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Cui voi da l'anime
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Mie
Filose (Annamaria Cappello)
non c’è più: dopo una vita non certo fortunata, se n’è andata recentemente
in giovane età (57 anni), schiacciata da una infinità di mali che nessuno
altro avrebbe sopportato così a lungo (dalla cecità… alla dialisi).
La conobbi
e parlai spesso con lei, non solo dei suoi mali ma anche e soprattutto
della vita; di quella vita che le riservò troppe delusioni e troppe
pene, l’ultima delle quali fu il cruccio di lasciare sola la vecchia
mamma Carolina, che non le sopravvisse poi per più di un mese.
Mie
Filose, quando la malattia
glielo concedeva, scriveva poesie, animava una compagnia teatrale, faceva
la regista; aveva contribuito a fondare nei tempi eroici degli anni
’70 RadioStereoCarnia, dalla quale diffondeva con arguzia e allegria
la sua filosofia di vita.
Scrisse
tanto: Poesiis di Mie Filose nel 1983; Radis di vidigule
nel 1985; Ducj in pose nel 1987; Darandandan il malat ch’al
puarte il san nel 1989; Zuant cu lis peraulis nel 1990 ed
ancora tanto anche dopo.
Questa
raccolta, realizzata con una cura estrema dei particolari e arricchita
da lievi disegni femminili, esprime l’animo delicato e triste dell’autrice,
che, nonostante la parvenza a volte burbera o falsamente ridanciana,
conservava dei tratti di timidezza e di insospettata fragilità.
Il tema
dell’amore domina l’intera silloge: non solo l’amore per l’uomo,
ma anche quello per il proprio figlio o per la vecchia madre. E poi
la tristezza, l’attesa, le illusioni… Sono davvero commoventi a volte
taluni componimenti, massimamente quando Mie si lascia sopraffare dalla
nostalgia di un amore perduto, e non riesce a dominare l’uragano di
sentimenti che sconvolge il suo cuore…
Mie Filose
era molto amica e quasi intima di un altro personaggio, quasi diametralmente
opposto: Enzo Jannacci, col quale aveva collaborato quando viveva
a Milano e dal quale pare avesse mutuato la pronta e disincantata ironia
e autoironia…
Oggi Mie
Filose non c’è più: rimangono i suoi versi, luminosi e scintillanti
come la sua voglia di vivere e di ridere.
Grazie
Mie! sicuramente oggi la tua poesia vale assai di più per chi la
legge e la gusta: è stata impreziosita dal valore aggiunto della tua
prematura morte, che ha dato valenza universale ad un verso profondamente
delicato e ad una vita lungamente tribolata e spesso poco compresa.