Elezioni regionali e coalizioni partitiche in

Friuli-Venezia Giulia dal 1964 al 2001  
libera estrazione da un saggio di Daniel Spizzo (ricercatore Scienze Politiche, Università degli studi Trieste) pubblicato in “Le istituzioni del federalismo” N° 3-4, maggio-agosto 2000 Anno XXI

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Sommario:

- Introduzione

- 1963-1992, l'era del centro-sinistra: governo di partito e stabilità politica.

- 1993-1998, Tangentopoli e la crisi del sistema partitico regionale.

- 1998: l'impatto della riforma elettorale sulle elezioni del 1998.

- TABELLE

 

 

Introduzione

Tra le Regioni a Statuto speciale, il Friuli-Venezia Giulia è quella di più recente costituzione.

Il suo Statuto è stato approvato, con legge costituzionale, soltanto agli inizi del 1963, a più di quindici anni di distanza dall'istituzione delle altre quattro Regioni speciali. La Carta statutaria è diventata operativa, sotto il profilo istituzionale, dopo le votazioni regionali del 10 maggio 1964, con l'elezione dei primi consiglieri regionali e con il conseguente insediamento della prima Giunta Berzanti (DC). Le istituzioni portanti della politica regionale del Friuli-Venezia Giulia hanno così cominciato a funzionare solo dalla metà degli anni sessanta.

Durante i suoi primi trent'anni di esistenza, la Regione ha goduto di una stabilità politico-istituzionale per certi versi straordinaria. Dal 1964 al 1993, vi sono stati solo quattro uomini politici - tutti esponenti di rilievo della Dc regionale -, ad occupare la carica di Presidente della Giunta. Tale stabilità dei vertici istituzionali della Regione, che si è manifestata nel lungo periodo anche a livello di molte cariche assessorili è stata certamente favorita dalla continuità nella formula coalizionale di governo. Difatti, per quasi tutto l'arco dei trent'anni, si sono succedute coalizioni di centro-sinistra, guidate dalla Dc e sostenute prevalentemente da Psi, Psdi e Pri.

Netto è invece il contrasto con il periodo immediatamente successivo al 1993. A partire da tale data, difatti, si possono riscontrare mutamenti di grande rilievo sia a livello di stabilità/continuità dei vertici istituzionali, sia sul piano della politica coalizionale dei partiti presenti nel Consiglio regionale. Con l'inizio della settima legislatura regionale prende il via una fase di instabilità che non ha precedenti nella storia della Regione.

In soli cinque anni, dal 1993 al 1998, si sono succedute ben 6 giunte regionali, ognuna delle quali è stata guidata da leaders politici che non hanno mai ricoperto, prima del loro insediamento, la carica di Presidente della Regione. Altrettanto variegate sono state poi le coalizioni partitiche che hanno sostenuto le singole giunte. Tra i membri dei diversi governi regionali troviamo, in effetti, esponenti di spicco di quasi tutti i partiti rilevanti, sia di destra che di sinistra, ad esclusione di Rifondazione comunista.

Assistiamo così ad una politica di coalizione che vede come protagonisti principali quasi tutti i partiti che si collocano sull'asse destra-sinistra. Non si è più in presenza di quelle modalità limitate e periferiche di avvicendamento e di ricambio al potere regionale - rispondenti per di più alle contingenti richieste di riequilibrio spartitorio provenienti dai singoli partiti che sostengono le giunte regionali -, tipiche del periodo pre-1993.

Ciò è sicuramente dovuto in gran parte al venir meno di un partito egemonico e pivotale come la Dc, che, collocatosi stabilmente al centro dello spazio politico, aveva dimensioni tali da rendere impossibile la formazione di una maggioranza alternativa da parte dei partiti che si trovavano alla sua destra o alla sua sinistra.

 

L'era del centro-sinistra: governo di partito e stabilità politica.

 

Particolare è la partecipazione politica dell'elettorato friulgiuliano, e la  specificità del sistema partitico regionale ed i rapporti istituzionali tra Giunta e Consiglio regionali.

