori, ma che acquisirà anche quelli del comprensorio montano, eviteremo di avere comunque un livello aggiuntivo. Ma io credo, che, comunque, ci sarà un certo costo aggiuntivo, che non sarà peraltro enorme. Credo
che il vantaggio di avere un ente una provincia
che si occupi esclusivamente di un territorio, che oggi è un territorio
difficile, comporti un beneficio di gran lunga superiore ai costi aggiuntivi. 8)Sempre su questo argomento ci dicono “che cosa pensa di fare la
provincia della montagna quando quella
trentina di enti che hanno speso, investito a partire dalla Comunità montana o
Comprensorio ai vari Consorzi Boschivi o Imbriferi, Promotur, Carnia Leader, non
sono riusciti a scalfire la realtà, cosa si pensa di fare con questa Provincia? Voglio dire il cambiamento vero dove sta, perché ci
affideremo di nuovo a un Ente, ad una Istituzione che prima era una emanazione
dell’Istituzione , ora sarà , scelta
elettivamente. Questa sicuramente
è una grossa differenza. Però, quale dovrà essere il modo di vedere nuovo e
di gestire in modo diverso? Io direi che la grande differenza starà proprio nell’approccio che avrà la provincia rispetto agli vari altri enti che erano intervenuti in passato. Questi ultimi erano intervenuti secondo la logica dell’assistenza. Siccome la montagna è una zona difficile , una zona depressa, ha bisogno di più soldi, li diamo a questo ente piuttosto che all’altro, alle comunità montane o alle decine di enti che erano intervenuti di cui alcuni mi ha lei citato un attimo fa.La logica era quella assistenziale. La logica della nuova provincia sarà invece la logica della responsabilità. La provincia della montagna friulana, eventualmente, rappresenterà i suoi cittadini e dovrà quindi responsabilmente utilizzare le risorse, soprattutto le risorse che vengono prodotte sul territorio stesso, oltre che quelle che arriveranno sotto forma , diciamo, di aiuto, diciamo risorsa aggiuntiva, per superare un momento di difficoltà vuoi dalla regione, vuoi dallo stato vuoi dalla Unione Europea, ma gestite anche queste ultime risorse secondo il principio della responsabilità. La migliore gestione di queste risorse andrà fatta proprio perché chi governerà la provincia dovrà risponderne ai cittadini elettori. E’ chiaro che se le utilizzeranno male, la volta successiva non saranno più eletti. 9) Ultima domanda, anche se in parte mi ha già risposto. Quando intervistammo Haider e gli chiedemmo come avesse affrontato i problemi della sua gente di montagna ci rispose dandoci quasi delle indicazioni, dei suggerimenti: viabilità, politiche fiscali ed incentivi economici mirai. Pensa che queste siano anche per la nostra montagna le soluzioni per invertire la tendenza e saranno realizzabili? Ci saranno fondi adeguati per realizzarle? Io credo che le misure, che a suo tempo suggerì il governatore Haider siano senz’altro misure utili anche per sviluppare l’economia della montagna friulana. Ce ne sono altre , alcune le ho indicate poco fa, e altre dovrà individuale il futuro eventuale governo della provincia della montagna friulana. Si tratta comunque di individuare una serie di misure che consentano di favorire lo sviluppo di attività economiche, non tanto di grandi dimensioni quindi non credo che ci sia bisogno di industrie con centinaia di dipendenti, quanto attività economiche diciamo di piccoli gruppi, di piccolissime imprese nel campo del turismo, del tele-lavoro e perché no dell’artigianato, di tutte le attivitò che poi da parte di un ente che avrà una grandissima responsabilità, non solo agli occhi dei suoi cittadini, me dei cittadini di tutta la nostra regione, dovrà sviluppare. 10) Mi sembra di capire che non c’è assolutamente l’intenzione di lasciare a se stessa la provincia, una volta che riusciremo a farla, ma la regione ci seguirà Certamente sono anche sicuro che
le risorse potranno provenire anche da altri soggetti. Dallo Stato, che per
esempio ha approvato una legge sui
piccoli comuni, quelli sotto i cinquemila abitanti di cui in montagna sono quasi
tutti con queste caratteristiche. Dall’Unione Europea. Io penso che lo Stato
dovrebbe soprattutto realizzare una misura che trovo fondamentale a favore di tutti i territori di
montagna che è quello di prevedere un
sistema di aliquote fiscali che sia inversamente proporzionale alla quota alla quale si trova un comune, in modo da evitare di far pagare le stesse tasse che paga un cittadino di pianura a uno di montagna, salvo poi una parte
di queste restituirle sotto forma di aiuti. E’ molto meglio
diminuire direttamente un prelievo
alla fonte quindi chiedere a chi vive in una zona
dove la vita costa di più, come la montagna, direttamente di pagare meno
tasse. Ecco se lo Stato italiano farà questo, magari incentivato, invogliato e
guidato dall’Unione Europea credo che costituirà un grandissimo aiuto. Presidente Illy, La ringrazio, a nome dei montanari,
perché ha capito che la montagna friulana ha bisogno soprattutto di
riconoscimento e di una gestione autonoma.
Questo sogno “impensabile” è
diventato “pensabile”. Noi ci auguriamo e Le auguriamo che Lei
riesca a renderlo possibile. Grazie Intervista a cura di Marino Plazzotta realizzata il 22.01.04 e Trasmessa a V.T.C. il 24 Gennaio 2004
PROVINCIA DELLA MONTAGNA OGGI O MAI
PIU’ (INT. 14)
Si
avvicina la primavera, cioè la
data fatidica in cui la gente della costituenda provincia sarà chiamata a
pronunciarsi.
Premetto che la legge
costituzionale 2/93 ed il regolamento del 12/96 già davano la facoltà alla
Regione Friuli -Venezia Giulia di istituire la nuova provincia. Ricordo che un
politico di spicco già nell’anno 1996, su un quotidiano locale, osservava:
“ Ora il Consiglio Regionale, se vorrà potrà istituire già da questa
mattina la provincia di Tolmezzo ecc.”…! Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, ma nessuno
dei politici locali ha mai parlato o avuto il coraggio di affrontare questo
problema. Solo Un triestino, per essere precisi il Presidente della Giunta
Regionale Riccardo Illy, affronta finalmente la questione, dando esplicitamente
ragione a quelle persone che, finora, affermavano
che “non è Trieste ma è Udine che pregiudica la Carnia”. Oggi infatti si
scopre la verità che mette a nudo in modo particolare personaggi locali che si
comportano come il biblico Esau. Ora che Strassoldo tema di perdere una fetta di
“potere” per l’istituzione della nuova provincia,
si può anche capire, ma non può dire che in questo modo si vuole dividere il
Friuli, perché il Friuli non si è mai identificato solo nella Provincia di
Udine, come giustamente ricorda un ex consigliere comunale del Comune di
Tolmezzo su un quotidiano locale, “ infine i cittadini sapranno scegliere a
ragion veduta da quale parte stà la ragione”. Mi pare opportuno anche ricordare che già nella tavola
rotonda promossa dalla Vita Cattolica nel lontano 1988, un consigliere regionale
allora spiegò: “ Sembra che per
qualcuno non ci sia più speranza per la montagna, e invece no”, in quanto “avremo
modo di uscire dall’isolamento e dal servilismo e di imporci come cittadini
protagonisti del proprio avvenire e non assistiti”.
