Rosaria la Tedesca

di Elio Craighero

IN FRIULANO

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Cosi` chiamavamo Rosalie Vikler, nata verso il 1870 in Carinzia dalle parti di Spittal, dove era vissuta fino al 1915. Li` aveva conosciuto Gioacchino, figlio di Tite di Minicuet e di Anute la Dolce, secondo di 15 figli, nato a Sciaj nel 1872.anziana.jpg (46625 byte)

Gioacchino, ancora ragazzino, come si usava a quei tempi, si era messo sulla schiena la ruota dell’arrotino ed era andato a cercar fortuna in Austria, quella fortuna che non ha mai trovato in vita sua, perche` se lo vedeva da lontano, quella cambiava strada. Cosi`, andando a cercare lavoro, chiedendo di dormire per le stalle e tante volte cercando anche qualcosa da mangiare, si e’ imbattuto in Rosarie e, cosi` mi diceva lei, siccome lui allora era bello non c`e` stata a pensarci su due volte e ha messo su famiglia con lui.

 

Dal loro matrimonio sono nati 5 figli. Ma se la fortuna cambiava strada quando vedeva Gioacchino, anche da Rosarie non si e` mai fatta vedere. Una vita grama la sua! Finche` e` vissuto suo padre, le dava qualcosa per aiutarla a tirare avanti, ma, sotterrato il padre, e` finito sotto terra anche l’aiuto, cosi` che lei e i bambini hanno incominciato a far conoscenza con la miseria tedesca. Gioacchino non era un cattivo uomo, pieno di salute e di voglia di fare del bene, si dava da fare ogni giorno a portare avanti la sua ruota sotto la pioggia e sotto il sole, ma sapete tutti che a fare tanta fatica si fa sete e anche la bocca vuole la sua parte, non la si puo` ignorare sempre, bisogna darle quel che serve se si vuole tenere duro. A nulla serviva che la Dolce gli avesse insegnato a tenerla almeno ogni tanto chiusa la bocca, "perche`" diceva "e` piccola ma in grado di mangiare un paese!".

Ma la Dolce se ne stava seduta all’ombra nel cortile del Cristil, e non a spingere la ruota e a far girare la mola d’arrotino!

Ma alzando troppo il gomito, a Gioacchino non restavano abbastanza soldi da portare a casa dove la miseria la faceva da padrona e tutti sapete che e’ la madre della discordia e in famiglia ne hanno provate di "milesignati".

A completare l’opera e` scoppiata la guerra del `15. I tedeschi hanno preso Rosarie e i bambini e li hanno mandati a Treppo, paese d’origine di Gioacchino, e lui e` stato internato in un campo di concentramento da dove l’hanno fatto uscire solo a guerra finita.

Cosi` il mese di giugno del `15 e` arrivata qui quella povera gente, senza sapere dove rifugiarsi, solo con cio` che avevano addosso e con il cielo per tetto. Non era facile trovare alloggio in quei tempi e il comune non ha potuto fare di meglio che metterli in quella casupola mezza diroccata a ridosso dello stavolo di Sbevorcjes, fuori dal paese. Li` hanno vissuto per tutto il tempo della guerra e un po` in epoca successiva. Facevano compassione a tutti, ma chi avrebbe potuto aiutarli in quegli anni? Solo la signora Luzie del Mestri, nella cui casa il lavoro non mancava, ha offerto a Rosarie un lavoro ad ore e se anche la signora Luzie aveva un carattere duro e una faccia da far paura, trovava ogni giorno qualcosa da mettere nel grembiule di Rosarie, perche` lo portasse ai bambini.

Io ho ancora negli occhi l’immagine di quella lunga donna magra, pallida, sempre vestita di nero, che non ho mai visto ridere, che non ha mai imparato a parlare come noi, ma ha sempre mescolato italiano, friulano e tedesco. Prendeva tutto cio` che le davano, ma non domandava mai nulla. In casa del maestro, oltre ai lavori di ogni giorno, doveva anche fare i lavaggi di biancheria nel lavatoio in cortile. Faceva pena vederla china su quella vasca e non so come riusciva a girare quei lenzuoloni duri di tela casalinga, doveva sfregarli un pezzetto alla volta con sapone misurato e senza spazzola.

