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Pernice
bianca
Lagopus
mutus
Montin, 1776
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Specie delle dimensioni di un colombo, distribuita
con 23-30 sottospecie attraverso tutti i continenti dell’emisfero boreale
dalle zone pianeggianti della tundra artica e fin sulla sommità di molti
rilievi, al di sopra della vegetazione arborea ed arbustiva. Nelle zone adatte
dell’Europa ad ovest dei Monti Urali, le sottospecie sono sette. In Italia,
sulle Alpi è presente la sottospecie L. m. helveticus che si riproduce
in una fascia discontinua tra 1800 e 2600 m di altitudine, con minimi di 1550 m
nella zona prealpina, sul Gran Monte (Comune di Taipana, UD) e massimi di 2950 m
nella Conca del Nivolè in Valsavaranche, nel Parco Nazionale del Gran Paradiso.
In Carnia, la Pernice bianca è abbastanza frequente,
anche se in diminuzione, e si trova comunemente sui ghiaioni, sullo sfasciume
roccioso e sulle creste che
dominano i pascoli alpini, oltre il limite della vegetazione formata dalle fasce
di cespugli alti, densi ed estesi. Nella
parte più interna delle Alpi Carniche, a occidente, essa è presente dal M. Fleòns
(Fig. 1), M.Peralba e Pic Cjadenis, al confine con la Val Visdende (una delle più
belle di tutto il Veneto), al gruppo del M. Cogliàns- Creta di Collina (Fig.
2), e fino M. Zermula, Creta di Lanza e alla Creta di Aip (Fig. 3), al confine
orientale con le Alpi Pontebbane e con il Tarvisiano. Nella zona prealpina essa
è ancora presente (seppure con una modesta consistenza) fin sui rilievi posti a
nord e a sud di Tolmezzo, che dominano la Pianura Friulana.
L’intero piumaggio della Pernice bianca presenta
variazioni cromatiche pressoché continue nel corso dell’anno. Il suo nome
deriva dal fatto che, dal tardo autunno alla fine dell’inverno a seconda delle
annate, per circa 100 giorni adulti e giovani mantengono una livrea interamente
bianca, tranne le penne della coda (timoniere) che restano sempre nere. I sessi
di una coppia si possono sempre distinguere se i due partner si trovano
abbastanza vicini all’osservatore e purché questi faccia attenzione ad alcuni
particolari. Il capo del maschio infatti è caratterizzato da una sottile stria
di piume nere che, partendo dalla base del becco nero, si porta lateralmente
all’indietro in direzione dell’occhio e termina subito dopo averlo superato;
tale caratteristica manca invece nella femmina (Fig. 4). La differenza tra i due
sessi è molto più marcata in primavera quando
il piumaggio del maschio assume sulla parte dorsale del corso e su buona parte
di quella ventrale, una colorazione nera e le vistose caruncole rosso-carminio
si ingrossano sopra gli occhi durante tutto il periodo degli amori. La livrea
della femmina invece assume una colorazione mimetica che rende difficile la sua
individuazione nella fase della cova, anche se il nido si trova allo scoperto
tra l’erba bassa dei pascoli di altitudine (Fig. 5). In estate ed in autunno
il piumaggio nei due sessi diventa abbastanza simile e la coppia ed i giovani
che spesso la accompagnano tendono a mimetizzarsi con l’ambiente circostante e
a confondersi tra la bassa vegetazione (Fig. 6).
In Carnia, l’ambiente in cui la specie si riproduce
e trascorre la maggior parte della sua esistenza è infatti caratterizzato da
vaste distese di pascoli di alta quota irregolarmente interrotti da piccoli
arbusti di mirtilli, rododendri e salici, intervallati da morene, pietraie,
affioramenti rocciosi, creste e pareti che dominano l’intero territorio. In
inverni con abbondanti nevicate i gruppi, talora anche numerosi, trascorrono le
loro giornate su versanti volti a sud, dove il manto nevoso scompare più
rapidamente, oppure sui costoni esposti ai venti di tramontana che sollevano la
neve e la spostano più a valle, lasciando scoperte intere zone, dove questi
uccelli possono trovare cibo e rifugio tra i sassi affioranti.
Quando sui pascoli alpini cominciano a soffiare venti
provenienti dai quadranti meridionali ed iniziano a comparire delle chiazze di
terreno scoperto, gli assembramenti invernali di pernici bianche finiscono per
disgregarsi e presto si vengono a formare delle coppie che, spostandosi attraverso i versanti, vanno alla
ricerca di un territorio sul quale insediarsi e riprodursi nella tarda
primavera.
Durante un’escursione tra le morene che sovrastano
il Rifugio Marinelli, in maggio è così possibile talvolta osservare le parate di una coppia di pernici
bianche durante una giornata di sole: il maschio, con andatura tronfia assume un aspetto imponente e percorre in bella
vista, con frequenti emissioni sonore, le creste sulle quali si è stabilito,
seguìto a breve distanza dalla femmina che invece si mantiene più
discretamente coperta e nascosta al margine della vegetazione arbustiva o dello
sfasciume roccioso esistente nell’area.
