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Lettere
di Carducci dalla Carnia
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Risale al 1973, l’ultima edizione
delle lettere di Carducci dalla Carnia, quando furono stampate dalle Grafiche
Del Bianco di Udine, sotto la supervisione di Arturo Manzano, che curò questa
edizione critica con note, introduzioni e con l’inserimento delle poesie
“carniche” Il comune rustico (scritta tra il 10 e 12 agosto 1885) e In
Carnia (inviata a Giuseppe
Chiarini di Roma il 3 agosto 1885).
L’editore di questa
pubblicazione fu l’Azienda Autonoma di cura soggiorno e turismo di Arta Terme
(presieduta allora da Diego Carpenedo).
Si
tratta delle lettere che il poeta, villeggiante a Piano d’Arta, scrisse a
vari destinatari durante l’estate del 1885. In tutto sono 35 le missive
inviate dalla Carnia alla moglie, a Cesare Zanichelli, a Giuseppe Chiarini, a
Guido Mazzoni ecc.
Alcune
sono brevissime, altre simpaticamente curiose, altre infine “professionali”
come quelle in cui l’autore chiede all’amico consigli e valutazioni su
alcuni versi delle due poesie “carniche” in cantiere…
Come
assaggio, si trascrive parte della lettera inviata alla moglie il 7 agosto 1885:
“Cara Elvira, non dirai che io non faccia movimento.
Ieri feci un viaggio di 30 miglia, tutto a piedi; per quali vie! Partimmo da
Piano alle 5 del mattino, per strada provinciale, fino a Paluzza; dove facemmo
colazione, salame, pane (in questi paesi il pane è ottimo da per tutto, mettono
del burro nella pasta) e vino bianco: proseguimmo per Treppo; dopo Treppo
cominciammo a montare il Durone verso le nove; circa le 11 eravamo in cima, ma
che salita! Io soffiavo come un mantice e grondavo dal capo sudore a gocce
grosse come pioggia di questi tempi…arrivammo a Paularo verso mezzogiorno…”
Questa
raccolta entra nella nostra biblioteca non solo per riguardo nei confronti di
quegli irriducibili carducciani che visitano periodicamente il Poldo di Piano
d’Arta (dove esiste immutata la camera del Vate della Terza Italia), ma anche
per ringraziare Giosuè Carducci di aver scelto la Carnia e le sue
tradizioni non solo per trascorrervi un periodo di riposo ma anche per averne
poi fatto l’oggetto di due componimenti poetici…
O che tra faggi e abeti, erma sui
campi
Smeraldini la fredda ombra si
stampi
Al sole del mattin puro e leggero.
O che foscheggi immobile nel giorno
Morente su le sparse ville intorno
A la chiesa che prega o al
cimitero
Che tace, o noci de la Carnia,
addio!
Erra tra i vostri rami il pensier
mio
Sognando l’ombre d’un tempo che
fu.
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(incipit de Il Comune
rustico)