Vedo ancora quelle mani da vecchia con la veretta consumata come le sue dita. Quello di lavare era un lavoro di fatica, e la pensava cosi` anche la padrona tanto che le portava giu` un po’ di merenda prima e dopo mezzogiorno: un panino col companatico e un quartino di vino, "perche`" diceva "nessun lavoro sfibra tanto come quello di stare tutto il giorno con le mani nell`acqua". Quando aveva un momento di tempo anche la serva andava a darle una mano. Con il passare delle ore la biancheria si accumulava aspettando il momento di essere messa nella tinozza e ricevere il battesimo dell’acqua bollente. Quando era tutto pronto, ben pressato ci appoggiava sopra una tela a trama larga e poi la cenere che doveva essere sempre di buona legna da ardere. Sopra la cenere, se c`era, qualche foglia di alloro, per profumare la biancheria, e poi giu` l’acqua bollente. Era un piacere il profumo di pulito che si spandeva intorno! Finita l’opera, Rosarie si asciugava le mani nel grembiule, tirava fuori dalla tasca una cartina con una presa di tabacco e diceva a quell`altra: "me l’ha dato questa mattina la signora Minute, mi ha detto che scaccia via la malinconia, ne prenda anche lei una presa signorina, e’ buono, Santa Giustina, fa bene e svia la memoria!" Ma la signorina non voleva. La sera, se arrivava in osteria qualche giovanotto, cosa avrebeb detto se lei puzzava di tabacco?

Il giorno successivo Rosarie tirava fuori dalla tinozza la roba, la strizzava bene, la metteva nella gerla grande, poi doveva andare al lavatoio di Zenodis per risciacquarla; la padrona non voleva che andasse al lavatoio di Treppo: la roggia passava per il paese e non credeva che l’acqua fosse pulita. Stesa la biancheria sulle corde che la signora Luzie aveva teso nell’orto, a Rosarie luccicavano gli occhi di soddisfazione: "Guardi un po’ signora padrona, bianca come denti di cane!". E la roba era veramente pulita.

Al giorno d’oggi la Divina Provvidenza ha provveduto. Fra tante invenzioni c`e` anche quella della lavatrice, che Dio renda il merito a chi l’ha inventata! Adesso gira in ogni casa! E io penso:"Se Rosarie fosse ancora viva non so se si lascerebeb convincere dal detersivo Omo, da Ava, dal bianco che piu’ bianco non si puo`. Vale a dire che userebbe ancora le mani e la cenere.

Ma non erano solo il lavoro e la miseria il martirio di Rosarie, ma quello di vedere distruggere la famiglia a causa di quel brutto male che era la tisi e perche` a quei tempi non si era ancora trovato un rimedio. Edvige e` morta a Spittal in Austria, prima che giungessero in Italia; la Giovanna aveva sposato uno di Cercivento e non ho mai saputo piu’ nulla di lei; Osvaldo di 19 anni, si ammalo` nel 1917, nell`anno dell`invasione non era possibile alcun ricovero in ospedale per un italiano, ma a forza di insistere Vigj dal Faress e Silvio di Corteleces sono riusciti a farlo ricoverare nell’ospedale militare di Bologna, dove e’ morto l’anno dopo; la Lina, nata nel 1907, e’ morta nell’ospedale di Tolmezzo nel 1931; la Anna, del 1911, ha tenuto duro fino al 1982 quando e` morta improvvisamente sul treno che la portava a Lourdes. Gioacchino che andava facendo sempre qualche lavoretto in Tirolo, il 14 agosto 1939, mnetre spingeva la sua ruota sullo stradone di Pieve di Cadore e dopo aver spento bene la sete quel giorno, e` stato preso sotto da un camion che lo ha ucciso sul colpo trascinando lui con tutta la sua ruota. Rosarie, intorno ai 70 anni, e` andata anche lei con Dio, per riscuotere dal Signore un po’ di quel bene che non aveva mai voluto darle quaggiu`.

 tratto dal Bollettino Parrocchiale "La nôste valade"

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