Interventi dal n. 21 al n. 30 La
vecje latarie di Dinplan, nasude maimò tal 1883, a veve scugnût sierâ bielzà
cualchi an fa, par vie che di vacjes in Cjargne (e masime a Dinplan) an’d’è
restades ben puocjes. Masse poucjes par podei tegni vierte une latarie. E cusì
dopo tanç agns di marum e di lancûr, la latarie di Dinplan à tornât a viergi
il porton, ma non par dâ fûr formadi e spongje, ma par produsi CJARSONS.
Pensait: la coperative di Dinplan, cun a capo Fiorenzo de Colle, à savût
inventâ une ativitât nove di zeche, che nisun al vores mai crodût: fâ
cjarsons in maniere industriâl, midiant i contribûz di Carnia Leader. Ai an
decidût di fâ par cumò doi tipos di CJARSON: chel DOLÇ e chel cu LAS JERBES.
Tra tantisimes rezipes cjargneles, ai an cirût di meti adum une recipe c’a
las ben cui gusç da int di voi. Cence
conservanz e cence colôrs, dut gjenuin. Dopo cualchi meis di
sperimentazion, la roube cumò a pâr c’a lêti indevant avonde benon: vegnin
prodoz cirche 1.300 tocs in dì, ma l’obietîf a’lè chel di rivâ a 2.500
tocs par podei lâ ben cul bilancio.
Par cumò an’dè nome doi lavorenz, ma se il lavôr al butarà, encje
cualchidunâti al podares cjatâ lavôr. I CJARSONS a sci jù cjate encje tal
spermarcjât, pronz par iessi cuez e mangjâz. Ai son bielzà stâz segnalâz su
las rivistes specialistiches (“Grand Gourmet” e “Food & Grocery”).
Cui c’al vûl, al po’ metisis in contat diret cui CJARSONS:
i.cjarsons@tiscalinet.it Provâ
par…cerciâ. Bulos chei di Dinplan ! CARNIA
le zone svantaggiate (int. 22)
L’art. 3 della Legge Regionale
13/2000 riclassifica il territorio montano della Regione FVG in 3 ZONE
OMOGENEE DI SVANTAGGIO SOCIO-ECONOMICO, in base ai seguenti parametri:
altitudine, fragilità geologica, andamento demografico, invecchiamento
popolazione, numero di imprese, tasso di occupazione. La zona A corrisponde ai
Comuni o centri abitati con svantaggio BASSO La zona B corrisponde ai
Comuni o centri abitati con svantaggio MEDIO La zona C
corrisponde ai Comuni o centri abitati con svantaggio ALTO. I comuni e le frazioni di
Carnia sono stati così suddivisi:
Come si vede da questa tabella,
l’unico centro classificato a basso svantaggio (serie A) è Tolmezzo (con
l’eccezione delle sue frazioni alte). Ora, dopo che si è presa finalmente
coscienza che la CARNIA non è né può essere considerata tutta uguale,
occorre che vengano predisposti quanto prima quegli strumenti legislativi in
grado di riempire quel gap secolare che caratterizza la Carnia vera delle
Valli, di modo che i paesi attualmente situati in zona C, possano in breve
riposizionarsi non diciamo in A ma almeno in serie B. Quando
la realtà supera la più ottimistica fantasia Quando lo scorso novembre il tolmezzino
Pietro Brollo fu nominato, primo carnico nella Storia, arcivescovo di Udine,
osservammo (vedi “Convegno Montagna” intervento 55) che un tale
evento assumeva contorni epocali. Più di così la Carnia non poteva sperare.
Mai avremmo immaginato che solo pochi mesi dopo (15 giugno 2001) la realtà
avrebbe ancora e di gran lunga superato ogni più ottimistica fantasia. Due
giorni fa infatti il Consiglio regionale del FVG (presieduto dall’altro tolmezzino
Antonio Martini) ha eletto PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE il
tolmezzino RENZO TONDO. Ora dunque la terna tolmezzina ha raggiunto i
massimi vertici dei rispettivi ruoli. Vediamo:
Pochi spunti per una breve
riflessione: 1.