Protagonisti del proprio avvenire si diceva, per impedire che la Carnia
diventi il salotto esclusivo di ecologisti ed ambientalisti, quelli magari
dell’ultima ora, che vogliono imporre agli abitanti locali leggi e norme
restrittive (es. come quella della raccolta dei funghi). I Carnici vogliono essere cittadini e non sudditi di una
provincia che guarda alla pianura dove di polli già ne mangiano due, lasciando
i resti alla montagna, come ben ci ricorda il buon Trilussa. La provincia dell’Alto Friuli, forse, potrebbe diventare
sì un altro carrozzone, come ci ricordano sulla stampa locale Renzo Tondo,
Iginio Piutti e il sig. Zearo, ma almeno avremo l’orgoglio di dire: abbiamo
finalmente tentato di poterci identificare agli occhi degli italiani e
dell’Europa. Infatti come l’euro identifica un’ Europa virtualmente unita, così la nuova provincia potrà
concretamente identificare la gente della montagna dell’Alto Friuli. Ed è
perciò che nulla di meglio può esprimere, nel nostro caso, la seguente proporzione” La provincia
stà alla Montagna come l’euro stà all’Europa”. E’ avvilente però scoprire che personaggi di spicco
come Renzo Tondo, Piutti e compagni abbiano addirittura fondato
un’associazione per contrastare la costituzione della nuova provincia. Proprio
questi personaggi che, come ricorda il prof. Pasquale d’Avolio nel suo
dibattito, pubblicato da un quotidiano locale, precedentemente condividevano
l’idea di fondo che Carnia, Gemonese e Canal del Ferro avrebbero dovuto “far
sistema” tra di loro innanzi tutto,” facendo sistema” tuttavia anche con
Udine e il resto del Friuli (guai infatti isolarsi e a non capire l’importanza
di un collegamento stretto con la città di Udine e le sue strutture, a partire
dall’Università e centri di ricerca. Occorre quindi unire le proprie forze,
non “contro qualcuno”, ma per avere più voce e più materia “grigia”,
ossia più idee e programmi comuni a favore del territorio che è in gran parte
montano, ma non per questo meno ricco di iniziative e progetti. Un’ultima considerazione: non sappiamo per che cosa
andiamo a votare, si dice! Si parla di contenitore e non di contenuti..! Mi piacerebbe sapere quanti cittadini
conoscono funzioni e competenze dell’attuale Provincia di Udine. Eppure vanno
disciplinatamente a votare ogni 5 anni. Vuol dire che tutto sommato credono nel
valore di questa istituzione. La nuova provincia rispetto alla precedente avrebbe si un
territorio più limitato e una popolazione meno numerosa, ma occorrerebbe
dimostrare che le Province funzionano meglio se sono grandi ..! Si potrebbe a
ragione, sostenere anche il contrario, come ci ha spiegato il dottor Masarutto
dell’Università di Udine, che non è “ un partigiano” della nuova
provincia. La verità è, lo affermava a
Feletto don Di Piazza, che occorrono fondamentalmente due cose per dare una
svolta alla montagna “un progetto”
credibile e degli uomini in grado di attuarlo. Se non si è
geneticamente pessimisti sugli uomini e sulle capacità della gente di queste
zone, si può provare insieme, carnici, tarvisiani e gemonsi attraverso la nuova
Provincia. Ecco l’elemento che in questo momento manca, proprio l’unità. Io
confido che questa battaglia alla fine non produca ulteriori lacerazioni, ma se
ciò dovesse avvenire sapremo individuare i responsabili..! Per concludere, non si sa se la nuova Provincia servirà
davvero; ma intanto a me pare che il referendum stia dando già buoni frutti per
la Carnia e per l’Alto Friuli. Non passa giorno che la stampa non ci informi
di sostanziosi finanziamenti da parte della Provincia di Udine per le strade,
per le parrocchie, per il Museo ecc. Peccato che il referendum si tenga appena
fra un mese; si potrebbe spostarlo più in là..?
Nel concludere, colgo nuovamente l’occasione per vivacemente ribadire
il titolo assai significativo del presente articolo “OGGI O MAI PIU’” avremo una simile
occasione per essere artefici della propria fortuna. Così la pensavano gli
antichi, attribuendo all’individuo, al suo libero arbitrio, la piena facoltà
di costruire, nel bene e nel male, il proprio avvenire. Perciò mi auguro che ciascun ascoltatore si esprima con
un grande “SI” al referendum del
21 marzo 2004 all’istituzione della nuova provincia della montagna,
dimostrando unità d’intenti e di vedute, convinti della scelta che andremo a
fare, diversamente non avremo, in futuro, più alcun motivo di lamentarci di niente e per nessun motivo per la
mancata attenzione della montagna ed in particolare della Carnia che con la
proposta consultazione ha l’unica occasione di essere artefice del proprio
futuro. Meditate gente, meditate…! Mario FLORA 14.02.2004 OPUSCOLO DISTRIBUITO DALLA PROVINCIA DI
UDINE NEI 43 COMUNI CHIAMATI AL REFERENDUM DEL 21 MARZO 2004 (int. 15) L’ Amministrazione provinciale di
Udine ha distribuito gratuitamente in questi giorni a tutte le famiglie dei 43
comuni montani, interessati al Referendum, un bellissimo volumetto che, sotto le
mentite e rassicuranti spoglie di una GUIDA AL REFERENDUM, ha invece tutta
l’aria di un PAMPHLET TERRORISTICO-PSICO-POLITICO, stampato da Andrea Moro a
Tolmezzo (grazie!) in carta patinata (chi paga?),
con tanto di foto a colori di tutti i personaggi cargnelli seduti in
poltrona a Udine, che ovviamente sono contrarissimi alla dannosissima proposta
della provincia dell’ Alto Friuli. In queste paginette, che
vanno lette tutte molto attentamente, sono nascoste tantissime perle, alcune
delle quali sono qui di seguito catalogate per tema: RETORICA
Pag. 3
“volontà
di tenere unita una provincia da lis monts insin al mar”. DEFORMAZIONE
RETORICA
Pag 5
“chi abita lungo il Tagliamento non potrà pronunciarsi su ciò che avverrà
alle sue sorgenti” FALSI STORICI
Pag. 5 “in una
Provincia che sia lo specchio dell’intero Friuli” Pag. 13
“la divisione del Friuli a vantaggio di chi teme un Friuli forte autonomo e
unito.” FALSI
Pag. 6
“la regione sarà costretta a tagliare altre voci e a togliere risorse alle
altre province…” Pag 7
“ si tratta di funzioni che si aggiungono a quelle della comunità montana e
che richiedono nuovo personale aggiuntivo” Pag. 8
“ finirebbero per essere indeboliti, perché a cavallo tra due province, anche
il tribunale e la circoscrizione elettorale” Pag 11
“la Carnia che intrattiene rapporti deboli con le altre realtà” Pag. 11
“la sensazione è che la gente voglia il mantenimento degli attuali confini
della provincia di Udine…” Pag. 12
“la provincia di Udine è una provincia di medie dimensioni…” Pag. 13
“L’unità consente al Friuli tutto di rafforzarsi e di crescere. Le
divisioni lo indeboliscono e lo mettono alla mercè di chi lo vuole fragile e
sottomesso” TERRORISMO
PURO Pag. 9
“la Carnia perderebbe i finanziamenti statali e regionali che vengono
assegnati alle comunità montane, a vantaggio di altri territori…” Pag. 11
“ e nuovi carrozzoni che qualcuno dovrà poi pagare…” Pag. 12
“staccandosi dalla provincia di Udine la popolazione montana non potrebbe
giovarsi di questa spinta alla solidarietà di tutta la popolazione
provinciale” SCHERNO
Pag. 9
“sarebbe una semplice comunità montana col nome di provincia, con un
capoluogo, Tolmezzo, di appena 10mila abitanti” CONTRADDIZIONI FREUDIANE
Pag. 12
“ le aree montane, in indubbia difficoltà, hanno forte interesse non a
isolarsi, ma ad integrarsi con le aree forti della provincia di Udine…” DECLAMAZIONI
ELETTORALISTICHE
Pag. 13 “promuovere
imprenditoria locale, migliorare e potenziare le vie di comunicazione,
sviluppare attività produttive nei centri in quota…promuovere una cultura del
vivere in montagna e porre in atto un differenziale fiscale in modo da far
pagare meno tasse e sopportare meno costi per chi vive in montagna…” PRESA PER
I FONDELLI
pag. 22 “la provincia di
Udine ha finanziato un’iniziativa di recupero e valorizzazione della
coltivazione delle castagne, considerando che le castagne potrebbero essere
ancora una fonte di reddito…”
Cerca la
GUIDA AL REFERENDUM e … buon divertimento!
