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I Carnici: un popolo
"duro"
di
Patrick Heady
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Il
titolo del libro che ho letto sulla Carnia, anzi, ambientato su alcune comunità
della val Degano è opera di uno studioso inglese che, vai a capire per quali
coincidenze, è finito in Carnia a preparare il suo dottorato di ricerca,
indagando sui vizi e sulle virtù dei Carnici. Mai mi immaginavo che avrei
potuto leggere un libro sulla Carnia scritto da un inglese!
Il libro di Patrick Heady, pubblicato dal coordinamento dei circoli culturali
della Carnia e tradotto dall'inglese da Erica de Stales, una giovane di
Cercivento che lavora a Pechino, è un libro per diversi motivi insolito. Con
una obiettività tipica degli storici anglosassoni, questo sconosciuto studente,
Patrick, che conosceva a malapena l'italiano, arriva in Carnia e, vi potete
immaginare con quanta fatica ed "abnegazione", imposta una ricerca
sociologica sulla Carnia o, meglio, su alcuni insignificanti paesetti della val
Degano.
Il lavoro di Heady non parte dai Celti, ma da tempi molto più recenti, quasi a
ridosso degli anni cinquanta.
Con straordinario acume e capacità, tipicamente inglese, alla Denis Mack Smith
che è considerato lo storiografo che ha scritto obiettivamente meglio di tutti
sulla storia d'Italia, individua quali sono le peculiarità di questo popolo ,
descrivendone il sugo e cogliendone le più impercettibili sfumature.
Analizza tutto quello che può aiutare a comprendere la storia, passata e
presente, evidenzia alcune differenze con altre culture, in particolare con la
sua ( un esempio: mentre in Carnia il fatto che i figli, celibi, continuassero a
vivere in casa era considerato positivo, ciò era considerato disdicevole dalla
classe media inglese). Altro elemento evidente è il diritto di primogenitura,
presente nelle regioni limitrofe e quasi, anzi, del tutto assente in Carnia. Il
maso chiuso che ha protetto e salvato l'utilizzo economico della proprietà, in
Carnia è stato del tutto assente. Probabilmente questo modo di suddividere la
proprietà in tante piccole parti ha consentito ai Carnici di frenare per un
certo periodo, in qualche modo, lo spopolamento.
Da subito evidenzia nelle comunità esaminate i tre problemi fondamentali in cui
si è concretizzato il dibattito sulla solidarietà sociale:
· il senso dell'individualismo invidioso,
· il mutamento profondo conseguenza di grandi trasformazioni economiche,
· la generalizzata sensazione del crollo, del declino, talvolta della
estinzione dei Carnici. Soprattutto questa sensazione di crollo fisico e
sociale, che si riscontra qua e là nell'opera, viene descritta e sottolineata
dagli intervistati come una palpabile, percepibile mancanza di allegria, cioè
di quel gusto dello stare insieme che induceva, un tempo, a spontanei atti di
solidarietà. "La Comunità si occupava della manutenzione dei sentieri,
delle proprietà collettive ( gli usi civici) su cui la frazione, la comunità,
aveva particolari e precisi diritti di usufrutto e di destinare i fondi ad opere
di utilizzo comune".
A conferma di quanto Heady si sia coinvolto, compenetrato nella realtà che
studiava, basti citare il fatto che iniziò la sua ricerca servendosi della
lingua italiana, che aveva precedentemente studiato, e la terminò in friulano
scoprendo che proprio il friulano è una lingua che definisce
"l'appartenenza sociale". Con un lavoro che sicuramente è stato
impegnativo e faticoso, è riuscito ad individuare e descrivere alcuni schemi
culturali, alcune abitudini insediate da generazioni nelle teste, dei Carnici,
nel cui ambito si muove.
Immerso quindi nella realtà di quei minuscoli paesi Carnici che circondano
Ovaro: Ovasta, Chialina, Mione, Liaris, Luincis, ha cercato di capire l'ambiente
con le sue case, i suoi stavoli, i confini, il campanilismo esasperato ed
idiota, e scopre che i Carnici hanno perso un grande valore, quello della
solidarietà, quello della cooperazione e dell'aiuto reciproco.