La Carnia oggi ha una visibilità ed una rappresentanza così elevate
che mai si ripeteranno in futuro (a meno che altri due carnici non vengano
eletti uno Presidente della Repubblica e l’altro Papa: ma questo ci pare al
momento francamente utopistico, almeno per questo millennio). 2.
Questi TRE TOLMEZZINI, ognuno impegnato nel proprio ruolo, hanno nelle
proprie mani il FUTURO DI CARNIA. Da essi infatti e solo da essi,
dipenderà, NEL BENE E NEL MALE, la futura prossima esistenza della Carnia
delle valli o la sua definitiva scomparsa. 3.
Tondo è quello che ha maggiori responsabilità, avendo in mano IL POTERE
POLITICO-AMMINISTRATIVO di decidere in un verso o in un altro: detassazione
per i carnici delle valli, bonus fiscale sulla benzina per i pendolari
delle valli, riduzione di ICI e IRPEF per i carnici delle Valli,
incentivi per i residenti nelle Valli ecc. 4.
Martini, pur ricoprendo un ruolo eminentemente rappresentativo ma non
certo solo notarile, ha la facoltà di CALENDIZZARE E INDIRIZZARE le
discussioni e le proposte di legge in Consiglio Regionale. 5.
Brollo ha la assoluta prerogativa di concedere o meno AUTONOMIA
PASTORALE alla Carnia, rendendola VISIBILE anche al potere civile,
attraverso istituti ecclesiastici diversi e con diverso e crescente peso
specifico: Status quo, Vicariato, Vescovo ausiliare, Diocesi suffraganea di
Zuglio. Su un quotidiano locale di sabato 16 giugno 2001, in cronaca
di Tolmezzo, è apparso un articolo in cui i politici locali hanno già messo le
mani avanti dicendo: “Se ora non succederà nulla per la Carnia, i
carnici non avranno più alibi”. Ma come? I carnici non
avranno più alibi? O NON FORSE LA CLASSE POLITICA ED ECCLESIASTICA? Infatti sia il POLO
(interpretato da Renzo Tondo) sia l’ULIVO (interpretato da Antonio
Martini) sia la GERARCHIA ECCLESIASTICA (interpretata da Pietro Brollo)
sono fin da ora da considerarsi gli UNICI E SOLI RESPONSABILI sia nel
bene che nel male per il prossimo futuro di Carnia. Attribuire questa responsabilità,
come già stanno facendo i politici locali con una incauta e impudente
giravolta, ai CITTADINI AMMINISTRATI, costituisce una delle peggiori
prove di disonestà intellettuale e politica oltre che uno dei
classici atteggiamenti psicologici conosciuti come “eterogenesi dei
soggetti”. Se dunque tra 3-5-10 anni i comuni
di Carnia, attualmente classificati in “serie C” (vedi precedente
intervento) non saranno rientrati almeno in “serie B” (Tolmezzo sta già,
unico paese di Carnia, in serie A, in splendido e dorato isolamento), la
responsabilità sarà unicamente di B M T e dei pochi altri che a Roma
fanno alta cucina politica. Non certo dei carnici
splendidamente dispersi nelle valli e sempre più intenti a resistere
e a contrastare questa estinzione soft che non interessa più a nessuno. PROVINCIA DELLA MONTAGNA ? SCHERZAVAMO int. 24 Ci perviene dal Signor D’Antoni la lettera che pubblichiamo. Anche il
suo giornale ha pubblicato in agosto 2000 una mia lettera dove, quale
consigliere comunale di Bordano, riferivo di aver partecipato il 6 agosto
all'incontro giubilare degli amministratori montani presso la Polse di Cognes (Zuglio),
presente il presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia
Martini, sindaci ed esponenti vari locali della politica. Tra
l'altro si discusse il documento delle comunità cristiane della Carnia, Canal
del Ferro - Val Canale sulla istituzione della Provincia ragionale della Carnia,
comprendente trentanove Comuni, e la mia tesi di unione di tutta la montagna
