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CARNIA
OGGI
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La Carnia
sta scomparendo e non mi riferisco alla sua collocazione
geografica o al dissolversi dell’antico patrimonio culturale,
composto da tradizioni, usanze, valori morali religiosi e culinari,
ma all’Entità che la configura(va) come popolo,
etnia, comunità, con una propria lingua amalgamante e
riconoscibilissima.
Si potranno trovare molti individui, sopra i quaranta, fieri
ed orgogliosi del proprio essere “Carnico”, ma forse senza la consapevolezza
o la coscienza condivisa di appartenere ad un popolo “roc e dûr”,
testardo ed orgoglioso: popolo però, non tribù nè enclave
minoritaria.
La premessa solo per informarvi che “Chei di Somavile” hanno
aggiunto alla loro preziosa collana una nuova pubblicazione freschissima
di stampa (marzo 2006) dal titolo: "CARNIA OGGI, identità democrazia
e sviluppo della montagna”, scritto dal Prof. Daniel Spizzo, friulano
con lontanissime ascendenze carniche materne (Lovea di Arta Terme), docente
all'università di Trieste.
Il lavoro di Spizzo non si riduce a raccontare, magari con i soliti luoghi
comuni, pieni di tristezza e di ataviche nostalgie, quello che eravamo, quello
che siamo e quello che potremo essere, ma presenta una documentata
analisi di ciò che ci è capitato dopo il 1945 fino
alle vicende del referendum sulla provincia dell’Alto Friuli e l’elettrodotto
che ci si vuole imporre. Spizzo riesce a spiegare come si sia arrivati in
Carnia in una situazione estrema, da cui non sarà facile sottrarsi
senza l’intervento urgente di diversi progetti e l’impegno di
persone ed istituzioni.
Dopo alcuni cenni storici su come si sia cercato di realizzare in
passato “una democrazia montana” di primo grado (elezione
diretta dei rappresentanti del popolo) fino a pensare di poter poi creare
una propria provincia (alternativa bocciata però dal referendum del
21.03.04), Spizzo si sofferma ad analizzare come sia ancora possibile la
realizzazione, in Carnia, di una democrazia di secondo grado capace
di legittimare, anche in via indiretta, l’attuale Comunità Montana.
Al referendum istitutivo della provincia della Montagna, partecipò il
51% degli aventi diritto. Spizzo, al riguardo, senza alcuna animosità o
pregiudizio si pone molte domande impegnative. La colpa è dei Carnici
che non hanno voluto o saputo modificare e arginare un voto chiaramente anti-carnico?
Oppure è mancata l’informazione corretta? Purtroppo, mentre
la vittoria ha sempre molti padri, la sconfitta è solitamente orfana!
Nulla, comunque, c’impedisce di pensare a delle nuove riforme della
normativa attuale sulle comunità montane che potrebbero portare alla
creazione di un organismo democratico che, pur non ricoprendo il ruolo che
ha una provincia, certamente saprebbe incidere meglio su una realtà circoscritta
e conosciuta. La CM dovrebbe godere di uno status che moltiplichi il suo
potere di intervento e che possa rispondere, prima che a Roma o a Trieste,
alla Comunità che rappresenta.
Che la Carnia meriti un riconoscimento peculiare, Spizzo lo deduce anche
da un semplice particolare forse sfuggito a molti. Solitamente, osserva Spizzo,
su gran parte delle uscite autostradali italiane, viene segnalato, come punto
di riferimento, il primo comune importante che si incontra dopo il casello.
E’ perlomeno curioso invece che l’uscita autostradale
di Amaro sia indicata prima col nome di Carnia poi con quello di
Tolmezzo. Eppure Carnia non esiste come Comune (esiste solo la minuscola
e non più strategica frazione venzonese di Carnia) ed uno straniero
avrebbe difficoltà ad orientarsi se volesse cercare “Carnia” sulla
carta geografica. Perché dunque il nome “Carnia” al casello
di Amaro?
Probabilmente si tratta di un “valore” storico legato in qualche
modo alla volontà dei carnici di volere approfittare di qualsiasi
occasione per sottolineare la propria identità. Fin dal medioevo,
infatti, all’idea di Carnia venivano associati alcuni diritti di libertà ed
autonomia in campo politico, amministrativo, culturale e perfino religioso.
Spizzo si chiede poi come convogliare risorse in grado di avviare realtà economiche
che diano respiro e forza all’autonomia della Carnia, autonomia languente
in quasi tutti i territori di montagna, non solo friulani.
Se la gestione delle risorse non terrà in considerazione le indilazionabili
linee di sviluppo economico per la Carnia, non ci sarà “salvezza”.
E la Chiesa diocesana, per i prossimi convegni sulla Montagna
che vorrà organizzare, anzichè allo slogan: “Vivere in
montagna si può”, dovrà affidarsi ad un altro ed affrontarne
le relative problematiche: “Vivere in montagna? Ma chi ve lo fa fare?”
Molto interessante e sicuramente da condividere è il suggerimento
finale di Spizzo: “attivare una università in loco”,
cioè in Carnia. Questa idea fattibile potrebbe aiutarci a realizzare
una nuova idea culturale del “nostro bene comune” provando a
superare finalmente tutti i frazionamenti e le contrapposizioni, antico retaggio,
che ancora ci dividono e rendono i nostri progetti infecondi.
Una università a Tolmezzo, tutta concentrata sui problemi della montagna,
probabilmente potrebbe risultare più efficace di una “provincia
della Carnia” completamente da inventare ed organizzare.
Se a questo “capitale sociale” riusciremo ad aggiungere altri
valori, anche simbolici, come quello imperniato sulla diocesi di
San Pietro di Zuglio, non per alimentare rievocazioni storiche,
ma per trovare un punto di incontro identitario, un “chiodo” cui
appendere le speranze del nostro futuro, forse riusciremo a superare non
solo le divisioni, che sono un grande punto di forza per tutti i partiti
ed il maggiore punto debole nostro, ma anche a compattare i vari movimenti
autonomistici che suscitano emozioni e brividi, ma non hanno portato, fino
ad ora, ad alcun concreto risultato.
Per cominciare, ognuno dovrebbe sentirsi coinvolto in qualche misura.
Chi sa fare i cjarsons insegni ad altri a farli; chi insegna in una scuola
non si dimentichi delle radici del nostro popolo; chi sa ricamare non tenga
per sè l’arte delle nostre donne scomparse; chi fa politica
anteponga all’interesse del suo partito quello della sua gente; chi
ha il diritto al pulpito predichi non rivolgendosi al “villaggio globale”,
ma a ciascuno di noi. A noi carnici.
Tutto ciò io ho letto nel libro di Spizzo che “Chei di Somaville”,
con singolare acume, hanno voluto pubblicare, non perché venga riposto
ad impolverarsi in una libreria, ma perché venga letto e discusso.
Informazioni e richieste
ad Aulo Maieron 0433 775591
Marino
Plazzotta
gosper1@tin.it
marzo 2006