|
Maria
Zef
|
|
Paola
Bianchetti (in arte Paola Drigo) nacque a Treviso nel 1876 e morì a
Padova nel 1938. Come altre scrittrici dell’epoca (Matilde Serao, Grazia
Deledda, Ada Negri) scrisse diversi romanzi che si rifacevano alla temperie
ottocentesca e a quel primo Novecento così ricco di genio e di fervore
letterario italiano. Paola Drigo non ebbe però la fortuna letteraria delle sue
coetanee perché il suo capolavoro MARIA ZEF venne pubblicato nel 1938
presso Treves ma fu ben presto sommerso dai fragori della II guerra mondiale. Il
romanzo fu ristampato tuttavia da Garzanti nel 1939, 1946 e 1953. Nel frattempo
però altre opere di altri scrittori sovrastarono questo capolavoro, che rimase
così dimenticato o del tutto sconosciuto fino al 1982 quando il regista
Vittorio Cottafavi realizzò il film MARIA ZEF, che RaiTRE
trasmise poi in una serata memorabile a diffusione nazionale, suscitando
interminabili discussioni in Carnia tra chi aveva visto il film e chi non lo
aveva visto (RaiTRE allora arrivava solo fino nella conca di Tolmezzo, mentre le
valli di Carnia ne erano ancora escluse. La videocassetta non è mai stata
prodotta dalla Rai).
A questo film
(con dialoghi tutti in lingua friulana), che fu girato in vari luoghi (interni a
Paluzza e Ampezzo, esterni a Forni e Villa, Varmost…), diedero il loro
contributo molte comparse carniche.
Da ricordare in
particolare modo SIRO ANGELI (il poeta di Cavazzo: vedi sezione Poesie)
che, oltre ad esserne sceneggiatore, interpretò pure il personaggio dominante
di Barbe Zef, e la piccola Anna Bellina di Treppo Carnico che recitò il
ruolo di Rosute. Ora il MessaggeroVeneto ha riproposto una ultima brillante
edizione per la Collana “Friuli d’Autore” rilanciando questo romanzo
ambientato in Carnia.
Per il carnico
però questo resta un romanzo assai difficile e controverso. Se da un lato
descrive e dipinge uno dei luoghi più incantevoli della Carnia (la zona di
Forni di Sopra col Varmost), dall’altro indugia e scava su personaggi che
sintetizzano gli aspetti più deteriori del montanaro. Tutti sanno come un tempo
ALCOLISMO E INCESTO fossero il denominatore comune di ogni comunità
isolata (montana e non), laddove si consumavano, all’interno delle mura
domestiche, quotidiani drammi e infinite tragedie che lasciavano il segno poi
per le generazioni future.
Questa intollerabile
rappresentazione della Carnia e della sua gente (quasi che alcolismo incesto
e analfabetismo fossero invece la cifra particolare di questa terra), ha per
anni creato una vera e propria ripulsa per questo romanzo e per questo film, che
tuttavia erano e sono, dal punto di vista estetico, delle opere di assoluto
rilievo.
La stessa sorte
ebbero, per dire, anche il romanzo ed il film GLI ULTIMI di padre
Davide Maria Turoldo, che suscitarono commenti e considerazioni quasi
sempre negative in Friuli, suggerite comunque dalla malintesa difesa di una
friulanità risentita e offesa.
Maria Zef è
il romanzo della miseria: miseria materiale e miseria morale, entrambe
determinate da un destino incomprensibile e indeterminato, che si intrecciano e
si avviluppano verso un esito drammatico, che non lascia spazio ad una pur tenue speranza.
I personaggi (Catinute,
Mariutine, Rosute, barbe Zef) vengono tratteggiati in maniera precisa, a
tratti impietosa, sempre aderente alla realtà, quasi verista…Perfino il cane
Petòti assume un ruolo di rilievo in questo romanzo, che offre splendidi
affreschi naturali, gravi silenzi attoniti, leggere atmosfere di sentimenti
purissimi, ampi squarci di sereno bruscamente interrotti dallo scroscio
selvaggio del temporale e della violenza…
Dopo averlo
riletto a distanza di tanti anni, oggi non ritengo più che questo sia un
romanzo CONTRO la Carnia e la sua gente (non lo accuso più di lesa carnicità!),
quanto invece un disperato e autentico (ma impotente) grido contro la
violenza che oggi assume certamente altre sembianze. Contro una violenza che
appare incontrastabile e assoluta e che richiede altra violenza per essere
debellata. Non so se l’autrice del romanzo intendesse questo, forse no, ma
queste pagine oggi non lasciano altro spiraglio... Certamente un romanzo così
forte e tagliente, fa riflettere a lungo.