INTERVISTA AL PRESIDENTE MARZIO STRASSOLDO (int. 16)
Prof. Strassoldo, in un certo senso la sua netta posizione contraria alla eventuale P.d.M. è logica, si potrebbe affermare che le aspettava di diritto, ma al di là del suo ruolo politico , perché è fortemente convinto che questa provincia “non s’ha da fare”? Da due anni e mezzo noi siamo stati eletti con grande consenso popolare anche dalla Carnia, Val Canale, Canal del Ferro e del Gemonese su un programma molto preciso di rafforzamento della coesione e del ruolo del Friuli nell’ambito della regione. Una regione che si compone di due realtà: Trieste da una parte e il Friuli dall’altra. Abbiamo lanciato una parola d’ordine: “per un Friuli forte, autonomo e unito”. Sulla base di questo programma siamo stati eletti e quindi crediamo che un’iniziativa , che divide la provincia di Udine, vada contro il programma cui la gente ha dato la propria fiducia. La provincia si è impegnata a sviluppare un programma importante di crescita e di sviluppo di tutta la provincia di Udine compresa la sua parte montana. Ecco perché dividere significa andare contro questo programma o comunque indebolire il Friuli. Noi dobbiamo rafforzarlo nei confronti di tanti nemici che esso ha. soprattutto a Trieste, e dobbiamo rafforzarne il ruolo, il proprio sistema economico. Dobbiamo creare le basi per un vero sviluppo dell’area montana e questo si fa nella unità. Adesso perderemo dei mesi per discutere di cose che non hanno possibilità di dare delle risposte serie ai problemi pesanti delle aree montane. Il carico di sofferenze, dello spopolamento, a causa della emigrazione,
dell’invecchiamento, della mancanza di lavoro induce spesso a pensare alla
nostra montagna come a “una sorta di maledizione” per quelli che vi ci
vivono.Secondo lei i montanari si sono montati la testa? Questa loro
richiesta o pretesa ha un minimo filo di ragionevolezza o è totalmente una
richiesta demagogica, quindi strumentale e strumentalizzabile? Secondo lei che cosa
è o sarà importante per realizzare un cambiamento delle condizioni di vita
della Carnia? Io credo che bisogna, con molta
lucidità, affrontare i problemi
veri della Carnia che però sono quelli della conca tolmezzina che ha trovato
condizioni di sviluppo nelle tre
zone industriali del fondovalle e che ha trascinato tanta gente dai centri in quota, al fondovalle o poi li ha
portati a Udine, a Gemona, da altre parti d’Italia o nei tempi passati
all’estero. I problemi sono sostanzialmente quelli di una rottura del modello
economico che consentiva alla gente di montagna di vivere attraverso lo
sfruttamento incredibilmente intelligente, attento delle risorse che c’erano e
che ci sono ancora. Bisogna poi trovare le strade
per recuperare le condizioni
e le possibilità di vita e di sviluppo in montagna. Un tempo era vista come una
maledizione forse adesso non più. Ormai con
le tecnologie che abbiamo, qui stiamo parlando a una televisione che sta
a Treppo Carnico, non c’è più
l’isolamento di un tempo. Dobbiamo superare certamente alcune questioni forti
come quelle delle difficoltà nelle comunicazioni stradali. Bisogna mantenere i
servizi di base per le famiglie nei centri in quota e bisogna creare
microstrutture produttive proprio nei centri in quota. Quando c’è un piccolo
stabilimento industriale-artigianale , c’è il negozio che rimane aperto, c’è
una vita sociale, circoli culturali e
magari una Proloco, o altro, che possa
attrarre meglio i turisti , ecco vi è la possibilità di ricreare le
condizioni economiche, ma anche sociali per mantenere la popolazione quassù.
Credo che non ci possa essere nulla
di più bello. Io credo che si può
benissimo lavorare a Treppo dove c’è un museo, c’è una televisione c’è
tutto un tessuto comunque molto
interessante o a Lauco o da altre
parti, in condizioni ambientali bellissime,
ancorché disagiate quando nevica. Non dobbiamo pensare alle industrie
che creano traffico pesante, non a un certo tipo di attività che occupano
spazio, ma abbiamo esempi in altre realtà
della Svizzera, della Carinzia, dell’arco alpino, che ho avuto
occasione di studiare a suo tempo come
professore universitario, dove si sono ricreate condizioni nuove di equilibrio, tra micro attività, che possono trovare
ottima collocazione anche in aree di montagna. Perché i sostenitori del
sì vengono accusati di
aver un recondito obiettivo, quello di dividere la provincia per renderla meno
forte rispetto a Trieste. Lei pensa che ci sia del vero in questa idea? No, io rifiuto questo. Sono convinto che chi vuole la provincia di Tolmezzo, dice Carnia, dice montagna, lo faccia per intendimenti positivi. Non è che si voglia dividere la provincia di Udine e quindi dividere il Friuli, ma il risultato è quello. Certo chi promuove l’autogoverno, l’autonomia della Carnia si allaccia a antiche condizioni di vita autonoma, antiche tradizioni, all’orgoglio di essere carnici, ed avete ragione ad essere orgogliosi della vostra cultura, della vostra tradizione della vostra realtà, ma poi il risultato è quello dell’isolamento, del distacco, della divisione del Friuli. E questo è il risultato a cui taluni forse non pensano adeguatamente. Guardate che noi friulani, della bassa, della collina, anche della città siamo figli della Carnia, perché, è stato dimostrato, forse è solo un’ipotesi, è stato dimostrato che voi avete prodotto sempre tanta più gente, che non riusciva a trovare le condizioni di vita in montagna ed è scesa in pianura. Nel mio stesso paese si sono cjarnielus ancora, con cognomi carnici. Nel 1575 il campanile del mio paese è stato costruito da Carnici, dai “Carnielli” del bosco, dai “Tessari”. Noi siamo stati continuamente alimentati dalla vostra discesa e se il Friuli ha mantenuto certe caratteristiche di identità, di autonomia, di lingua soprattutto, credo che molto abbia fatto questo continuo apporto della Carnia. Quindi sotto questo profilo io non credo che ci sia un disegno voluto, scientifico diciamo, di dividere il Friuli e però una nuova provincia darà questo risultato. Un problema per essere risolto deve essere visibile od interpretabile. Spesso i problemi della montagna sono stati resi invisibili perché occultati nella grande provincia di Udine che affronta tutto “da lis mons in sin al mar”. Il fatto che questo problema una volta circoscritto e definito geograficamente diventi evidente e visibile, potrà trovare più attenzione anche da parte della UE o no? Sulla prima questione devo dire che la provincia di Udine forse non ha sempre abbastanza pubblicizzato la sua presenza, le sue azioni. Ora che vado a fare i sopralluoghi in molti posti della Carnia, Canal del Ferro e Valcanale dicono : questa opera, questo traforo, questa galleria, questa strada è stata fatta dal presidente X di qualche anno fa, e l’abbiamo visto soprattutto per l’alluvione, ma anche adesso, c’è un grosso impegno da parte della Provincia di Udine che ha ampliato notevolmente i suoi uffici. C’erano già a Tolmezzo, ed ora sono stati ampliati. Abbiamo costituito una direzione provinciale per la montagna con persone tutte dedicate ai comuni della Carnia, del Canal del Ferro e della Val Canale e quindi sotto questo profilo credo che si sia fatto e si voglia fare molto. Per la seconda parte della domanda che riguarda l’Unione Europea dobbiamo essere chiarissimi, anche perché queste cose le conosco. Ero appena stato eletto rettore dell’Università di Udine nel ’92 quando insieme alla Regione, insieme al Consorzio Universitario, insieme alla provincia di Udine di allora, abbiamo svolto una grande azione per far riconoscere una delimitazione delle aree, oggetto