friulana, da Claut a Stregna. Seguì
per mesi un gran fervore di attività lodevolmente promossa dalla Chiesa
cattolica, con partecipazione di Autorità laiche, con conclusione a Tolmezzo e
grandi promesse all'arcivescovo Battisti da parte dei potenti di Trieste,
compreso l'allora presidente della Giunta regionale ed ora onorevole della
Repubblica, Roberto Antonione. All'imminente
evento della provincia regionale di Tolmezzo ci credevamo ormai tutti. Io
partecipai alla riunione presso la sala di via Treppo in Udine ed ascoltai la
parola di tanti parroci della montagna, di laici e, soprattutto ascoltai con
entusiasmo l'imprenditore Mario Gollino, coordinatore del laboratorio
socio-politico delle comunità cristiane della Carnia. Sul
problema delle condizioni negative della montagna con analisi perfetta del
territorio, sulla proposta risolutiva dei problemi, da farsi usando la legge
costituzionale 2/1993 e costituendo la Provincia ragionale dei trentanove comuni
con poteri, risorse, interazioni con altri enti, modalità di attuazione, ecc.
ben determinati. Il signor
Gollino parlava, parlava,... ed io e la gente, ascoltavamo estasiati. Ricevetti
anche copia dell'atto costitutivo di Comitato Promotore della attuazione della
provincia regionale "cui partecipano tutte le forze sociali del
territorio" per l'iniziativa della legge regionale istitutiva da affidarsi
agli elettori in numero non inferiore a 15 mila. Questo,
molto riassuntivamente, è avvenuto ieri!!! Oggi sui
giornali tengono banco il conte Marzio Strassoldo ed il professor Flavio
Pressacco e della provincia della montagna friulana parla solo Sergio Cragnolini
(parla per modo di dire, dato che la tanto spampanata par conditio è come
l'araba fenice). L'imprenditore Mario Gollino, tace! Purtroppo,
tace anche la Chiesa friulana che aveva suscitato tante speranze, con azioni e
pubblicazioni, circa il diritto della gente che vive in quota di essere
protagonista ed artefice del suo futuro. Tace
anche il Comitato promotore della provincia ragionale della Carnia - Canal del
Ferro - Val Canale. Tutti zitti, perché? Le
promesse degli oggi on.li Antonione, Saro, ecc. non contano più? Conta
solo una poltrona per il conte Strassoldo? La pensa
così anche la Chiesa friulana? Non avremo mica scherzato, questi ultimi due
anni! Speriamo di no, altrimenti biadac Fril! Vittorio
D'Antoni Udine SALVÂ
I CJARGNEI A TORNE CONT
int.
25
I
triestins a’ van in Cjargne la sabide e la domenie par straviâsi dal masse
lavorâ a Triest. E si lamèntin che la Cjargne no je plui chê: rustiche, biele,
plene di int lavorente. No si cjate plui tai paîs e tes stalis el bon lat apene
molzût ch’al nudrive plui di une bisteche; o, tes malghis e tes casèris la
batude frescje ch’e resentave lis vìssaris, e la scuete cjalde apene gjavade
ch’e umiliave il stomi e a jere, dutun, pietance e goloset. E soredut, in
Cjargne, no si rive plui a fâ chês bielis fotografiis che si faseve, vecjutis
vistudis a neri, gobis sot la cjame di fen, di lens o di ledan. Chesc’
a’ son i fastìlis dai triestins; e forsi ancje chei di tanc’ furlans ch’a
vivin tes comuditâz de planure e de sitât. Chest int dal weeckend ‘e vores
che i cjargnei a’ stessin lassù a fâ i zardinîrs, i boscajûi, i vuardians
– a gratis – di chel maraveôs parco naturâl ch’e je la Cjargne: seâ i
prâz, netâ e curâ il bosc, spurgâ i canai intasâz, sgjavâ i martôrs
ingolfâz, rifilâ lis rèngidis slacadis. Dopodut la Cjargne ‘e je lôr. Ah,
si? La Cjargne ‘e je lôr? Poben i cjargnei al lôr dovê lu àn fat par secui.
