Intendiamo spalancare questo nuovo balcon L’ANGOLO VERDE per ospitare tutti i contributi (scritti e fotografici) relativi ai problemi AMBIENTALI che riguardano la Carnia. Chiunque è sensibilizzato su questo tema, potrà trovare qui lo spazio adeguato per esporre le proprie idee e le proprie scoperte (o riscoperte) inerenti alla Carnia. Il primo di questi contributi proviene dalla Valle del But, dove il tema ambientalistico è stato ultimamente assai dibattuto. Alfio Englaro Segnaliamo, sempre in tema ambientale, L'aghe un ben di vite, il bel lavoro svolta dalla scuola media di Paluzza inserito all'interno del nostro sito clicca qui Interventi da n. 1 a n. 10
1. AMBIENTALISTI contro SECAB Nel corso dell’anno 2002 e 2003 si sono svolte varie manifestazioni nella Valle sullo spinoso problema dell’utilizzo delle acque del fiume But: il Convegno di primavera a Paluzza sul “deflusso minimo vitale” e la manifestazione anti-SECAB di Cleulis del 4 agosto 2002 hanno rappresentato l’apice di queste prese di posizione. Da un lato la SECAB (Società Elettrica Cooperativa Alto But, il cui presidente è l’attuale Sindaco diessino di Treppo Carnico, Luigi Cortolezzis) rivendica con forza il diritto di utilizzare l’elemento acqua nel rispetto di tutte le leggi ed i regolamenti vigenti a favore di tutti i cittadini della valle; dall’altra i Verdi-ambientalisti reclamano una più equa redistribuzione delle risorse e dello sfruttamento delle fonti rinnovabili al fine di preservare intatto l’ambiente in cui si vive. Entrambi i contendenti presentano elementi di ragione e di torto, ma il limite di entrambi è quello di esasperare i toni e di evidenziare solo gli aspetti più funzionali alle proprie posizioni ideologiche, che restano comunque distinte e distanti. Da queste schermaglie polemiche, che sottendono però una presa di coscienza nuova del problema ambientale, ci pare di poter evidenziare quanto segue: 1. L’acqua è una fonte di energia rinnovabile che non inquina e che si presta ottimamente alle esigenze della nostra valle. Le alternative a questa fonte rinnovabile sono: IL VENTO (improponibile da noi sia per il forte impatto visivo ambientale, sia per assoluta assenza di correnti eoliche in grado di garantirne un conveniente funzionamento); il SOLE (che meriterebbe maggiore considerazione, ma che nessuno ancora ha voluto intelligentemente sostenere e stimolare neppure per gli edifici pubblici); la BIOMASSA (che è restato un patetico pallino-ricordo della vecchia CMC); del CARBONE e di altre amenità è preferibile neppure accennare. 2, Il fabbisogno energetico della regione FVG è in negativo per un 27% (dati dell’anno 2000 del Gestore Regionale delle Acque). Su questo dato la SECAB poggia le sue argomentazioni per insistere sulla costruzione della centralina di Noiariis, che ha sollevato proteste a non finire a Cercivento. Noi non sappiamo se la nostra valle ha necessità o meno di ulteriore energia elettrica, non essendovi fabbriche, impianti industriali ecc. Sta però di fatto che spesso la cooperativa SECAB è costretta ad acquistare energia elettrica dall’ENEL pubblico nel periodi siccitosi e ciò ha ovviamente un costo che si ripercuote su tutti i cittadini. Ci pare tuttavia assai singolare che su 380 proprietari dei fondi di Cercivento su cui è passata la condotta forzata (interrata!) e che hanno accettato gli indennizzi e le proposte SECAB, solo QUATTRO abbiano frapposto ostacoli e problemi per la realizzazione di una opera che andrà a beneficio di tutti. 3. Il mutamento climatico epocale che stiamo vivendo incide pesantemente anche sui periodi siccitosi e alluvionali della nostra valle. A nessuno infatti sfugge come ultimamente il ciclo delle stagioni sia assai cambiato rispetto a pochi decenni fa (e questo non è imputabile alla SECAB). Ciò provoca pesanti ricadute non solo nei nostri torrenti e fiumi ma a livello continentale. Ad ovviare a questo enorme problema non bastano i litri in più o in meno rilasciati nel torrente But alla presa di Cleulis; anche il torrente Pontaiba, che non ha centraline idroelettriche lungo il suo percorso, è andato a secca quest’estate, come altre estati; anche altri torrenti di Carnia sono andati in secca durante il 2003, pur non avendo alcuna centralina sui propri percorsi. Ora (dicembre 2003) appaiono invece tutti ricchi di spumeggiante acqua cristallina! Occorre infine sottolineare che il torrente But, oltre ad alimentare le centraline idroelettriche in questione, alimenta da oltre 20 anni anche l’ intero ACQUEDOTTO DI VALLATA che distribuisce l’acqua in tutti i paesi vallivi, giù fino a Tolmezzo! E non è poco… 4. Occorre utilizzare il bene comune “acqua” in maniera avveduta e con molto discernimento. Sarà infatti l’acqua il bene più prezioso dei prossimi decenni e secoli, non il petrolio, che ha rappresentato l’oro nero degli arabi per l’intero secolo scorso. Di questo dobbiamo tenere conto e dobbiamo perciò avere la massima cura di quest’ ACQUA di cui siamo ancora ricchi e fortunati possessori. Avere cura di nostra sorella ACQUA significa però anche mantenere efficiente e funzionale la rete idrica, riparare le falle dell’acquedotto di valle, limitare gli sprechi pubblici e privati ecc. Se tutti coloro (pubblici e privati) che utilizzano l’ACQUA, lo facessero in maniera corretta e responsabile, tutti ne trarrebbero beneficio ed il problema locale potrebbe essere agevolmente risolto, quantomeno ridotto. 