Un tempo i pesanti e faticosi lavori agricoli erano affrontati in
"compagnia": trovavi sempre qualcuno che veniva a darti una mano per
portare il fieno nello stavolo o per raccogliere la legna che ti era stata
assegnata in sorte, ( il "pass" che aveva dimensioni ben definite e
che ti poteva capitare dietro casa o lontanissimo, in luoghi quasi
inaccessibili) oppure che si accompagnava per "stare in file" durante
l'inverno a sgusciare i fagioli, magari nella calda stalla, risparmiando sul
riscaldamento inesistente.
Ho un ricordo personale che risale a quando bambino aiutavo mia madre nello
sfalcio del prato. Più volte in quella occasione, quando il cielo preparava un
temporale che avrebbe danneggiato il nostro profumato fieno pronto per essere
sistemato al coperto, arrivavano dal paese due tre donne, munite del proprio
rastrello, che ci davano una mano a portare il raccolto nel fienile prima che si
scatenasse il nubifragio.
Sicuramente la disponibilità verso l'altro nel momento che questi aveva
bisogno, caratterizzava la vita sociale dei nostri paesi, fino a qualche tempo
fa.
Poi come osserva Heady, scomparsi quasi del tutto i lavori agricoli, è andata
scemando anche la solidarietà che ti aiutava ad affrontare il lavoro e la vita
in "compagnia".
Con questo modo di vivere sono sparite anche le latterie sociali, in cui tutti
erano responsabili della gestione e della qualità , infatti, a turno, forse per
questo si dicevano latterie turnarie, erano chiamati a dare il proprio
contributo saggiando il latte conferito e visitando le stalle per verificare le
condizioni igieniche in cui vivevano le mucche.
Allora i "vecjos" erano i nostri filosofi, i saggi, gli "ipse
dixit", la nostra cultura, verso cui si continuava a mantenere rispetto
anche "post mortem"…i "vecjos a disevin, i vecjos hanno detto,
la cjase dal vecjo no si po vendi" ecc.
C'erano poi i "sciors" che potevano contare su una certa agiatezza e
quindi avevano potere, quasi sempre collegato ad una dose di saggezza che, oggi,
non è mai collegata al potere, cioè oggi si possono fare i soldi anche se si
è poco saggi e molto deficienti.
C'era, infine il scior santul, non ricco, ma studiato e portato a familiarizzare
ed a fare amicizia con i "sciors" per via di quel suo potere di
benedire o maledire, acquisito appunto attraverso il sacrificio di lunghi anni
spesi sui libri, rinchiuso in una fabbrica particolare e con un nome singolare e
forse significativo: SEMINARIO.
Il "scior santul" svolgeva il ruolo di leader della comunità,
spronandola a risolvere conflitti, non solo spirituali.
Poi c'erano i " geis" simbolo tipico della laboriosità femminile . Le
donne salivano il prospiciente monte per accudire alle bestie ed oltre alla
gerla in cui c'era il "lec" per gli animali, in mano avevano i ferri e
sferruzzavano preparando per l'inverno, calze per i piedi dei figli o nipoti o
parenti..
L'autore sottolinea che i partiti politici, in Carnia, non hanno avuto rilevanza
particolare fino a quando la burocrazia statale non ha preso il sopravvento,
nonostante il Carnico fosse fondamentalmente contrario a vincoli clientelari.
In Carnico non saprei come tradurre la parola friulana "sotan"! I
partiti erano visti come cause di divisione, al punto che la gente in un certo
senso si vergognava, era comunque restia a confessare a quale partito avesse
dato voto o appoggio.
Per vivere in Carnia bisogna avere una buona predisposizione! Bisogna preparare
l'animo a sopportare le malelingue " Las males lenghes" che non ti
aiutano a vivere! L'autore individua nella invidia una forza maligna poderosa
che cerca perfino di bloccare il progresso. "Quando comprò la macchina da
cucire, fu criticata dalla zia che credeva che cercasse la vita facile…".