Innanzi tutto, se analizziamo in prospettiva storica i dati sulla partecipazione elettorale, notiamo che la percentuale del non-voto (astensionismo + schede bianche + schede nulle) nelle regionali del Friuli-Venezia Giulia risulta sempre superiore rispetto a quella delle elezioni nazionali. Sicuramente ci troviamo in presenza di una quota di voto non espresso che, pur mantenendosi su tassi inferiori a quelli di molte altre Regioni italiane, è legato in qualche modo alla percezione che le elezioni regionali sono sempre meno importanti di quelle nazionali. In linea di massima, se il non voto per le elezioni nazionali, almeno fino al 1978, supera raramente la soglia del 10%, nel caso delle elezioni regionali esso si avvicina invece continuamente al 15% (vedi tab.1). Dalle elezioni del 1983 in poi, tali valori percentuali crescono ulteriormente fino ad assestarsi attorno al 20%, nel caso delle elezioni regionali del 1988, e del 13 %, nel caso di quelle politiche del 1987.

Veniamo adesso ai principali partiti che dominano il proscenio regionale dal 1964 al 1992. Il sistema elettorale della Regione ha previsto, almeno fino alla riforma del 1998, l'elezione con riparto proporzionale dei consiglieri regionali sulla base di liste concorrenti e con recupero dei voti residui in un collegio unico regionale. Si è votato, quindi, per tutto il trentennio con un sistema proporzionale praticamente puro. Orbene, se guardiamo agli andamenti elettorali dei principali partiti, prodotti dall'applicazione di tale legge elettorale, riscontriamo come la Democrazia cristiana si afferma subito come il principale partito della regione. Tuttavia, la sua evoluzione conosce, nel tempo, una significativa erosione. La Dc passa infatti dal 45% dei voti totalizzati nel 1968 al 34 % del 1983. Solo nel 1987 recupera tre punti percentuali, raggiungendo il 37%. In termini di seggi consiliari, la Dc rimane, per tutto il trentennio, il partito di maggioranza relativa, godendo nel contempo di un considerevole vantaggio - sia di seguito elettorale che di seggi consiliari - sul principale partito di opposizione, il Pci.

Nel caso dei voti raccolti dal partito comunista,  vediamo come essi non subiscono fluttuazioni degne di nota nell'arco di tempo qui considerato. Dal 1964 al 1988 essi oscillano intorno al 20 % dei voti validamente espressi. Anche nel caso del Psi, il principale alleato al governo regionale della Dc, non si riscontrano grandi variazioni nella propria base elettorale. Durante le votazioni per i primi quattro consigli regionali, il voto Psi raccoglie tra il 9 e l'11% dei voti validi. Solo con le elezioni del 1988, il Psi compie un balzo in avanti di 6 punti percentuali, raggiungendo quasi il 18 %. Il Psi conquista 12 seggi in Consiglio regionale e diventa il secondo partito regionale, davanti al Pci che riesce a conquistarne solo 11.

Ad ogni modo, sul lungo periodo, non si può quindi rilevare una forte volatilità delle fortune elettorali dei singoli partiti rilevanti da una tornata all'altra. A parte l'affermazione, per certi versi repentina, del Movimento Friuli nel 1968 e della Lista per Trieste nel 1978 e qualche exploit - temporalmente circoscritto - dei partiti minori della coalizione (Psdi, Pli e Pri), l'evoluzione del quadro partitico regionale si assesta su comportamenti elettorali abbastanza lineari e prevedibili (visto che il trend elettorale delle regionali rispecchia sovente i cambiamenti che avvengono a livello delle elezioni al parlamento nazionale). Il sistema elettorale di stampo proporzionalistico, pur favorendo con il passare degli anni una certa  frammentazione del quadro partitico - dai 9 partiti rappresentati in Consiglio nel 1964, si passa ai 13 della sesta legislatura (si veda tab.2) -, non sembra, nel contempo, ostacolare una forte stabilità del personale politico della Regione. E`stata proprio tale stabilità che ha favorito una crescita continua di outputs delle politiche regionali che sono state positivamente percepite dai cittadini della regione. Ciò vale soprattutto per il periodo che fa seguito al terremoto del 1976 e, poi, per tutta la fase della ricostruzione e di ordinaria amministrazione della politica regionale fino alla metà degli anni ottanta. D'altronde alcuni sondaggi effettuati all'epoca tra la popolazione del Friuli-Venezia Giulia hanno rilevato un suo forte attaccamento alle istituzioni regionali.

