La poesia non ha dei rigidi canoni per essere apprezzata: può piacere o non piacere, può destare un moto dell'animo o può far restare indifferenti; è talmente soggettiva la sua percezione che nessuno è in grado di giudicarne la bellezza. O cogli al volo il lampo accecante o resti al buio. Neppure questi componimenti di Lavinia si sottraggono a tale paradigma e solo una lettura lenta e attenta, solo una solerte immedesimazione nelle sue atmosfere particolari, aiutano a penetrare questo suo piccolo mondo fatto di cose semplici, candide, quasi francescane, a volte ingenue, perfino infantili. Coesistono però anche altre tematiche che si discostano dalla foresta ma che, in qualche modo, ne sono il necessario completamento; e allora troviamo la luminosa Grado e la misteriosa Istria, le isole croate e i paesini di Carnia...
Conoscendo la base culturale classica di Lavinia, a me è parso perfino di cogliere qua e là delle lontane risonanze leopardiane (pag 15), foscoliane (pag 49), pascoliane (pag 55), perfino dannunziane (passim) anche se l'autrice forse ne è inconsapevole strumento. E quando parla di "...come appena generato dalla mano del grande Architetto" non posso non pensare a reminiscenze massoniche (ma forse questo è davvero troppo!). Alcuni versi mi hanno particolarmente suggestionato: "...poi mi è sembrata dolce quest'acqua salata sulle labbra di un amore d'estate..."; "...ancora più belle sono in mare aperto dispiegate petali bianchi che danzano sull'acqua..."; "... gregge di case aggrappate saldamente sull'orlo del precipizio..."; ma il testo più intenso e originale mi è parso "Miele di salvia" dove la metafora della vita viene colta attraverso le caratteristiche di questo tipo particolare di miele. Ecco l'intervista a Lavinia sulla pista di fondo dei Laghetti di Timau: clicca QUI
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