di interventi europei, che non riguardassero le province, ma riguardassero i comuni, perché sapevamo benissimo che il reddito medio della provincia di Udine era elevato, ma nascondeva molte differenze. Abbiamo fatto emergere queste differenze, abbiamo misurato i parametri, comune per comune, ed abbiamo dimostrato a Bruxelles che le aree vanno divise, vanno delimitate per comune. Così sono arrivati gli interventi per il così detto 5b, per le zone rurali e svantaggiate, e così sarà per l’obiettivo 2. Quindi in questo modo le condizioni svantaggiate della Carnia, Canal del Ferro, e qualche area del Gemonese sono emerse con estrema chiarezza e quindi le risorse , arriveranno. Dipenderà dalla politica intelligente della regione soprattutto, ma anche dall’impulso, dal contributo della provincia e dei comuni per individuare e delimitare bene le aree che hanno bisogno di interventi in modo che non piova sul bagnato. Quale è stata la sua posizione in passato perché in un documento che ci presenta il Comitato della provincia è scritto, oltre a tutti quelli che hanno dato adesione compreso Enzo Tondo, “ …persino l’attuale presidente della provincia di Udine Marzio Strassoldo ha firmato questa prima richiesta. Ora non penso, anzi non riesco ad immaginare che lei sia incoerente, ma ci dica, hanno travisato il suo pensiero o inizialmente aveva un’altra visione di questa provincia. (In friulano nell’intervista)Ecco, io ho molti difetti. Uno difetto è quello di essere coerente. Allora devo dire che questo non è una cosa vera. Ho partecipato al Comitato per l’assemblea delle provincie friulane e 5 o 6 anni fa. Il Comitato dove prevedeva anche la provincia, una provincia della montagna. Però prevedeva prima di tutto la realizzazione di una comunità friulana, di una entità istituzionale che potesse fare la distinzione fra quello che è il Friuli e quello che è Trieste. Ho sempre detto che se si fa una sovraprovincia friulana, o una sottoregione friulana, dentro si può anche dividersi tranquillamente, perché quello che ha forza è il Friuli. Ho detto, faccio un esempio, io che sono della diocesi di Gorizia, abito vicino Aquileia, in un Friuli unito, forte, Cervignano poteva andare anche sotto Gorizia senza problemi. Su questa cosa mi sono detto d’accordo. Io non ho firmato alcuna scheda. Anzi dopo che ho detto queste cosa a voce, mi sono meravigliato che nessuno del comitato abbia avuto il coraggio di venire a domandare la firma. Io per la quinta provincia non ho firmato. Se si dovesse riuscire a fare una provincia autonoma di Trieste ed una provincia autonoma del Friuli, una sovraprovincia che metta insieme tutte le province friulane, allora anche la provincia della Carnia potrebbe non dare fastidio, anzi potrebbe essere opportuna, ma dopo quella del Friuli. Lei si trova d’accordo con quanti affermano che la provincia
della montagna si rivelerà come un nuovo carrozzone, una nuova occasione
di sperperi di moltiplicazione dei costi, senza autonomia e risorse incerte? Che cioè questa provincia potrebbe
essere una jattura, una disgrazia per la Carnia Quando si costruisce una nuova istituzione bisogna assumere impiegati bisogna cercare sedi, bisogna pagare gettoni di presenza, indennità agli amministratori. Senza dubbio ci sarà un aggravio di costi per un territorio che è certamente esteso dal punto di vista della superficie, ma è molto ristretto dal punto di vista della popolazione. D’altra parte le funzioni della provincia, per quanto non ancora chiarite dalla proposta referendaria, richiedono degli uffici, un apparato amministrativo, quindi risorse e dato che comunque queste vengono o dal gettito di certi tributi, o da trasferimenti regionali, bisogna che qualcuno si accolli il costo di questo nuovo apparato amministrativo. Avremo quindi un ulteriore apparato che a livello dell’intera provincia di Udine 420 mila abitanti, regge bene, se duplicato, ristretto su dimensioni molto più modeste, senza dubbio avrà difficoltà a reggere. La provincia di Udine ha cercato di concentrare a Tolmezzo, in maniera che ci sia una vicinanza tra sindaci comuni associazioni istituzioni, l’ufficio della provincia di Udine. Credo che questa è la via, l’altra via è quella di rinforzare le comunità montane che adesso riprendono il loro nome, se dio vuole. Rinforzare le comunità montane che sono non nominate da Trieste o da Udine, ma che sono composte proprio dai sindaci che sono eletti direttamente dalla gente Carnica. Quindi rinforzare, da una parte, le comunità montane che qualcuno dice che non hanno funzionato bene, però sono governate dai carnici, non da altr: il presidente del comprensorio della comunità lo nominate voi, con i vostri sindaci, compreso il sindaco di qua, dall’altra, vogliamo rafforzare la direzione provinciale della montagna, che è retta anche questa dall’assessore carnico alla montagna con cui collaborano i consiglieri carnici eletti nei collegi carnici. D’ora in poi per le manutenzioni ordinarie, straordinarie, gli interventi quotidiani minuti verranno svolti nella sede qui vicino, non occorrerà andare a Udine ma a Tormezzo. Nonostante si siano occupati di montagna numerosi enti (sembra ve ne siano una trentina) a partire dalle Comunità montane, ora comprensori, ai vari consorzi boschivi o imbriferi, Promotur, Carnia Leader, Agemont, Direzioni forestali e agricole, la montagna non è scrodata, anzi sci è incretade simpri di plui, questi enti non sono riusciti nonostante i soldi investiti a cambiare quasi nulla? Come pensa che si possa uscire da questa situazione di stallo? Anche lei è convinto come la chiesa udinese che “vivere in montagna si può”, ma in che condizioni (in friulano nell’intervista)Intanto io credo che si può vivere in montagna se si riesce a fare una svolta culturale e a convincersi che in montagna si può vivere e si può vivere bene. C’è’ stata crisi 30-40-50 forse 100 anni fa, quando il modello economico della montagna è saltato. L’allevamento, le malghe, la forestazione sono andate in crisi. Oggi credo ci sia la possibilità di rivivere di nuovo in montagna, ma si deve prendere coscienza e rompere un modello urbano che spinge i giovani le donne o tanti ad andare a Udine per trovare chissà cosa? Invece può vivere benissimo qui. Il vostro esempio si vede. C’è una bellissima galleria di arte moderna qui a Treppo e tante cose interessanti in Carnia. C’è un problema soprattutto di rivoluzione, di impostazione culturale, si deve trovare il gusto e capire l’importanza di continuare a vivere in un ambiente che è bellissimo. Meglio qui che in qualche condominio di Udine sapete, tanto meglio! Voi direte: è facile per te che sei della bassa! Io ho scelto di vivere in un piccolo paese non di andare in un condominio a Cervignano o a Udine. Ci sarà qualche seccatura. Ci sarà mezzora di macchina ogni giorno per andare al lavoro. In una piccola comunità ci sono valori che non si trovano nelle grandi città. In più voi avete un ambiente bellissimo e tradizioni importanti. Il friulano antico che si è conservato e che si deve mantenere. Insomma avete tante possibilità che forse altre realtà della provincia non hanno. Questo è da credere soprattutto. Se nella bassa avessero tanto bosco come una volta di proprietà comunale avrebbero anche loro un consorzio dei boschi della bassa friulana o dell’aquileiese, come voi avete il consorzio dei boschi carnici. L’Agemont, una agenzia che abbiamo consigliato noi. Ero allora all’università quando abbiamo deciso di fare una finanziaria per favorire lo sviluppo delle attività produttive in montagna e non solo delle montagne della Carnia. E stata fatta una