Dopo la metà di maggio, la femmina ormai fecondata
sceglie il territorio adatto per nidificare, nel corso di una quindicina di
giorni depone da 6 a 9 uova in una piccola conca del terreno e quindi inizia a
covare. Dopo 26-28 giorni le uova si schiudono ed i piccoli, appena asciutti,
sono pronti per seguire la chioccia. Trascorse due o tre settimane, in cui i
pulcini assumeranno prevalentemente del cibo animale (bruchi ed insetti adulti),
appena saranno loro cresciute le piccole penne che andranno a sostituire gran
parte del piumino che avevano appena nati, essi possano compiere i primi brevi
voli. A metà agosto, la nidiata sarà in grado di spostarsi agevolmente sul
terreno o in volo alla ricerca di insetti e/o di apici di diverse specie
vegetali che costituiranno il loro principale alimento fino alla primavera
successiva. Può accadere infatti già alla fine di luglio di osservare sopra il
Lago Avostanis, ai lati del sentiero che, dopo aver scavalcato la cresta scende
nel vallone di Pal Grande, una covata intenta alla ricerca del cibo tra l’erba
bassa e lo sfasciume presente alla base delle piccole pareti.
Per cercare di far partecipe il lettore delle
sensazioni provate durante un’escursione da me fatta il 22.07.1984 in Pramosio,
da Sella Malpasso a Cima Cuestalta, voglio trascrivere una pagina tratta dal mio
libretto di campagna (n. 7, N.S.):
Dal punto in cui mi sono in qualche modo nascosto
dietro un grosso masso osservo il
comportamento di una femmina di Pernice bianca e dei suoi pulcini. … “Per un
po’ di tempo non succede niente, la femmina si dirige lentamente verso una
conca piuttosto ampia e profonda (dove una volta c’era una postazione di
mitragliatrice) e ripete il suo flautato “tuệ- tuệ … tuệ-
tuệ …” sopra ricordato con frequenza accelerata, improvvisamente, uno
dopo l’altro i piccoli pulcini appaiono dal nulla, emergendo dalla bassa e
rada vegetazione presente all’interno e sui bordi del camminamento.
La femmina riduce la frequenza del richiamo, si
guarda un poco in giro con diffidenza, poi lentamente si dirige verso la cresta
soprastante.
I piccoli,
vivacissimi, si arrampicano sui sassi, compiono delle brevi corsette tra
l’erba bassa, becchettano il cibo precedendo la chioccia, o recuperando
velocemente il terreno dietro a lei, quando si accorgono di essere rimasti
indietro per inseguire una formica o un piccolo coleottero nero….”
Alla fine dell’estate il numero di giovani per
covata si sarà più o meno fortemente ridotto in rapporto all’andamento
meteorologico nelle prime settimane di vita, alla pressione antropica (pascolo
intensivo con ovini, turismo estivo, escursionismo invernale etc) ed a quella dei predatori presenti sul
territorio.
Nei decenni passati, in diverse zone alpine,
l’azione di uno o più fattori tra quelli sopra indicati ha causato una
notevole riduzione del successo riproduttivo stagionale della specie ed il
perdurare di tale situazione ha provocato un declino rapido ed evidente di una
popolazione locale.
Sulle Alpi Carniche centrali il picco massimo di
presenza della Pernice bianca è
stato osservato nell’estate 1984 quando sono state censite tre o quattro
covate/100 ha. Nei due decenni successivi, anche a causa dello scarso
innevamento invernale e delle abbondanti nevicate tardo-primaverili, la popolazione locale ha subito un grave
declino e nell’ultimo quinquennio la densità di popolazione sulla stessa area
si è attestata attorno al 25% di quella osservata nella prima metà degli anni
’80.
La rarefazione della specie che è stata osservata in
questo settore delle Alpi ha
interessato anche il resto della catena alpina su entrambi i versanti, in tutti
i Paesi europei compresi quelli dell’Europa settentrionale.
Sarà possibile rivedere la popolazione locale
di questo splendido uccello aumentare di nuovo e raggiungere ancora delle densità
come quelle sopra ricordate? Io voglio sperare di si!!!
Prof. Paolo
Flavio De Franceschi
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Ambiente di riproduzione di Pernice
bianca sulla Creta di Collina. |
Panorama degli ambienti di
riproduzione di Pernice bianca sulla catena del M. Fleòns. |
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Coppia di Pernice bianca all’inizio del periodo riproduttivo
in cui è possibile distinguere il maschio per la stria nera che parte dalla base del ecco e
attraversa l’occhio, mentre il capo della femmina, nascosta dietro la
roccia in primo piano, è ancora completamente bianco (M. Scarniz). |
Ambiente di riproduzione di Pernice
bianca sulla Creta di Aip |
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Femmina di Pernice bianca in cova sul nido, al centro
dell’immagine (Sella Malpasso) |
Nidiata di Pernice bianca in pastura su uno sperone
roccioso coperto da erba bassa, rada e discontinua (versante nord di Cima
Cuestalta). |