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L’OTTOCENTO
Nel
comune di Paluzza
Vicende e sprazzi di Vita
di
Emilio Di Lena
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Davvero
interessanti le pubblicazioni che vengono edite in Paluzza ed in Carnia negli
ultimi mesi. Alcune sono senza contributi
di enti locali o regionali, eppure
riescono a trovare uno spazio per
proporre pezzi di storia, brani di ricordi, quasi zolle,
del paese, al compaesano
vicino o lontano.
Il
maestro Di Lena ci dà ,
con questo suo terzo libro, una
lettura originale del passato. Rilegge spulciando con metodo e acume fra i
documenti dell’archivio comunale quello che dei fatti è data memoria dal 1800
al 1900 e li ripristina
commentandoli con la sua sagace bonomia e positiva visione della vita. Mi ha
colpito la moderazione con cui legge gli eventi, li racconta chiosandoli solo se
ritiene necessario, non fa alcuna morale.
Non
è un libro di ricordi e di
personali esperienze, come quello di A.Englaro
“LA PLACIUTE ” appena presentato in questo sito,
“L’OTTOCENTO”, è un libro di storia che ci auguriamo venga
sfruttato e citato da quanti amano le indagini storiche e serie e non da pirati
(oggi acher). Il lavoro di ricerca è stato grande, dispendioso ed impegnativo e
sicuramente di ciò sapranno qualche cosa i
familiari del maestro che, immagino, avranno trovato bigliettini, appunti, per
ogni dove in casa.
Ho
letto con curiosità questa testimonianza di altri tempi. Sono rimasto colpito
dalle tante istituzioni, abitudini, consuetudini, che potrebbero rimanere senza
traccia per noi e chi ci seguirà.
Sono infatti convinto che dalle tradizioni, dagli usi e costumi di un tempo,
dobbiamo distillare il buono, il meglio, il sugo che può aiutare a vivere anche le generazioni future.
Perché
sono sparite le Vicinie, perché i Fabricirs, oggi revisori dei conti, venivano
scelti con criteri di giudizio
pressochè scomparsi oggi, poi i Nonzoli, i Carradori, i Faris, i Bettolai che
gestivano “ i luoghi ove ci si può incontrare per bere insieme un bicchiere
di vino o un grappino e fare la chiacchierata distensiva alla fine della
giornata di lavoro”? Ci
troviamo poi gli “stridi”, cioè le “grida” per rilanciare
un’offerta di asta relativa ad un bosco o alle piante messe all’incanto.
Altre storie di fame, epidemie e miseria . In quel periodo si “ammalarono
perfino le patate”! Chi non ha mai raccolto con la forca le patate non può
capire questo dramma.
Sempre
attingendo da fonti reperibili presso gli
archivi del comune , il maestro Di Lena si impegna in una ricostruzione di quanto è avvenuto
nell’ottocento a Paluzza, non trascurando alcun fatto che abbia lasciato
traccia sui documenti.
Mi
sembrerebbe essere troppo “laudatore” se nel presentare un libro particolare
ed eccezionale per l’impegno richiesto e l’intelligenza dispensata, non mi
permettessi almeno due bonarie critiche ed
un suggerimento che lascerà, come
si dice, il tempo che trova.
Critico
un atteggiamento che non tutti hanno condiviso circa l’accoglimento degli
italiani in Friuli. Forse non tutti hanno esaltato nel dover riconoscere di
essere stati ancora una volta “invasi”, anche se dagli Italiani (pag. 31).
Trovo
singolare, a meno che non mi sia sfuggito durante la
veloce lettura, che in questo libro prezioso per la
Paluzza, ma anche per la Carnia non vi si trovino documenti in lingua
originale: non d’è une peraule in furlan, parcè?
Un’idea
o una proposta da approfondire: tutto il passato di Paluzza
e di tutte le storie che oggi vengono scritte sui paesi e le loro
tradizioni, come potrànno essere vissute e tradotte in termini odierni
ed in orientamenti realizzabili?
Se
poi per assurdo si arriva alla conclusione che un libro costa meno a scriverlo
che a leggerlo penso di mettere il
dito … anzi di aver detto tutto o
niente.
Maestro
grazie comunque per il suo lavoro che un
giovane studente universitario avrebbe avuto “cif e ciaf” a portare a
temine.
Marino
Plazzotta
(Buttrio
29.12.01)