legge regionale , ha risorse che vengono dalla regione. E’ una realtà che una provincia non può finanziare I consorzi industriali, sono una realtà importante come l’Ausa Corno come la Ziu. Non sono cose che si possono distruggere, continueranno. Il problema è di coordinare in un disegno di sviluppo serio. Vorrei vedere io se la regione invece di fare cose che non sa fare, che fa male, perché sono pensate a Trieste desse le competenze sulle risorse sulle politiche della montagna alle due province che hanno la montagna, Udine da una parte e Pordenone dall’altra, come cabierebbero le cose! Io credo che tanti sbagli non sarebbero stati fatti. Perché la provincia ha i suoi consigli provinciali, ha i suoi assessori alla montagna che hanno un contatto continuo coi sindaci della montagna. Anche quegli enti che si occupano di settori specifici e che continueranno a vivere, non si può pensare di eliminarli, potrebbero con la provincia essere meglio sfruttati. Come pensa possa trovar soddisfazione questo atavico sogno dei montanari di gestirsi autonomamente, questo forte desiderio di rivendicare gli antichi privilegi goduti con i Patriarchi e con la repubblica di Venezia? Ecco tutto il problema sta qua. Non tutto il problema, ma un grande problema sta qua. I patriarchi di Aquileia qui hanno impedito tranne, qualche presenza, che arrivasse la feudalità quella dura. Ha dato sempre grandi privilegi grandi elementi di autonomia alle vallate ai canali ai 4 canali, VUART, S. PIETRO, DINCJAROI,TALIMENT e grande autonomia e che poi Venezia ha riconfermato. Si trattava di difendere i confini, si trattava di garantire uno sfruttamento attento delle risorse forestali e quindi grande autonomia. Qui si capisce che i Carnici hanno questo senso forte di autonomia di autogoverno. Credo che queste cose vanno valorizzare potenziate fortemente. Penso alla gloriosa comunità carnica ancora di Gortani, di cui da ragazzo ho letto certi volumi e e le analisi anche molto attente della realtà montane: erano già scritte 30 anni fa tutte queste cose che diciamo noi oggi! Bisogna valorizzare l’autonomia della montagna senza dubbio, senza creare però nuove istituzioni, rafforzando e finalizzando meglio quelle che ci sono. Non per fare un discorso di consolazione, ma perché voi avete in mano molte leve del vostro sviluppo attraverso i sindaci attraverso le istruzioni attraverso le associazioni. Noi intendiamo sotto questo profilo ancora più decentrare le nostre funzioni in maniera che siano i consiglieri provinciali della montagna, i consiglieri che voi avete eletto e avete mandato a palazzo Belgrado a Udine, e che hanno uno stretto contatto con la vostra comunità, ad occuparsi del territorio. Per questo abbiamo eletto presidente del consiglio provinciale, un carnico il sindaco di Rigolato, d’Andrea, per questo abbiamo scelto Caroli, come assessore della montagna, che è di Arta e poi abbiamo il vicepresidente Carlantoni che è di Tarvisio e quindi c’è una presenza forte della montagna all’interno della Provincia di Udine ed i risultati si vedono. E’ meglio che non raccontiamo ai nostri concittadini della pianura o della collina quante risorse, quanti investimenti vengono fatti per la montagna! La ringrazio di essere venuto fin quassù a rispondere alle nostre perplessità. Comunque andranno le cose lei resterà ancora per più di qualche mese il presidente anche dei montanari. Anche a loro nome le auguro di trovare soluzioni appropriate per i problemi della montagna e la soddisfazione di riuscire a realizzarle. Ringrazio. Ricordo che appunto
l’attuale amministrazione
provinciale è stata eletta da tutti i friulani, dal mare fino alla Carnia, fino
a Tarvisio. Ci sentiamo di rappresentare gli interessi, gli interessi profondi
di tutta questa comunità e in
particolare di questa bellissima comunità del canale di S. Pietro che voi
contribuite a far vivere anche con questa televisione. Intervista di Marino Plazzotta Trasmessa da Video Telecarnia LA PROVINCIA DELLA SPERANZA (int. 17) Negli ultimi mesi, come collaboratore di Video Tele Carnia, ho intervistato decine di persone sul referendum e sulla Provincia dell’Alto Friuli. Ho letto anche diversi interventi sulla stampa ed ho seguito tavole rotonde con o senza il governatore Illy, con o senza il presidente Strassoldo. Ho intervistato entrambi ed ho pubblicato le loro risposte sul sito www.cjargne.it, che da anni segue i problemi della Carnia. La conoscenza delle ragioni del sì e quelle del no, mi suggeriscono alcune considerazioni. Ho notato che gli oppositori alla provincia sono quasi tutti personaggi politici che, in qualche modo, hanno un collegamento più o meno diretto con il capoluogo Udine o specifici interessi del proprio comune. In un certo senso è ovvio che quanti sono legati alla Provincia attuale oltre al Presidente ed al Vicepresidente di Tarvisio, l’assessore allo sviluppo della montagna, di Cedarchis, o i sindaci di comuni come Forgaria, Gemona, Montenars, Artegna, marginalmente interessati al territorio montano, si siano dichiarati sfavorevoli all’istituzione di un nuovo ente. Fra i sostenitori del no mi è comunque sembrato di rilevare un diffuso pessimismo circa la serietà e le buone intenzioni dei montanari. Perfino l’on. Fontanini che, sebbene la Lega, sia nel congresso provinciale sia per bocca del suo segretario Bertolutti , si fosse pronunciata a favore del referendum e della Provincia, è intervenuto sul MV con un articolo in cui esprime principi astratti, che vanno bene ad ogni latitudine, e sciorinando una serie di consigli che la dicono lunga sulla sua sfiducia nei montanari. In sintesi sembrerebbe, ai contrari, che a muovere i sostenitori del sì, ci siano se non interessi di bottega una incomprensibile smania di creare un nuovo ente inutile ed una sadica intenzione di danneggiare il Friuli, con una chiara intenzione di dividerlo. Nemmeno gli passa per la testa che questa possa rappresentare una opportunità per la montagna, anzi senza mezzi termini viene definita una iattura.Si aggiunge inoltre che i montanari sarebbero incapaci di gestire un ente sia pure con limitati poteri. Quali indizi di questa latente incapacità si adduce, in ogni occasione, l’esempio della attuale Comunità Montana, gestita con una rissosità che non trova riscontri nella storia passata. Poi, con una buona dose di ironia, si aggiunge: “avete avuto dalla vostra: il presidente del consiglio regionale MARTINI, il presidente della giunta regionale TONDO, il presidente del consiglio provinciale D’ANDREA, il presidente dell’unione artigiani FALESCHINI, l’arcivescovo BROLLO, il presidente dei commercianti DA POZZO, e con quali risultati? Sembrerebbe che la conclusione a cui vorrebbero arrivare i sostenitori dello statu quo , che pur dichiarano di “voler bene” alla montagna, sia la seguente: si faccia qualsiasi cosa, purchè non una provincia; è meglio per tutti. Costoro hanno individuato con invidiabile certezza come realizzare il “bene comune” per i montanari. Meraviglia e stupisce che nessuno si chieda , come mai il governatore Illy a questa provincia ci creda al punto da averla inserita sia nel suo programma elettorale che nel discorso programmatico: “Intendiamo istituire previo referendum la Provincia dell’alto Friuli. Un soggetto istituzionale che, in un quadro di autogoverno, potrà svolgere una regia in tema di integrazione e di servizi di area vasta, programmando e coordinando le politiche regionali a favore di questi territori”. Per contro i sostenitori del sì esibiscono un inusitato, almeno per i Carnici, ottimismo. Spiegano costi e conti, documentano il diritto alla