L'invidia è una disgrazia da cui ci si può liberare solo troncando le
relazioni, i rapporti e chiudendosi un casa, il santuario della salvezza.
L'allegria è sparita dalla Carnia quando non si è riusciti più a capire
l'altro. L'invidia si manifesta con "dispiez" di vario genere.
L'invidia unitamente alla dose di egoismo, di cui siamo tutti abbondantemente
dotati, hanno impedito lo sviluppo della comunità, come se la fortuna od il
successo di un compaesano, in qualsiasi campo, avesse potuto nuocere all'uno o
all'altro. La vincita casuale al lotto , che non toglie assolutamente nulla ,
tantomeno a chi non gioca, rischia di essere interpretata, anziché come motivo
di gioia e di festa, come un fondamento su cui si alimenta l'invidia. Heady
evidenzia come l'invidia nel vita del carnico sia una fonte di disagio. Che ciò
sia in gran parte vero è testimoniato dai molti insuccessi che meritorie
attività di singoli paesani, maestri di coro, animatori di sagre, dirigenti di
pro loco, generosi presidenti di questa o quella associazione, hanno registrato
nel corso degli anni.
L'invidia non consente al merito di emergere.
Come uno si metteva in luce per la sua abilità organizzativa, la sua voglia di
fare, la sua generosità, poteva suscitare un'ondata di invidia di "malas
lengas" che diffondevano deliberatamente delle velenose dicerie (90).
Mi chiedo se i carnici sono duri o " a son cjastrons" nel non voler
capire che possono salvarsi da soli, basta che ritrovino loro stessi. Sarebbe
come a dire che devono svegliarsi e tirar fuori gli attributi. La consapevolezza
della empatia, cioè di vivere in un clima di simpatia, produce buoni risultati.
Prendiamo una parrocchia, una macelleria, una società imprenditoriale, …bene
produrranno buoni risultati solo se ispireranno empatia. A proposito di empatia
, cioè di questo modo di vivere collegati all'altro, vi riporto alcune frasi
che sicuramente pure noi usiamo quotidianamente per entrare in sintonia: "
setu jevat, setu rivat, sestu vegjut sù, " domande di cui le risposte sono
note, si conoscono, ma servono solo ad agevolare un insieme di empatia, di buone
intenzioni. Meno palesi, ma comunque collegate all'invidia, sono quelle
"penitenze" che si impongono a quanti sposano, e quindi portano via,
una paesana. Non lo si può impedire, tuttavia , anche se simbolicamente, la
"deve pagare".
Un'eccezione a questo difuso stato d'animo invidioso, si manifesta nella
partecipazione ai funerali. In quella occasione si testimonia solidarietà e
partecipazione che sono comprensibili solo se si pensa al tradizionale culto
"dei morti" sempre presente in Carnia.
Il bisogno comunque di solidarizzare, di condividere le esperienze, di non
restare isolati, oltre che in chiesa, soprattutto per le donne, nelle osterie,
soprattutto per gli uomini e gruppo sportivo, nell'associazione degli alpini o
dei cacciatori ed in modo più diffuso ed evidente, nella latteria sociale.
Quasi unico riferimento economico per quello che riusciva a dare con la
trasformazione del latte . Diventava nei giorni di festa un luogo di
"svago", dove, nonostante gli accalorati richiami e veti del scior
santul, ci si lasciava andare a balli, in cui si cominciavano anche interessanti
storie destinate a creare nuove famiglie. Già da tempo è scomparsa la piazza
come ritrovo di anziani, o il lavatoio come punto di incontro e di smistamento
di notizie delle donne, a cui si aggiunge la sparizione di altre occasioni di
incontro per la comunità. Heady si riferisce a quattro eventi, che ogni anno si
rivivevano, e che consentivano un consolidamento delle tradizioni Da queste si
era soliti prendere spunti e vigore per affrontare il seguito della stagione,
della età, della vita. Gli eventi, di cui ci si riferisce, sono una di
ispirazione religiosa e tre di ispirazione laica:
1. "lis rogazions" , chiaramente di origine antichissima, messe in
atto per propiziarsi gli eventi atmosferici , non sono che un susseguirsi di
litanie ed invocazioni a Dio perché ci liberi "a peste, fame et
bello", univano , sia il ricco che il povero nell'intercedere ;
2. I bambini che a fine anno visitano le famiglie per intascare il "sop",
che viene interpretato dall'autore come testimonianza simbolica ed impegno di
tutti a proteggere l'infanzia;
3. I "coscris" che approfittano della visita di leva per rinsaldare i
legami con la "classe"e consolidare un sentimento di appartenenza a
"qualche compagnia";
4. " Las cidulas" non altro che rotelle di legno incandescenti che
venivano lanciate di notte da prati antistanti il paese, accompagnate da frasi,
desideri, battute beneauguranti.
