A TU PER TU CON IL LAVORO DEL MALGARO E I GENUINI PRODOTTI DERIVATI DALLA MUNGITURA DELLE BOVINE
QUELLA INDIMENTICABILE (E SALUTARE) GIORNATA NELLA MALGA PRADULINA

di Dino Temil

divider.gif (415 bytes)

Non è conosciuta da tanti, ma quei pochi che vi si avvicinano di certo non la dimenticano. Ne è la riprova la recente visita che ha visto protagonisti Tarsilla Reputin, di Dierico, che ha fatto da guida a una schiera di turisti in vacanza a Arta Terme.


La Reputin, ogni quindici giorni, regolarmente, si reca alla malga Pradulina in comune di Moggio, per portare al fratello Micheletto, malgaro capo, i viveri, i medicinali e quanto occorre per questa vita alpestre che di certo non abitua l'uomo a tante comodità.
La partenza è alle prime luci dell'alba, dalla frazione paularese. Ci si incammina su una pista forestale molto ben curata, che conduce subito nell'ombreggiata foresta Forchiutta. Si prosegue lasciando la proprietà comunale e inoltrandosi nel territorio patrimonio della Regione sino in località Ruvisc, dove la guida ci raccomanda la massima prudenza e attenzione nell'oltrepassare la rupe, un piccolo sentiero di circa settanta metri, che presenta una strettoia molto pericolosa. L'attenzione che si mette nell'attraversare questo piccolo tratto è ampiamente ricompensata dal meraviglioso paesaggio che si apre davanti agli occhi, con tutte le cime della catena del Sernio e del Tersadia.
A questo punto la signora Reputin, donna carnica in tutto e per tutto, ci fa osservare una bandiera che si vede in cima al vallone e che rappresenta la nostra meta finale facendoci riporre le fatiche in secondo piano e lasciando rimbalzare l'eco delle nostre parole. Agevolmente, con lena maggiore, dovuta al desiderio di raggiungere il traguardo, superiamo gli ultimi mille metri in ascesa e ci troviamo davanti a una conca verdeggiante e silenziosa con al centro la malga con i suoi tre fabbricati in legno e pietra, adibite rispettivamente a logge per il bestiame, e il casone - laboratorio dei malgari.
Prima di scendere, la nostra accompagnatrice lancia il suo grido di saluto, quel rituale "ho-hoo" che, nel gergo della montagna, significa siamo arrivati.
Siamo ormai con il sole ben alto: circa tre ore, infatti, abbiamo camminato, per raggiungere la malga posta a 1687 metri di altitudine. Ci colpisce subito che le mucche siano ben distanti dai fabbricati e stiano pascolando: è infatti il loro primo pasto della giornata. Nel frattempo il malgaro sta utilizzando i tempi morti - pochi del rsto - per dare una sistemata agli infissi danneggiati dalle intemperie invernali.
Micheletto ci accoglie come degli amici e, con un sorriso sulle labbra, ci invita a entrare nella casera per offrirci subito un favoloso bicchiere di latte da poco munto e che ha ancora il sapore dell'erba. Mentre la signora Tarsilla sistema i viveri e quanto altro portatogli, tra cui anche alcune copie del Messaggero Veneto, nella gratule, noi utilizziamo il tempo a disposizione per alcune foto ricordo. Vediamo uno scatto di Micheletto che entra veloce nel casone e sentiamo una sua espressione che ci incuriosisce "Al è zà pront". Infatti nell'interno, sull'ampio focolare, sta bollendo una capace caldaia, con del latte già a temperatura ottimale per dare il via all'operazione formaggio - burro - ricotta.
Seguiamo con molto interesse le varie fasi di questo genuino lavoro che porta via al nostro amico malgaro l'intera mattinata. Lui ci spiega con chiarezza che il latte prodotto da una trentina di capi, pari a circa tre quintali, da un prodotto finito di circa quattro - cinque piecces di formaggio di malga, oltre a qualche chilo di burro e a parecchia ricotta.
Ci colpisce poi, il sincronismo della giornata del lavoro in malga che procede con un automatismo quasi da fabbrica, pur essendo legato soltanto all'opera manuale dell'uomo. Infatti, proprio quando le forme sono immesse negli stampi, si sente lo scampanellio delle mucche che ritornano dal pascolo del mattino. Gli animali sono sistemati e ora tocca agli uomini godere un po' di tranquillità e prepararsi un pasto. Per l'occasione decidono di preparare una polenta con cui accompagnare un frico, il tutto assieme alla scuette cu la sedon.
Tra una forchettata e l'altra, il malgaro ci fa partecipi delle sue conoscenze della zona, ricordando che poco più a monte esistono ancora i resti di un ospedale militare costruito ai tempi della guerra '15-'18: il materiale occorso - prosegue - è stato recato tutto a spalla dalle portatrici dei comuni vicini. Il contrasto tra il passato e il presente è dato dalla veduta anche a occhio nudo di un tratto di autostrada Alpe Adria, nei pressi di San Leopoldo di Pontebba, e dalle tracce lasciate dalle rotte di numerosi aerei. Un giovane aiutante sta osservando il cielo con un binocolo e ci richiama facendoci osservare che le aquile che intravede segnalano l'avvicinarsi della pioggia; per cui è tempo per noi villeggianti di prendere la via del ritorno. Salutiamo con nostalgia i nostri amici di malga Pradulina che ci fanno dono dei tipici prodotti, con la promessa di rivederci ancora lassù il prossimo anno. 

home.gif (2935 bytes)

 


Cjargne Online
1999-2008© - Responsabile Giorgio Plazzotta
I contenuti presenti in questo sito sono di proprietà degli autori - Tutti i diritti riservati - All rights reserved
Disclaimer