Storie dell'ostarie de Mucule

di Gloria Plazzotta

divider.gif (415 bytes)

La Medacce

Chiamavano così in paese qualsiasi strega, specialmente quelle che tendevano agguati la sera a chi si avventurava sulla strada tra Ligosullo e Murzalis. Le streghe calavano preferibilmente giù dai boschetti pendenti su Duripit. E ovviamente spaventavano di preferenza i bambini.
La storia più ripetuta in famiglia riguardava però un adulto, un certo Guarin di Murzalis, "è ancora vivo, potete andare a chiedergli se è vero" ripetevano ogni volta mio papà e mio zio, giurando e spergiurando. Ma questo accadeva ormai una ventina di anni fa e immagino che anche questo Guarin se ne sia andato, quindi non sapremo mai se ciò che si raccontava fosse davvero accaduto o se il Guarin avesse avuto visioni provocate da qualche buon tajut.
Insomma lui era emigrato in Francia. Un giorno decide di tornare al paese e arriva a Treppo di notte con le sue valigie. Si ferma un po' sul bordo della strada ad aspettare che la moglie arrivi con la gerla per aiutarlo a portar su i pesi. Ma la moglie non si vede e Guarin decide allora di incominciare a salire lungo la scorciatoia che porta alla Taviele. Mentre si sta alzando dalla panca in cui si era seduto ad aspettare (e forse a bere, insinuava mia mamma a questo punto del racconto, rovinando come al solito tutta la magia) arriva una donna che gli chiede:
"dove stai andando?"
E lui scortese "dove voglio".
"Visto che mi rispondi così, vedrai che la pagherai".
Ma Guarin non ci fa caso e parte.
A metà strada tra Treppo e Tausia nell'oscurità si ritrova davanti una grande tela che gli sbarra la strada.
Spaventato parla da solo nel buio chiedendosi quale strano prodigio sia mai questo. Estrae di tasca un coltello e taglia la tela. Ma dietro ce n'è un'altra e poi un'altra e un'altra ancora. Passa un bel po' di tempo prima che lui riesca a tagliarle tutte mentre si fa prendere sempre più dall'ansia. Alla fine stanco morto e spaventato risolleva le sue valigie e riesce a riprendere il cammino.
Arivato alla Taviele, prima di Tausia dove c'è un tratto di strada pianeggiante, passa vicino ad un albero e gli si rizzano i capelli in testa per la paura. Nel buio, dall'albero pende una testa di donna con lunghissimi capelli che scendono lungo il tronco. La testa si alza e si abbassa con un brutto ghigno e i capelli si muovono come serpenti che lo vogliono avvolgere.
Pur spaventato, Guarin incominciando a correre riesce a dire alla testa di donna "ma tu sei quella di Treppo…"
Dalla testa allora esce una voce "sì e prima che tu arrivi a casa potrei fartene vedere altre di cose paurose…"
A quel punto, dicevano papà e lo zio, nonostante Guarin fosse un comunista sfegatato si inginocchiò e si mise a pregare. Solo così riuscì ad arrivare a casa sano e salvo, dove l'unica frase che riuscì a sussurrare fu "le cose che ho visto stasera per strada non le ho mai viste prima in vita mia".