5. I Verdi –ambientalisti. I valligiani, scarpe grosse e cervello fino, si sono chiesti allora e si chiedono: DOV’ERANO E DOVE SONO I VERDI- quando il But è stato sviscerato in lungo ed in largo per l’interramento dell’oleodotto (privato) SIOT, provocando la scomparsa della falda superficiale dell’acqua che si è così approfondita, impoverendo la superficie e arricchendo periti e notai ? - quando nel 1996 la SIOT ha nuovamente sviscerato il greto del But da Sutrio a Enfretors per costruire gli sbarramenti a protezione del tubone interrato, favorendo così la ulteriore penetrazione della falda acquifera nel sottosuolo ? - quando la SIOT ha utilizzato gli enormi macigni locali per proteggere un bene privato quale è l’oleodotto ? - quando, come ora, sussiste il pericolo concreto che il tubone possa spezzarsi e disperdere così il contenuto nella falda ? - quando l’acquedotto di valle perde e spreca tantissima acqua e presenta infiltrazioni assai pericolose ad ogni piovasco ? - quando orrendi immondezzai deturpano ancora il Pontaiba o il But? … Tuttavia
occorre onestamente riconoscere anche questo: guai se i verdi non ci
fossero a stimolare e a far riflettere… 2. SECAB Sabato 23 ottobre 2004, la SECAB di Paluzza inaugura la nuova centralina idroelettrica di Noiaris (Sutrio). L’impianto è già entrato a regime e produrrà annualmente 9,8 milioni di KWh, per un incremento della produzione di energia elettrica del 25%. L’edificio è stato costruito nell’assoluto rispetto ambientale e appare in perfetta armonia con il paesaggio circostante: materiali utilizzati, colori e pertinenze sembrano davvero inseriti da sempre sulla riva destra di Noiaris e la mimetizzazione paesaggistica (compreso il rilascio dell’acqua) appare davvero straordinaria. Questa centralina viene alimentata da una condotta forzata che cattura l’acqua in uscita dalla centrale di Museis (Cercivento), la quale a sua volta utilizza l’acqua in uscita dalla centrale di Enfretors (Paluzza), che a sua volta recupera l’acqua del torrente But a Cleulis, dove viene incanalata in condotta forzata alla presa del ponte. In questo modo la medesima acqua catturata a Cleulis viene utilizzata a valle per fare girare via via le turbine di ben tre centrali idroelettriche costruite lungo l’asse del torrente: Enfretors, Museis e Noiaris. Sembra quasi di descrivere il magico paese del Mulino Bianco… Si tratta di energia pulita, rinnovabile, non inquinante e a costo zero (una volta ammortizzate le spese). Una energia che soddisferà tutte le esigenze della Alta Valle But e Pontaiba e che probabilmente sopperirà al deficit energetico riscontrabile nei periodi di siccità. Questa energia pulita sarà disponibile soprattutto per gli insediamenti produttivi che potranno sorgere in Valle, anche se questo argomento appare ancora prematuro e per certi versi inattuale, considerando proprio l’assenza di progetti in tal senso. Coesistono tuttavia anche degli aspetti negativi in questo utilizzo intensivo (= sfruttamento?) dell’acqua e sono i seguenti: - il torrente But (ben concesso che avrà diritto al DEFLUSSO MINIMO VITALE garantito per legge) si troverà in costante penuria d’acqua da Cleulis alla stretta di Noiaris (circa km 9 del suo decorso) e tale situazione potrebbe alla lunga creare un progressivo impatto ambientale negativo, specie considerando i periodi siccitosi in avvenire, con la falda d’acqua sotterranea sempre più esigua. Qualcuno infatti teme che possa in futuro verificarsi un po’ quel che è successo nella zona di Enemonzo che, una volta prosciugato il Tagliamento per scopi idroelettrici negli anni ‘50, ha conosciuto poi l’angoscia delle voragini e dei cedimenti del suolo negli anni ’80. - la fauna ittica del But, nel tratto impoverito d’acqua, ne soffrirà certamente appena si consideri la fragilità e la delicatezza della trota che richiede un microambiente perfetto e costante. E qui i pesca-sportivi potrebbero dire la loro… - il paesaggio, una volta privato dello spettacolo naturale del torrente impetuoso, ne verrà certamente a soffrire e ne soffriranno pure i ragazzi, ormai impossibilitati a creare poces per i propri divertimenti estivi. Avendo detto questo, resta innegabile che la società odierna, complessa e composita, ha sempre maggiore necessità di energia elettrica, per produrre la quale esistono attualmente solo i sistemi arcinoti (gas, carbone, vento…), atteso che l’Italia ha bocciato il nucleare (1986). L’energia idroelettrica resta oggi la fonte rinnovabile di più facile soluzione ma occorrerebbe tuttavia:
* I pannelli solari (il cui costo iniziale viene abbattuto del 50% tramite sgravi fiscali statali e contributi regionali in conto capitale) vengono montati con estrema facilità e rapidità e sono ottimi, duraturi e costanti nel loro servizio di fornire acqua calda gratis (provare per cred ere!). * Gli impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica connessi (o non connessi) alla rete elettrica di distribuzione (ampiamente sostenuti da leggi regionali) sono ancora ignoti al 99,9% dei cittadini mentre sarebbero invece la soluzione ideale per le energie domestiche e qui la SECAB (che è anche distributrice e non solo produttrice di energia elettrica) dovrebbe fare opera di diffusione capillare tra i soci (perché non lo fa? Perché non si rende promotrice di questo esaltante progetto? Perché puntare tutto e sempre solo sull’acqua?). * L’energia da biomassa, (derivata dal brucio dei residui legnosi di boschi e segherie) che potrebbe soddisfare le