E’ àn coltât ogni stroput di tiare; si son rimpinâz apulî e barbirâ i prâz
fin sot i crez; e’ àn nudrît lis vacjis puartant il fen su la schene; e’
àn sbacjât stradis e trois dopo ogni temporâl; e’ àn boscât e plantât
cun man di esperz e cûr di artisc’; e’ àn conservât lenghe e culture. Par
secui, par gjenerazions. Poben, cualchidun ur àjal dit grazie? Cualchidun _
tignût cont, ben s’intint, dai timps cambiâz, des esigjencis cambiadis, dai
gnôs problems sorevignûz – ju àjal judâz a restâ? Si,
la costituzion ‘e à un articul di pueste ch’al dispon provedimenz in pro de zonis montanis. La Regjon – ancje chê-
‘e à un so progjet di pueste per
montagne. Nuje ce dî: bisugne ricognossi che, pes montagnis, la lez e i progjez
è àn funzionat perfet. Difat lis montagnis, in Cjargne, à son restadis;a son
partîz dome i cjargnei. Pieri Pinzan – cjargnel concret e resident lassù- al à scrit, denunciât e documentât che il so comun, Rigulat –tant par dî un- al è zà miez muart. E ta chel altri miez ben tre ambienz (une feramente, une tratorie e une ostarie) e’ àn scugnut siarâ. E alore, ce si spiètial di bati l’uniche strade
cuintricururint e risolutive:chê di fâ in maniere che ai cjargnei ur torni
cont a restâ in Cjargne.Imparâ da l’ Austrie e de Svuizare. Forsi al sarà
di pajâ il lat molzût lassù un pôc di plui, di lassâ fâ la sgnape cu lis
sépis e cui miluz; forsi al sarà soredut, di pajà ce c’al merte il lavor
che i cjargnei e an simpri fat e a tornaressin a fa – s’al rindès- par
salvâ prâz, boscs e martôrs; forsi al sares di lassâ che artigjans e
buteghis a’ rìvin a tirâ flât cence tratâiu tanche ch’a fossin
buteghis e orèsins di place Vitorio di Udin. Cheste politiche e vignares a
costà masse? Nancje par ideis, se no l’Austrie e la Svizare no la varessin
adotade. La
politiche di contribuzion integrative
sui lavôrs che i cjargnei a podaressin fâ par salvâ e conservâ l’ambient
‘e ven a costâ mancul di che di comedâ ce che si sdrume, ce
che si bruse, ce ch’al slache ogni doi, tre agns. Ma,
un moment: e s’al fos chel il scopo de politiche, invecit? Lassâ che i
cjargnei a’ scjàmpin e che la Cjargne si sdrumi. Parceche dopo, par comedâ ,
si palòtin miliarz. E cuant che si palotin miliarz publics, ai mulinars publics
ur reste simpri in man une biele zumiele di farine. “PAR FA IL CONTADIN (MASSIME VUE) RIEDO
PUPPO Tratto
dal giornale “Il COLTIVATORE” di maggio SALVARE
I CARNICI CONVIENE I
triestini vanno in Carnia il sabato e la domenica per distrarsi dal troppo
lavoro a Trieste. E si lamentano che la Carnia non è più quella : rustica,
bella, piena di gente che lavora.