Nel Friuli-Venezia Giulia si consolida, proprio in quegli anni, una forma di party government regionale che tenta di rispondere, per metà, a rivendicazioni di tipo spartitorio provenienti dai singoli partiti e, per l'altra metà, a richieste di innovazione politico-programmatica, presentati soprattutto dai principali gruppi d'interesse regionali. Si tratta di un sistema di governo dove, all'alta frammentazione del sistema partitico, si associa una marcata continuità a livello di titolarità delle cariche politico-amministrative più importanti. Le frequenti crisi di governo degli anni ottanta non debbono pertanto trarci in inganno. Si tratta sovente di crisi relativamente brevi, durante le quali assistiamo, a livello di assessorati, ad alcuni rimpasti marginali, in funzione delle contingenti ragioni di potere dei singoli partiti.

Le coalizioni partitiche che sostengono la grande maggioranza delle giunte friulgiuliane, prima del 1993, sono quasi tutte di tipo sovradimensionato. Coalizioni del tipo "minimo vincente" non sono apparse sufficienti a garantire la stabilità di governo. In tale prospettiva è stato proprio il carattere sovradimensionato delle coalizioni a rafforzare, nel tempo, la centralità del partito democristiano. La Dc ha avuto una particolare convenienza in tale formula coalizionale, visto che, includendo nelle maggioranze delle singole giunte i suoi potenziali alleati minori di centro-sinistra, si è garantita semplicemente il ruolo di baricentro della coalizione. Così si capisce perché la Dc abbia detenuto tutte le cariche di Presidente della Regione e sempre più della metà degli assessorati in giunta dal 1964 fino al 1993.

 

La crisi del sistema partitico: l'impatto delle elezioni regionali del 1993.

 

La transizione avviatasi dopo le elezioni regionali del 1993 ha introdotto cambiamenti di grande rilievo nella politica del Friuli-Venezia Giulia. Essi si sono manifestati su diversi piani. Per quel che concerne la partecipazione elettorale dei cittadini della regione, non si può fare a meno di notare un  incremento significativo del non voto: si passa dal 21% delle elezioni del 1988 al 25 % del 1993.

Ma i dati più interessanti sono quelli che emergono da un'attenta analisi della distribuzione dei voti tra i singoli partiti. I risultati elettorali non lasciano, come vedremo tra poco, ombre di dubbio: si assiste ad una profonda ristrutturazione del sistema partitico della Regione. Intendiamoci però: quando gli elettori della regione si recano alle urne nel giugno del 1993 essi non si trovano di fronte ad un insieme di liste partitiche del tutto irriconoscibili. Le novità di maggior rilievo risiedono prevalentemente nelle candidature presentate dalla Lega Nord, dalla Lega autonomista friulana, dal Pds e da Rc. Per il resto, ritroviamo ancora i vecchi partiti: Dc, Psi, Pri e Pli. Pertanto i cambiamenti più significativi non vanno ricercati dal lato dell'offerta partitica, ma piuttosto nell'esito della consultazione elettorale, cioè a livello della distribuzione dei seggi in Consiglio regionale.

Per iniziare, bisogna sottolineare che non si assiste, al momento dell'insediamento della settima Assemblea regionale, ad un'ulteriore frammentazione del quadro partitico consiliare. Al contrario: il numero dei partiti eletti in Consiglio scende da 13 a 11. Le liste che invece si sono presentate alle elezioni sono state 15. Come tale, il sistema elettorale di tipo proporzionale non può essere di certo accusato di aver assecondato una rinnovata frammentazione partitica al momento dell'insediamento del nuovo Consiglio. Risulta pertanto difficile stabilire un legame di causazione diretta tra tipo di sistema elettorale e instabilità delle giunte regionali. In realtà, l'accelerazione delle instabilità degli esecutivi regionali può essere imputata ad una pluralità di cause. Le più importanti, tuttavia, risiedono primariamente nei rapporti interpartitici che si sono instaurati in seno all'Assemblea regionale ad elezioni già avvenute.

