TACCUINO DI VIAGGIO

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Stelio Dorissa ha dato alle stampe il suo secondo lavoro, dopo quello del 2017 che ebbe una generale accoglienza in loco, specialmente a Zuglio e Sutrio.
Dopo una breve prefazione di Igino Dorissa, l'autore prende subito l'abbrivio a raccontarci la sua non ancora lunga vita pur essendo già ben oltre il "mezzo del cammin di sua vita".
Si tratta di una simpatica autobiografia che si caratterizza per un tratto del tutto particolare: una sincerità disarmante abbinata ad un francescano impalpabile ingenuo candore.

Il racconto, che parte dall' anno Domini 1954, si dipana in un lungo accidentato percorso, rigidamente delimitato e circoscritto dall'ambiente familiare che condiziona fin dai primi anni (nel bene e nel male) lo sviluppo di questo bambino vivace e curioso il quale, specie nell'adolescenza, avverte su di se un eccessivo e occhiuto controllo genitoriale che, pur legittimamente originato dai suoi problemi di salute fin dall'età prepuberale, ha finito via via per pesare sempre più anche in età giovanile e poi adulta, contribuendo a definire sempre più incisivamente la personalità stessa dell'autore.
Questa è la prima impressione che emerge fin dalle pagine iniziali e viene confermata e ancor più esplicitata nelle successive.

Un altro tratto distintivo di questa autobiografia è rappresentata dal sentimento di gratitudine e riconoscenza che continuamente traspare nelle considerazioni dell'autore; specularmente si accompagna al senso di solidarietà e di reciprocità e anche ad una ricerca di riscatto sociale, che in queste pagine viene continuamente rappresentato e che costituisce uno degli elementi di base che caratterizzeranno i giorni e le opere di Stelio.

Gli argomenti che sostengono il narrato sono vari e molteplici: la scuola, gli studi, il parentado, gli adulti importanti, la Storia di Zuglio e le storie di Sutrio e Cercivento, gli amici cani e gli amici umani, l'impegno politico e sociale, la professione medica... Ovviamente la famiglia (la moglie Nelli e le figlie Arianna ed Elisabetta) acquista un ruolo preminente e sulla famiglia si leggono molte considerazioni personali (a volte un pelino retoriche) che danno le coordinate di un vissuto che, pur avendo conosciuto momenti critici e negativi, è sempre riuscito a mantenere la barra dritta.
Penna e stetoscopio... all'ombra del campanile e del municipio... per strade viottoli e sentieri... tra malanni veri e presunti... di giorno e di notte...

Insomma una variegata esposizione di innumerevoli tessere multicromatiche che vanno a formare il vivace mosaico umano che si chiama Stelio, dal multiforme (eccessivo) impegno che impedisce di cogliere a volte la vera e profonda essenza della sua personalità e ne limita la espressività più vera e reale.

 


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