richieste energetiche dei grossi edifici pubblici, è ancora un miraggio ereditato dalla vecchia CMC, che dopo averlo carezzato, l’ha malamente abbandonato né si sa perchè. * Le caldaie a legna ad alto rendimento sono appena conosciute da noi, nonostante la Regione FVG ne sostenga finanziariamente l’installazione. Insomma: energia idroelettrica SI, ma con giudizio, con molto molto GIUDIZIO e soprattutto integrata da altre fonti pulite e rinnovabili (sole!!!). E’ davvero giunto il tempo per la SECAB (società elettrica cooperativa alto but) di dare piena attuazione alla propria denominazione utilizzando finalmente anche altre fonti energetiche, altrimenti dovrebbe onestamente mutare il proprio acronimo attuale in quello più aderente di SICAB (società idroelettrica cooperativa alto but). Auguri SECAB! ea3. UN ELETTRODOTTO CHE NESSUNO VUOLE Venerdi 11 febbraio 2005, presso la Sala S. Giacomo di Paluzza, si è svolto il primo incontro di approfondimento e dibattito relativo ad una nuova e gravissima problematica che andrà presto ad interessare tutta la Valle del But, Tolmezzo ed infine il comune di Cavazzo. La sala era insolitamente gremita di gente, sintomo questo di grande preoccupazione e di vivo e reale interesse da parte di tutti i valligiani. Si tratta di questo: La grande industria pesante di Osoppo, Ferriere Nord SpA del Gruppo Pittini, che garantisce lavoro a migliaia di lavoratori friulani, dichiara di aver estrema necessità di poter disporre di energia elettrica a basso costo per poter essere competitiva e restare sul mercato. Attualmente spende 52 milioni di euro l’anno per pagare l’energia elettrica, esattamente il doppio dei suoi diretti concorrenti austriaci tedeschi e francesi. La PITTINI si definisce una realtà industriale radicata nel territorio per cui non avrebbe mai intenzione di delocalizzare all’EST o in Cina dove l’incredibile minor costo energetico e della manodopera attira sempre maggiori aziende europee. Per tale motivo la PITTINI ha trovato, tramite specifiche aziende del settore, un accordo con l’Austria (dove la tariffa elettrica è poco più della metà di quella italiana!) per una fornitura diretta di energia elettrica. Tale fornitura implicherebbe la costruzione di un ELETTRODOTTO a 220.000 volt che, partendo da Würmlach (in Austria) giungerebbe alla centrale idroelettrica di Somplago (Cavazzo), attraversando l’intera valle del But a mezza costa sulla sponda destra dell’asta del fiume, con un notevolissimo impatto ambientale, in una valle che fino ad ora era rimasta integra e rispettata. Definitivamente deturpati e rovinati resterebbero così il Passo di MONTE CROCE, LAVAREIT, Val CASTELLANA, VALACOZ, DI LA DA L’AGHE, per restare solo nel Comune di Paluzza. Una tale definitiva servitù comporterebbe il posizionamento di tralicci alti m. 60 con campate di m. 300 ciascuna ed una fascia di rispetto disboscata a terra larga m. 60: insomma un deturpante sfregio di tutti i monti che si trovano sulla destra orografica del But. Non si considerano (perché ancora ignoti) i possibili effetti nocivi dei campi magnetici sulla salute di coloro che si ritroveranno a vivere nei paraggi! Un tale elettrodotto resterebbe di proprietà delle aziende costruttrici per 10 anni, poi passerebbe in capo allo Stato italiano che ne diventerebbe il legittimo proprietario. Ha aperto i lavori il giovanissimo De Franceschi di Paluzza (presidente del Comitato contro l’Elettrodotto) che ha dato subito la parola al sindaco di Paluzza, il quale ha tracciato per sommi capi la storia della vicenda in questione, delineandone gli aspetti negativi (ambientali, paesaggistici, medici) e anche quelli possibilmente positivi (indennizzo al Comune di 160mila euro annuali per 10 anni). Maieron ha fatto un accenno anche all’oleodotto SIOT (Trieste-Ingolstadt) realizzato nella medesima valle del But negli anni ’60: di quell’opera ciclopica (costruita sempre per l’altrui utilità) sono rimasti solo i vincoli e le servitù per i carnici e lo sfregio permanente per il territorio. Ha preso poi la parola il sindaco di Cavazzo il quale ha esplicitato dettagliatamente il percorso dell’ELETTRODOTTO, elencando meticolosamente tutti gli attraversamenti e i punti critici del tracciato che spesso lambirebbe alcuni abitati. Successivamente il sindaco di Cercivento ha ribadito alcuni concetti relativi all’impatto ambientale e ad eventuali aggiustamenti da apportare. Il vicesindaco di Tolmezzo ha delineato il problema dal punto di vista legislativo, affermando che una recente legge dello Stato, recepita dalla Regione FVG, consentirebbe di eseguire questo tipo di lavori qualora l’interesse pubblico (ma l’interesse della PITTINI è da ritenersi un interesse pubblico?) prevalesse sull’interesse particolare: in tutti i casi si potrebbe arrivare anche all’esproprio pubblico e privato, con nessuna contropartita per i comuni di attraversamento. Il sindaco di Sutrio ha invitato tutti i presenti a interessarsi del problema e a portare il proprio contributo per giungere ad una soluzione che possa conciliare l’interesse pubblico e la salvaguardia dell’ambiente. Il rappresentante della Pittini ha sfatato alcuni luoghi comuni a talune imprecisioni, ribadendo il concetto che la sua industria ha assoluta necessità di pagare di meno l’energia elettrica e che comunque i vincoli di tutela e di rispetto ambientale sono oggi assai precisi per cui i Comuni stessi sono salvaguardati al massimo, come pure la proprietà privata. Alcuni