Alcuni dei risultati più eclatanti delle elezioni del 1993 paiono singolari. Balza subito agli occhi la prorompente affermazione elettorale della Lega Nord. Il movimento capeggiato da Bossi diventa il primo partito della Regione, conquistando il 26,7 % dei suffragi. Nel contempo assistiamo alla bruciante sconfitta del partito democristiano (che passa dal 37  al 22%) e del Psi (che crolla dal 18 al 5 %). Si registra poi la sostanziale tenuta (anche se con una lieve flessione) dei partiti appartenenti all'ex-area del Pci, Pds e Rc. Come ben sappiamo, tale esito delle votazioni è stato in gran parte dovuto all'impatto esercitato dagli scandali di Tangentopoli sull'opinione pubblica della Regione. Lo scrutinio regionale d'altronde non fa altro che confermare i profondi cambiamenti che si sono manifestati nei grandi orientamenti di voto durante le elezioni nazionali del 1992. Da questo momento in poi gran parte della politica regionale (per ciò che attiene soprattutto alle strategie coalizionali dei singoli partiti e alle varie ricomposizioni dei gruppi consiliari) diventerà particolarmente sensibile alle vicende politiche nazionali.

Finisce così quella fase di marcata stabilità che, per alcuni suoi aspetti, aveva fatto della Regione Friuli-Venezia Giulia un unicum nel panorama delle Regioni italiane. Inizia invece una fase di instabilità e di crisi che presenterà marcate affinità con gli avvenimenti partitici nazionali.

La novità di maggior rilievo può essere individuata nel venire meno di un partito egemonico in seno al Consiglio. Ridimensionato il peso partitico della Dc, i rapporti di forza interni al Consiglio diventano, in funzione anche della dispersione della forza elettorale dei vecchi partiti, più equilibrati e per questo anche più conflittuali. La Ln, con i suoi 18 seggi ad inizio legislatura[1], possiede solo tre seggi in più della Dc. Saranno questi due gruppi consiliari che tenteranno di occupare a più riprese il centro dello scacchiere partitico regionale. E questo anche in seguito alle scomposizioni avvenute in seno ai vari gruppi consiliari, dall'inizio del 1994 in poi. Dopo tale fase di continue trasmigrazioni da uno schieramento all'altro, nel 1997, la Ln, con il suo gruppo di 12 consiglieri, continua ad essere il partito di maggioranza relativa. Il gruppo consiliare del Ppi (erede di quello democristiano) rimane sempre secondo, con undici consiglieri.

Ma il dato di fatto più significativo risiede soprattutto nel sorgere di nuovi gruppi consiliari che riescono a dotarsi di forti potenziali di coalizione e di ricatto nei confronti dei partiti maggiori che aspirano al governo regionale. Il numero effettivo dei gruppi consiliari, cioè il numero dei gruppi che diventano rilevanti dal punto di vista della formazione delle nuove giunte, si avvicina, dopo il 1996, alla decina. Vi sono infatti ben sette gruppi che, pur annoverando tra le proprie fila solo 3 consiglieri, riescono in qualche modo ad influenzare la politica coalizionale in vista della formazione delle singole giunte. Molti riescono a difendere efficacemente i propri interessi di partito durante le singole crisi di governo. Assistiamo così, nel corso della legislatura, ad un livellamento dei numeri relativi alla membership di ogni singolo gruppo. Le differenze numeriche tra i membri di ogni singolo gruppo non lasciano più intravedere l'esistenza di uno o di più partiti predominanti. Ve ne sono diversi che possiedono praticamente lo stesso peso politico: un fatto, questo, che, come possiamo ben immaginare, avrà notevoli ripercussioni sulla tenuta delle singole giunte.

Per la prima volta nella storia del sistema politico regionale si può osservare la nascita di coalizioni di governo di tipo minoritario (cioè che non dispongono di una maggioranza consiliare). Ve ne saranno tre nel corso della settima legislatura. Le prime due, quelle guidate dal leghista Fontanini e dal pidiessino Travanut, saranno in assoluto quelle di più breve durata: rispettivamente 142 e 170 giorni. La giunta presieduta da Cruder dal 1996 al 1998 rimarrà invece in carica per 556 giorni: una durata, questa, che ricorda quelle delle giunte degli anni ottanta.  Dopo la formazione della giunta Fontanini (appoggiata da Ln, Pri e Pli) aumenta anche il numero dei partiti che sostengono l'esecutivo regionale. Sei sono i partiti che compongono le giunte Travanut e Cruder, cinque quelli che sostengono la Giunta Cecotti. Si tratta di partiti che, di volta in volta, vengono raggruppati sotto il tetto comune di alleanze di governo che tentano di imitare le formule coalizionali (prevalentemente di centro-destra o di centro-sinistra) impostesi a livello nazionale.

