Ligosullo e Tausia A meta` del 1600, i Comuni di Ligosullo e Tausia " dove formavano già non molti anni sei overo otto case e sono di presente così accresciute che costituiscono ben sessanta famiglie...mentre giungono a quattrocento anime ", erano fra i più abitati dellallora Parrocchia di S. Daniele, nonostante si fossero trasferite da poco in "Allemagna" più di quindici famiglie. Eppure erano senza un sacerdote fisso in loco e questo fatto arrecava non poche difficoltà alla popolazione. Già allinizio del secolo, lallora curato di Paluzza P. Gio Batta Ermanno, Preposito di S.Pietro, ammetteva che due soli sacerdoti, curato e cappellano, non potevano servire tutte le ville a lui soggette e quindi gli abitanti dei due Comuni, volendo essere autonomi, inoltrarono delle istanze al Patriarca di Aquileia. (Le frasi citate fra virgolette sono tratte dalle suddette istanze, conservate in Archivio di Stato Udinese; copia in Archivio Parrocchiale a Paluzza). Deliberarono " di poter condurre un R.do Capellano a tutte loro spese, quale habbia a celebrare la santa messa così ne i giorni di lavoro che festivi, et di insegnare la dottrina cristiana alli fanciulli, senza minimo pregiudizio delle raggioni Parrocchiali". Decisero anche di rifare la vecchia e piccola chiesa ormai fatiscente: difatti " dove allhora era in Ligosullo una piccola Chiesetta di pochissime capacità, havendo in riguardo al numero delle persone accresciute, fabricato di presente una Chiesa, sullerezione della quale hanno speso da 4.000 ducati, con tanto loro incomodo, quanto in riguardo alloro miserissimo stato". Così ottennero dal Patriarca Marco Gradenigo, di poter eleggere un proprio cappellano, soggetto però alla parrocchia di S.Daniele. Non potendo però contribuire al mantenimento del parroco e pagarsi anche il nuovo cappellano, gli uomini di Ligosullo e Tausia iniziarono una lunga serie di ricorsi volti ad ottenere una completa autonomia. Le due ville ricorrono
Convocati dinanzi al Delegato Patriarcale, fecero presente che per ogni necessità bisognava recarsi a Paluzza, " distante circa quattro miglia di strada assai faticosa, di ripe scoscese e rivi dacqua, che per ogni intemperie di pioggie si fa intransitabile, massimamente dinverno .dove cascano le nevi di smisurata altezza per sei mesi " e tutto questo " impedisce il transito dandar alla Santa Messa et divini offici, non solo ai fanciulli et decrepiti, ma anco a persone di più robusta indole ". (Effettivamente cerano due possibilità di raggiungere la chiesa di S.Daniele, ed entrambe poco agevoli. La prima, dopo Treppo arrivava fino allOrteglas, guadava il rio e poi, o costeggiava le larghe ghiaie del torrente Pontaiba, oppur saliva per Englaro e quindi giungeva a Paluzza. Laltra, alternativa quando i torrenti erano in piena, da Zenodis attraverso i "Rauz" proseguiva fino a Naunina e quindi a S.Daniele). Inoltre dissero che le sacre funzioni terminavano allora di pranzo e bisognava pur mangiare qualche cosa prima di fare il viaggio di ritorno alle proprie ville, ma " chi non ha modo di spendere, conviene tralasciar dandare, " come pure alcuni " per non aver modo di comprarsi scarpe, per vergogna tralasciano di andare". Affermarono che era grande il disagio per gli ammalati che necessitavano del sacerdote, tantè che " quando un patiente manda per li sacramenti della Chiesa, si parte il Curato overo Capellano di Paluzza con una sol persona, rivando a casa del detto patiente fa la sua funtione, pagandogli il viaggio ne ritorna a Paluzza". Un esempio: alcune persone di Tausia scesero a Paluzza " a chiamare il monsignore et non lo trovarono a casa e gli convenì a andare a Sutrio quello venì a Paluzza et levà gli sacramenti e quando (arrivò) a Tausia trovà la persona morta e volè non ostante mezo scudo". E quando uno moriva? " morto che sia, si mette sopra una Louza, et da un paro di bo vien tirato giù al Cemeterio, non venendo ad incontrarlo ne Curati ne meno Capellani persino che non sarriva squasi a Paluzza, non volendosi incomodare di parte alcuna." Aggiunsero poi che gli abitanti di Paluzza, pur godendo di tutti i servizi religiosi data la vicinanza dei sacerdoti che ivi risiedevano, concorrevano al loro mantenimento nella stessa di quelli di Ligosullo e Tausia. I quali poi " se vogliono esercitare anco qualche atto di carità bisogna che mendichino una messa al Reverendo Curato et la paghino il doppio ". Quanto allobiezione che " si levi lentrata al reverendo curato " fecero notare che " rimangono ancora sotto la Cura dieci ville che lo mantengono abbondantemente"; inoltre cera " la rendita del Canonicato che esso ha nella Collegiata di S.Pietro". Del detto curato Moro dissero che, come ministro della Chiesa, doveva prodigarsi per un nuovo sacerdote in più in parrocchia, mentre " et pur si vede contrario, haverà da render conto a Sua Divina Maestà". Paluzza si oppone
