A TU PER TU CON
IL LAVORO DEL MALGARO E I GENUINI PRODOTTI DERIVATI DALLA MUNGITURA DELLE BOVINE
QUELLA INDIMENTICABILE (E SALUTARE) GIORNATA NELLA MALGA
PRADULINA
di
Dino Temil
Non è conosciuta da tanti, ma quei pochi che vi si
avvicinano di certo non la dimenticano. Ne è la riprova la recente
visita che ha visto protagonisti Tarsilla Reputin, di Dierico, che ha fatto da
guida a una schiera di turisti in vacanza a Arta Terme.
La Reputin, ogni quindici giorni, regolarmente, si reca alla malga Pradulina in
comune di Moggio, per portare al fratello Micheletto, malgaro capo, i viveri, i
medicinali e quanto occorre per questa vita alpestre che di certo non abitua
l'uomo a tante comodità.
La partenza è alle prime luci dell'alba, dalla frazione paularese. Ci si
incammina su una pista forestale molto ben curata, che conduce subito
nell'ombreggiata foresta Forchiutta. Si prosegue lasciando la proprietà
comunale e inoltrandosi nel territorio patrimonio della Regione sino in località
Ruvisc, dove la guida ci raccomanda la massima prudenza e attenzione
nell'oltrepassare la rupe, un piccolo sentiero di circa settanta metri, che
presenta una strettoia molto pericolosa. L'attenzione che si mette
nell'attraversare questo piccolo tratto è ampiamente ricompensata dal
meraviglioso paesaggio che si apre davanti agli occhi, con tutte le cime della
catena del Sernio e del Tersadia.
A questo punto la signora Reputin, donna carnica in tutto e per tutto, ci fa
osservare una bandiera che si vede in cima al vallone e che rappresenta la
nostra meta finale facendoci riporre le fatiche in secondo piano e lasciando
rimbalzare l'eco delle nostre parole. Agevolmente, con lena maggiore, dovuta al
desiderio di raggiungere il traguardo, superiamo gli ultimi mille metri in
ascesa e ci troviamo davanti a una conca verdeggiante e silenziosa con al centro
la malga con i suoi tre fabbricati in legno e pietra, adibite rispettivamente a
logge per il bestiame, e il casone - laboratorio dei malgari.
Prima di scendere, la nostra accompagnatrice lancia il suo grido di saluto, quel
rituale "ho-hoo" che, nel gergo della montagna, significa siamo
arrivati.
Siamo ormai con il sole ben alto: circa tre ore, infatti, abbiamo camminato, per
raggiungere la malga posta a 1687 metri di altitudine. Ci colpisce subito che le
mucche siano ben distanti dai fabbricati e stiano pascolando: è infatti il loro
primo pasto della giornata. Nel frattempo il malgaro sta utilizzando i tempi
morti - pochi del rsto - per dare una sistemata agli infissi danneggiati dalle
intemperie invernali.
Micheletto ci accoglie come degli amici e, con un sorriso sulle labbra, ci
invita a entrare nella casera per offrirci subito un favoloso bicchiere di latte
da poco munto e che ha ancora il sapore dell'erba. Mentre la signora Tarsilla
sistema i viveri e quanto altro portatogli, tra cui anche alcune copie del
Messaggero Veneto, nella gratule, noi utilizziamo il tempo a disposizione
per alcune foto ricordo. Vediamo uno scatto di Micheletto che entra veloce nel
casone e sentiamo una sua espressione che ci incuriosisce "Al è zà
pront". Infatti nell'interno, sull'ampio focolare, sta bollendo una
capace caldaia, con del latte già a temperatura ottimale per dare il via
all'operazione formaggio - burro - ricotta.
Seguiamo con molto interesse le varie fasi di questo genuino lavoro che porta
via al nostro amico malgaro l'intera mattinata. Lui ci spiega con chiarezza che
il latte prodotto da una trentina di capi, pari a circa tre quintali, da un
prodotto finito di circa quattro - cinque piecces di formaggio di malga,
oltre a qualche chilo di burro e a parecchia ricotta.
Ci colpisce poi, il sincronismo della giornata del lavoro in malga che procede
con un automatismo quasi da fabbrica, pur essendo legato soltanto all'opera
manuale dell'uomo. Infatti, proprio quando le forme sono immesse negli stampi,
si sente lo scampanellio delle mucche che ritornano dal pascolo del mattino. Gli
animali sono sistemati e ora tocca agli uomini godere un po' di tranquillità e
prepararsi un pasto. Per l'occasione decidono di preparare una polenta con cui
accompagnare un frico, il tutto assieme alla scuette cu la sedon.
Tra una forchettata e l'altra, il malgaro ci fa partecipi delle sue conoscenze
della zona, ricordando che poco più a monte esistono ancora i resti di un
ospedale militare costruito ai tempi della guerra '15-'18: il materiale occorso
- prosegue - è stato recato tutto a spalla dalle portatrici dei comuni vicini.
Il contrasto tra il passato e il presente è dato dalla veduta anche a occhio
nudo di un tratto di autostrada Alpe Adria, nei pressi di San Leopoldo di
Pontebba, e dalle tracce lasciate dalle rotte di numerosi aerei. Un giovane
aiutante sta osservando il cielo con un binocolo e ci richiama facendoci
osservare che le aquile che intravede segnalano l'avvicinarsi della pioggia; per
cui è tempo per noi villeggianti di prendere la via del ritorno. Salutiamo con
nostalgia i nostri amici di malga Pradulina che ci fanno dono dei tipici
prodotti, con la promessa di rivederci ancora lassù il prossimo anno.