promotori del Comitato hanno puntualmente contestato le posizioni del dirigente della Pittini, focalizzando l’attenzione sul fatto che, nonostante tutte le clausole a tutela dell’ambiente, l’elettrodotto avrà comunque un impatto negativo sul territorio. Sono poi succeduti gli interventi del pubblico, alcuni dei quali ideologici, che hanno vivacizzato la serata e focalizzato ulteriormente il problema che diverrà incandescente nei prossimi mesi. Erano assenti i sindaci di Arta Terme e di Zuglio, il cui territorio sarebbe assai penalizzato dall’attraversamento dell’Elettrodotto. Non ritenendosi virtualmente interessati al problema, erano assenti altresì i sindaci di Ravascletto, Treppo e Ligosullo. Questa amarissima situazione (interesse “pubblico” in pericoloso conflitto con l’ambiente e l’interesse dei Comuni) si verificherebbe a causa della assenza di un Programma Energetico Regionale (P.E.R.), finora mai attuato dalla regione Autonoma FVG e su questo motivo si è ripetutamente stigmatizzata l’assenza in sala dei 3 consiglieri regionali eletti in Carnia (Martini, Petris e Della Pietra) e dell’Assessore Regionale alla Montagna Marsilio, per i quali forse (secondo i bene informati) la costruzione dell’elettrodotto, in mancanza di un piano generale regionale, sarebbe cosa ormai fatta e nulla vi si potrebbe opporre. Erano assenti pure i due parlamentari carnici (Moro e Lenna), il cui ruolo resta però assai marginale e ininfluente rispetto alla carenza programmatica e legislativa regionale. Alcuni interrogativi restano nell’aria e sono per ora inevasi: - perché la Carnia dovrebbe ulteriormente pagare un prezzo elevatissimo (ambientale, forse anche medico) per un progetto (peggiore dell’oleodotto SIOT) che va ad esclusivo beneficio di altre zone della Regione, che già godono di un benessere stabilmente superiore? - Dopo aver depauperato la Carnia delle sue acque (vedi Tagliamento asciutto), del suo marmo (vedi Timau e Verzegnis), del suo legname (ricordati di Venezia!), delle sue braccia (pregressa ed attuale emigrazione), ora la si vorrebbe ridurre a landa deturpata per il passaggio di benefits consistenti a favore dei già ricchi? - Come mai ci si ricorda della Carnia solo quando essa diventa funzionale agli interessi altrui mentre la si disconosce beffardamente (vedi Referendum per la Provincia del 2004) quando essa reclama una propria autonomia amministrativ a per decollare? - E comunque: perché non studiare un progetto alternativo (elettrodotto interrato) che avrebbe un impatto ambientale meno vandalico e più coerente con la politica generale ambientale finora auspicata dalla Regione FVG? Perché mai l’Austria dovrebbe opporsi? - Come mai in Austria (che non ha mai sviluppato il nucleare, ma ha sempre privilegiato la fonte idrica-eolica-solare: vedi il vicino Hydrosolar di Mauthen) l’energia elettrica costa quasi la metà che in Italia, che pure è senza nucleare? - Come mai, da parte della PITTINI, non si è pensato di acquistare maggiore quantità energia dalla Slovenia dove costa assai meno (poiché deriva dal nucleare) ed è più vicina alla zona industriale di Osoppo? - Cosa avverrà tra 10 anni, quando l’elettrodotto diventerà proprietà dello Stato Italiano e non ci saranno più gli indennizzi per i comuni di attraversamento nè gli sconti per l’ industria friulana interessata? - Siamo proprio sicuri che sia il costo energetico (sempre comunque deducibile dalle tasse) a mettere fuori mercato la Pittini? La stragrande maggioranza della gente di Carnia, attenta e perspicace specie quando sente a rischio i propri diritti, dice NO a questo Elettrodotto 220.000 volt nella Valle del But! Un banco di prova: Finora i Verdi hanno sempre avuto buon gioco nel declamare, dall’opposizione, i loro principi ed i loro progetti, spesso astrattamente teorici. Vorrei ricordare qui, per esempio, le loro continue proteste elevate recentemente anche contro l’alternativa idroelettrica autoctona in loco (nello specifico: la splendida centralina SECAB di Noiaris, che non ha alcun impatto ambientale né tanto meno medico, e fornisce energia pulita e rinnovabile ai nostri Comuni dell’Alto But!). Oggi i Verdi hanno dunque una occasione unica e irripetibile per concretizzare i loro principi ed i loro progetti, in quanto partecipano direttamente al governo della Regione FVG presieduta da Riccardo Illy, il quale dovrà quanto prima predisporre un efficace Piano Energetico Regionale, capace tra l’altro di soddisfare i bisogni energetici dell’industria friulana senza ledere i diritti dei montanari e soprattutto salvaguardando l’ambiente. Alfen 4. COM’ERA VERDE LA MIA VALLE Non so quanti, tra di voi che leggete, sono stati emigranti. Tra le mille peripezie della vita rimane sempre un riferimento preciso, il posto dove sei nato, la sua fotografia. Nel nostro caso un luogo fatto di tanti luoghi, di naturalità e immagini a colori. Il solo pensiero che qualcuno lo possa deturpare per sempre, con tralicci spaziali ( tanto non è casa sua, lui fa le vacanze a Cortina… ) che gli si possa togliere anche l’ultima speranza economica, quella del turismo, per portare la corrente ad una fabbrica della bassa mi fa star male. Mi fa star male perché, quando le nostre valli si spopolavano pochi hanno mosso un dito, altro che occupazione…, mi fa star male perché immagino un oscuro funzionario che traccia una linea sulla carta, come se su quella carta non ci fosse la nostra anima. Mi fa star male perché, per fare