Ovviamente tutte manifestazioni scomparse assieme ai
loro contenuti simbolici sostituiti, come succede, da altre ideologie,
certamente più vuote proprio perché sradicate dalla tradizione . Scompare
anche l'allegria che si manifestava soprattutto nei giovani e non "tra i
vecjos maridaz".
Che cosa è, che cosa era questa allegria?
Nulla se si vive in solitudine, mentre è gioia di vivere se si condivide
l'età, la giovinezza soprattutto, le prospettive del futuro. E' una tregua
all'invidia, ai "dispiez", una difesa contro "las males lenges".
"The Hard People", il popolo duro è il titolo del libro di Heady,
riferito ai Carnici. Ma in che cosa consiste questa durezza.. Sicuramente in una
forza fisica temprata dal lavoro e dai sacrifici, ma anche da una certa chiusura
(al è sierat ) all'altro e non solo in quanto estraneo, ma altra persona, altra
famiglia, altro paese. " Dur" si riferisce tanto alla capacità di
lottare contro le difficoltà materiali quanto alla capacità di resistere alle
opinioni ed ai desideri degli altri (101). Duro sì, ma con una disponibilità
sentita a partecipare e godere di tutte le occasioni di incontro per vivere in
"allegria", parlare cantare, ballare, quasi per recuperare forza e
spirito per riprendere il lavoro ed il sacrificio. La riservatezza , quasi
scontrosa, il bisogno di socializzare, le donne in chiesa e gli uomini
all'osteria, evidenziano quasi un carattere contraddittorio , che nonostante la
durezza, è predisposto a trovare compagnia. Nonostante la scontrosità è
pronto a conversare, rimanendo sempre, tuttavia, all'erta, perché , come si è
detto già, "las males lenghes" e l'invidia possono rovinarti
l'esistenza.
Segue la descrizione di alcuni modi per evitare la malefica influenza della
invidia: stare in casa, rifugiarsi nella religione soprattutto per le donne.
Il desiderio di differenziarsi, come voglia di emergere e distinguersi dai paesi
vicini, si manifesta anche nel dialetto che pure nello stesso comune come Ovaro
che termina le parole con desinenze in "a" mentre gli abitanti di
Liaris, ritenuti arroganti, litigiosi, indipendenti, esse terminano
"e".
Una analisi particolare viene riferita nel libro relativamente al
"possesso" della casa ed al così detto "mal dal madon"
talmente importante che uno è considerato immaturo fino a quando non è
proprietario di una casa. "feminas a cjasa" rivelano al nostro amico
che gli uomini carnici sono terrorizzati dalla idea di essere cornuti, anche se
il gesto delle corna, che tutti conoscono, non fa parte dei gesti simbolici dei
carnici..
Come la casa così il lavoro viene considerato centrale nella visione che i
carnici hanno di sè. Con il lavoro si accompagna il "sacifizi" senza
del quale non si raggiunge alcun risultato. I più anziani sicuramente sanno che
cosa si intendeva con "sacrifizi" e come questo abbia condizionata la
vita di tutti quelli che non fossero "sciors"!
