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LA STRADA DI MONTE CROCE CARNICO
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Il Circolo Culturale Enfretors di Paluzza il 4 gennaio 2019, nella persona del suo presidente Matteo De Cecco, ha presentato l'ultimo lavoro di ricerca storica locale dell'illustre compaesano Diego Carpenedo, il cui cursus honorum politico nel XX secolo aveva toccato tutti i gradini istituzionali (consigliere comunale, consigliere provinciale, consigliere regionale, senatore) con la militanza in varie formazioni politiche (DC > PPI > Margherita > PD) fino al meritato riposo (politico) senile, che tuttavia, alla brillante età di 84 anni, non prevede invece ancora alcun riposo culturale: prova ne è questo libro, che smentisce clamorosamente il famoso detto latino "Senectus ipsa morbus".
L'autore, sulla base di una vasta e approfondita ricerca, ha dato vita a questo affascinante racconto che, partendo dalla preistoria, viene via via "fotografando" le varie fasi di questa importantissima via che nei tempi passati ha conosciuto periodi di grande considerazione. La trama è suddivisa in precisi capitoli, ciascuno dei quali riveste e presenta un momento particolare:
LA VIA DEI VENETI
Otto-diecimila anni fa Obi risale l'anfiteatro morenico del grande fiume (oggi Tagliamento) e spinto dalla curiosità si spinge verso le grandi montagne, infilando una angusta valle (oggi detta del But) alla ricerca di animali di grossa taglia (anche se Piutti osserverà legittimamente che non da Sud ma da Nord giunsero i primi abitatori di queste valli, oltrepassando il passo)... E poi i Veneti (che gli antichi greci chiamavano Oi Uenetoi)... la via del ferro e del sale... la via dell'ambra... Più che una strada, uno stretto tratturo o un disagevole troi che però consente di scavalcare la catena alpina, altrimenti inaccessibile...
LA STRADA DEI ROMANI
Le competenze professionali di Carpenedo (è ingegnere civile) emergono in questo capitolo in cui viene descritta non solo l'arte romana di costruire strade ma anche (e soprattutto) la via Julia Augusta il cui tratto transalpino scavalca il passo di Monte Croce. Cita i centri principali italiani e austriaci dislocati lungo questa via, elenca e descrive le tre epigrafi latine che si trovano in roccia nei pressi del valico, cerca di dipanare dubbi e antichi dilemmi, si sforza di ricostruire l'antico percorso in particolare quando attraversa la valle del But per risalire poi in quota al passo.
LA STRADA DEL XX SECOLO
Si raccontano le migliorie e gli adattamenti di questa strada nel periodo bellico della prima guerra mondiale, quando, in sponda sinistra, vi fu associata la ferrovia a scartamento ridotto ad uso militare (e poi rimasta attiva per uso civile fino ai primi anni '30). Ma quel che maggiormente interessa è la costruzione, in epoca fascista, della attuale strada a tornanti che risale il versante sud del Pal Piccolo
per raggiungere il valico. Anche qui Carpenedo, con la competenza che gli deriva dalla professione, viene raccontando le varie problematiche legate a questo tracciato, implementando le pagine con cartine topografiche e con rari inediti documenti d'epoca.
IL TRAFORO
In questo capitolo, integrato da una preziosa documentazione, l'autore
esibisce e offre tutto il suo bagaglio di conoscenze (per lo più dirette) che riguardano il tanto discusso e politicamente strumentalizzato tunnel, che negli anni '60 e '70 tenne banco non solo ad ogni tornata elettorale. Carpenedo, avendo vissuto in prima persona questa lunga vicenda come importante rappresentante politico, racconta il lungo accidentato altalenante cammino che avrebbe dovuto portare alla realizzazione di questa decisiva opera, la quale però, per una serie di concause e di sfortunate coincidenze, restò letteralmente solo sulla carta. Con grandissima rabbiosa delusione della gente, acuita ancora di più dalla contestuale realizzazione (in tempi rapidissimi) sotto il Pizzo Timau a fine anni '60 del tunnel dell'oleodotto Trieste-Ingolstadt che pareva prefigurare, in scala ridotta, la futura galleria automobilistica Timau-Mauthen.
