STORIE AL CHIARO DI LUNA

divider.gif (415 bytes)

Paolo Agostinis ci regala questo piccolo scrigno di brevi ma intensi racconti, in larga parte autobiografici, che vanno a sfiorare varie tematiche, il cui filo rosso è costituito da un grande e profondo amore per la natura e gli animali. Oserei dire che questo libriccino di sole 98 pagine ad elevato peso specifico, rappresenta e canta il francescano elogio delle cose semplici e lascia trapelare una domanda esistenziale: a che serve affannarsi tanto nella vita?

Volendo analizzare queste dense pagine, occorre dire che si appalesa fin da subito la cifra letteraria dell'autore, una cifra per certi aspetti indecifrabile e sorge spontaneo un dubbio: si tratta di prosa o poesia? Come già sottolineato in precedenti suoi lavori, la prosa di Agostinis appare raffinata ma non ricercata, precisa ma non maniacale, musicale e mai stonata, poesia in purezza.

L'abbrivio è dato da una commovente poesia attribuita ad un corvo che troverà adeguato e completo disvelamento solo nell'ultimo racconto quando apparirà in tutto il suo piccolo dramma la breve vita di Cicco.

Ma cosa contiene questo piccolo compendio di umanità e sapienza insieme?

Quasi a riprendere il filo di un discorso avviato due anni fa, un vento magico soffiando in quota, dalla Germania spinge verso sud un palloncino "postale" che atterra fortuitamente presso la casa paterna di Sonia che, incredula, legge un biglietto di auguri nel giorno del proprio compleanno: solo una coincidenza...?
Tutto poi prende avvio da un villaggio africano nell'isola di Pemba (dove l'autore passava le ferie annuali ad assistere malati in un ospedale sgangherato). Qui la vita scorre sempre lenta e uguale nei secoli e poco è mutato: anche una cucciolata di gattini orfani rappresenta un evento ed il grande protettivo baobab sa ancora essere l'albero della vita...
Lo stupore per le cose semplici è la caratteristica del bambino venuto dalla luna, che sa apprezzare tutto ciò che lo circonda e ne viene ampiamente ripagato nella sua anima...
Non può mancare il reportage sulla tempesta Vaia che il 29 ottobre 2018 sconvolse anche la Carnia. Ma questo cataclisma viene raccontato e vissuto da un ragno che riesce a sopravvivere mentre alberi giganteschi e grossi animali soccombono e cadono (metafora della vita) e solo un violino riesce, sul campo di morte, a trarre dalla sua anima di abete rosso le giuste risonanze in ricordo delle migliaia di alberi caduti, come soldati al fronte...
In una grande nevicata nella valle si affronta, sempre con elevati toni poetici, l' inquietante problema del tempo, che viene interpretato da varie angolazioni (filosofica, fisica, religiosa, poetica...) ma l'autore alla fine ne offre una del tutto nuova e inedita (ed è forse quella vera): il tempo percepito e scandito dalla malattia...
Il cervo dalle corna d'oro, che viene investito nottetempo sulla strada della val Pesarina, è un apologo della bontà d'animo che vince la cattiveria violenta e gratuita...
Il gatto Amleto è un familiare dell'autore ed è un silenzioso insegnante di tolleranza e fedeltà... perchè tutti gli essere viventi sulla terra hanno diritto alla propria esistenza... E qui l'autore (a mio sommesso parere) esagera davvero quando scrive che persino il coronavirus avrebbe diritto alla sua esistenza ("... siamo davvero sicuri che la nostra vita abbia più valore o che un virus a corona non possa avere anche lui dignità di vivere come qualsiasi essere...? Il coronavirus forse non ha colpe nel senso che la polmonite che innesca e che uccide il nostro respiro dipende anche dalla nostra risposta rabbiosa, incontrollabile come è ormai il nostro carattere rabbioso e incontrollabile, come è la nostra indisposizione ad accogliere un forestiero - pag. 69). Eh no caro Paolo, qui non ti seguo. E non ti seguo neppure quando sostieni che gli animali in natura (in questo caso la cinciallegra) sono bravi e buoni e "non fanno male a nessuno" (pag 69), come se la cincia non si nutrisse (lei e i suoi piccoli) di altri animaletti più minuti e via giù giù nella scala animale. Purtroppo questa visione idilliaca, bucolica, disneyana della vita non è reale perchè nella realtà animale (e per certi aspetti anche in quella umana) è vero invece il contrario: mors tua vita mea. E chi (in soprappiù) frequenta l'Africa dovrebbe saperlo bene...
Essendo già stato citato il coronavirus, non può quindi mancare la epidemia Covid che ha morso a lungo anche la Carnia. E qui Agostinis riporta la sua drammatica esperienza nella Casa di Riposo di Paluzza, descrivendo l'ambiente rischioso, le persone indimenticabili, le problematiche giornaliere, gli stati d'animo molteplici, le profonde sofferenze che ha incontrato in quella struttura, che era diventata nella primavera 2020 il più grande Reparto Covid della provincia di Udine con il maggiore numero di vittime tra gli anziani. In questo capitolo la vena poetica viene quasi a mancare per lasciare il posto a riflessioni personali non sempre totalmente condivisibili.
Un corvo per amico fu Cicco, che venne salvato e curato con amore dagli umani ma che alla fine non riuscì a sopravvivere ai suoi malanni congeniti, nonostante le amorevoli e insistite cure: questo è l'ultimo racconto che chiude queste pagine preziose e originali.