Di diverso parere erano ovviamente i Sindaci di S. Daniele ed il parroco P. Domenico Moro, i quali si opposero duramente alle richieste degli uomini dei due Comuni, sia per motivi di tradizione e prestigio che di interessi materiali. Contestarono innanzitutto le condizioni della strada, sostenendo che " fu lustrata collocchio e pratticata col piede da Mons.r Ill.mo et R.mo Vescovo Visitatore Generale ". La distanza poi non era un problema in quanto cerano ville più lontane, come Timau e Cleulis, le quali nonostante ciò non cercavano di rendersi autonome dalla parrocchiale. Manifestarono anche la preoccupazione che, sullesempio di Ligosullo e Tausia, anche altre ville, quali Siaio, Treppo, Zenodis e Rivo, adducendo le stesse ragioni " voler anco loro far provisione di nuovo Curato", e ciò " sconvolgerebbe ogni buon governo, et le Chiese di Paluzza, parrocchiale et altre, resterebbero derelitte et abbandonate". Pertanto ribadirono che poteva bastare il curato (ed il suo cappellano) della parrocchiale a soddisfare tutti i loro bisogni spirituali, anche perché " nel tempo dellAutono, Inverno e Primavera la maggior parte dei popoli si ridurrà a procacciarsi il vito nelli Paesi Austriaci, e non vi rimane alle volte che due o tre huomini per villa". Quanto allutile di mons. parroco, precisarono che consisteva " per sostegno alla sua persona, allentrata ligerissima di Lire 180 in tutte tre le Chiese (S. Daniele, S. Maria e S. Nicolò tutte di Paluzza ndr) solamente allanno " ed inoltre aveva lobbligo " di mantenir di continuo un suo Capellano, a proprie spese per maggior suffragio delle anime". Il parroco Domenico Moro, da parte sua precisò che colui che portava il Santissimo agli ammalati, veniva accompagnato, come consuetudine, dal commesso che " portando in una mano una lanterna, et nellaltra una campanella arrivato che è nella villa dellinfermo, gli uomini o donne sentendo il suono della campanella corrono se non tutti almeno in gran parte sino alla casa del patiente per adorare come si conviene il Santiss. Sacramento .. dandogli li parenti dellammalato per il suo viaggio et consuetudine la miseria di 12 o 14 soldi". Aggiunse a proposito dei funerali, che egli si recava ad incontrare i defunti " un pezzo fuori Paluzza et li capi di famiglia (quando ci ricerca) sino alle di loro case". (Il luogo dove attendevano il corteo funebre era, giungendo da Treppo, in cima alla salita ove inizia il paese di Paluzza, presso lo stavolo detto "di Pin"). Gli invasati e la sentenza In questo contesto, senza una guida spirituale costante, si verificarono a Ligosullo in quel periodo diversi casi di donne ossesse. Fu così che " continuando poi gran parte della roza gente nel uso selvatico, con poco timor di Dio, con maledizioni, bistemie et imprecazioni inaudite, privi di Dotrina et fede, hebbe ben presto facoltà il Comun Inimico di prender possesso in quei corpi". Nel 1673 " principiò a scoprirsi due donne malaficate, infette e ossesse di spiriti immondi et indi fino al tempo presente sono scoperte altre simili del sesso medesimo di tempo in tempo fino al numero di vintisei di tempo in tempo se ne vanno scoprendo delle altre, il che causa a gli abitanti di detta villa, che sono al n° di 360 circumcirca, non poco spavento, incommodi e gravissimi dispendij". Perciò gli uomini di detto Comune " per procurar rimedio a tante calamità" ricorsero al Luogotenente di Udine ed al Patriarca dAquileia, " ad impetrare qualche suffragio acciò questi miserabili restassero solevati". Ottennero allora lintervento nel 1674 del P. Cornelio da Novara, francescano, il quale dimorò in loco per un mese e " mediante la sua santa Predicatione, Dotrina, ferventi oration et beneditioni, ha ottenuto gratia dal Sommo Fatore che gli ossessi sono miracolosamente statti liberati di tal diabolica infestatione". Questi fatti certamente enfatizzati, furono portati a sostegno delle richieste dei Comuni di Ligosullo e Tausia. Dopo tante loro istanze ed appelli della controparte, finalmente il 23 aprile 1676 venne pronunciata da parte del Patriarca dAquileia cardinale Giovanni Delfino, la sentenza. Egli rigettò le pretese di Ligosullo e Tausia di separarsi dalla parrocchia di S. Daniele di Paluzza, ma confermò loro la possibilità di eleggersi un proprio cappellano-curato che officiasse nella chiesa di S. Nicolò di Ligosullo e concesse inoltre nella stessa di " erigersi il fonte Battesimale, di conservarsi i S.S. Sacramenti dellEucarestia e degli Olii Sacri per tutti i bisogni di quei fedeli". Sentenziò pure che quanto annualmente i capi-famiglia di dette ville pagavano al parroco di Paluzza, venisse diviso a metà con il nuovo cappellano e dettò inoltre alcune disposizioni dintervento di questultimo alla parrocchiale di S. Daniele. Il 18 maggio del medesimo anno, lo stesso Patriarca confermò lelezione di P. Giovanni dOrlando da Cazzaso a primo curato di Ligosullo e Tausia. Giulio Del Bon (Si ringrazia il sig. Pier Mario Flora per i documenti concessi) tratto dal Bollettino Parrocchiale "La nôste valade"
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