Le diverse forze in campo, nel giustificare le proprie scelte coalizionali, si ispirano più o meno direttamente alle strategie e alle tattiche di coalizione che orientano, nel corso degli anni, l'azione politica delle rispettive segreterie nazionali. La Giunta di centro-sinistra di Travanut si insedia in seguito ai successi elettorali dei progressisti alle elezioni amministrative del ‘93, l'esecutivo di centro-destra guidato dalla Guerra nasce dopo il successo del Polo del 1994, la giunta di Cecotti, appoggiata da Ln, Ppi, Pds, Verdi e Si, sorge in seguito all'uscita della Lega dall'alleanza con Berlusconi e, infine, la giunta di centro-sinistra di Cruder segue di qualche mese la vittoria dell'Ulivo alle elezioni del 1996.

 

L'ottava legislatura: l'impatto della riforma elettorale sulle elezioni del 1998.

 

In vista delle elezioni del giugno 1998, il Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, dopo tre anni di accesi dibattiti, approva una nuova legge elettorale che conferma, sostanzialmente, l'impianto proporzionale della precedente. Tra le lievi modificazioni apportate troviamo l'introduzione di una soglia di sbarramento del 4,5 % da applicare in sede di riparto nel collegio unico regionale. Si tratta, come possiamo vedere, di una riforma di basso profilo, adottata più che altro per mascherare i profondi contrasti esistenti tra i singoli partiti regionali sul tema della riforma elettorale. Tuttavia, come vedremo tra poco, tale normativa, almeno per ciò che riguarda la sua capacità disrappresentativa in sede di traduzione dei voti in seggi, si è rivelata capace di ridurre, anche se non in maniera particolarmente incisiva, la frammentazione partitica.

Il dato primario, che colpisce subito, è la fortissima crescita del non-voto. I voti non espressi nelle elezioni regionali del 1998 sfiorano quasi il 40 %. Si tratta sicuramente del dato più macroscopico di questa tornata elettorale. Tale crescita - quasi esponenziale - può essere considerata sia come una ulteriore prova della crescente disaffezione dei cittadini della regione verso la politica, sia come una testimonianza della accresciuta incapacità dei partiti regionali di mobilitare gli elettori. 

Per quanto attiene agli effetti della recente riforma elettorale sul sistema partitico regionale, notiamo in primo luogo che il numero dei partiti presenti in Consiglio scende da 11 a 8. Dal 1993 al 1998 vi è stato d'altronde anche un leggero calo dal lato dell'offerta partitica: si è passati da 15 a 13 liste che si sono presentate alle elezioni. Resta da capire se tale diminuzione del numero dei partiti sia dovuta alla nuova legge elettorale o, semplicemente, alla stabilizzazione del quadro partitico a livello nazionale dopo la crisi generale degli anni 1992-1996.

Due sono le nuove formazioni partitiche che si presentano per la prima volta al giudizio degli elettori durante le votazioni regionali. Troviamo, in primo luogo, Forza Italia che, con la conquista del 21% dei suffragi, diventa il primo partito della regione. Il Centro popolare riformatore (CPR), la formazione neo-centrista creata da alcuni esponenti del mondo cattolico regionale, ottiene l'11% dei voti. Trattandosi in gran parte di una formazione verso la quale sono confluiti gli elettori del Ppi regionale, riscontriamo, nel suo caso, la perdita di un seggio. La Lega Nord passa dal 27 al 17 %, mantenendo però intatta la sua base consiliare detenuta, in seguito a varie defezioni, alla fine della settima legislatura. Il numero dei consiglieri leghisti resta fisso a quota 12. In forte crescita invece risultano i Ds (con il 15%) e An, che supera quota 13 %.

L'esito delle votazioni ci consegna una Regione Friuli-Venezia Giulia che si è lievemente spostata a destra. A fine luglio, ottiene la fiducia una giunta di centro-destra presieduta da Antonione, uno dei leader regionali di Fi. La coalizione minoritaria che sostiene il nuovo esecutivo, che è composta da Fi, An e Uf, è rimasta al potere fino al giugno 2001 grazie all'appoggio esterno della LN. Si tratta di un esecutivo anomalo, almeno nel quadro della politica regionale, visto che la sua permanenza - relativamente lunga – è stata costruita sia sull'astensione 'benevola' della Lega Nord in occasione del dibattito sulla fiducia del 1998, sia sul suo appoggio diretto e mirato su singoli provvedimenti legislativi durante il 1999 e i primi mesi del 2000.