fronte ad una politica energetica inesistente, si risponde ad un problema creandone degli altri con una scelta miope e non condivisibile per un’alta valle già privata di tutto ( strade, infrastrutture, futuro ). Mi vengono in mente certe altre valli alpine, tagliate a metà da viadotti e autostrade, cosa rimane della loro identità? Qualche vecchia foto ingiallita dimenticata dentro ad un cassetto. Nel rutilante mondo della globalizzazione a chi può interessare un torrentello che saltella dalla montagna, o un bosco di faggi gravido di leggende e aneddoti privati? Difficile spiegare cosa significherebbe per me, in fondo un estraneo, ritrovare una valle del Bût violentata da tralicci alti sessanta metri. Significherebbe la fine di un sogno, l’impossibilità di un ritorno perché in quel luogo profanato non mi riconoscerei più. In fondo Paluzza è bella perché, anche se a fatica, ha mantenuto la propria costitutiva alterità rispetto al mondo delle autostrade e delle polveri sottili che uccidono i polmoni, dei fabbriconi senz’anima e del grande casino globale. Proprio su questo, su questa alternativa al caos cittadino, al tutto e subito, si potrebbe costruire un progetto di sviluppo, basato sul basso impatto ambientale, su produzioni a misura di persona. Come sarebbe possibile immaginare tutto questo sotto i giganteschi tralicci progettati dalle rotelle del grande ingranaggio, un gigante che decide di prendersi quello che vuole “perché lo dice la legge…”. Un gigante che prende ad unghiate la mia valle, che si disinteressa del danno ambientale, per mettere sull’altro piatto della bilancia il doloroso ricatto occupazionale. Come è avvenuto a Tolmezzo, con il Tagliamento, un fiume da Gostbusters. Resistete, compaesani, con tutta la forza che avete, usando strumenti democratici e civili, ma resistete! Non fatevi irretire dalle facili promesse, dalle elemosine “risarcitorie”, anzi, cogliete questa occasione per porre con forza il problema della montagna, della sua dignità e del suo futuro. Per decenni ci hanno sventolato davanti il “sogno” del traforo di Monte Croce, ora invece si passa a scavalcarvi con gli altrui, miliardari, interessi. Forse questa è l’occasione per costringere i politici nazionali e regionali, che pure a scadenze fisse si ricordano di voi, a dare delle risposte, ad ingegnarsi su proposte concrete. Giorgio la Pira, un grande sindaco cattolico di Firenze, diceva che per la sua città aveva tre propositi: risolvere i problemi più urgenti degli umili, il massimo sforzo per potenziare le attività economiche sul territorio, dare una prospettiva che risponda ai bisogni fondamentali del nostro tempo. A quali di questi obiettivi in Carnia, si sta lavorando? Lo dico da estraneo, da lontano. Perché non venga un giorno che mi parlino di voi ed io sia costretto a dire, parafrasando un vecchio film di John Ford, “Com’era verde la mia valle!”. MAURO TEDESCHI 5. CARNIA UNITA CONTRO L’ELETTRODOTTO Sabato 11 giugno 2005, nell’Aula Magna della CMC a Tolmezzo, si è svolta una affollata assemblea (moltissime persone rimaste in piedi: mai vista una cosa simile!), organizzata da un infaticabile e determinato Renato Garibaldi, che ha acceso le polveri di un dibattito che si è subito vivacizzato attorno ad un tema ormai caro e notissimo a tutti i carnici: L’ELETTRODOTTO ALTRUI IN CARNIA NOSTRA. Dopo una brevissima presentazione di un video clip (che ha
evidenziato visivamente, tramite montaggio virtuale al computer,
l’impatto ambientale dell’elettrodotto nella Valle del But), hanno preso
la parola i sindaci interessati al problema, tutti presenti sul bancone
degli invitati: Elia Vezzi (Paluzza), Dario De Alti (Cercivento),
Sergio Straulino (Sutrio), Gianni Somma (Arta Terme), Stelio Dorissa (Zuglio)
e Sergio Cuzzi (Tolmezzo) ed anche l’attuale Presidente della
CMC, Lino Not. Ognuno di loro ha presentato le problematiche inerenti
a questa nuova servitù che starebbe per essere imposta alla Carnia.
Tutti i sindaci interessati, nessuno escluso, si sono pronunciati
CONTRO questa ennesima imposizione che,
piovuta dall’alto, sarebbe di estremo danno economico, sociale, turistico,
ambientale e sanitario per Tra gli esponenti politici intervenuti: l’assessore regionale alla Montagna Enzo Marsilio (Margherita) che ha delineato i punti salienti del lungo excursus che il problema “Elettrodotto” sta avendo in seno alla Giunta regionale di centrosinistra guidata da Illy (riconoscendo come l’assenza di un Piano Energetico Regionale sia una delle principali cause di questi progetti non condivisi); il senatore Francesco Moro (LN) che si è detto assolutamente d’accordo con l’assemblea nel rifiutare progetti del genere, promettendo che a Roma vigilerà su questo versante, ancora scoperto da regolamenti, e quindi quasi “terra di nessuno”. Erano inoltre presenti alcuni parroci, tra cui: don Tarcisio
Puntel (Paluzza), don Pietro Degani (Zuglio), don Giordano Cracina
(Imponzo), don Alessio Geretti (illegio) e mons. Angelo Zanello
(Tolmezzo). Cracina, Geretti e Zanello hanno
inoltre svolto degli interventi molto condivisi ed applauditi, sottolineando
come l’azione pastorale della Chiesa locale non possa prescindere dalla
tutela (globalmente intesa) delle persone e dell’ambiente. Zanello ha
pure toccato il recentissimo problema dell’ospedale di Tolmezzo (che fa