provincia, sorvolano sul pericolo di appesantimenti burocratici, di possibili nuovi “carrozzoni”. Sono convinti di non voler perdere una occasione fin poco tempo fa impensabile: quella di permettere ai montanari di essere riconoscibili ed individuabili su un territorio che, da sempre, è stato un punto di riferimento, anche quando, “nell’indifferenza della Nazione”, si trovavano ad elargire ingegno in tutto il mondo. Ho potuto constatare che se i primi, i contrari, parlano seguendo logiche politiche, questi parlano con il cuore e sono sospinti da vecchi ideali ed aspirazioni di pura autonomia, direttamente forniti dalla plurimillenaria storia della Carnia. Sono convinti di combattere non per vincere una gara politica, ma per difendere “la piccola patria” che sentono di stare perdendo definitivamente. Sanno che molte cose sono ancora indefinite, incerte, poco chiare, ma sognano e si sa che nei sogni c’è la speranza e nella speranza il coraggio. Sono mossi da una fiducia negli uomini e nel futuro che dovrebbe bastare a vincere le varie opposizioni se quella arcaica “ cunvinzion” di pensare che, dopo il sole viene di sicuro la pioggia, non avrà il sopravvento. Certo che contrapporre ad una provincia burocratica una provincia dell’ottimismo e della speranza potrebbe sembrare fuori luogo, soprattutto se a vincere sarà un sì risicato. MarinoPlazzotta Treppo Carnico (26.02.04) NUMERI CHE GIA’ DIVIDONO senza che
alcuno si sia mai posto il problema (int.18) Dopo la diffusione capillare, da parte della Amministrazione
Provinciale di Udine, del deprecabile libello-truffa propagandistico GUIDA AL
REFERENDUM (di cui abbiamo già dato conto), vogliamo pacatemente rendere note
altre considerazioni ed altre cifre. In ogni Stato e ad ogni latitudine, la Montagna costituisce
da sempre un territorio che presenta dei problemi particolari e che richiede
quindi delle soluzioni particolari. Nello
stato italiano, tutte le grandi regioni del Nord, che comprendono un complesso
territorio rappresentato da pianura, collina e montagna, riconoscono da sempre
una Provincia della Montagna. Ricordiamo
ad esempio Cuneo, Sondrio e Belluno che sono le province della Montagna
rispettivamente di Piemonte, Lombardia e Veneto. Recentissimamente poi in Piemonte è nata anche la
provincia di Cusio-Ossola-Verbano, che conta 77 comuni, la
maggioranza dei quali non supera i 500 abitanti. Questa neonata provincia, di
cui solo pochissimi sono a conoscenza, è stata istituita sottraendo dalla
provincia di Novara gran parte della zona collinare e tutta la zona montana a
nord di Omegna, così che questa provincia rappresenta oggi in Italia la
provincia della Montagna per eccellenza. Solamente
la regione FVG non ha ancora la sua Provincia della Montagna, poiché la
grandissima parte della Montagna friulana (oltre il 52 %) fa tuttora parte della
Provincia di Udine che si estende dalle Alpi al mare, mentre un buon 35 % è
inglobato in quella di Pordenone. Il restante 13% è appannaggio delle province
di GO e TS, dove peraltro i cospicui privilegi economici e fiscali
tutelano efficacemente quelle zone ancora classificate montagnose (anche se in realtà non
lo sono affatto!). Diciamo
subito la verità: la montagna friulana (ma soprattutto la Carnia) non è mai stata tutelata in
alcun modo. E per Carnia non intendiamo affatto riferirci solo a Tolmezzo,
divenuto una testa troppo grande per un territorio troppo spopolato; nè ci
riferiamo ad Amaro o a Villa Santina o a Cavazzo, la cui vicinanza alle grandi
vie di comunicazione facilita gli insediamenti e l’occupazione. Per
Carnia occorre intendere quella vera, la Carnia delle Valli: Ligosullo, Paularo,
Forni Avoltri, Rigolato, Forni di Sopra ecc. Questa
è la VERA CARNIA che ha la estrema ed urgente necessità di una REALE E
SPECIALE AUTONOMIA AMMINISTRATIVA, sul tipo della provincia autonoma di TN, dove
il buon De Gasperi (requie), trentino e democristiano, ha saputo conciliare
brillantemente le richieste dei trentini con le esigenze dello Stato italiano, a
tutto favore dei trentini che oggi godono di una eccezionale autonomia
sconosciuta in altre parti d’Italia. Purtroppo
noi non abbiamo mai avuto un De Gasperi, ma neppure un Andreotti e nemmeno un
Evangelisti a tutelarci. Il Friuli e la Carnia in tutti questi decenni sono
stati rappresentati solo da obbedienti Yes-men, uniformemente distribuiti
nei vari partiti, alle cui direttive udinesi sono stati sempre devotamente ligi
e con il cappello in mano, come si conviene ai sotans. Oggi
la Carnia, quella vera e moribonda della Valli ma anche quella che si crede
miracolosamente salvata dal declino (=Tolmezzo e suo interland), ha l’assoluta
urgenza e necessità di una tale autonomia amministrativa, in grado di gestire
in loco le proprie finanze. Abbiamo già avuto modo di riflettere su alcuni argomenti
pregnanti (indicanti una assoluta urgenza di visibilizzazione della
Carnia) che si rifanno sostanzialmente al REDDITO pro capite dei 28 comuni
carnici. A questo proposito occorre solo aggiungere che quando le pensioni dalla
Francia, dalla Svizzera, dalla Germania, dal Lussemburgo, prezioso sigillo di
una durissima emigrazione, non arriveranno più nei nostri piccoli paesi,
perché i percettori saranno deceduti, allora il reddito dei nostri paesi
precipiterà a valori calabresi. Queste
realtà, così complesse e tragiche, non giungono a livello europeo perché le
regole europee considerano solo la
Provincia nella sua globalità e non una
parte di essa. Fintanto
che la Carnia sarà “UNA” parte della provincia di Udine, queste realtà non
emergeranno e non giungeranno a Bruxelles. Una
Amministrazione Provinciale Unica, come la attuale, non porta ad un
riequilibrio interno sociale ed economico, ma accentua e nasconde vieppiù le
differenze, che sono già drammatiche, anche se per ora colpevolmente
ignorate dalla stragrande maggioranza di chi vive in montagna. Ma andiamo ancora
un po’ avanti e analizziamo altri dati interessanti: REDDITO PRO CAPITE DEI
28 COMUNI CARNICI Inferiore del 18% rispetto alla restante
provincia di Udine Inferiore del 20% rispetto alla provincia di PN Inferiore del 34% rispetto alla provincia di GO Inferiore del 48% rispetto alla provincia di TS Se
poi disaggreghiamo il dato di Tolmezzo-città dalla Carnia vera delle Valli, il
divario appare allora incolmabile con Paluzza, Ligosullo, Forni Avoltri,
Rigolato e Paularo in caduta verticale. Volendo mantenere la Carnia aggregata
alla Provincia di Udine, questi dati, tragicamente eloquenti, non verranno mai
resi pubblici ma saranno risucchiati e
diluiti all’interno della grande provincia di Udine e della regione FVG,
statisticamente ritenuta tra le più ricche d’Italia. Ma andiamo avanti
ancora:
Prodotto Interno Lordo della Carnia 1981 era del 2%
superiore alla media CEE 1991 era del 10%
inferiore alla media CEE 1997 era del 13%
inferiore alla media CEE Da
questi numeri appare chiaro il netto declino della produttività delle aziende
della Carnia, la quale si pone tra le zone più emarginate della CEE. Certamente
alla pari delle regioni meridionali dell’Italia, dove però è fiorentissimo
il LAVORO NERO, pressoché sconosciuto qui da noi, e che genera
occupazione e ricchezza senza che queste appaiano però nelle statistiche
ufficiali, che tengono conto solo dei dati visibili. Vediamo ancora : TASSO DI DISOCCUPAZIONE IN CARNIA REGIONE FVG 1999:
6,5 % CARNIA
1999: 10,5 % Anche
questa tabella indica che la disoccupazione in Carnia è maggiore del 50%
rispetto alla restante regione FVG. Questo 10,5% di disoccupati è un dato
reale, non certamente surrettiziamente gonfiato come in altre regioni italiane.