Non si trova più nei paesi e nelle stalle il buon latte appena munto che
nutriva più di una bistecca; o, nelle malghe
il latticello fresco che risciacquava
le viscere e la ricotta calda appena tolta che alleggeriva lo stomaco ed
era, sia, pietanza che lecornia. Soprattutto, in Carnia, non si riesce più a
fare quelle belle fotografie che si faceva, vecchiette vestite a nero, gobbe
sotto il peso del fieno, della legna o del letame. Queste sono le preoccupazioni dei triestini; e forse anche quelle di tanti friulani che vivono nelle comodità della pianura e della città. Questa gente del Weekend vorrebbe che i carnici stessero lassù a fare i giardinieri, i boscaioli, i guardiani – gratuitamente – di quel meraviglioso parco naturale che è la Carnia: falciare i prati, pulire e curare i boschi, pulire i canali intasati, pulire gli scivoli del legname intasati, assestare le frane. Dopotutto
la Carnia è loro. Ah,
si? La Carnia è loro? Bene, i Carnici il loro dovere l’hanno fatto per
secoli. Hanno concimato ogni piccolo spazio di terreno; si sono arrampicati a pulire e
tosare i prati fino sotto alle
rocce (o pendii rocciosi); hanno nutrito le mucche portando il fieno sulla
schiena; hanno sostenuto strade e sentieri dopo ogni temporale; hanno tagliato la legna del bosco e piantato con mani da esperti e
cuore di artisti; hanno conservato lingua e culture. Per secoli, per
generazioni. Bene, qualcuno ha detto loro grazie? Qualcuno - tenuto conto, ben
s’intende, dei tempi cambiati, delle esigenze cambiate, dei nuovi problemi
sopravvenuti - li ha aiutati a rimanere? Sì,
la costituzione ha un articolo a posta che dispone provvedimenti a favore delle
zone di montagna. La Regione - anche quella – ha un suo progetto a posta per
la montagna. Niente da dire: bisogna riconoscere che, per le montagne, la legge
e i progetti hanno funzionato a perfezione. Infatti le montagne, in Carnia, sono
rimaste; sono partiti solo i carnici. Pieri
Pinzan – carnico concrete e residente lassù – ha scritto, denunciato e
documentato che il suo comune, Rigolato – tanto per dirne una – è già
mezzo morto e nell’altra metà ben tre ambienti (una ferramenta, una trattoria e una osteria) hanno
dovuto chiudere. E
allora, cosa si aspetta a battere l’unica strada controcorrente e risolutiva:
quella di fare in maniera che ai carnici convenga rimanere in Carnia. Imparare
dall’Austria e dalla Svizzera. Forse sarà da pagare il latte munto lassù un
po’ di più, da lasciar fare la grappa con le susine e con le mele; forse sarà
soprattutto, da pagare quanto merita il lavoro che i carnici hanno sempre fatto
e tornerebbero a fare – se rendesse – per salvare prati, boschi e scivoli;
forse sarebbe da lasciare che artigiani e botteghe riescano a sopravvivere senza
trattarli come se fossero botteghe e orefici di piazza Vittorio a Udine. Questa
politica verrebbe a costare troppo? Neanche per idea, altrimenti l’Austria e
la Svizzera non l’avrebbero adottata. La
politica di contributi integrativi sul lavori che i carnici potrebbero fare per
salvare e conservare l’ambiente viene a costare meno che aggiustare quello che
si distrugge, quello che si brucia, quello che frana ogni due, tre anni. Ma,
un momento: e se fosse quello lo scopo della politica, invece? Lasciare
che i carnici scappino e che la Carnia si distrugga. Perché
dopo, per aggiustare, si girano
miliardi. E quando si girano miliardi pubblici, ai mugnai pubblici resta sempre
in mano un bel pugno di farina. “PER
FARE IL CONTADINO (SOPRATTUTTO OGGI) Riedo