quasi pendant con il problema-elettrodotto), per il quale Da tutti è stata notata l’assenza fragorosa dei seguenti politici carnici: Igino Piutti e Renzo Tondo (FI), i consiglieri regionali Antonio Martini (Margherita), Renzo Petris (DS) e Patrizia Della Pietra (DS), l’on. Vanni Lenna (FI), i consiglieri provinciali (nessuno dei quali era presente). Hanno preso poi la parola moltissime persone presenti, ed il tono di questi interventi è stato univoco e può essere sintetizzato nelle seguenti TESI: - contrarietà assoluta ad elettrodotti sia aerei che sotterranei. - ampia gamma di rimproveri rivolti in
ordine a: CMC (per la sua inadeguatezza nel rappresentare
- invito a tutti gli altri sindaci di Carnia (di destra e di sinistra) ad unirsi ai presenti per esprimere totale adesione spoliticizzata e impegnativa solidarietà nella tutela della nostra Terra. - proposte di: continuare la lotta a vari livelli, non smobilitare, mantenere questa unità di intenti. - rilanciare 1. La nostra regione FVG non ha necessità di energia elettrica, trovandosi anzi in surplus. 2. Anche l’Austria denuclearizzata (che dovrebbe venderci energia elettrica a basso costo) acquista energia elettrica dalla Francia nuclearizzata, ergo: puzzo di business… 3. Pittini e Fantoni (i due imprenditori che cercano energia a basso costo per le proprie industrie e che intendono costruire l’elettrodotto) hanno progetti per la commercializzazione privata della stessa in rete nazionale, con guadagni giudicati enormi nel giro di alcuni anni… 4. se esistesse un PER (piano energetico regionale),
lo Stato non potrebbe legiferare contro o sopra
5. Manca una netta e ufficiale presa di posizione dei Verdi, che sono presenti nella Giunta Illy, e di tutto il Governo regionale. Al termine della animata e civilissima assemblea, sono risuonate le note e le parole del CARNORUM REGIO di Giovanni Canciani che ha rinvigorito la determinazione e la voglia dei carnici di restare uniti. Si dice che non tutti i mali vengono solo per nuocere. Questo credo valga anche per l’Elettrodotto che nessuno vuole: è riuscito a compattare finalmente i carnici delle Valli che si ritrovano così incredibilmente uniti a difendere la propria Terra che, come in altri tempi, rischia la colonizzazione eterodiretta (ma forse anche un po’ endo-diretta). 6. CARNIA SFREGIATAQui di seguito riportiamo le immagini della Valle del Bût, presentate all’assemblea generale svoltasi sabato 11 giugno nella aula magna della CMC (vedi l’articolo sopra), relativamente al passaggio dell’ ELETTRODOTTO ALTRUI IN CARNIA NOSTRA. Queste immagini, elaborate al computer, non hanno bisogno di alcun commento e sono fin troppo chiare… Le foto di sinistra si riferiscono alla situazione attuale; quelle di destra alla possibile (e non auspicabile) situazione prossima futura:E queste sarebbero le premesse per un turismo a misura d’uomo? Questo ci riserverebbero la Regione Autonoma FVG (a guida Illy, centrosinistra) e la Provincia di Udine (a guida Strassoldo, centrodestra)? Questo l’ambiente immaginato dai Verdi? E se la Carnia avesse un qualche peso istituzionale (mettiamo che fosse Provincia), si oserebbe davvero immaginare progetti del genere? “Questo dunque è quel mondo? Questi i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi onde cotanto ragionammo insieme? Questa la sorte delle carniche genti?”alfen
7. ELETTRODOTTO INTERRATO:riflessioni, perplessità e proposte dall’interno delCAVALLO DI TROIA
Lo scorso 30 aprile, quando
a Paluzza venne organizzata la manifestazione contro l’elettrodotto aereo
“Wurmlach-Somplago”, un goliardico striscione campeggiava sotto il banco
della raccolta-firme: “Pittini ti interriamo noi”. Non avrei
mai pensato che, a pochi mesi di distanza, tale slogan potesse oggi considerarsi
tanto attuale e potesse pure diventare un “boomerang” contro i suoi stessi
autori. La passata primavera si è dimostrata
il periodo in cui troppo spesso si è parlato, o meglio sparlato, di interramento
delle linee aeree (io stesso, lo ammetto, sono caduto nel tranello).
Il momento era particolare, inutile ribadirlo: il progetto presentato
dall’Alpe Adria-Energia SpA (Terna, Enel, Ferriere Nord,
Pittini e Verbund, gestore austriaco) sembrava poter realmente
andare in porto in tempi ragionevolmente brevi, visto che pochi tra politici
e amministratori si erano realmente espressi contro Pittini, che chiamerei
“Il Cavalir de noatis”. Mentre la Regione (Illy, Marsilio in primis)
sonnecchiava, i nostri parlamentari (Lenna e Moro su tutti) sembravano
paurosamente lontani a Roma e già molti amministratori locali si stavano
schierando su una posizione possibilista. Così il cavaliere poteva baldanzosamente
apparire in televisione (Telefriuli) sicuro della propria vittoria. Ma
la manifestazione fu un evento per Paluzza: mai si sono visti,
a memoria di tutti, 200 carnici manifestare in corteo nella piazza
del mio amato paese. Per gli standard a cui siamo abituati erano molti,
in verità sono stati un puntino nel blu per il resto del mondo: 10 ecologisti
per Illy, un po’ di meno per la questura e 2 no global con un rompiballe
per Pittini. Un’idea però emerse chiaramente da quell’evento: l’elettrodotto,
se si doveva fare, doveva essere interrato! Mancavano allora molte
conoscenze tecniche (per la verità, in toto, mancano anche oggi) per poter
mettere ulteriori paletti all’enunciato; forse sarebbe bastato dire, come
fece Renato Garibaldi l’11 giugno durante la manifestazione organizzata
dai Comitati nella sede della Comunità Montana, che “questi elettrodotti
dovranno essere costruiti solo come la gente della Carnia vuole”.
