SOLO CIELO E SOLDATI

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L' ultimo libro di questo autore carnico che vive a Modena si caratterizza per un evidente taglio autobiografico che lo contraddistingue da tutti i precedenti lavori (tranne il primo).
Viene qui rappresentato solo un brevissimo periodo di sua vita (gli ultimi anni delle elementari ed i primi delle medie) ma con una intensità rievocativa tale che il tempo pare dilatarsi a comprendere una infinitá di stagioni e luoghi diversi accomunati tra loro solo dalla incombente presenza delle stellette.
Già perché il ruolo del padre (ufficiale di carriera nell'esercito) aveva fortemente condizionato la vita familiare non solo nei periodici trasferimenti da una caserma all'altra, ma anche nella più prosaica quotidianità di tutti i giorni. Così si rivive in queste pagine la incessante peregrinazione post bellica nelle varie sedi del nord Italia dopo che il padre, rientrato dalla Francia (ove fungeva da ufficiale cooperante dell'esercito USA) aveva ripreso le sue funzioni nel nostro esercito come capitano carrista.
E al padre sono dedicate molte toccanti pagine che raccontano in special modo la sua lunga avventura bellica (in Africa con Rommel, in Francia con gli americani...) ravvivata da una infinitá di aneddoti e di considerazioni ed in cui si rivivono episodi noti e inediti e si respira sempre un costante  sentimento di orgoglio ed onore militare.
Il periodo post bellico fa rivivere invece i primi angoscianti anni della guerra fredda tra i due blocchi quando nella caserma Zappalá di Aviano (dove Claudio bambino vive con la famiglia) i carri Sherman sono sempre all'erta giorno e notte, in attesa di fronteggiare un sempre minaccioso Tito che preme costantemente su Trieste. Una lunga estenuante guerra fredda che l'autore riesce a rinnovare attraverso le ansie e i timori della madre, cui pure sono dedicate tante pagine e che rappresenta un po' il lato rassicurante e buono dell'apparato militare...


Non mancano lunghi e costanti riferimenti a quel "piccolo mondo antico": alla scuola di quegli anni (con i vari maestri e professori ritratti nel loro profilo più umano e caratteristico), ai preti che l'autore incontra (sia quelli di paese sia maggiormente i cappellani militari), alle misteriose case di tolleranza (una proprio davanti alla scuola media di Pordenone), ai trasporti (dal camion a gasogeno alla corriera alla jeep), ai suicidi in caserma (nonnismo? Fragilità individuale?), agli attendenti del padre (solitamente analfabeti), alle feste al Circolo Ufficiali (ritmate da preciso e ineludibile  protocollo)... 
E per un carnico non possono ovviamente mancare i continui riferimenti alla sua Carnia (Paluzza, Cercivento, Casteons...) perché l'autore, nelle sue continue peregrinazioni, non scorda mai "il mio paese" che compare molte volte nel libro, insieme ai nomi delle più care persone ivi conosciute (Elio il vuardean, Renato, Nelo di File, Albine, Cocolo il meccanico di biciclette, don Gorizizzo, la Nives, Caterina De Franceschi...).
Non tralascia l'autore di toccare neanche il tema delle Portatrici Carniche che già egli stesso ebbe modo di sviluppare nel suo capolavoro (Bucce d'arancia sul fronte di NordEst) e qui l'argomento, seppure solo accennato, si intreccia perfettamente e si ravviva nell'atmosfera militare che accoglie diffusamente anche un altro tema molto caro all'autore: l'occupazione cosacca della Carnia nel 1944-45 che il piccolo Claudio sperimentò personalmente e di cui lasciò memoria nel suo primo delicato romanzo autobiografico (Do Svidania).
Direi che in questo ultimo lavoro di Calandra convergono e sono racchiusi i temi autobiografici più amati dall'autore che qui ha saputo sapientemente dosarli senza danneggiare il filo del racconto, anzi rendendolo più vivace e completo.

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