Puppo Traduzione in italiano dell’articolo “SALVA I CJARGNEI A TORNE CONT” pubblicato dal giornale “IL COLTIVATORE” di maggio 2001 - Dubbi e riflessioni int. 27 Tutti indistintamente oggi dormono sonni più che tranquilli circa la sopravvivenza dell’ospedale di Tolmezzo. Nessuno azzarda il benchè minimo dubbio: tutti sono convinti che nessuno sottrarrà mai alla Carnia il "suo" ospedale. Vediamo LO SCENARIO dei prossimi 20 anni: - Oggi a Tolmezzo vivono 10.000 persone, pari ad un quarto degli abitanti di Carnia. - Lo spopolamento delle valli è sotto gli occhi di tutti: disoccupazione, aborti, fuga, denatalità, degrado ambientale ne sono le principali cause che erodono costantemente questo zoccolo duro di 30.000 anime sparse tra i monti. - Tra 20 anni, le valli, secondo alcune recenti stime di previsione, resteranno con soli 15.000 abitanti, mentre Tolmezzo conserverà sostanzialmente gli abitanti attuali. - In questo contesto, non sarà più possibile mantenere o pretendere un ospedale così concepito, per un interland di sole 15.000 persone, quando il BARICENTRO DEMOGRAFICO E PRODUTTIVO SI SARA’ VELOCEMENTE E PESANTEMENTE SPOSTATO PIU’ A SUD. - Tra 20 anni dunque la popolazione sarà concentrata lungo la pedemontana tra i due poli di Gemona e Tolmezzo: il baricentro di questo interland sarà la zona di Carnia-Venzone, addossata all’autostrada A4. Vediamo ora il presente: - L’ospedale di Tolmezzo da oltre un anno è stato trasformato in un grande cantiere (con enorme disagio per pazienti e utenti) perché sono iniziati i lavori di una profonda ristrutturazione che riguarda ogni piano, con demolizione di ampie zone (cucine e lavanderie) e rimaneggiamento di altre, con messa in sicurezza di molte strutture, recupero a norma di altri aspetti, allocazione di tecnologia avanzata, costruzione di nuovi ascensori. I lavori dovrebbero durare due anni, per mettere in "una botte VECCHIA del vino NUOVO" (coi rischi relativi). Costi altissimi per una serie di risultati futuri comunque dubbi: non sarà mai possibile infatti adeguare alle nuove esigenze tecnologiche e di assistenza una struttura già vecchia di 30 anni, perché, come ha recentemente sostenuto un ingegnere del settore, un ospedale dopo 30 anni andrebbe totalmente demolito e completamente rifatto dalle fondamenta. Le tubazioni sono obsolete, gli scarichi inaffidabili, i bagni ed i servizi igienici insufficienti, le camerette (che 30 anni fa erano moderne) oggi appaiono del tutto inadeguate. DOMANDA: perché non si è allora pensato di risparmiare tanti quattrini costruendo ex novo un ospedale moderno e funzionale, dai costi decisamente inferiori? Perché si è preferito lavorare sul vecchio, ben sapendo che non risulterà comunque mai modernamente funzionale né totalmente affidabile nelle sue parti più vetuste e non sostituite? UNA POSSIBILE RISPOSTA: 1. Se si fosse scelto ragionevolmente di costruire ex novo un ospedale, l’ubicazione non sarebbe certamente stata Tolmezzo-città per il semplice motivo che non sarebbe stato conveniente nel prossimo FUTURO avere in Tolmezzo una struttura nuova perché, dati e proiezioni demografiche future alla mano, tra 20 anni avremmo avuto solo una cattedrale nel deserto, un deserto chiamato CARNIA. 2. Ora come ora, non si potrebbe costruire un ospedale nuovo nella zona idonea, cioè tra Venzone e Amaro, senza sollevare le allarmate proteste da parte dei carnici. 