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Gli
Untermenschen
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Nel 60° anniversario della Shoah, non
poteva mancare nella nostra biblioteca questo importante libro, uscito
nell’ormai lontano 1980, e che ho ripreso e riletto tutto d’un fiato. Sono
decine i libri che trattano il tema dell’Olocausto, il più importante dei
quali è certamente SE QUESTO E’ UN UOMO di Primo Levi. Ma il presente
lavoro memorialistico è importantissimo per noi perché si tratta della PERSONALE
TESTIMONIANZA sui lager nazisti vissuta e raccontata da un carnico,
Maieron Pierino “Pino” di Paluzza, il quale descrive in queste
angoscianti pagine la propria terrificante esperienza nei campi di sterminio.
Credo sia l’unico libro sull’argomento scritto da un carnico. Non ha pretese
o intenti letterari: vi scorre però l’anima della Carnia.
Il racconto inizia proprio
dalla Carnia, dal paese di Paluzza, dove Pino è nato e vive con i genitori ed i
piccoli fratelli. Fin dall’8 settembre 1943 (scioglimento dell’esercito
italiano e morte della Patria), il diciassettenne Pino,
studente-convittore al Don Bosco di Tolmezzo, avverte l’ improrogabile dovere
morale di ribellarsi all’invasore nazifascista che ha occupato la sua Terra e
l’ha annessa d’imperio al III Reich… Anche il padre Basilio, di 44 anni,
asseconda e fortifica questa inclinazione del giovane figlio, con l’impegno
concreto nelle file del neonato Btg partigiano “Val But”…
Il 28 maggio 1944
però i tedeschi, a seguito di un colpo di mano partigiano avvenuto il 24
maggio, risalgono in forze la Valle del But e circondano alle 4 del mattino
Paluzza, chiudendo ogni accesso, via o sentiero… Papà Basilio e Pino (che
abitano in borgo Cente), svegliati all’improvviso, tentano la fuga
verso il vicino bosco sopra la Gombe da Poç, ma sono intercettati,
circondati e catturati…
Inizia qui la lunga Via
Crucis di padre e figlio che, insieme ad altri paesani, vengono dapprima
trasportati a Moruzzo di Fagagna (dove è la sede centrale della Gestapo e dove
vengono sommariamente picchiati e interrogati), quindi a Udine dove il 31 maggio
vengono fatti salire su un carro bestiame alla volta della Germania, per un
viaggio apocalittico e sventurato di due giorni e due notti senza acqua e senza
cibo…
L’arrivo a Dachau è
allucinante… il primo approccio con lo sconosciuto sistema di
spersonalizzazione tedesco (denudamento, igiene personale, zoccoli, berretto,
casacca…) appare a Pino quasi onirico, irreale… A restituirlo alla realtà
ci pensano subito i kapò che sanzionano ferocemente ogni minima imperfezione o
disattenzione del prigioniero, con percosse brutali dolorosissime. Pino (che
riceve il n. di matricola 69560 stampigliato sopra il triangolo rosso
dei criminali politici con la I di Italien) resta annichilito e cerca di
adeguarsi…
Il racconto prosegue su
linee prospettiche caratterizzate da disumanità assoluta e assurda, da brutalità
gratuita, da sofferenze indicibili… appena illuminate e mitigate dalla
silenziosa presenza del padre Basilio (che fatica a sopportare il peso fisico e
morale del lager) e dalla saggezza spesso ironica ma benefica di Santo
Tassotti (amabile e dolcissima figura di paluzzano che si salverà assieme
all’altro paluzzano Leo De Franceschi, consegnatosi ai tedeschi per
risparmiare la vita del padre da loro preso in ostaggio).
Il freddo acutissimo o il
caldo insopportabile, la fame lancinante e il lezzo nauseabondo, il lavoro
bestiale, le rivalità tra i deportati, l’odio furente dei prigionieri di
altre Nazioni nei confronti degli italiani, gli appelli, le selezioni, la lotta
per la sopravvivenza fanno da costante cornice ad un quadro che assume toni
sempre più tragici e desolati... Ma non è finita qui, perché i tedeschi hanno
bisogno di schiavi in altre zone del Reich ed allora di nuovo sui carri bestiame
verso Allach, da Allach a Markirck , da Markirck ad Allach e di nuovo a Dachau…
E poi la forca, il forno crematorio, le punizioni esemplari, il lavoro di
recupero dei morti, la morte del padre... Proprio la morte del padre Basilio
è la pagina più toccante ma anche la più inesplicabile e insondabile: Pino
non piange, perché quasi non riconosce più in quel muto e immobile scheletro
cereo dai piedi gonfi il proprio genitore, sa che non è lui, non può essere
lui…
“Dio, se esisti,
devi chiedermi scusa” legge su un muro... Tragico e cupo il destino di
Pino che, nonostante tutto ciò, trova nel suo profondo la forza sovrumana di
resistere e continuare a vivere, anche se degli ultimi mesi trascorsi a Dachau
non ha più memoria…
Il ritorno a Paluzza,
insieme a Santo e Leo, avviene il 30 luglio 1945 (dopo 3 mesi di riabilitazione
psico-fisica trascorsi ancora nel lager, liberato dagli Americani il 29 aprile
1945 e riconvertito in sanatorio d’urgenza) e si rivela per Pino, che pesa
ancora meno di kg 30, una amarissima e bruciante delusione: in Italia moltissime
chiavi importanti erano restate in mano a quelli di prima, che avevano saputo
brillantemente camuffarsi. Pino non riuscì mai (almeno fino alla pubblicazione
di questo libro, nel 1980) ad ottenere la pensione di guerra come deportato
perché la documentazione esibita era (per i ministeri romani) sempre lacunosa e
insufficiente… Riuscì però a diplomarsi studiando da solo, trovò a fatica
lavoro in banca, fece enormi sacrifici, mantenne la famiglia (madre e due
fratelli) fino a che si trasferì infine a San Vito al Tagliamento dove formò
la sua famiglia e rimase fino alla morte, che lo riconobbe a distanza di 55 anni
da quel soggiorno di Dachau e lo prese finalmente con sé…
Pino volle però tornare definitivamente nella sua Carnia ed oggi riposa
in pace sul colle di San Daniele, il cimitero dei suoi antenati, nella stessa
terra in cui furono immesse alcune zolle di Dachau, bagnate dal sangue di papà
Basilio…
E la lapide ricorda:
DEPORTATO GIOVANISSIMO NEL LAGER NAZISTA DI DACHAU TESTIMONIO’ NELLA
SUA VITA L’AMORE PER LA LIBERTA’ E LA DEMOCRAZIA.
PS
- Una ristampa del libro è stata effettuata nel 1992 dalla Tip.
Sartor di Pordenone, cui può essere richiesta.
- TeleAltoBut di Paluzza ha recentemente riproposto una lunga intervista
concessa, circa 10 anni fa, da Pino ad Adriano Cattelan ed un lungo monologo
dello stesso Pino che racconta con commovente semplicità la sua tragica
odissea.