Tra i due poli, quello di centro-destra e quello di centro-sinistra, la posizione occupata dalla Lega, che ha tentato più volte di scardinare tale struttura bipolare con una politica neo-centrista da "terzo polo",  si è rivelata il vero ago della bilancia per la tenuta della giunta Antonione. Tant'è che ancora oggi rimane aperta la questione sul tipo di competizione interpartitica in atto nella regione, ovvero se sia opportuna considerarla come di natura tendenzialmente bipolare o tripolare. Ovviamente, il problema nasce dalla valutazione che si dà al ruolo della Ln.

Numerose sono state le pressioni esercitate sulla Lega da parte dei vertici del Polo, soprattutto dopo la loro alleanza per le elezioni regionali dell'aprile 2000, affinché il partito di Bossi entrasse, a pieno titolo, nell'esecutivo regionale, cosa che è poi avvenuta nel giugno 2001, con la elezione di Tondo (FI) presidente della Giunta e la Guerra (LN) vicepresidente.

In conclusione, come possiamo notare, la nuova legge elettorale non ha semplificato, de facto,  il sistema partitico regionale. In effetti, non è emersa dalle votazioni un'alleanza politica vincente, capace di raccogliere la maggioranza dei seggi per la creazione di un esecutivo stabile. La dispersione della forza elettorale, tra i singoli partiti rilevanti, è rimasta ancora molto marcata. Il sistema partitico del Friuli-Venezia Giulia rimane proprio per questo in balìa di precari equilibri politici, che favoriscono sia l'incertezza che la conflittualità. 

 

Nell'ambito dei progetti per la Grande Riforma dello statuto speciale del Friuli-Venezia Giulia, presentati negli ultimi dieci anni, le proposte che mirano a modificare sia il sistema elettorale, sia le norme istituzionali che regolano i rapporti tra Consiglio e Giunta regionale, sono state molto numerose. Ma nessuna di esse è stata capace, sinora, di raccogliere un ampio consenso. Pertanto, il cammino verso la tanta auspicata revisione dello Statuto, almeno per ciò che concerne le riforme istituzionali rilevanti per garantire una maggiore stabilità delle giunte, si prospetta ancora come molto lungo. Neppure l’ultima proposta dell’attuale maggioranza di centro-destra è riuscita a coagulare un sufficiente consenso tra l’opposizione.  

 

TABELLE

 

Tab 1.a      Consiglio Regionale del Friuli-Venezia Giulia Percentuale dei votanti e dei voti validi sul totale degli elettori; percentuale dei voti ottenuti dai partiti sul totale dei voti validi (1964-1998).

 

1964

1968

1973

1978

1983

1988*

1993*

1998

 

 

 

 

 

 

 

 

 

% Votanti

88,51

87,92

89,66

90,55

88,65

84,24

80,09

64,81

% Voti val.

86,12

85,41

86,30

86,88

83,04

79,07

74,68

60,68

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Estr Sin (1)

2,6

4,7

-

1,3

1,5

1,3

5,5

6,8

Pci-Pds-Ds

18,5

20,1

20,9

21,8

21,7

17,6

9,9

15,3

Rad

-

-

-

0,4

-

-

-

-

Verdi

-

-

-

-

-

2,1

5,4

-

Lista Verde

-

-

-

-

-

3,9

-

-

Fed.Verdi

-

-

-

-

-

-

-

4,9

Psi

10,7

10,0 **

12,2

9,5

11,3

17,7

4,7

-

Psdi

9,3

 

8,2

5,0

5,7

4,0

1,6***

-

Dc

43,1

44,9

39,7

39,6

34,2

37,2

22,3

-

Pri

0,9

2,5

2,7

2,3

4,7

2,6

1,7

-

Ppi

-

-

-

-

-

-

-

-

Ri

-

-

-

-

-

-

-

-

Fi-Ccd-Fc

-

-

-

-

-

-

-

20,7

Pli

6,2

4,9

3,6

1,3

2,2

1,6

1,3

-

Msi- Dn-An

6,1

5,1

7,5

4,2

5,5

5,5

8,3

13,3

Lega Nord

-

-

-

-

-

-

26,7

17,4

Unione Slov

1,3

1,4

1,3

1,1

1,2

1,1

1,2

-

Mov. Friuli

-

5,1

3,0

4,6

4,3

1,7

1,6

-

L. p. Ts

-

-

-

6,5

5,7

2,9

3,3

-

Mi Tlt-Fvg

0,7

0,7

0,6

0,5

0,5

0,3

-

-

C.Pop.Rif.

