Francolino di monte
Bonasa bonasia (Linnaeus, 1758)

divider.gif (415 bytes)

Stavolta verrà presa in considerazione una specie abbastanza elusiva che vive nei boschi giovani al limite dei pascoli e dei prati ancora utilizzati dalla selvicoltura, agricoltura e zootecnia tradizionale.

Francolino di monte Bonasa bonasia (Linnaeus, 1758)

Specie di dimensioni inferiori a quelle di un piccione ed anche della pernice bianca  (circa < 10%  con pesi medi di 390 g per la femmina e di 430 g per i maschi adulti). In passato essa veniva suddivisa in 4 e attualmente essa comprende fino a 12 sottospecie; la maggior parte delle quali derivante dal frazionamento delle precedenti. Il Francolino di monte si può trovare nei boschi adatti di tutta l’Eurasia, dalla Penisola Scandinava ed Europa centrale alla Siberia ed al Giappone.

In Italia è presente la sottospecie B. b. rupestris (Brehm, 1831), che vive e si riproduce  in una fascia discontinua compresa tra 700-800 m e 1300-1600 m di altitudine, con un minimo di nidificazione di 450-480 m nella zona prealpina (Rio Simòn, Val d’Alba, Moggio Udinese, UD; verso la metà degli anni ‘70) ed massimo di oltre 1700 m al limite della vegetazione arborea, in Trentino, nel 1997. La sua distribuzione sull’Arco Alpino si estende dalla Valsesia, a  occidente, fino al Tarvisiano ed alle Prealpi Giulie, ad oriente.

          In Carnia, il Francolino di monte è abbastanza comune e localizzato al limite dei pascoli di media montagna e nei boschi attorno alle malghe ancora attive; più raramente si può incontrare anche nelle aree un tempo coperte da prati soggetti a sfalcio e attualmente in fase di rimboschimento, principalmente a causa della progressiva espansione della vegetazione arborea (De Franceschi, 1971). Tale fenomeno inizia con la riduzione del carico estivo di animali domestici e la successiva cessazione della monticazione,  a partire dalle zone meno facilmente raggiungibili dai mezzi motorizzati.

Le associazioni vegetali caratteristiche, a seconda dell’altitudine, possono comprendere: nello strato dominante: abeti (rosso e bianco), inframmezzati nella parte più elevata da larici e nelle aree poste a quote inferiori da faggi (prevalentemente) a volteanche da querce, carpini e castagni.

Negli strati dominati, la vegetazione comprende salici, sorbo degli uccellatori, noccioli, mentre a livello più basso ancora si trovano macchie di rododendri, mirtilli, rovi, lamponi, fragole, trifoglio, acetosella etc. che segnano il confine con i prati falciati o con i pascoli di media montagna.

 Sulle Alpi Carniche sistono diversi percorsi campione dove da decenni vengono condotti censimenti primaverili ed estivi usando il richiamo (metodo del fischietto): Lavarèit, Val di Collina, dal Bosco di Pramosio  fino a Pecòl di Cjaula Bassa. Durante gli anni ’80 analoghe ricerche sono state condotte da chi scrive e dai suoi collaboratori anche nel Tarvisiano. Sul finire degli stessi anni, durante ricerche che hanno portato alla stesura di una tesi di laurea (Tocchetto, 1993), è stata individuata anche un’area molto favorevole dell’altopiano del Cansiglio dove sono stati studiati: ambiente, uso dell’habitat,  consistenza e dinamica di popolazione di Francolino di monte.

          Passando quindi ad esaminare l’aspetto esteriore della livrea del Francolino di monte si deve sottolineare la presenza di un piumaggio fortemente mimetico, caratterizzat0 da una mescolanza di piume con macchie grigio scure, brune e fulve finemente barrate di nero. Tale colorazione che, nelle parti superiori, diventa più intensa e con ampie aree rossastre barrate di nero, appare decisamente più chiara  sulla parte inferiore del petto e sul ventre. Diventa perciò arduo, se non difficile, localizzare sul terreno un esemplare che resti immobile sul terreno anche a breve distanza. La coda arrotondata, formata da 16 timoniere con una banda sub-terminale nera  che, durante il periodo degli amori primaverili, viene dispiegata a ventaglio. Il canto del francolino di monte è una serie di fischi acuti e penetranti caratterizzati da frequenze molto elevate (tra 7000 ed 8000 kHz) che diventano difficili da percepire, quando il rilevatore ha superato una certa età.

I sessi si possono distinguere agevolmente anche in natura, avendo la possibilità di osservare un soggetto fermo allo scoperto. I maschi sono infatti dotati di un caratteristico collarino di piume bianche che delimitano a partire dalla fronte e attorno al becco, lateralmente sulle guance e alla base del collo un’evidente macchia di piume nere. Entrambi i sessi presentano un ciuffo di penne erettili sul vertice che appaiono però più evidenti  nel maschio. Le caruncole, particolarmente marcate sopra gli occhi del maschio in primavera, sono fortemente ridotte e non si notano nella femmina.