UN VUOTO
Nel racconto di Carpenedo (di certo maggiormente imperniato sulla storia moderna e recente della strada), appare di tutta evidenza un vuoto storico che interessa pressochè tutto il Medio Evo, in particolare il periodo del Patriarcato di Aquileia, di cui quasi nulla si scrive in questo libro. E qui ancora Piutti farà alcune osservazioni che così si possono riassumere:
"Nella primavera del 1077 l’imperatore Enrico IV è di ritorno
dal castello di Matilde di Canossa dove ha fatto atto di sottomissione al papa
Gregorio VII che lo aveva scomunicato per motivi politici (inizia qui il periodo
della lotta per le investiture: da una parte l’Imperatore che si arroga il
diritto di investitura per principi e vescovi, dall’altra il Papa che sancisce
la sua supremazia spirituale con il “Dictatus Papæ”).
Enrico IV è stato nel frattempo abbandonato dal Duca di Carinzia
e dal Conte di Gorizia, suoi feudatari, che gli si sono ribellati ed hanno
sbarrato i principali passi alpini. Il Patriarca di Aquileia, Sigeardo,
rimastogli sempre politicamente fedele e che in precedenza aveva già
ri-comunicato Enrico IV in Aquileia anche senza il “placet” del papa, gli va
incontro e lo scorta con le proprie truppe fino al passo di Monte Croce,
l’unico rimasto libero, attraverso il quale Enrico IV raggiunge la Germania.
E lo stesso Enrico IV il 3
aprile 1077 (con Diploma emesso in Pavia) proclama il patriarca Sigeardo “Princeps Italiae et Imperii” istituendo così ufficialmente la Patria
del Friuli, che conierà propria moneta ed avrà proprie truppe, vero stato
temporale del Patriarca di Aquileia, non soggetto a nessun’ altra autorità
civile" (clicca QUI).
E Piutti, "tirando un po' per la giacchetta la Storia" ma forse non tanto, giungerà ad affermare paradossalmente che proprio il Passo di Monte Croce potrebbe essere stato il catalizzatore dello Stato Patriarchino!
Se non altro però, si può certamente affermare che la strada del Monte Croce Carnico ha avuto un ruolo importantissimo, prevalentemente militare, anche nel periodo del Patriarcato, alla cui nascita il passo di Monte Croce potrebbe aver avuto sì un ruolo occasionale ma non secondario.
Il libro, già di per sè interessantissimo e meticolosamente approntato, è stato inoltre arricchito di due singolari Appendici:
1- Passo di Monte Croce Carnico: l'origine di un nome (Barbara Cinausero Hofer ed Ermanno Dentesano)
Questi due studiosi raccontano le loro indagini per giungere a individuare l'origine di questo nome, attraverso alcune ricerche glottologiche, storiche e di archivio (18 voci bibliografiche per 2 pagine di testo: alto peso specifico, alta autorevolezza).
2- La nazionalità della strada di San Pietro in Carnia di Giuseppe Marchi.
Si tratta di un vero libro di ben 53 pagine, stampato in Tolmezzo nel 1913 dallo Stabilimento Grafico Gio Batta Ciani e qui riprodotto
in anastatica e inserito come libro nel libro. Conserva perfino il colore giallino della carta di allora. Di che si tratta?
Siccome con la legge n. 2248 del 20 marzo 1865 era stato fatto obbligo alle Provincie di compilare l'elenco delle "strade nazionali"
ed avendo la Provincia di Udine sorprendentemente omesso in tale elenco la strada della valle del But che portava in Austria, i sindaci della valle commissionarono al tolmezzino Giuseppe Marchi di radigere un esaustivo documento al fine di sostenere la loro richiesta (davanti alla Commissione parlamentare ed al Regio Governo di Roma) affinchè la predetta strada (allora consortile) fosse classificata come "nazionale". De Marchi non si tirò indietro e approntò questo sagace incredibile convincente volumetto suddiviso in tre utili capitoletti (preceduti da una puntuale premessa) ciascuno dei quali impostato, attraverso approfondita disamina, ad una precisa legittima ragione a sostegno della richiesta:
- Ragioni storiche: in cui si passano in rassegna le vicende storiche che maggiormente interessarono nei secoli questa via.
- Ragioni legali: dove si affrontano argomentazioni socio-politiche e militari, con tabelle esplicative e considerazioni singolari.
- Ragioni subordinate: acute intuizioni e inedite prospettive si incrociano sulla società carnica secolarmente sottomessa e silente.
Insomma si tratta di una vera chicca che viene ad impreziosire il recente lavoro di Diego Carpenedo e porta inevitabilmente a fare un confronto sui mutamenti della sensibilità sociale ed economica intervenuti nell'arco di un secolo sul medesimo problema, la via del Monte Croce, che in epoca attuale venne trattato anche da Domenico Molfetta nel 1997 in un sintetico volumetto assai pregiato e riccamente illustrato.