La passeggiata dei morti

Streghe, morti, racconti di paura. Quando ci riunivamo in famiglia passavamo le serate in modo allegramente macabro. Forse perché l'emigrazione riporta la gente in paese soprattutto in momenti particolari: feste religiose e commemorazioni dei defunti. Noi ci ritrovavamo a Ligosullo ogni anno puntualmente per una veglia la notte tra il primo e il 2 novembre. Quella sera la vecchia prozia Nai intonava il rosario circondata da tutta la famiglia. Tutte le preghiere erano ancora dette in latino e noi bambini riuscivamo a partecipare solo alla lunga litania degli "ora pro nobis" i più facili da ripetere. Per me era un mistero soprattutto l'Ave Maria, conoscevo bene quella in italiano ma quella latina mi faceva perdere in illusioni di boschi e erbe "Benedicta tu mulieribus" diventava nel latino di zia Nai "benedite toli un mo' di ierbe" e "Ave Maria Gratia Plena Dominus Tecum" diventava "Ave Maria grazie, plene nome di stec". Mi immaginavo la Madonna che scendeva su di noi piena di stecchi (per accendere il fuoco?) e allora era doveroso ringraziarla…
Insomma il rosario era ogni volta un'avventura e arrivavamo alle litanie mariane con il fiatone perché zia Nai correva, correva. Quando sembrava avessimo finito, lei ricominciava dicendo "e cumò a prein pa i nestri muarts duc ator ator pal mont" e partiva una sfilza interminabile di Requiem Aeternam che abbracciava tutto il cimitero di Ligosullo, andava a Tausia e Murzalis, passava per Paularo con una puntatina fino a Timau. Non finiva più. Noi bambini scalpitavamo perché sapevamo che dopo ci sarebbe stato il sufrit (con mosto, farina, burro se non ricordo male, non ho più trovato nessuno che mi insegnasse come si fa) o il formaggio cotto sullo spolert e soprattutto le storie di papà e dello zio che ci facevano restare col fiato sospeso e ci facevano nascondere sotto le coperte quando finalmente andavamo a letto.
Iniziavano sempre con la processione dei morti:
"ecco sentite bambini, adesso suonano le campane. Tutti i morti escono dal cimitero in file ordinate, là dentro resterà solo l'ultimo morto del paese a fare la guardia alle tombe vuote."
Il sapere i morti in giro per il paese ci spaventava ma i grandi dicevano che dei morti, se si è buoni, non bisogna aver paura. "Solo se si è buoni" ripetevamo tra noi…
La zia di solito era quella che si preoccupava dello stomaco dei morti:
"lasceremo sul fuoco qualcosa da mangiare per loro se entrano a trovarci. Comunque sappiate che loro sono sempre tra noi…potrebbero essere adesso sulle tue ginocchia!".
Non sapevamo mai se era il caso di prenderli sul serio.
Poi papà continuava: "I morti fanno il tragitto in Galizie (come chiamavamo in passato l'Austria) ma la loro riunione principale sarà a S. Pieri. Una volta, quando ancora in questi paesi non c'erano i cimiteri, tutti i morti venivano portati a spalla fino a Sutrio, fin sopra alla chiesa di S. Pietro appunto. Adesso lì hanno ricoperto tutto, ma in passato si vedevano cataste di teschi e ossa."
Continuavano a spaventarci, ma volevamo ascoltare ancora. Allora lo zio ci rassicurava:
"Anche io avevo paura da piccolo. Alla vostra età, quando arrivava quest'ora e si sentivano suonare le campane ci prendeva il terrore. Anche se eravamo su nel campanile a tirare la corda della campana (perchè una volta non era elettrica) ci si chiudeva dentro e solo verso mezzanotte si prendeva il coraggio di uscire ed andare a cenare".
"perchè eravate scemi e creduloni" questa di solito era la filosofia di mia mamma.
Alla fine arrivava anche per noi l'ora di andare a dormire zia Nai diceva "lasciait in pas i muarts cumò" e sapevamo che i morti avrebbero continuato a camminare tutta la notte, i più cattivi sbattendo catene lungo i cancelli e i portoni. La mattina dopo al suono dell'Ave Maria sarebbero ritornati al loro posto, tranquilli, in attesa di fiori e preghiere.

Avventure di morti e Carabinieri

Assieme alla storia della processione dei morti ci sorbivamo tutta una serie di racconti di fatti realmente accaduti: casse da morto che non si riusciva a far salire per le scale di casa e venivano tirate su dalle finestre, casse da morto che cadevano dalle scale e morti che scivolavano, veglie funebri dove il morto contava meno della polenta e del formaggio che i parenti preparavano per i compaesani in visita.
La storia più ripetuta era però quella della morta nel bosco.
Una volta è morta una donna qui in Chiaule, era d'inverno o forse d'autunno, faceva comunque freddo e la notte gelava il bosco. Siccome il corpo non si poteva spostare col buio, sono stati mandati dei carabinieri a fare la guardia sul sentiero in cui la donna era rimasta fulminata da un colpo di mal caduto. Il corpo della donna si era ormai congelato, e i carabinieri per non fare la stessa fine si erano accesi un fuocherello per passare la notte al calduccio. Ad una certa ora i carabinieri hanno deciso di scendere in paese per andare a bere qualcosa all'osteria del Central. Quando finalmente si sono decisi a ritornare in Chiaule si sono accorti che il corpo era sparito. Siccome sapevano che con il mal caduto poteva anche accadere che uno non morisse davvero, pensarono che la donna si fosse ripresa e fosse tornata al paese. In casa della donna intanto avevano già preparato il letto e tutto l'occorrente per la veglia funebre, e la famiglia restò naturalmente stupita quando arrivarono i carabinieri, un po' alticci, a chiedere se la morta era rientrata.
Allora un po' di gente del paese decise di ritornare in Chiaule per capire cosa fosse successo: la povera morta semplicemente col caldo del fuocherello si era scongelata ed era rotolata dietro ad un cespuglio. Alcuni paesani decisero poi di rimanere a fare la guardia ai carabinieri che facessero bene la guardia alla morta…

home.gif (2935 bytes)

 


Cjargne Online
1999-2005© - Associazione culturale Ciberterra - Responsabile Giorgio Plazzotta
I contenuti presenti in questo sito sono di proprietà degli autori - Tutti i diritti riservati - All rights reserved
Disclaimer