Che dire al termine della lettura di questo coinvolgente libretto d'oro?
Nel ribadire i pregi tematici e letterari di queste pagine, mi sento di dire che alcune considerzioni personali dell'autore (che non erano assolutamente necessarie per l'economia di questo lavoro) hanno un po' disturbato il tranquillo scorrere di questa lieve narrazione, creando dei gorghi e dei riflussi che hanno increspato l'armonioso movimento della sua onda poetica.

 

==================================================================================

 

Caro Paolo,
complimenti, ancora una volta hai saputo emozionarci. “Storie al chiaro di luna” è un libro coinvolgente, come tutti i tuoi libri del resto, ricco di una spiccata sensibilità verso tutte le creature che risulta contagiosa: si finisce per simpatizzare perfino con i ragni e condividere apprensioni e sofferenze per ogni elemento della natura, che si presenta umanizzato e vitale come in un mondo di francescana memoria.  
Durante tutto il libro ho gustato le efficaci descrizioni impastate da sentimenti dal sapore naif che suscitano immagini rilassanti e vivide, quasi un ossigeno per la mente.

Ma c’è una considerazione o meglio una domanda che nel tuo testo appare retorica: il mondo non sarebbe forse migliore senza gli uomini?
No, non credo che il mondo sarebbe migliore senza gli uomini. Certo sarebbe “perfetto”, nel suo ordine naturale, crudele, ma incolpevole perché geneticamente programmato: il leone che sbrana l’antilope, il  gatto che gioca sadicamente con il topo ferito il quale tenta pervicacemente di sottrarsi al martirio, lo libera un attimo, lo illude ma lo riagguanta feroce. A volte ho cercato di liberare il povero topolino, anche se  rodeva le assi del mio pollaio per aprirsi un varco verso il granoturco. Forse il mio intervento era  inappropriato in quanto turbava l’ordine naturale?

No. L’uomo, da quando Eva ha colto la mela, il frutto della conoscenza del bene e del male, è l’essere del libero arbitrio, in grado di scegliere tra il bene ed il male, è l’essere consapevole delle sue azioni, che sbaglia e commette crimini ed errori a volte fatali, che forse mette in pericolo il mondo, ma anche lo costruisce, quasi partecipando alla creazione divina, ancora in corso.
E’ la differenza che passa tra un giardino abbandonato a sé stesso, sopraffatto dalle ortiche e dai rovi e un giardino curato dove l’ordine rispetta gli spazi dei fiori e dell’erba, di ogni cespuglio e di ogni albero che nutriti, dissetati e protetti dai parassiti germogliano, danno frutti e nuovi semi.

Il mondo “esiste” perché c’è un essere consapevole che lo ammira e lo celebra, lo canta, lo dipinge e lo racconta, studia le leggi che lo governano, ne conserva e tramanda il passato e immagina il futuro.
“ E Dio disse: L’uomo domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo...” e poi “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse".
Ecco l’uomo è una creatura privilegiata a cui è affidato il dominio sugli altri esseri viventi come sovrano saggio che custodisce e conserva. In natura vige la legge del più forte e la lotta per la sopravvivenza, che coinvolge anche l’uomo, ma che modulata dalla ragione può governare i fenomeni e migliorare gli effetti disordinati: non hai forse l’uomo addomesticato il cane ed il gatto e da te, grazie al tuo cibo, Amleto non ha imparato a lasciar stare gli uccellini?
Spesso non è affatto saggio, ma tra corsi e ricorsi storici, tra prove ed errori l’uomo potrà crescere in sapienza e vero progresso. Io vorrei avere fiducia nell’Uomo.