Alcuni soggetti possono presentare anomalie di colorazione del piumaggio. Due soggetti abbattuti sulle Alpi Carniche ed esaminati durante la stesura della tesi (De Franceschi, 1971) ne mostravano infatti alcune di carattere particolare:

·       un maschio adulto, con parziale albinismo localizzato sulla gola e sul collo, è stato abbattuto sul versante esposto a sud-est del M. Paularo, in comune di Ligosullo;

·       una femmina adulta con piumaggio più chiaro del normale e con tarsi grigio chiari tendente al rosa, anziché del tipico colore grigio scuro, è stata catturata in Lavarèit, in comune di Paluzza.

A partire dalla seconda metà di aprile, a seconda dell’altitudine si possono incontrare coppie già insediate sul proprio territorio in fase attiva di riproduzione. Sulle Alpi Carniche, la deposizione più precoce  stata trovata alla fine di aprile (un nido con 4 uova, il 23.04.1974 a m 950 slm, esposizione Ovest-SudOvest), quella più tardiva nella prima decade di luglio (femmina con 3 pulcini di pochi giorni a m 1230 slm, esposizione Nord) (De Franceschi, 2002).

Nell’area presa in considerazione, la maggior parte dei nidi era sistemato al riparo di una giovane piantina di faggio o di abete rosso ma alcuni di essi si trovano sul terreno assolutamente al pulito alla base del tronco nudo di una pianta matura; recentemente sono stati segnalati e fotografati dei nidi posti su pascoli abbandonati, al limite esterno di una catasta di rami secchi, ammucchiati in sito dopo il taglio della vegetazione arborea su pascoli abbandonati.

A questo punto, al lettore che segue queste mie note, vorrei proporre le osservazioni fatte durante un’escursione in Valmenor (il 12.06.1956 a m 950 slm, sul versante meridionale del M. Paularo), in cui è possibile rendersi conto della complessità degli aspetti etologici tra i diversi individui di questa specie, in un’area molto favorevole per la riproduzione e in presenza di una elevata densità di popolazione (Libretto di campagna n. 1, prima serie) e di cercare contemporaneamente di comunicare le sensazioni che le accompagnano:

“…Sto rifacendo un controllo lungo uno dei miei percorsi campione abituali per vedere se qualche francolino di monte ancora risponde alle stimolazionifatte con il fischietto.

Arrivato alla IV^ stazione, lancio una serie completa  di richiami e mi metto in ascolto. Passano un paio di minuti poi, mentre mi accingo a lasciare il sito, improvvisamente, sento un leggero  scalpiccio frettoloso  tra le foglie secche al limite del bosco. Due maschi di  francolino di monte,  con il ciuffo delle penne del vertice sollevate, passano a 4-5 metri di distanza dalla postazione in cui mi ero riparato e, mostrando una notevole aggressività si  scontrano ed inseguendosi a balzi, brevi voli e frulli rumorosi,  proseguono finché scompaiono tra i cespugli senza  avvedersi di me.  Qualche minuto più tardi, mentre sto registrando questa osservazione sul mio libretto di campagna, uno dei due maschi dopo aver cacciato l’intruso, torna cantando in  cerca della sua compagna che era impegnata a seguire la nidiata dispersa tra l’erba bassa ed  i mirtilli in  una radura posta un poco più a monte. E’ stata questa la più bella covata di francolino di monte da me osservata nella zona; c’erano infatti ben nove pulli, grandi ormai come  pulcini di gallina domestica di pochi giorni di età …”

Naturalmente alla fine dell’estate il numero di componenti di questa covata si era ridotto a sei esemplari soltanto. La successiva dispersione del gruppetto, da settembre in avanti porta i singoli pollastri a separarsi e a cercare di insediarsi su un nuovo territorio.

In autunno infatti si formano le nuove coppie che si spostano nelle zone adiacenti il luogo di origine, e immediatamente provvedono a delimitare il territorio su cui intendono stabilirsi. E’ questo il momento migliore per cercare di censire la specie lungo i percorsi campione per cercare di determinare la consistenza ed il successo riproduttivo nell’area considerata.

          Studi condotti in tutta l’Europa, dalla Russia alla Scandinavia alle regioni alpine della Francia hanno fornito risultati abbastanza contradditori ed  hanno attribuito a diverse cause il declino della specie riscontrato in parecchi Paesi.