Ma noi in
verità che cosa vogliamo? Beh, innanzitutto, una linea aerea
o interrata nessuno la vorrebbe: il Friuli è già energeticamente autosufficiente
e, con l’apertura, il prossimo novembre, della centrale di Torviscosa,
si raggiungerà il 140% del fabbisogno energetico friulano. In fondo
che ne può interessare ad un montanaro (residente sui confini nord-est
della repubblica) dei problemi energetici della Lombardia, dell’Emilia…
Certo, anche al meno furbo dei nostri industriali (basti sappia utilizzare
un calcolatore o assuma un amministratore delegato “con tali capacità”)
non sarà sfuggita l’equazione E (AUT) =
-40% E (ITA) e, come per la benzina agevolata, avrà avuto
la tentazione di pagare meno “il carburante” delle proprie attività; magari
poi rivenderne un po’ per arrotondare il bilancio più familiare
che aziendale. Ma non si dica: tutto viene fatto con il “nobile fine”
di ampliare la propria attività e il numero dei posti di lavoro! Ma si sa come vanno le cose: fra
il montanaro che, fondamentalmente, se ne infischia e “le petit capitalist”
che annusa l’affare, è sempre il secondo a spuntarla. Il teorema, purtroppo,
è riuscito comunque a capirlo anche l’ex Ministro Marzano, visto che,
con il suo decreto (dicembre 2003), ha aperto anche ai privati la possibilità
di realizzare linee di interconnessione transfrontaliera tra Italia ed
estero. Poi, con la “clausola” che, trascorsi 10 anni, le linee passano
al GRTN, si accomoda anche per queste opere il “catalizzatore burocratico”
della “pubblica utilità” (alias: espropri “a manetta”; veloci,
semplici, puntuali). Certo quella di Marzano è una pensata “galattica”:
lasciare al privato l’incombenza di costruire le linee e di lottare contro
le “resistenze” delle comunità locali, qualora ce ne fossero. Ponzio Pilato
se ne lava le mani, ma con la pubblica utilità crea una lotta talmente
impari, da sembrare scontata per i pescecani della nostra amata
Seconda Repubblica. Ma ora sto divagando; bene, la domanda
da un milione di dollari è:
Cosa è meglio
per noi, “piccoli pesciolini”?
Non fare nulla sarebbe troppo bello, quindi per esperienza
qualcosa si farà! Allora:
1.
fare una
linea aerea a 220 Kv è un progetto talmente vituperato,
ormai da sembrare improponibile non tanto giuridicamente, ma semplicemente
per tutto il fango addosso che ha ricevuto;
2.
fare una
linea interrata sembra oggi la soluzione giusta,
per il solo fatto che rappresenterebbe il “giusto mezzo”.
Linea interrata Ecco perciò che la cordata Burgo-Siot
si attiva e fanno gara per parteciparvi molti altri industriali (piatto ricco, mi ci
ficco!), compreso anche il nostro rabbuiato “Cavalir de noatis” venuto
ora, sembra, a più miti consigli. Un piatto talmente ricco che la stessa
Comunità Montana della Carnia, con una società ad hoc, intende
metterci sopra le mani, per cogliere una fetta della torta milionaria
che si prospetta. Andando infatti a leggere bene tra le righe della
delibera “post 11 giugno”, si nota che i 28 sindaci e il presidente
Not si scagliano sì contro l’elettrodotto Pittini (a morte e con
giudizi lapidari), ma gettano pure le basi politiche (si veda bene: “non-tecniche”),
per l’apertura ad un elettrodotto interrato che stranamente corrisponde
alla proposta presentata in seguito dalla Burgo. Così, meraviglia delle meraviglie,
due mesi dopo giunge ai comuni la prima bozza di quel progetto che da
ora in poi chiamerò: “Linea interrata Burgo-Siot e tutti gli
altri”. La proposta, devo dirlo, non si presenta malaccio:
almeno non definisce, preliminarmente, la Carnia come una landa desolata,
piovosa e abitata da primati, come invece aveva fatto Pittini. Inoltre,
tra le righe, affiora (o almeno così pare) una predisposizione al dialogo
con le comunità locali e con i comitati, forse voluta dalla stessa Comunità
Montana. L’inghippo, però lo troviamo passando a considerare i capitoli
relativi alla realizzazione tecnica della linea:
1.
il tracciato
corre lungo la “servitù Siot” e, giuridicamente parlando, vere e proprie
“opposizioni” ad esso non se ne possono portare, visto che il proprietario
dei terreni è pressoché unico (quindi rimangono solo le
osservazioni che ogni libero cittadino può fare);
2.
il tracciato
Siot, per “geniale” concessione dei nostri “venerabili” nonni,
attraversa centri abitati (lambisce Cleulis, Fielis, Betania…);
3.
la linea,
pur essendo interrata, continua, ahimè, a trasportare “corrente
alternata”. Bingo! Su questo terzo preciso punto
il castello di carta della Burgo-Siot cade giù per terra! Perché le linee aeree a corrente
alternata sono tenute molto alte grazie ai loro enormi tralicci?
Risposta: perché il campo magnetico generato è notevole e rischierebbe,
più in basso, di ledere la salute di tutte le persone che ci camminano
sotto; infatti numerose direttive europee indicano ottimale il valore
di 0,2 µT (micro
tesla, per i non-ingegneri) al suolo, da non superarsi mai! Domanda ulteriore: e con l’interrato
come la mettiamo?
A.
Mentre il
campo elettrico si può schermare (ceramica o simili), quello magnetico
no!
B.
La terra
riesce un po’ a limitare l’intensità di questo campo.
C.
Per raggiungere
i 0.2 mT al suolo, bisogna allontanarsi di almeno 20 metri dalla linea
interrata. Non cambia nulla che la profondità di quest’ultimo
sia 4 piuttosto che 2 o 3 metri. Infatti la profondità del cavo va
ad incidere solamente sul picco presente al di sopra di esso; non sulla
distanza da un’eventuale servitù, che rimane sempre nell’ordine dei 20
metri. Accade così che per l’elettrodotto Siot-Burgo ci vorrebbe una servitù
di 40 metri (20m+20m), ben più ampia di quella concessa 40 anni fa alla
Siot. Ma come si sa i tralicci si vedono e i campi magnetici no!
Occhio non vede cuore non dovrebbe dolere! Ma duole, eccome se duole!
