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Carnia
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Nell’estate
del 2002 è stata presentata a Ovasta di Ovaro l’ultima opera fotografica di Ulderica
Da Pozzo, la ormai celebre fotografa di Ravascletto, che da molti anni
dedica il suo tempo e la sua passione a ritrarre gli angoli più suggestivi di
Carnia, raccontandola per immagini.
Questa
ultima opera si intitola proprio CARNIA. E’ stata sponsorizzata da vari
Enti ed ha avuto una cornice di pubblico eccezionale alla sua presentazione.
Le
lodi sono state tessute da tutti i convenuti: dal docente universitario
Giampaolo Gri all’intellettuale di sinistra Giorgio Ferigo, dalla scrittrice
Novella Cantarutti e dall’allora presidente della regione FVG Renzo Tondo:
sinistra e destra finalmente senza distinzione alcuna, tutti uniti e unanimi a
sottolineare il valore iconografico di questa opera che ritrae la Carnia nelle
sue peculiarità più suggestive e che costituisce così un prezioso e splendido
veicolo pubblicitario per diffondere la Carnia di oggi oltre gli angusti confini
locali.
Il libro fotografico costa al pubblico € 35. Conta circa 160 fotografie a colori e in BN, scelte da una
ristretta commissione creata ad hoc, tra le oltre 1000 immagini che Ulderica ha
ripreso in vari anni nei paesi più sperduti di Carnia: un lavoro immane.
Ed
ecco la CARNIA di Ulderica:
splendidi
paesaggi, cieli turchini, prati smeraldini, torrenti spumeggianti, volti
nostalgici, operosità diffusa, impegno sociale, inverni di fiaba, comignoli
fumanti…
Insomma
davvero quel suggestivo VILLAGGIO DI NOME CARNIA, così come ultimamente
pubblicizzato dalla APT in tutta Italia.
Se la CARNIA di
Ulderica fosse solo questa però, dovremmo parlare di una opera limitata e quasi
celebrativa, comunque solo oleografica. Ma, appunto, non è così, perché
Ulderica ha saputo e voluto ritrarre anche gli aspetti meno positivi e meno
esaltanti di Carnia.
Nel
pregevole volume di Ulderica, troviamo infatti anche:
-
le case abbandonate o cadenti
-
i piccoli paesi deserti
-
i campi e i prati incolti e
abbandonati da anni
-
le malghe diroccate circondate da
ortiche giganti
-
le scuole abbandonate e fatiscenti
-
i giorni piovosi e brumosi che
mettono profonda malinconia e solitudine
-
i negozietti e le osterie chiuse
-
le tante scuole e gli asili con i
loro cortili silenziosi
-
i giovani nullafacenti
-
Il moderno che tenta di sposarsi
malamente all’antico…
Aver
voluto presentare anche questi aspetti reali, esalta notevolmente il
quadro d’insieme che la Carnia offre nella sua quotidianità. E Ulderica ha
colto col suo obiettivo una Carnia obiettiva e per nulla retorica, per nulla
immaginaria, ma reale, profondamente e tristemente reale, quale è la Carnia
vera e profonda, quella delle alte valli, quella ancora tenacemente aggrappata
alle pendici dei monti…
Da
sottolineare ancora un aspetto: tra i mirabili contributi scritti
inseriti nell’album fotografico, meritano, a mio giudizio, una particolare
attenzione due di essi:
-
il primo è di Giampaolo Gri, docente all’Università di Udine, il
quale traccia una efficace sintesi del contenuto iconografico dell’album,
abbozzando un perfetto profilo di QUESTA CARNIA attraverso le immagini di
Ulderica e sintetizzando i tratti salienti di un popolo che, nonostante tutto,
non vuole morire.
- il secondo è di Giorgio Ferigo, il quale fa
un ELOGIO RAGIONATO DEI PAPINS: di che si tratta? Ferigo, la più
brillante e ironicamente sorniona penna di Carnia, analizza la “pedagogia”
di un tempo, allorché non vi erano pediatri (quando vi erano invece bambini) o
maestri di nuoto (quando i fiumi avevano invece l’acqua). E passa in rassegna
i metodi educativi del tempo che fu, andati oggi in triste e preoccupante
declino... Quali erano questi metodi? Eccoli: croc, scapelot, papin, pataf,
manledrôs, slavedincj, scufiot, sgarduf, raclade, uiscjade, dâ sul cressi,
fermâ il cressi… (ma anche: furnigot e frac, che
inopinatamente mancano). Di ognuno, Ferigo descrive minuziosamente il metodo di
somministrazione, l’ambito di attribuzione, le finalità; il tutto in una
specie di gerarchia educativa, certamente spiccia ma sicuramente efficace…
Mi piace trascrivere il testo di quarta di copertina:
“La Carnia è mutata: ma molta parte della Carnia,
nonostante le spoliazioni, ha ancora una natura sufficientemente preservata e
non ha abbandonato il vecchio; ha saputo in parte miscelarlo e in parte metterlo
sotto piega. Ha come steso un telo di modernità sopra ciò che c’era, senza
buttarlo. Basta sollevare il velo per ritrovare ciò che si era vissuto qualche
decennio fa. Il mondo di ieri, così, non lo si ritrova solo nella memoria e non
è solo questione di nostalgia; lo si ritrova anche frugando, sapendo cercare e
sapendo vedere”.
Gran bel libro, questa CARNIA di Ulderica, un po’ come Cjargne Online…