3. Si è così scelta una soluzione all’italiana, provvisoria, compromissoria anche se eccessivamente costosa: AGGIORNARE IL VECCHIO OSPEDALE DI TOLMEZZO (con costi altissimi) IN ATTESA DI … tempi migliori quando, in una Carnia ormai spopolata, il potere contrattuale-elettorale dei carnici delle Valli sarà praticamente ridotto a zero. Pensierino finale: - Solo tra 20 anni Tolmezzo comprenderà finalmente il grossolano errore di valutazione che sta oggi compiendo a spese delle valli, la quali si stanno drammaticamente spopolando a favore del capoluogo, moderno Crono che si mangia i suoi figli… - Ma tra 20 anni, Tolmezzo, divenuto per davvero un mostro geo-politico (con un testone enorme in un corpicciattolo microscopico) non avrà più motivi validi per reclamare un ospedale per la Carnia, la quale non ci sarà più dal punto di vista demografico. - Tolmezzo si accorgerà di avere sbagliato i suoi calcoli, ma sarà troppo tardi: sarà costretta a rinunciare definitivamente al suo ospedale e dovrà accettarne forse a malincuore la soppressione (tutti a Udine, insomma), perché più consona alle mutate esigenze ed alle nuove realtà demografiche e produttive dislocate su una area diversa, in cui saranno confluiti anche moltissimi carnici delle valli. Tra 20 anni (o meno?) dunque chiusura dell’ospedale di Tolmezzo ? LA EURHOLZ DI VILLA SANTINACOSTRUISCE LA FIERA DI RIMINI int. 28La
Eurholz srl di Villa Santina, del Gruppo SPAV Prefabbricati Spa di Martignacco
(UD), ha costruito e curato la messa in opera delle coperture della nuovissima
Fiera di Rimini. Ecco i dati: -
12mila metri cubi di legno lamellare impiegati. -
12 padiglioni coperti (con struttura in legno lamellare), aventi ciascuno
le dimensioni di m. 60 x 96 (un campo di calcio). -
1.300 travi di legno utilizzate. -
25 giorni per assemblare tutta l’opera Oltre
ai 12 padiglioni espositivi, la Eurholz ha costruito anche le due
strutture dell’ingresso principale: -
la prima è caratterizzata da una grandiosa volta a botte in legno
lamellare (m. 18 x 76) formata da elementi a graticcio romboidale come i
padiglioni. -
la seconda è a forma di cupola del diametro di m. 30 con graticcio
lamellare che richiama i rosoni gotici. Tutta
la struttura della FIERA DI RIMINI appare dunque come un grandioso complesso
interamente realizzato in legno lamellare, che fa della Euroholz di Villa
Santina una delle prima industrie produttrici di legno lamellare italiane. Una
rivista austriaca del settore ha definito la Eurholz “MIGLIORE CARPENTIERE DEL
2000”. Anche
quest’opera moderna è l’ambasciatrice più convincente della
professionalità e delle potenzialità della Carnia odierna. Nonostante
tutto. PRAMOSIO - Una strada che rispetta l’ambiente int. 2 9Con
estrema e sincera gioia vogliamo rettificare oggi il precedente intervento sulla
strada di Pramosio (vedi intervento n. 18). La
nuova strada appena aperta al traffico, smentisce completamente le nostre
iniziali preoccupazioni e titubanze. L’opera,
personalmente curata e diretta dal dr. Matteo De Cecco (Azienda Parchi e Foreste
del FVG), presenta SOLUZIONI DI INGEGNERIA NATURALISTICA A
BASSISSIMO IMPATTO AMBIENTALE: si è infatti fatto uso di sole PIETRE
LOCALI e LEGNAME del posto. Non
è stato usato neppure un grammo di cemento armato né di asfalto. Si
è fatto in modo che la pendenza non superi mai il 14% e che la carreggiata non
risulti mai inferiore a m. 3,5 di larghezza. Il
percorso si snoda lento, per Km 7, nella stupenda foresta di Pramosio e
la cura che è stata posta ad ogni particolare fa di questa arteria forestale un
modello da imitare: -
