L'ARROGANZA DEL CUORE

divider.gif (415 bytes)

 

Prima di presentare il nuovo romanzo di Claudio Calandra, nato a Paluzza da madre carnica e residente a Modena, occorre ricordare i suoi tre precedenti: il primo DO SVIDANIA; il secondo VIA DEI SERVI; il terzo BUCCE D’ARANCIA SUL FRONTE DI NORD EST.
Questo nuovo romanzo, che si muove tra Milano Torino e Grado, prende le mosse e ruota principalmente attorno ad un ambiente sicuramente nuovo ma non certo sconosciuto all’autore: si tratta dell’ambiente medico, visto, osservato e sezionato dal suo interno, un interno assai familiare a Calandra, non solo per i suoi molteplici rapporti professionali col mondo scientifico medico ma anche per la sua diretta esperienza come paziente. Un mondo dunque che Calandra conosce assai bene, in tutte le sue sfaccettature e in tutte le sue dinamiche, in tutte le sue ambiguità e ipocrisie, un mondo che a volte non lascia trapelare nulla all’esterno ma che riesce spesso a metabolizzare al suo interno droghe e veleni, sangue e pugnali, rabbia e lacrime.
Un mondo che la gente comune non conosce affatto, anche se spesso paga sonore parcelle ai baroni e ai luminari della medicina. Si tratta di una Clinica Chirurgica, che nel romanzo appare popolata da personaggi a volte senza scrupoli, senza etica, senza umanità, animati solo da un superEGO che sovrasta ogni altra aspirazione o tensione morale, in una sfrenata lotta fratricida per la supremazia del territorio... “scientifico”. Un EGO che  si impone su tutto: amicizia, affetti, comprensione… Pur tuttavia in questo ambiente così difficile e umanamente ostile, Calandra riesce a tratteggiare alcune figure che, se al primo approccio appaiono estremamente negative, arroganti e piene di sé, ad una successiva analisi più  adeguata del loro profilo umano, ci appaiono dotate di alcuni tratti sorprendentemente positivi o comunque più umani: tra queste vi è la dottoressa Giulia, la protagonista femminile del romanzo, che dopo lunghi anni trascorsi a costruire il proprio ruolo nella società ed il proprio curriculum, senza mai avvertire il benché minimo sussulto verso chi soffre, riesce alla fine forse a riscattarsi non dopo aver attraversato il deserto della sua anima ed esserne uscita quasi annientata.
Ma sarebbe certamente riduttivo limitare il senso e la suggestiva trama di questo romanzo brillante tra le asettiche e fredde pareti di una clinica chirurgica dove vige la imprescindibile legge "mors tua, vita mea" e che Calandra riesce a fotografare impietosamente in tutti i suoi aspetti più deteriori.

