Vita e morte in Carnia
attraverso la pratica testamentaria
di Federica Misturelli

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Torna a far riflettere un libro di Federica Misturelli dalla SFF. Si tratta di una scrupolosa ricerca tra i testamenti redatti nei sec. XVII e XVIII (Sei- e Settecento, per intenderci) in Carnia, attraverso i quali si può delineare l’atteggiamento vario dei carnici di allora nei confronti della morte e della vita. E’ uno spaccato sorprendente e incredibile su un aspetto della società di allora, quello più intimo e segreto, quello in diretto rapporto con la propria fede o le proprie credenze. In ogni testamento esaminato, il testatore deve prevedere e provvedere a due eventualità: 1. organizzare il proprio funerale nei dettagli (dove essere sepolto, quante messe da celebrare per la sua anima, quanti legati da attribuire alla tal chiesa o alla tal opera pia…). 2. stabilire la linea ereditaria e quindi decidere anche dell’avvenire di altre persone. Anche se il formulario ripete ossessivamente le stesse formule, si nota sempre una varietà di comportamenti individuali che risentono fortemente delle condizioni socio-economiche e religiose del tempo. Spesso si registrano lunghi accenni a vicende personali, a storie passate, a fatti altrimenti ignoti, che vengono così a galla tramite questo corpus testamentario indagato dalla Misturelli. Si deve inoltre ricordare che ogni testamento viene scritto in speciali situazioni di emergenza o di paventato pericolo. Il libro si compone di tre parti: la prima descrive la figura del notaio sei-settecentesco e l’atto testamentario. La seconda parte affronta e cerca di spiegare la devozione religiosa e la strutturazione dell’aldilà diffusa tra il popolo. La terza infine tratta la regolamentazione dei beni terreni. La parte più sorprendente e singolare risulta la seconda, laddove si descrivono ampiamente le varie concezioni presenti tra il popolo circa la situazione dell’aldilà: spunti filosofici, certezze del premio, atteggiamenti prudenziali, timore. Anche le disposizioni per il giorno del funerale appaiono spesso sorprendenti… Ritengo sia un libro molto utile per la società di oggi che ha esorcizzato ed espulso la morte dal proprio vivere quotidiano, relegandola fuori di casa e rinchiudendola negli ospedali e nelle asettiche celle mortuarie, tutte uguali e tutte inumane, privando il moribondo del proprio ambiente familiare e del calore dei parenti, proprio nel momento più alto e drammatico della sua vita. Oggi la morte non è politically correct (perché non se ne sa dare una ragione) ed allora non se ne deve affatto parlare. Disturba ed è meglio che sia maneggiata solo dai professionisti... Questo prezioso libro della Misturelli, pur suscitando a volte l’ironico e sufficiente sorrisetto dell’homo sapiens-videns-comunicans-consumans, tenta di far rinsavire una società che oggi si è persa nello sconfinato deserto della globalizzazione, privo ormai di punti di riferimento stabili che ne traccino un percorso sicuro. Ed il pregio maggiore del libro è che queste riflessioni esistenziali e umanamente vere, le offre proprio la Carnia di 3 secoli fa, quelle di cui oggi abbiamo perso le tracce e la memoria.

 

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