Tutte le persone che abitano (o passeggiano abitualmente) a meno di
20 metri dal tracciato Siot (sia a destra che a sinistra) devono essere
consce del rischio salutare che corrono: leucemie, tumori, linfomi…
Il collegamento tra campi magnetici e patologie non è mai stato riconosciuto
in modo “ufficiale” (spesso la medicina sa essere più lenta del
Vaticano!), ma esistono numerosi studi che confermano “l’incidenza” di
questi campi sui nostri corpi. Su questo argomento, però, lo studio di
fattibilità della Burgo-Siot tace
paurosamente!! Probabilmente perché i suoi autori sanno che questo è il
suo tallone d’achille. Ma diamine! Stiamo parlando della
salute di centinaia di persone e poche se ne stanno realmente accorgendo.
Spero che tra questi ci siano i grandi “capoccioni” della Comunità
Montana...
Ai Comitati
cosa resta da fare? Bella domanda mi pongo: per lungo
tempo abbiamo cavalcato “l’onda degli interramenti” e il “non vedo
non sento” è valso anche per noi. Ma ora si che sentiamo, anzi ce le “sentiremo”
se per salvare il panorama rimettiamo la “pellaccia” dei nostri concittadini.
Purtroppo i Comitati per lungo tempo sono stati utilizzati come un
“Cavallo di Troia” contro le linee aeree, compromettendosi
poi per quelle interrate (a corrente alternata) che potenzialmente creano
più problematiche delle precedenti.
Una soluzione
esiste, ma è costosa Infatti la scelta dell’interramento è fondamentale ed inevitabile
per la salvaguardia del paesaggio, ma costa di più e quanto, e cosa veramente
ci tutela?
A.
Costa poco
di più, il doppio, se si interrano linee a corrente
alternata, su cui, bisogna ricordarlo, la nostra rete nazionale
si basa; ma ciò danneggia la nostra salute!
B.
Costa molto
di più, il triplo per non dire il quadruplo, se la corrente è continua
perché questa necessita di trasformatori all’inizio e alla fine della
linea, inoltre sono necessarie alcune centraline lungo il tracciato per
mantenere alta la “tensione” della corrente in transito, dispersa dall’effetto
Joule (per maggiori informazioni sull’argomento vi consiglio vivamente
di “torchiare” un qualsiasi ingegnere elettrico!!). Stando oggi i fatti a questo punto,
nessun privato si sognerebbe di realizzare in Carnia un “interrato
a corrente continua” per il semplice fatto che costa troppo farlo
e mantenerlo in funzione. I tempi di ammortamento delle spese sarebbero,
cioè, troppo lunghi e sicuramente superiori ai 10 anni concessi dal Decreto
Marzano.
Cosa ci
guadagniamo noi carnici da tutto ciò? Risposta lapidaria: nulla di nulla!
Un’ipotetica soluzione sarebbe quella di un solido ed ingente intervento
pubblico per “abbassare” i costi di realizzazione dell’opera. Ma sperare
che Provincia, Regione, comuni o Stato si assumano almeno una parte di
queste spese, è semplicemente come sperare nella pace nel mondo: avverrà
solo dopo il ritorno di Cristo, si spera… Ritorniamo al quesito iniziale:
cosa rimane quindi da fare a noi Comitati che, prima utilizzati come un
“CAVALLO DI TROIA” contro il cav. Pittini, ora ci troviamo a vedere
l’unica soluzione fattibile “non-proposta e, per certi versi, improponibile”?
In verità poche e semplici cose:
informare la nostra gente di ciò che sta avvenendo alle loro spalle
ed infine, soprattutto, “resistere, resistere e resistere”!
Proprio per questo motivo, da settembre,
i “Comitati spontanei e uniti della Val But” hanno cominciato
un percorso di dibattiti che li porterà a recarsi paese per paese
per informare (ma anche “informarsi”) su ciò che di nuovo accade sul “fronte”
elettrodotti. Una cosa però è certa: solo
se si è in molti a voler salvaguardare la salute dei nostri corpi, oltre
che del nostro territorio, si potranno evitare le tegole che si stanno
per cadere sulla testa!!
ALCUNI DETTAGLI TECNICISULLA LINEA INTERRATA BURGO-SIOT
L’elettrodotto Burgo parte da Wurmlach
e seguendo il tracciato Siot trasporta 220kV di corrente alternata fino
agli stabilimenti Burgo. A questo punto esso si divide in due linee a
132kV: l’una rimane ad usufrutto della Burgo, l’altra raggiunge Somplago
inter-connettendosi con la rete nazionale italiana. Dulcis in fundo lascio al lettore
due quesiti a cui, se fino ad ora avrà seguito il filo del mio discorso,
troverà facile risposta, ma anche argomenti su cui riflettere:
QUESTION 1 132kV
corrispondono a circa 240 MW di potenza; ma che cosa se ne fa di tanta
energia la Burgo, visto che ha un fabbisogno di gran lunga minore?
QUESTION 2 La
pubblica utilità (livello nazionale) può essere chiesta solo per elettrodotti
superiori ai 150kV; ma in questo caso, pur essendocene in apparenza 220,
solo 132 collegano la nostra rete a quella austriaca. Infatti
con che coraggio si può richiedere la pubblica utilità su 132kv che
vanno a finire direttamente al “Cantiere Burgo” e da lì non si
muovono?
Ai posteri l’ardua sentenza!
Francesco MAIERON Comitato Alto But contro l’Elettrodotto
8. Elettrodotto: Inizio della protesta Vi presentiamo il primo volantino emesso il 3 giugno del 2005.
9. Elettrodotto: manifestazioni di protestaClicca qui per scaricare il manifesto della manifestazione del 4 novembre (50 kb). Clicca qui per scaricare il bollettino n. 2 con tutte le iniziative (385 kb) 10. Elettrodotto: presentazione del progetto in 12 diapositive7 - Lunghezza complessiva dell'elettrodotto 8 - Lunghezza dell'elettrodotto per comune 12 - Altri progetti elettrodotti
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