Stelio Dorissa ha dato alle stampe il suo secondo lavoro, dopo quello del 2017 che ebbe una generale accoglienza in loco, specialmente a Zuglio e Sutrio. Il racconto, che parte dall' anno Domini 1954, si dipana in un lungo accidentato percorso, rigidamente delimitato e circoscritto dall'ambiente familiare che condiziona fin dai primi anni (nel bene e nel male) lo sviluppo di questo bambino vivace e curioso il quale, specie nell'adolescenza, avverte su di se un eccessivo e occhiuto controllo genitoriale che, pur legittimamente originato dai suoi problemi di salute fin dall'età prepuberale, ha finito via via per pesare sempre più anche in età giovanile e poi adulta, contribuendo a definire sempre più incisivamente la personalità stessa dell'autore. Gli argomenti che sostengono il narrato sono vari e molteplici: la scuola, gli studi, il parentado, gli adulti importanti, la Storia di Zuglio e le storie di Sutrio e Cercivento, gli amici cani e gli amici umani, l'impegno politico e sociale, la professione medica... Ovviamente la famiglia (la moglie Nelli e le figlie Arianna ed Elisabetta) acquista un ruolo preminente e sulla famiglia si leggono molte considerazioni personali (a volte un pelino retoriche) che danno le coordinate di un vissuto che, pur avendo conosciuto momenti critici e negativi, è sempre riuscito a mantenere la barra dritta. Insomma una variegata esposizione di innumerevoli tessere multicromatiche che vanno a formare il vivace mosaico umano che si chiama Stelio, dal multiforme (eccessivo) impegno che impedisce di cogliere a volte la vera e profonda essenza della sua personalità e ne limita la espressività più vera e reale.
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