In Francia, su n. 5 popolazioni alpine studiate tra la metà degli anni ’80 e fino al 1992, sono state riscontrate delle situazioni abbastanza diverse: in n. 3 aree campione la densità è apparsa stabile mentre in altre due è emerso un declino più o meno rilevante.In ogni caso la contrazione dell’areale di distribuzione complessivo sulle Alpi Francesi nei decenni 1960-1990 ha raggiunto, a livello nazionale, il 40% (Bernard Laurent e Magnani, 1994)

Nella Foresta Nera, nella Germania sud-occidentale, la contrazione delle popolazioni isolate di francolino di monte ha superato tra il 1962 ed il 1988 il 60% della consistenza stimata in origine (da 400 a 140 coppie; Bergmann e Klaus, 1994). Altre popolazioni, sempre in Germania presentano uno status diverso:

·       quelle poste al confine con il Belgio ed il Lussemburgo sono come quelle sopra citate in grave rarefazione (-60%);

·       quelle insediate nei boschi dell’ex Germania orientale sono ormai estinte da decenni;

·       quelle invece presenti nella zona meridionale sulle Alpi Bavaresi, che sono in contatto con quelle austriache e svizzere, sono stabili.

Le responsabilità di tali situazioni sono molteplici e vanno dal degrado dell’habitat in conseguenza  della cessazione dell’attività antropica tradizionale, allo sfruttamento del bosco connesso con una selvicoltura intensiva, all’inquinamento, alla competizione con ungulati selvatici, a cambiamenti climatici a lungo termine (Bergmann e Klaus, 1994).

All’inizio del XX° secolo, a specie era considerata in Italia … “ quasi ovunque rara ed in continua, fortissima diminuzione” (Arrigoni degli Oddi, 1929). Tale fenomeno si è mantenuto nel settore alpino centro-orientale tanto che, negli ultimi 50 anni, è stata stimata ovunque una notevole rarefazione delle popolazioni che, in qualche caso, è risultata pari al 65-70% della consistenza iniziale, con un minimo assoluto raggiunto verso la prima metà degli anni ’80.

Al contrario, a partire dall’inizio degli anni ’50, sulle Alpi occidentali del Piemonte orientale, il francolino di monte ha colonizzato le valli d’Ossola e Sesia pare soprattutto per fenomeni legati all’abbandono delle coltivazioni agricole tradizionali ed ad un miglioramento generalizzato dell’ambiente di riproduzione della specie.

La consistenza delle popolazioni alpine italiane verso la metà degli anni ’90 è stata stimata attorno alle 5000-6000 coppie all’inizio del periodo riproduttivo. Dalla metà degli anni ’90, la specie risulta ovunque protetta sulle Alpi.

Nell’ultimo decennio si è assistito ad una leggera ripresa delle popolazioni locali ed attualmente esse si sono stabilizzate su valori piuttosto bassi che dipendono soprattutto dalla situazione dell’ambiente naturale che nel frattempo ha subito ovunque notevoli trasformazioni con conseguente invecchiamento ed infoltimento dei boschi.

Speriamo che questo “status” di protezione possa essere conservato e che le popolazioni locali possano essere anche incrementate, attuando una “gestione integrata”che, dopo attenta valutazione dell’evoluzione delle caratteristiche vegetazionali e dell’uso del suolo, prevedano interventi di miglioramento ambientale locale e di ripristino dell’habitat.

Bibliografia

Arrigoni degli Oddi E., 1929. Ornitologia Italiana. pp: 818-841.

Bergmann H.H. & Klaus S., 1994. Distribution, status, and limiting factors of hazel grouse (Bonasa bonasia) in Central Europe, particularly in Germany. Gibier Faune Sauvage / Game & Wildlife, 11 (Hors Série Tome 2): 005-032.

Bernard-Laurent A. & Magnani Y., 1994. Statut, évolution et facteurs limitant les populations de gelinotte des bois (Bonasa bonasia) en France: synthèse bibliographique. Gibier Faune Sauvage / Game & Wildlife, 11 (Hors Série Tome I): 005-040.  

De Franceschi P., 1971. Ricerche sui tetraonidi delle Alpi Carniche. Tesi di Laurea. Università degli Studi di Modena, Modena. Anno accademico 1970-71, 133pp + documentazione fotografica.

De Franceschi P.F., 2002. Gestione dei tetraonidi. In: Brichetti P. & Gariboldi A.- Manuale di Ornitologia Vol. 3. Edagricole, Bologna, pp. 91-130.

 

 

 

                                                          

                                                    

          Prof. Paolo Flavio De Franceschi

 

Fig. 1 – Ambiente di francolino di monte, al limite inferiore dei pascoli di Pecòl di Cjaule alta

Fig. 2 – Francolino di monte maschio in canto

Fig. 3 – Femmina di Francolino di monte in cova sul nido

Fig. 4 – Nido con uova

 


home.gif (2935 bytes)

 


Cjargne Online
1999-2005© - Associazione culturale Ciberterra - Responsabile Giorgio Plazzotta
I contenuti presenti in questo sito sono di proprietà degli autori - Tutti i diritti riservati - All rights reserved
Disclaimer