i fianchi della strada sono stati bonificati e rinforzati con la semina di erba
nuova, -
gli scarichi dell’acqua piovana sono stati segnalati con palizzata di legno, -
piazzole di sosta e di manovra sono frequenti e ben localizzate; -
la vecchia strada è stata opportunamente coperta e mimetizzata con i detriti di
scavo della nuova e si è anche provveduto a mettere a dimora nuovi alberi. -
sono stati rispettati i particolari punti religiosi o di memoria storica. L’opera
è costata circa un miliardo di lire, di cui 885 milioni erogati
dall’Obiettivo comunitario 5B. Pramosio,
dal punto di vista geo-morfologico, è caratterizzato da un ampio pianoro morenico (a 1521 msl) e da linee ondulate di sellette e dossi
erbosi che ricoprono gli spuntoni rocciosi calcarei. La
fauna è quanto mai ricca: MARMOTTE, CAMOSCI, CAPRIOLI, a volte CERVI. Tra i
volatili, il GALLO FORCELLO e il GALLO CEDRONE. Anche l’AQUILA a volte plana
sopra la Crete. Il
complesso malghivo, di proprietà della Regione FVG, è composto dalla grande
stalla(per bovini) e dal RIFUGIO che ha 22 posti-letto e 50 posti a tavola per
un AGRI-TURISMO di prim’ordine. Dalla
malga Pramosio sono possibili interessanti ed appaganti escursioni:
Avostanis, laghetto Pramosio, Pizzo Timau… Una
realizzazione insomma altamente positiva che si colloca nel contesto di
un’ampia azione di recupero delle caratteristiche più tipiche di una Carnia
che rischia di scomparire. Un’unica osservazione: i week-end estivi vedono Pramosio trasformato in un grande parcheggio che deturpa visibilmente l’ambiente. Siamo tuttavia consci che questo è forse l’unico scotto che si debba pagare per mantenere Pramosio vivo e pulsante. MEDICINA
IN CARNIA - Due importanti Convegni a Tolmezzo int.
30
8 settembre 2001 Organizzato
dalla U.O. di Chirurgia Generale, si è svolto presso l’Ospedale di Tolmezzo
un importante summit sulla chirurgia mini-invasiva, cui hanno partecipato
moltissimi chirurghi nazionali, sensibili a questo nuovo approccio chirurgico
che apre nuove e inesplorate frontiere, tra i cui pionieri va certamente
annoverato il primario chirurgo tolmezzino, il dr. Roberto Petri, il
quale ha al suo attivo un numero elevato di tali interventi che lo pongono ai
vertici regionali di tale approccio chirurgico. Il clou del Convegno è stato un
intervento in diretta in video-laparoscopia di rimozione di una neoplasia del
colon, trasmesso via satellite a Osaka, Giappone, ove altri chirurghi nipponici
hanno seguito in diretta l’intervento di Tolmezzo. 13 ottobre 2001 Organizzato
dalla U.O. di Medicina Generale, si è svolto presso la sala convegni della CMC,
il 2° Convegno di Medicina Interna dell’Alto Friuli, organizzato dal
primario medico tolmezzino, il dr. Vito Di Piazza, di Tualis di
Comeglians. I temi in discussione sono stati davvero ghiotti, se oltre 130
medici di tutta la regione hanno attentamente partecipato alle sessioni. La celiachia
nell’adulto è stato il tema affrontato dalla prof. B. D’Odorico della
Clinica Gastroenterologica dell’ Università di Padova; le problematiche della
terapia cortisonica hanno costituito l’argomento del prof. Del Favero,
direttore della Clinica Medica dell’Università di Perugina; sulle vasculiti
ha diffusamente parlato il prof. Ferraccioli, direttore della Clinica
Reumatologica dell’Università di Udine; delle sindromi coronariche acute
ha infine parlato il prof. Sinagra, primario della Cardiologia di Trieste. Nota
a margine: |
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