Dalla Carnia al fronte russo .. e ritorno

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Albino Venier non è più tra noi da 15 anni, ma lo ricordano non solo nella Valle del But ma anche a Roma dove era stato, presso il Ministero del Lavoro, Direttore del Laboratorio di Radioprotezione dell’ENPI (Albino era un illustre ingegnere chimico -laureatosi alla Normale di Pisa- autore tra l’altro di un famosissimo testo sulle RADIAZIONI IONIZZANTI, diffuso un tempo tra gli studenti di Radiologia Medica).  

Questo libro invece (forse ancora reperibile presso il fratello Tristano Venier- Zuglio, citando questa fonte) si suddivide in due parti che altro non sono che DUE distinti diari, scritti in tempo reale all’epoca dei fatti narrati, ma ricopiati e rifiniti molti anni dopo dallo stesso autore (come egli riferisce a pag. 174) e pubblicati solo post mortem dello stesso (avvenuta nel 1989), da parte dei fratelli Elio e Tristano che hanno probabilmente anche riordinato tutto il materiale e l’iconografia. 

- La prima parte comprende il periodo 19 novembre 1942- 5 maggio 1943 e si intitola DIARIO DAL FRONTE RUSSO.

In questo primo diario l’autore racconta in forma cronachistica, quasi quotidiana, la sua epopea russa con l’ARMIR in qualità di sottotenente del 108° Artiglieria, Divisione Fanteria “Cosseria”, 2° Gruppo.

Venier descrive, fin dalla partenza avvenuta il 19 novembre 1942, con minuzia di particolari ogni evento, ogni novità che lo attira: il lungo viaggio di avvicinamento in treno, le marce estenuanti, le sosta nelle isbe, la logorante noia dell’attesa di un nemico invisibile ma vicinissimo, il freddo russo, la fidanzatina fiorentina Milena di sedici anni che non conosce se non per via epistolare, il pianto per il fratello Nando alpino della Julia morto a pochi Km di distanza e mai più visto… e ancora la ritirata assieme a decine di migliaia in una lunghissima e disordinata colonna che perde lungo il cammino migliaia di ragazzi… fino all’insperato ritorno a casa il 5 maggio 1943. Ma non è finita, perché dopo l’8 settembre 1943, i tedeschi, coadiuvati poi dai russi caucasici e cosacchi, hanno soggiogato la Carnia, annettendola al III Reich…  

- Ora inizia il secondo capitolo di questa incredibile avventura, che si intitola: DIARIO DI WALTER 21 aprile 1944- 7 maggio 1945.

Eh sì, perché Albino, una volta smessa l’uniforme militare di sottotenente, non riesce a sopportare le angherie dell’occupante nazista spalleggiato dal fascista locale; indossa il fazzoletto verde della Osoppo e il nome di battaglia di Walter e via alla macchia a difendere la Libertà e a sognare una Italia nuova e diversa. Questo secondo lungo diario è mozzafiato, pare di vivere in presa diretta, dal vivo, ogni evento, ogni paura, ogni attacco ed ogni fuga che si svolgono sempre nel vasto teatro montuoso della Carnia. E’ davvero un leggere incalzante e senza sosta, occorre seguire il succedersi delle azioni, serve attenzione costante… Solo il 7 maggio 1945 termina questa esaltante e durissima avventura che segnerà per sempre Albino Venier e lo forgerà uomo e studioso, integerrimo e rigoroso.

Di questo secondo diario (assai più interessante del primo, anche se punteggiato da innocua e fugace retorica) mi hanno colpito alcuni rilievi:

la modesta consistenza delle truppe partigiane in Carnia (la brigata Osoppo annoverava non più di 150 partigiani) e quindi la sostanziale ininfluenza delle azioni partigiane sul globale svolgimento della guerra in Carnia; le motivazioni ideali di questo ventitreenne votato al riscatto della sua patria; l’elenco di alcuni partigiani con i loro nomi di battaglia; le dure contrapposizioni tra la brigata Osoppo e la Garibaldi scoppiate anche in Carnia; la militanza partigiana anche del fratello Vigjut; le rappresaglie tedesco-caucasiche (come quella dell’incendio della osteria di Ligosullo del 24 giugno 1944 e il saccheggio della casa di Venier); la durissima vita raminga dei partigiani dispersi sui monti nel micidiale inverno 1944-45; la totale confusione nei giorni finali della guerra.  

Avendo lampeggiato tutto ciò, questo libro-diario è davvero eccezionale non solo per la storia personale che vi si legge, ma maggiormente per le implicazioni umane e le considerazioni socio-politiche che l’autore traccia, sia nel primo che nel secondo diario. Molto rilevante è poi l’iconografia: molte le foto inedite, interessantissime la riproduzioni dei volantini sovietici invitanti alla diserzione degli italiani, utili le topografie dei luoghi narrati, importanti le immagini dei paesaggi carnici di allora…

Credo che questo doppio libro costituisca in Carnia uno dei rarissimi tentativi riusciti (a me risulta forse l’unico) di descrivere giornalisticamente dal vivo una epica epopea ormai affidata alla Storia, che richiede ovviamente la lettura integrativa di altri testi ed altre fonti per una visione globalmente armonica ed esauriente di quel tormentato periodo storico.  

 

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