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DALLA
RESISTENZA A GLADIO
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Gianni
Conedera è autore di un precedente saggio storico sulla
resistenza in Carnia (L'Ultima
verità)
dell'aprile 2004, alla cui recensione si rimanda.
Con questa nuova opera (maggio 2009, euro 17) di ben 365 pagine,
ricca di
fotografie e documenti inediti, l'autore riprende
praticamente tutti gli argomenti svolti nel precedente libro
del 2004 (che a suo tempo aveva
suscitato sulla stampa locale vivaci polemiche) ma approfondisce e
analizza più meticolosamente i vari accadimenti.
Questa volta Conedera, lungi dall'essere stato intimorito dalle precedenti
querele, si appresta
a togliersi molti sassolini dalle scarpe e ribatte, punto
su punto,
alle pretestuose
confutazioni che alcuni ancora oggi tentano, con sempre minor vigore
e credibilità, di opporre (a pag.344).
L'autore è andato a scovare molti testimoni sopravvissuti,
specialmente in Austria e Tirolo, dove ha rintracciato, per esempio,
due dei tedeschi che avevano subito l'attacco partigiano sul ponte
di
Nojaris il 15.7.44: Kaspar Schwalt e Alois Innerhofer. E infatti il
capitolo che riguarda la tragica
morte di Aulo Magrini resta il capitolo del libro più significativo
e completo, perchè l'autore, con nuove prove alla
mano (Innerhofer, dr. Gino Pieri, Mario Beorchia...), riesce a stabilire
una verità che,
peraltro, era sempre stata nota tra le gente nell'Alto But: il dr.
Magrini fu ucciso da una fucilata amica. Analizza l'autore anche varie
altre questioni (e forse le risolve o tenta di farlo) relative a questo
fatto: la sparizione dei soldi, il mistero delle bombe a mano, la scomparsa
della
relazione,
i perchè della uccisione di Magrini da parte dei suoi partigiani,
la lunga detenzione e la fucilazione dell'uccisore di Magrini, Enore
Casali "Olmo"...
Ma ci sono anche altri interessanti episodi nuovi o integrati da ulteriori
testimonianze:
- la battaglia
di Tarvisio, primo episodio resistenziale in Italia, proprio
la sera dell' 8 settembre '43;
- le stragi del 21-22 luglio '44
dell'Alto But (in cui viene individuato con precisione il
comandante tedesco della spedizione punitiva e si ripercorre la storia
del
capitano degli alpini Occelli, processato a Udine
nel 1946, condannato a 24 anni di reclusione con successiva estinzione
della pena per
amnistia...).
- Anche la vicenda di Mirko e Katia si
arricchisce di nuovi elementi che vengono a colmare lacune finora rimaste
senza perchè...
- Di rilievo anche la descrizione della caserma "Piave" di
Palmanova,
sede di inenarrabili torture sui partigiani da parte dei fascisti guidati
dal tenente Borsatti (in questo ambito l'autore rivela una assoluta
imparzialità, attribuendo ai fascisti una serie impressionante
di nefandezze sugli inermi prigionieri).
Del tutto nuovi sono invece i capitoli relativi al dopoguerra,
quando dalle file dei verdi della "Osoppo" prende forma l'organizzazione "Fratelli
d'Italia", successivamente trasformata nella organizzazione
"O" o "Terza
Osoppo". Da qui l'autore ci conduce, attraverso documenti
e tesimonianze dirette, alla formazione della "Gladio",
conosciuta in Europa come "Stay-Behind".
Su Gladio l'autore si dilunga molto e ci propone molti aspetti: una
lista di insospettabili
"gladiatori" carnici (seppure molto incompleta),
la biografia di alcuni di loro, la storia dei NASCO (depositi
segreti di armi) e altri retroscena molto interessanti (il furto dei
due depositi
NASCO
presso
la chiesetta della Madonna
del Ponte di Invillino, la casuale scoperta di un NASCO nei pressi
della chiesa di Ognissanti di Sutrio...).
Alcune considerazioni finali:
- mentre il primo libro era stato stampato dalla Edizioni Andrea Moro di
Tolmezzo,
per la stampa di questa seconda importante opera l'autore si è avvalso invece
di una tipografia trevigiana che pare si sia limitata alla sola stampa, senza
impegni editoriali di distribuzione. Come mai? Forse vi è stato un rifiuto
a
Tolmezzo oppure si tratta di una scelta personalissima e legittima dell'autore?
- tipograficamente questo libro si presenta comunque meglio
del precedente: vi sono infatti meno refusi tipografici e maggiore cura nella
impaginazione, anche se, a mio sommesso avviso, si sarebbe potuto fare ancora
meglio.
- è assente una introduzione o quanto meno una dichiarazione di intenti
che ponesse
subito il lettore davanti ad un tipo di lavoro specifico e particolare.
Ottimo invece
l'elenco
finale
di
tutte
le persone citate nel libro.
- a volte stona davvero il commento o il punto esclamativo o il grassetto che
l'autore spesso ama interporre, quasi a sottolineare un proprio convincimento.
Un ricercatore di storia, seppure autodidatta, non dovrebbe lasciarsi andare
a questo tipo di personalismi, ma dovrebbe limitarsi ad esibire documentazione
e testimonianze, correlandole tra loro. Nè tantomeno
dovrebbe (ab)usare di
toni
retorici
o
peggio
ancora
vagamente lirici
(come a pag. 197) con il rischio, per il lettore, di interpretarli come sarcastici
o ironici (mentre per l'autore magari sono reali).
- inutili ripetizioni, a tratti appesantiscono la lettura.
Avendo detto tutto questo, credo che Gianni Conedera, con questa seconda opera,
si stia ritagliando uno spazio del tutto autonomo nel campo della ricerca storica
di questo cruciale periodo bellico e post-bellico della Carnia. La sua costanza
di
lavoro,
la
sua
ostinazione nella ricerca, il suo coraggio, la sua determinazione lo pongono
certamente tra gli autori giovani che scavano senza pregiudizi, che ricercano
senza
il freno inibitorio della ideologia, che non arretrano di fronte ai modelli
informativi precostituiti, che non temono di andare controcorrente. Da qui
la sua autorevolezza, che
si va facendo via via sempre più nitida e cristallina, anche se ha bisogno
ancora di ulteriore affinamento e maturazione, maggiormente nella stesura dei
testi
e nella indicazione bibliografica.
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