-

-

-

-

-

-

-

11,0

Lega Aut.Fr.

-

-

-

-

-

-

4,7

-

Unione Friuli

-

-

-

-

-

-

-

3,7

Altri****

0,6

0,6

0,3

-

1,5

0,5

1,8

6,9

·        Psiup-Dp-Pdup-Prc.    

·        Dati Ufficiosi.

** 1968: Psi + Psdi Unificati con la sigla Psu Nella circoscrizione di Udine

 non venne presentata la Lista.

*** Psdi + Verdi.

 

 

Tab 2.            Consiglio Regionale del Friuli-Venezia Giulia. Numero dei seggi ottenuti dai partiti (1970-2000).

 

1964

1968

1973

1978

1983

1988

1993

1998

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Estr Sin (1)

1

3

-

2

1

1

4

4

Pci-Pds-Ds

11

12

13

14

14

11

6

10

Rad

-

-

-

-

-

-

-

-

Verdi

-

-

-

-

-

1

3

-

Lista Verde

-

-

-

-

-

2

-

-

Fed. Verdi

-

-

-

-

-

-

-

3

Psi

7

      6 *

8

5

7

12

3

-

Psdi

6

 

4

3

3

2

-

-

Dc

28

29

26

26

23

24

15

-

Pri

1

1

1

1

3

1

1

-

Ppi

-

-

-

-

-

-

-

-

Ri

-

-

-

-

-

-

-

-

Fi+Ccd+Fc

-

-

-

-

-

-

-

14

Pli

3

3

2

1

1

1

1

-

Msi-Dn- An

3

3

4

2

3

3

5

9

Lega Nord

-

-

-

-

-

-

18

12

Unione Slov

1

1

1

1

1

1

-

-

Mov. Friuli

-

3

2

2

2

1

-

-

L. p. Ts

-

-

-

4

4

2

2

-

Mi Tlt

-

-

-

-

-

-

-

-

C.Pop.Rif.

-

-

-

-

-

-

-

7

LegaAut.Fr.

-

-

-

-

-

-

2

-

Unione Fr.

-

-

-

-

-

-

-

1

Altri **

-

-

-

-

-

-

-

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

·          Psiup-Dp-Pdup-Prc

*1968: Psi + Psdi unificati sotto la sigla Psu. Nella circoscrizione di Udine

 non venne presentata la Lista.

 

Tab 3.            Presidenza del Consiglio Regionale del Friuli-Venezia Giulia (1970-2000).

Leg

Data di elezione
del Pres del CR

Presidente del CR

Partito del Pres.

Partito del Vice Presid.

Partito del Vice Presid.

(1)

 

 

 

 

 

 

I

26/05/64

Teodoro De Rinaldini

Dc

Psdi

Pci

II

15/06/68

Michelangelo Ribezzi

Dc

Psi

Pci

III

07/07/73

Alfredo Berzanti

Dc

Psi

Pci

 

04/12/74

Arnaldo Pittoni

Psi

Pci

Dc

IV

17/07/78

Arnaldo Pittoni

Psi

Dc

Pci

 

01/12/78

Mario Colli *

Pci

Dc

Psdi

V

18/07/83

Vinicio Turello

Dc

Psi

Pci

 

24/10/84

Luigi Manzon

Psi

Pci

Psdi

 

24/10/85

Paolo Solimbergo**

Pli

Pci

Psdi

VI

20/07/88

Bruno Longo

Dc

Psi

Pci

 

05/10/88

Paolo Solimbergo

Pli

Pci

Dc

 

10/04/91

Nemo Gonano

Psi

Pds

Dc

VII

09/07/93

Pietro Fontanini

Ln

Dc-Ppi

Pds

 

05/08/93

Cristiano Degano

Dc

Ln

Pds

 

25/07/94

Giancarlo Cruder

Ppi

Pds

Ln

 

18/12/96

Roberto Antonione

Fi

Pds

Ln-Ip

VIII

05/08/98

Antonio Martini

Cpr

Ds

Ln-Ip

 

 

 

 

 

 

·          Se più di uno.

·          2 Avvicendamenti tra i vicepresidenti sotto presidenza Colli 1978-83 ( Dc-Psdi Psdi-Dc).