Attorno a questo nucleo principale infatti, che potrebbe costituire il catalizzatore della intera vicenda, ruotano e si staccano altri elementi che a mio avviso fanno di questo romanzo una palpitante vetrina di personaggi vivi e reali al punto che a tratti si ha quasi l’impressione di vivere una realtà concreta, quasi cronachistica.
Tra questi elementi mi piace innanzitutto ricordare il fascino della vecchia borghesia del Novecento, incarnata dal nonno Ulderico intelletuale di sinistra, che disprezza chi non è studiato e si vanta presso i nipoti di avere un bagaglio culturale di altri tempi, caratterizzati e  forgiati da uno studio matto e disperatissimo (per dirla col Leopardi): “ai miei tempi…” ama ripetere il vecchio, uno dei tanti laudatores temporis acti, che anche oggi popolano la nostra società, a dimostrare che il passato, comunque sia, è sempre ritenuto migliore del presente.
Un altro elemento pregevole di questo lavoro letterario è rappresentato dalla analisi dei rapporti interpersonali che sussistono tra i vari personaggi: quello di Giulia con il marito, quello tra nonno e nipoti, quello tra madre e figlia, quello tra cugini… L’indagine psicologica che l’autore costantemente delinea, risulta molto approfondita e sempre precisa, sostenuta da considerazioni e tratteggi di sicura presa. L’analisi dei vari caratteri, dei variabili sentimenti, della personali attitudini appare sempre molto aderente alla realtà al punto che taluni personaggi pare non siano solo un prodotto della fantasia dell’autore ma celino in effetti persone concrete, ben conosciute da Calandra o addirittura vi sia l’autore stesso in precise autoriflessioni. Diversamente non si spiegherebbe la gran quantità di fini dettagli, di peculiari riferimenti e di altre puntuali evocazioni che rendono questo romanzo molto attuale e moderno. Questa introspezione psicologica va ad interessare tutti i principali protagonisti della vicenda che vanno così a formare una caleidoscopica galleria di personaggi puntigliosamente caratterizzati.
Altri argomenti toccati nel romanzo: la sottile differenza tra professionalità ed etica professionale, l' accanimento terapeutico, l'inadeguatezza umana del medico, il tribunale dei diritti malato, gli ospedali azienda, le dimissioni veloci, il budget, il senso di onnipotenza nella nostra società, l' ambizione sfrenata, la bramosia di potere e di soldi…
Mi ha particolarmente colpito in Calandra il suo approccio con la suggestione amorosa, intesa in tutte la varie sfaccettature, che egli sa descrivere con toni oserei dire lirici, delicati, gentili pur dovendo affrontare magari momenti di difficile resa letteraria: l’autore riesce meravigliosamente a far emergere e soprattutto a far comprendere al lettore il momento magico dell’amore o del sesso in ogni sua espressione ed in ogni momento (anche quando quando "gli occhi hanno il colore dei sogni proibiti"); analizza profondamente le dinamiche della coppia in crisi (Giulia isterica dopo la cena, accusa Massimo di fissare la Renata, solo per trovare in sé una attenuante al suo innamoramento per Paolo), non è mai banale o scontato; lascia alla fantasia del lettore immaginare la scena; sa abbordare anche situazioni al limite della accettazione morale borghese e ne sa trarre dei quadri che definirei impressionistici, nel senso che pare pennelli ciò che vede, in tempo reale, analizzando le tessere più piccole per andare a formare una tela sempre nuova a seconda dell’angolatura da cui la si osservi.
Usa toni di intenso lirismo nella descrizione dei vari paesaggi: la luna, le ombre, i tramonti, le nebbie, le foschie... I luoghi di  infanzia dei personaggi vengono spesso rievocati con quel gusto e con quella ricerca dei particolari che è propria solo di chi ne ha vissuto la esperienza: ed in certe pagine ho avvertito dei fortissimi cenni autobiografici che, lungi dall’appensantire il romanzo, lo rendono più vero e più vivo, più arioso più familiare; a volte ti pare di esserci stato anche tu a Grado in quella villa liberty d’ altro tempo...

Atri temi toccati e lasciati poi alla riflessione del lettore: i figli delle donne in carriera, i figli in provetta, i figli nati dallo stupro… una meravigliosa descrizione di un concepimento in Carnia...

Da ultimo voglio sottolineare un particolare aspetto del romanzo che, pur essendo ambientato sempre lontano da qui, Calandra ha saputo impastare e far lievitare con saporiti fruçons di Carnia.
Non a caso infatti vi troviamo diluite queste parole: Zenodis, Moscardi, Tenchia, Valpudia... che, pur avendo nel romanzo altro significato semantico, evocano immediatamente il luogo di nascita dell’autore, la nostra Carnia; mentre i cognomi Plazzotta, Tassotti…  non fanno che confermare l’amore nostalgico di Calandra per la sua madre terra.
E ringrazio Claudio anche per questi fini dettagli che dicono molto più di paginate di costosissima pubblicità policroma.

Questo romanzo ed i suoi precedenti, l’APT della Carnia dovrebbe diffondere e pubblicizzare…

home.gif (2935 bytes)


Cjargne Online
1999-2005© - Associazione culturale Ciberterra - Responsabile Giorgio Plazzotta
I contenuti presenti in questo sito sono di proprietą degli autori - Tutti i diritti riservati - All rights reserved
Disclaimer