Abbiamo cioè oltre 4000 VERI DISOCCUPATI in Carnia, per i quali non esiste
neppure il lavoro nero, come altrove. Ancora
RAPPORTO ABITANTI /DISOCCUPATI 1995
abitanti
disoccupati
Anche
qui appare il dato eclatante della provincia di Udine, dove sono nascosti i disoccupati carnici che
fanno lievitare la disoccupazione della Provincia ben oltre la media regionale
(non abbiamo dati più recenti, purtroppo: invitiamo chi li possiede a
pubblicarli). Occupiamoci
infine di come viene sostenuto il CREDITO
AGEVOLATO nella nostra Regione, analizzando le zone omogenee di intervento. Ricordiamo
che l’INTENSITA’ DELL’AIUTO AGEVOLATO viene espressa in ESL (cioè in Equivalenti Sovvenzioni Lorde): AREA OBIETTIVO 2 (TS, GO,
Porto Nogaro) piccole imprese 42 % Esl medie imprese 32 % Esl grandi imprese 21 % Esl AREA OBIETTIVO 5 B (CARNIA e
montagna friulana) piccole imprese 20 % Esl medie imprese 7,5% Esl grandi imprese 0 Esl AREA PIANURA FRIULANA piccole imprese 15 % Esl medie imprese 7,5% Esl grandi imprese 0 Esl Come
si vede, per un qualsiasi imprenditore che debba individuare la zona dove
collocare la propria impresa, esiste una sola scelta a lui favorevole da
compiere: prima TS e GO, poi la pianura e infine, se proprio proprio è un
irrecuperabile disperato, la Carnia, DOVE IL CREDITO AGEVOLATO è pressoché
analogo alla pianura e assai inferiore a quello di TS e GO! E
questi criteri creditizi non li hanno certamente inventati marziani, ma i nostri
rappresentanti politici del recente passato. E’
chiaro che questo sistema non porta ad un riequilibrio interno sociale ed
economico, ma accentua vieppiù le differenze, che sono già drammatiche, anche
se per ora colpevolmente ignorate dalla stragrande maggioranza di chi vive in
montagna ed oggi volutamente distorte da coloro che, pur essendo carnici,
ostacolano, con motivazioni assurdamente capziose, la nascita di questo Ente. Fino
a quando è possibile dunque “tollerare, in una regione così piccola come
la nostra, differenze di reddito del 50 %, senza che il fermento diventi
rabbia?” Cos’ha
fatto finora la materna e solerte Provincia di Udine per rimediare a queste
vistose incongruenze all’interno del proprio territorio? Non per nulla 38
dei 43 consigli comunali, chiamati il 21 marzo al referendum, hanno già
deliberato lo scorso anno a favore della Provincia della Montagna. Se oggi
qualche sindaco fa retromarcia, significa solo che ha altro da tutelare. MF & AE DIVISI DALLE MONTAGNE, UNITI DAI PROBLEMI (int. 19) A proposito dei problemi della montagna e della Carnia. La madre patria dei friulani è la Carnia. Tito Livio scrisse che Aquileia sorgeva nella Carnorum regio. La Carnia esisteva già nella protostoria. Certamente in Carnia esistono tanti e molteplici problemi vecchi e nuovi che, a dire la verità, sono comuni e facilmente identificabili in tutti i popoli della montagna, vale a dire in tutta la gente dei paesi di montagna e nei montanari che vengono condizionati, inevitabilmente, dalle tante problematiche ambientali e territoriali esistenti, come ad es. lavoro, spopolamento, smottamenti idrogeologici, abbandono dell’agricoltura, turismo estivo ed invernale e via dicendo.
Già dal titolo di questo scritto si evince che tutti i montanari
risultano talmente segmentati che sembrerebbe difficile pensarli uniti, ma che
anche per loro, a ben vedere, esiste un comune denominatore, cioè: “Divisi
dalle montagne uniti dai problemi”. Infatti, le valli dividono ed i problemi accomunano. Chi non intravvede il comune denominatore o è volutamente cieco o è interessato a non volerlo rilevare. Perciò farebbero bene i Carnici, tramite i loro rappresentanti, a mettere l’accento sui motivi che uniscono, anziché su quelli che dividono, senza lasciarsi coinvolgere in discussioni inutili ed interessate, molto spesso provocatoriamente promosse dagli “agit-propt “di partito spinti dall’intento di attuare il vecchio motto latino “Divide et Impera”. A tal proposito viene in mente, la storia del Pifferaio magico che ha liberato un intero paese dai roditori, forse anche per la montagna ce ne vorrà uno per liberarla dai tanti imbonitori di turno. Per approfondire le problematiche nostrane, è sufficiente soffermarsi sul fatto che il popolo Carnico è sempre stato considerato un tenace lavoratore, restio nell’esprimersi, schivo e a volte duro nel socializzare, a causa delle sue particolari note caratteriali dovute, molto probabilmente, all’asprezza e alla natura del territorio in cui egli vive che lo prova quotidianamente nella resistenza. Per questo, sembra necessario ed opportuno ribadire il concetto che il Popolo Carnico non è per niente diverso da tutta la restante gente della montagna italiana, tanto per restare in Italia, e questo lo ha dimostrato in diverse occasioni, sia nel campo della cultura (come qualcuno ha affermato che i veneziani dicono che la Carnia è ricca perché i carnici hanno un’intelligenza in più e che il doge affermava: “che se i carnici lo potessero, diventerebbero tutti dottori”) che nel lavoro (es. come nella ricostruzione dei paesi dopo il terremoto dell’anno 1976) Molti hanno scritto che i carnici sono soliti piangersi addosso, ma ciò non corrisponde a verità, perché questi pensieri sono esternati da soggetti che non hanno mai abitato in montagna o che l’hanno tradita per migliori lidi, per ritornarvi magari a trascorrervi le ferie o la settimana bianca con parenti ed amici, infischiandosene dei problemi che affliggono la montagna e i montanari. Infatti, molti anni fa nel corso di un convegno svoltosi a Udine, qualcuno ha affermato che il Carnico che vive in Carnia “ha un passo di vita” diverso da chi abita e lavora altrove, ritmi e filosofie differenti. Inoltre si diceva che la Carnia aveva guadagnato in visibilità con la nomina di Antonio MARTINI a Presidente del Consiglio Regionale, Pietro BROLLO a Vescovo della diocesi di Udine ed infine Renzo TONDO a Presidente della Giunta Regionale del Friuli - Venezia Giulia. Sarà stato vero…? Personalmente ho sempre nutrito poca fiducia. Il buongiorno si vede dal mattino. Infatti già qualcuno ha messo le mani avanti, ostentando grande disonestà intellettuale, lasciando presagire che se il corso degli avvenimenti futuri non volgeranno a favore della Carnia, sarà colpa solo dei carnici. Vale a dire concepire una delega alla rovescia. Intanto i giovani dell’Alta Valle del But continuano ad andare a cercare lavoro in Austria a Mauthen, attraverso il Valico di Monte Croce Carnico in ogni periodo dell’anno, con il buono e cattivo tempo, nonostante le condizioni disastrate della strada statale 52-bis. Tenendo presente quanto
detto, è difficile impostare anche il discorso dell’autonomia della Carnia,
richiesta, guarda caso, anche nei confronti dei Carnici che vivono fuori della
Carnia. Un complesso problema di mentalità che si riuscirà a superare solo
camminando tutti insieme sulla strada che la stessa Carnia sceglierà. In questo
senso è opportuno creare un preciso punto di riferimento, che oggi manca. Quel
che è certo è che occorre un punto di riferimento credibile per i Carnici, la
provincia della montagna, come ha fatto Bruxelles che ha creato prima l’euro,
per generare l’idea dell’unione, poi l’Europa degli stati che si
riconoscono in essa, potranno unirsi politicamente per consolidare quanto