"LAS CIDULAS" debbono aver particolarmente
colpito il nostro autore. Di fatti ne parla estesamente raccogliendo tutti gli
elementi , i modi di dire "chesta biela cidulina…"i proclami che
consentivano ai giovani lanciatori di togliersi il piacere di dire quello che
pensavano durante l'anno e non potevano dire apertamente. Il rituale che si
ripeteva, fino a qualche anno fa, in occasione di feste religiose , quindi
legato a una scansione temporale della vita, oppure per segnare il passaggio
degli individui da uno stadio della vita (coscrits), ad un altro. I lanciatori
delle rotelle incandescenti accompagnavano il lancio oltre che con frasi
critiche o satiriche nei confronti dei vari "sciors" anche e
soprattutto preannunciando le coppie che si sarebbero formate in paese nel
periodo successivo. Il tutto in un clima che non intendeva imporre in alcun modo
la formazione di coppie, ma soltanto suggerirle nel rispetto della libertà di
scelta matrimoniale. Queste scelte in Carnia si faceva liberi dalle imposizione
dei genitori o dal controllo sociale o religioso ( in ogni caso c'era la
entrastalas, contributo da pagare se si portava via dal paese una donna,
"la sampognada", se questo contributo si rifiutava).
Il rapporto con la natura, le stagioni, il clima è
fondamentale per la Carnia dei posti indagati, ove l' economia è basata
principalmente sull'agricoltura. Quindi latterie, prati, fienagioni, la luna ed
i suoi cicli, gli animali, il maiale che suggerisce particolari considerazioni
economiche "a maridasci si sta ben un mes, a copa il pucit si sta ben dut
l'an", unitamente ad animali preistorici, come il codar, i macarots, omini
burloni abitanti i boschi, definiscono un momento di vita in Carnia,
condizionato oltre che dalle ristrettezze economiche anche da una tradizione
orale forte e radicata soprattutto nella famiglia.
Il "fogolar" ha un significato che fa parte della nostra cultura,
anche se non l'avessimo mai visto, è dentro di noi con i suoi importanti
simbolismi legati al fuoco e i sentimenti che il "spolert", anche esso
importante, tuttavia non evoca.
Nel contesto della natura e degli stretti legami con la terra Heady conclude il
capitolo riportando le parole di "stelutis alpinis"che " la gente
considera alla stregua di un inno nazionale"(174). In questo canto
tristissimo, oltre ad una musica struggente vi si trovano, in sintesi, un
insieme di ideali, di contraddizioni tra amore e sacrificio, finanche di un
patriottismo che richiede il "sacrifizi", di pensare oltre agli
orizzonti delle proprie montagne.
DECLINO E CAMBIAMENTO
Dopo la seconda guerra , considerata un disastro da chi
ancora ne conserva il ricordo, c'è stato il terremoto del 1976. Ma ci sono
ragioni che inducono a non attribuire solo a questo evento catastrofico la causa
del declino della Carnia. Tale declino, il nostro inglese lo fa risalire a più
cause concatenate: declino demografico, collasso della agricoltura, decadimento
di valori tradizionali, quali il senso del dovere, la famiglia, l'impegno di
lavorare anche se ciò non portava risultati commisurati alle fatiche. Fa una
acuta osservazione circa il ruolo della donna, che era forte in famiglia,
perché al pari del marito emigrante, contribuiva efficacemente all'incremento
delle risorse familiari sfruttando l'agricoltura e l'allevamento, certo non in
modo intensivo, ma con ogni cura e senza badare alle ore lavorate ed alle
fatiche, maschili, spesso connesse ai lavori agricoli. Ora che questi lavori non
valgono nulla, né per l'economia, né psicologicamente, la donna ha perso quel
ruolo che le attribuiva uno status importante nell'ambito familiare. A conferma
di ciò Heady ha raccolto questa opinione: "…in passato le giovani
volevano un marito con molte mucche, mentre ora un tale partito sarebbe davvero
indesiderabile" (183) E vorrei vedere se c'è qualcuno che non sia di
questo parere!
Anche i giovani , in assenza di un forte senso della famiglia e della comunità,
sono meno disposti ad aiutarsi ed a socializzare. Sono diventati più egoisti e
più individualisti cosa che si ripete anche nel modo di vivere la famiglia che
cerca di ritagliarsi una nicchia di indipendenza ove prevale il proprio
esclusivo interesse.