**    Avvicendamento secondo vicepresidente Psdi Pri.

 

Tab 4.            Composizione partitica e durata delle Giunte regionali del Friuli-Venezia Giulia. (1970-2000).

 

Leg

Data di entrata in carica

Presidente della Giunta

Partito del Presid.

Partito del Vice Pres. (1)

Numero dei componenti
della giunta per partito
(
2)

Dur. Giunta (3)

Dur. Crisi
(
4)

 

 

 

 

 

 

 

 

I

24.6.1964

Alfredo Berzanti

Dc

Psdi

8Dc-3Psdi

531

72

 

17.2.1966

Alfredo Berzanti

Dc

Psi

8Dc-2Psi-2Psdi-1Pri*

829

36

II

1.7.1968**

Alfredo Berzanti

Dc

Psi

8Dc-4Psi-1Pri

1812

43

III

30.7.1973

Antonio Comelli

Dc

Psi

9Dc-3Psi-2Psdi-1Pri

420

60

 

22.11.1974

Antonio Comelli

Dc

Psi

10Dc-2Psi-2Psdi-1Pri

341

55

 

23.12.1975

Antonio Comelli

Dc

Dc

9Dc-2Psdi-1Pri

915

88

IV

21.9.1978

Antonio Comelli

Dc

Dc

12Dc

473

86

 

2.4.1980

Antonio Comelli

Dc

Psi

9Dc-3Psi-1Pri

850

53

 

22.9.1982

Antonio Comelli

Dc

Psi

9Dc-3Psi-1Psdi-1Pri-1Pli

277

33

V

29.7.1983

Antonio Comelli

Dc

Psi

8Dc-3Psi-2Psdi-1Pri-1Pli

452

0

 

23.10.1984

Adriano Biasutti

Dc

Psi

9Dc-3Psi-1Psdi-1Pri-1Pli

343

9

 

10.10.1985

Adriano Biasutti

Dc

Psi

9Dc-4Psi-1Psdi-1Pri

618

36

 

26.7.1987

Adriano Biasutti

Dc

Psi

9Dc-2Psi-3Psdi-1Pri

336

12

VI

8.7.1988

Adriano Biasutti

Dc

Psi

8Dc-5Psi-1Psdi-1Pri

416

23

 

20.9.1989

Adriano Biasutti

Dc

Psi

8Dc-4Psi-2Psdi-1Pri

832

14

 

14.1.1992

Vinicio Turello

Dc

Psi

9Dc-4Psi-1Psdi-1Pri

509

58

VII

3.8.1993

Pietro Fontanini

Ln

Pri

9Ln-1Pri-1Pli

142

20

 

12.1.1994

Renzo Travanut

Pds

Laf

4Pds-2Laf-2Verdi-1Ppi-2Indip

170

17

 

18.7.94

Alessandra Guerra

Ln

Fi

5Ln-1Fi-4Ppi-1Pri

455

22

 

7.11.1995

Sergio Cecotti

Ln

Ppi

4Ln-3Ppi-2Pds-1Fv-1Si

368

26

 

5.12.1996

Giancarlo Cruder

Ppi

Ds

4Ppi-3Ds-1Si-1Fv-1Pri-1Ld.Ri

556

47

VIII

31.7.98

Roberto Antonione

Fi

An

7Fi-2An-1Ccd-1Uf

1080

10

 

15.6.2001

Renzo Tondo

Fi

Ln

LN 3, AN 3, FI 2, CCD 1.

 

 

·          Sono indicati più partiti se i Vice-presidenti sono più di uno. – (2) Nel computo sono considerati sia gli Assessori sia il Presidente e i Vicepresidenti. – (3) Per durata effetiva si intende l’arco temporale (espresso in numero di giorni) che separa la data delle entrata in carica della Giunta dalla data di presentazione delle dimissioni. – (4) Per durata della crisi si intende l’arco temporale (espresso in numero di giorni) che separa la data della presentazione delle dismissioni da parte della Giunta a cui si riferisce la riga e l’entrata in carica della Giunta successiva.

·          5.4.1966: La Giunta venne integrata di 3 Assessori secondo la Legge Reg. 4.4.1966 n. 4.

 

Modifiche e aggiornamenti a cura di

Alfio Englaro


[1]) Un numero che, dopo vari defezioni da parte di alcuni consiglieri eletti tra le file della Ln, scenderà a dodici.


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