sancito con l’introduzione di una moneta unica. Nel nostro caso, per concludere, un’efficace equazione ci da un’idea più concreta, e cioè “La provincia sta alla montagna come l’euro sta all’Europa”. Infine, con l’istituzione della provincia della montagna, si da finalmente un’identità ad un popolo che ha diritto di essere fabbro del proprio avvenire. 03.12.2003 Mario Flora
Un “sì” grande come le montagne (int. 20) Siamo giunti alla vigilia di quell’appuntamento tanto atteso e deprecato che è il referendum per la provincia della montagna o, con un termine artificiale ed insignificante, “dell’Alto Friuli”. Avrei preferito si chiamasse “provincia della Carnia”, intendendo la regione culla dei “carnici” o “galli carnici”, ma non si può escludere la vasta parte del territorio montano che da Tarvisio scende al Canin, passa per le montagne della Val Torre e termina nella fascia forse più penalizzata, le Valli del Natisone. Senza mettere in conto la fascia montana e pedemontana del Friuli occidentale, separata amministrativamente ma unita negli stessi problemi. Problemi grandi come la montagne e , come loro, eterni. Solo che, nello sviluppo accelerato ed incontrollato di questa seconda metà di secolo, i paesi di montagna sono stati i più penalizzati, i più sacrificati, i più traditi, al punto che si può con tutta tranquillità parlare di genocidio e di etnocidio. Siamo dunque a livello di criminalità di scelte e di responsabilità enormi da parte di coloro che non hanno saputo o voluto spartire i vantaggi con tutto il territorio, come si spartivano gli svantaggi, le tasse, le conseguenze. La montagna ha pagato come tutti e più di tutti senza ricevere nulla, al di là di qualche provvidenza, soldi dati più per chiudere la bocca ed accontentare qualche cliente importante che per avviare un processo di sviluppo e di risanamento. Giustizia, onestà, sensibilità coscienza, saggezza e carità cristiana esigono che si debba intervenire con più forza e determinazione là dove più urgente è il bisogno. La giustizia distributiva non dice di trattare tutti alla stessa maniera, soprattutto quando non si è in condizioni di parità, ma di dare di più a chi ha meno e di partire dagli ultimi, dal momento che i primi si sono già arrangiati. Dunque la montagna è diventata la questione primaria, irrinunciabile e qualificante o squalificante per qualunque amministrazione degna di questo nome. Salvare la montagna, usando tutto quanto si po’ mettere in cantiere con le possibilità economiche e giuridiche, è diventato un imperativo morale. Non siamo più nel facoltativo, nell’optional, perché troppo grandi sono i problemi della montagna e troppi i debiti che la comunità regionale ha accumulato nei confronti di questa parte splendida e sfortunata del nostro territorio. Usare tutto ciò che si può significa battere qualunque strada, tentare qualunque iniziativa, trovare qualunque alchimia che ci aiuti a risolvere una questione tanto ingarbugliata ed urgente, senza nulla scartare. La provincia della montagna entra in questo contesto. Non perdiamo tempo a ribattere le ragioni a favore, che sono evidenti, e le obiezioni, che sono pretestuose. Fedeli alla nostra filosofia di fondo dell’autonomia, diciamo che ogni decentramento che spartisca le responsabilità e chiami i diretti interessati a gestire in prima persona le loro problematiche va guardato con simpatia, perché non si ha mai troppa autonomia e senza autonomia non c’è nemmeno dignità. Dunque la popolazione delle nostre montagne ha diritto di essere chiamata in prima persona a decidere del proprio riscatto. Il referendum, anche se inflazionato e squalificato a causa delle iniziative demenziali di certe formazioni politiche, resta un sistema valido. Lo prova la Svizzera, con la sua tradizione secolare. A quanti vanno blaterando che le province sono enti inutili e superati, rispondiamo che possono aver regione. Ma perché allora in Italia ci si affretta a crearne di nuove? Dobbiamo essere proprio noi le vestali della Patria? Se la provincia è inutile, incominciamo a togliere la più inutile, quella di Trieste, che non ha proprio alcuna ragione di esistere. Anche quando si trattava di istituire l’università, molti sostenevano che l’università creava disoccupazione. Ed intanto ogni angolo d’Italia si ritrovava con la sua facoltà. “La provincia è uno spreco di soldi ed un pozzo senza fondo di burocrazia”. Questo vale per tutte. Se la nuova amministrazione non saprà salvarsi dalle sabbie mobili della burocrazia, peggio per lei. Ma è giusto provare. E’ giusto tentare anche una strada nuova ed accettare questa sfida. E’ ovvio che un’amministrazione provinciale non può risolvere tutti i problemi accumulati ed aggravati in questi ultimi anni. Non è “la soluzione”, ma uno dei tanti mezzi di soluzione. Un tassello da aggiungere ad altri tasselli. Chi non ha nulla, non può permettersi il lusso di scartare tutto ciò che può aiutarlo ad andare avanti. E’ stato detto che la nuova provincia isolerebbe la montagna. Nulla di più falso. Perché la montagna è già isolata. Inoltre, essendo un soggetto giuridico, ha diritto a sedersi a parità di dignità con le altre realtà territoriali, sviluppando, proponendo e pretendendo una politica specifica. Altro è attendere l’elemosina, altro è essere lì a discutere a pieno titolo.Sul contenuto, sulla strutturazione, sul funzionamento del nuovo ente, che si spera arrivi in porto, si occuperanno coloro i quali saranno chiamati a gestirlo. Si spera e si auspica che abbiano saggezza, libertà, coraggio, onestà, competenza e grande amore per questa terra. Sulla questione del Gemonese non intendo entrare. Dico solo che Gemona non avrebbe nulla da perdere entrando nella nuova provincia, perché resterebbe sempre una parte determinante per popolazione, sviluppo industriale e competitività. Cosa non scontata se rimane con Udine, in concorrenza con altri insediamenti. E’ un suggerimento, non un comandamento. A conclusione di questa riflessione, non possono non esternare la mia perplessità nei confronti di un carnico che conosco da tanto tempo e che ha avuto la più alta responsabilità a livello regionale. Mi riferisco a Renzo Tondo, che avrebbe dovuto battersi come un leone per la propria terra, se non altro per furbizia, sapendo che il vento soffiava da quella parte. Ed invece usa il suo tempo e la sua esperienza per demonizzare ed ostacolare la nuova realtà. Cose turche! Che un triestino come Illy si spinga fino a Mione per proporre la provincia della Carnia ed un tolmezzino come Tondo faccia il diavolo a quattro contro, in cordata con altri “ex”, sono cose che vanno al di là di ogni immaginazione e decenza. Come non mi è piaciuta l’ostinazione del presidente della provincia di Udine Strassoldo contro la nuova entità. Essendo parte in causa, doveva starsene fuori, perché le sue parole difficilmente vengono prese come disinteressate.Siamo giunti al 21 marzo, giorno del referendum. Nel calendario inizia la primavera. Possiamo vedere la nuova provincia come il primo fiore della primavera, dopo un inverno così lungo, doloroso ed immeritato?. Antoni Beline (Tradotto dall’originale in friulano de “la Patrie dal Friùl” di marzo 2004)
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