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LIBERS… DI SCUGNÎ
LÂ
di Leonardo Zanier
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Ha fatto bene
il Messaggero Veneto (Gruppo Editoriale Espresso-La Repubblica) a riproporre
nell’ ottobre 2003, la raccolta di poesie di Leo Zanier, carnico purosangue
di Maranzanis di Comeglians. Si tratta della sua prima raccolta poetica,
pubblicata per la prima volta nel 1964 e che da allora ebbe continue edizioni e
ristampe. Sono poesie in lingua carnica doc (variante della val Degano) con
traduzione italiana a fronte. Il titolo stesso della raccolta esprime
esaurientemente il contenuto: il dramma dell’emigrazione. LIBERS
e SCUGNÎ rappresentano un’antitesi aggressiva, un sarcasmo impietoso,
un’ossimoro che non ammette ambiguità. “Un moto epigrafico che pesca
nell’ironia acre del parlato, ma sigilla anche e riversa un giudizio politico”
commenta il curatore. Leo Zanier infatti è un emigrante, figlio e nipote lui
stesso di emigranti. Ha lavorato più all’estero che in Italia (soprattutto in
Svizzera), la maggior parte del tempo come sindacalista CGIL, organizzando in CH
il Coop-Sind poi trasferito anche in Italia nel 1977. Un uomo di sinistra
dunque, un compagno a tutto tondo, di quelli che hanno davvero provato sulla
pelle della propria famiglia “come sà di sale lo pane altrui e com’è duro
calle lo scendere e l’ salir per l’altrui scale”. Le prime recensioni
comparvero negli anni ‘60 e ’70 su L’Unità, su Paese Sera e su Lotta
Continua; perfino Tullio De Mauro elaborò una critica letteraria sulla sua
produzione poetica, seppur comparsa sempre su fogli politici di sinistra, che ne
hanno per lungo tempo condizionato poi la diffusione nella platea non
ideologizzata. Poi con il terremoto del 1976, questa raccolta assurse a manuale
socio-letterario delle baraccopoli friulane e delle riunioni di partito dei
compagni. Le sue poesie furono scritte sui muri, citate sui giornali, prese a
parola d’ordine, passate di bocca in bocca, perfino musicate e trasformate in
canzoni… Carlo Sgorlon, che certo di sinistra non è, scrisse sulla
Stampa nel 1977: “Zanier sa dire le cose con una icasticità robusta,
capace di far pensare, di arrivare immediatamente al cuore del problema; sa
infondere nel suo verso un ritmo iterativo e scolpito, una cadenza forte che
possiede il gusto della contrapposizione, della frase secca costruita con modi
epigrammatici, incisivi, taglienti…”. Leonardo Zanier rappresenta oggi
sicuramente il maggiore poeta carnico vivente (e forse anche friulano),
perché esprime appieno lo stato d’animo del carnico, rifuggendo dai facili
lirismi e dai dolciastri toni elegiaci della villotta. Questo tipo di poetare
gli è del tutto estraneo: è stanco di rassegnarsi alla fatalità e lancia
graffianti urli contro l’atteggiamento rassegnato del Carnico. Leo Zanier,
insieme allo scomparso Siro Angeli (altro carnico di Cavazzo), è
annoverato a buon diritto ormai anche nella antologia poetica nazionale, perché
il suo verso è (paradossalmente) diventato universale proprio per merito di (o
nonostante) una lingua (il carnico) che universale certamente non è. Tant’è
che è stato tradotto già in diverse lingue europee.
Le poesie di Leo sono talmente
coinvolgenti e autentiche che non lasciano riposare i sentimenti e il cuore. Ti
prendono e non ti mollano più, fino all’ultima pagina, senza respiro. E
questo è proprio solo di un GRANDE POETA. Il più grande poeta di Carnia:
Leo Zanier..