Se poi ci chiediamo dove è finita l'identità di questo popolo "cence diu",
aforisma che alcuni interpretano come uno che non si fida di nessuno, altri come
carnici che si costruiscono la casa da soli senza l'aiuto di alcun potere
superiore, oppure che non credono della madonna o che hanno un senso spiccato
dell'autonomia da giustificare un disaccordo con la nazione o con il potere
clericale (205) scopriamo che la gente, scrive Heady, ha perso l'orgoglio e la
fiducia nelle proprie capacità, come se avesse deciso di scomparire. Anche
quelle caratteristiche quasi connaturali al carnico di una volta , si sono
attenuate nel tempo pur restando indiscutibile il fatto che anche oggi chi vive
in montagna è diverso da chi vive in pianura. L'autore conclude il suo lavoro
individuando in modo straordinario quella che era la tipicità del popolo con
cui ha convissuto praticamente per due anni , sottolineando in sintesi alcuni
aspetti, che se non possono comprendere tutto del carnico, certamente ne
descrivano quelli più salienti:
· I fautori dell'autonomia friulana pensano che i carnici, inclusi i friulani,
sono molto diversi dagli italiani, alcuni sostengono che non sono nemmeno
italiani (202);
· I carnici si considerano effettivamente diversi dagli altri italiani,
soprattutto dai vicini triestini: si credono più semplici, meno fantasiosi,
più orgogliosi e più onesti, più riservati e meno chiacchieroni. Sono meno
disponibili nei confronti degli stranieri, non si interessano dell'aspetto
esteriore e non sono portati a compiacere (204)
Anche il bilinguismo fa parte delle caratteristiche distintive di questo popolo.
L'antropologo riassume tutte le vicissitudini dell'italiano e del friulano del
dopoguerra . Capisce perfettamente quando viene usata la lingua italiana ed
individua come fosse sempre vissuto fra noi i motivi per cui il friulano è
difficile da leggere (210). Nota poi, che l'italiano viene usato per esprimere
una sorta di potere che separa l'individuo dal gruppo , dalla famiglia
(permesso, avanti, comandi) e curiosamente riferisce che
" anche le bestemmie, quintessenza della forza asociale individuale, sono
di solito proferite in italiano" (211).
QUALCHE BREVE CRITICA
L'autore affronta con competenza inaspettata uno studio
impensabile su una zona della Carnia relativamente ristretta. Chi leggerà
questo libro accanto ad alcune teorie che possono essere comprese dagli addetti
ai lavori, troverà una miniera di considerazioni riflessioni ed
interpretazioni, che spero di essere riuscito a testimoniarvi, con una piccola
lacuna, a mio avviso, vi si è quasi completamento trascurato il fenomeno della
emigrazione che pure ha interessato la montagna in maniera drammatica.
Un'altra critica che non toglie nulla alla ammirazione ed alla stima per questo
enorme lavoro che non credo trovi paragoni in altre opere simili e tantomeno, in
futuro, ci sarà qualcuno così interessato alle nostre piccole storie, è che
qualche volta certe4 riflessioni richiedono un po' di concentrazione per capire
tutti i collegamenti che l'autore ha bene in testa.
Tutto qui. Quindi un grazie a Patrik Heady che ci lascia un documento importante
per capirci come popolo ed anche a tutti i collaboratori del coordinamento dei
circoli culturali , non per ultima a Erica de Stales che si è cimentata in una
difficile traduzione.
CONSIDERAZIONI FINALI
Non possiamo far rivivere il passato.
Possiamo solo ricordarlo e trovare nella riflessione sul ricordo qualche
insegnamento per il presente. Quando si raccolgono usanze, tradizioni, modi di
vivere e di dire, le si definiscono e descrivono minuziosamente non per
ripeterle o rinnovarle oggi, ma per trovare in esse qualche indicazione per
vivere nel presente e nel futuro.
Perché amiamo la Carnia?
Perché conserva le nostre radici.
Marino Plazzotta - Settembre 2002