Ritrovata la sposa occhio alla cravatta

di Dino Temil

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Nonostante la flessione riscontata da alcuni anni a questa parte in fatto di matrimoni, sia religiosi che civili, i primi mesi dell'anno in Carnia sono quelli più favorevoli per le unioni. Sulle nozze nella nostra regione si è detto e scritto molto, non per ripetersi, ma per raccontare di due usanze plurisecolari riproposte in un recente sposalizio in Val Pontaiba. La prima è il "ratto" della sposa, la seconda è il taglio della cravatta allo sposo.


Matrimonio a Ligosullo

 Il "ratto": mentre il convivio prosegue fra canti e piatti prelibati, alcuni giovani invitati alla festa distraggono il neomarito con banali conversazioni, mentre altri, con l'avvallo della stessa sposa la rapiscono e la nascondono in casa di amici o in un locale del paese. A questo punto, con lo sposo un po' avvilito e i testimoni comincia la ricerca. Sia l'uno sia gli altri sono obbligati a pagare da bere in ogni bar visitato a tutti gli avventori presenti, che così berranno a "sbaffo". Passa circa un'ora prima che la "nuvicce" possa essere ritrovata e ricondotta al pranzo nuziale. E' il momento del taglio della torta ma anche quello del taglio della cravatta, un tempo si tagliavano i calzini. Un invitato si accosta allo sposo armato di forbici gli taglia il vessillo fino al nodo, e lo riduce in piccole parti cedute al miglior offerente. I soldi raccolti in una capiente bottiglia sono destinati alla nuova coppia a tutti gli effetti, come dono della comunità. 

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