Ogni essere vivente è degno di rispetto, ma la natura non si occupa dei singoli, ma della specie, per cui ci sono esseri viventi che vengono generati in enorme quantità perché qualche individuo abbia possibilità di salvarsi e di prolungare la specie, mentre una massa verrà sterminata da altri animali che potranno sopravvivere grazie ad essi. Questa è la natura.
Invece l’uomo si occupa dei singoli, nel bene o nel male, perché ogni singolo conta. E’ vero, il coronavirus non ha colpe, ma come ogni nemico che ci minaccia in natura va annientato, e proprio tu lo sai quanto ti sei speso per salvare vite umane.
 In questa circostanza, in alcune situazioni i medici hanno dovuto scegliere chi salvare, e la scelta segue un criterio razionale, non naturale: il giovane rispetto al vecchio, chi ha più aspettativa di vita rispetto al terminale, è doloroso ma non c’è altra via se non quella di abbandonare entrambi a sé stessi e magari perdere tutti e due.
E’ vero che da questa esperienza con il covid l’uomo ha molto da imparare e forse, senza attribuire volontà vendicative agli animali, deve correggere molti comportamenti e molti errori nel rapporto con la natura, ma forse è ora di smetterla di attribuirgli tutti i mali dell’universo, ma di pensare che tutto questo, e anche di più, probabilmente succedeva anche quando l’uomo non c’era.
Oggi lui c’è ed è consapevole che deve combattere e vincere il covid per annientarlo come in una guerra senza prigionieri.

Infine ti ringrazio perché ci restituisci squarci di quel mondo dei paesi che sta scomparendo, dove i personaggi ruvidi e saggi ci fanno rimpiangere la vita semplice e genuina che il frastuono odierno ha cancellato. Forse è un mondo idilliaco che nascondeva anche molte crepe, alcolismo, sopraffazioni e violenze nascoste, ma che aveva una dimensione umana che sentiamo il bisogno di riscoprire e che dovremmo mediare con il progresso se non vogliamo soccombere alle nevrosi.

Grazie


Vera

==================================================================================

Ed ecco PENSIERI E PAROLE di Rossana, espressamente citata dall'autore a pagina 68 del libro:

... diciamo che la storia del baobab mi ha molto emozionata, amo il fascino delle isole pacifiche in senso geografico. Il baobab albero della vita che raccoglie e conserva l'acqua fonte di vita. Ospita bambini che cercano rifugio per giocare e poi dimora di una famiglia di gattini... molto bella davvero. Sono rimasta affascinata dal racconto sul villaggio africano sull'isola di Pemba innanzitutto perché da sempre amo la cultura africana fatta di povertà e semplicità, ma ricca di valori. La descrizione della natura viva e ricca di colori, i  tramonti rosso fuoco...
... Ognuno di noi deve cogliere la grande bellezza da cui è circondato e resistere alle avversità... perchè ognuno è unico e prezioso...
La malattia mette la maiuscola al tempo che diventa il Tempo... il tempo che ti rimane, il tempo che non devi sprecare, il tempo da rispettare e amare. La malattia diventa un dono perchè ci fa capire quanto prezioso sia il tempo...
'Sto libro me lo sento mio...
... in alcune frasi questo libro me lo sento cucito addosso, sento una lieve linea melanconica davvero perchè sembra dire: è inutile che vi affaniate chè la vita è breve e contano solo le cose semplici e l'amore per l'altro...
Siamo presi da questa vita che ci fa correre ma quando conosciamo la sofferenza, ci rendiamo conto che il tempo è tutto...
...il cervo dalle corna d'oro invece mi ha fatto  vergognare di essere un uomo, la ferocia con cui si scaglia contro l'animale è crudele sembra voglia reprimere la rabbia  e il mancato rispetto che spesso ha verso la natura e il prossimo, ma la natura non tarda a rispondere e ripagare con la stessa moneta...  
Una certa adrenalina mi è salita leggendo della casa di riposo di Paluzza perché mi sono sentita al mio lavoro, leggere degli enormi sacrifici fatti dal personale sanitario mi ha fatto sentire impotente perché non ho potuto dare una mano in questa pandemia, non che io fossi fondamentale ma il dovere chiama...
Avrei voluto essere con i miei colleghi in una tuta bianca che ti fa sudare con una visiera che si appanna quando parli, lo sguardo smarrito degli anziani soli che spesso sono lì non per loro scelta. Questo virus che  ci ha cambiato la vita alcuni dicono che ci ha resi migliori ma a me non sembra proprio, anzi la gente mi pare più incattivita di prima.
E poi Cicco il corvo strappalacrime che mi ha fatto emozionare; mi sento come Cicco che ha le ali bloccate anche se avrei voluto spaccare il mondo... incredibile come è forte l'amore di mamma corvo  che sembra urlare per chiedere aiuto. E l'essere umano che sa amare gli animali e prendersene cura come figli. Che di fronte alla morte sa piangere perché in fondo su questa terra siamo solo di passaggio e dobbiamo coglierne i frutti più belli.

 

 


Cjargne Online
1999-2005© - Associazione culturale Ciberterra - Responsabile Giorgio Plazzotta
I contenuti presenti in questo sito sono di proprietą degli autori - Tutti i diritti riservati - All rights reserved
Disclaimer