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Lo sguardo anacronico
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Ermes
Dorigo rappresenta in Carnia
quel ristrettissimo universo letterario raffinato, e a volte dotto e
ricercato, che è costituito da pochissime personalità, quelle maggiormente
colte e maggiormente impegnate nella ricerca espressiva, nella caparbia
sperimentazione lessicale, nella diuturna e meticolosa cesellatura del
verso…
Dorigo è ormai un
veterano: ha pubblicato moltissimo su varie riviste letterarie, ha collaborato
con varie testate, ha prodotto narrativa e poesia, ha curato edizioni
critiche di varie opere. Ha conosciuto i maggiori scrittori e poeti
carnici del Novecento, da Siro Angeli a Leo Zanier. Non è dunque un
estraneo ai lavori…
Questa raccolta
di poesie si presenta molto accattivante tipograficamente e ti stimola
a curiosare…
Si tratta di “poesie
etico-civili” come è scritto in prima interna. E dunque? E’ presto
detto:
Diverse serie di
sonetti classici (2 quartine e 2 terzine, endecasillabi e dodecasillabi
variamente rimati): i primi 8 raggruppati sotto il titolo di “Dell’Esser-ci”;
i secondi 8 trattano Della Metodica e della Catodica; poi il
gruppo “Dell’Amicizia”; poi ancora “Dell’Amore e del Disamore”,
“Della Morte e del Nulla”, “Delle carni”, “Di me dopo
me”… Letti e riletti, questi 57 sonetti appaiono certamente
difficili, a volte ermetici, a volte incomprensibili ma tutti hanno
un che di misterioso fascino e di arcana attrazione: capisci,
credi di aver capito ma poi a volte rinunci, pur avendo intuito magari
un pensiero, un lampo o un sibilo. A volte paiono esercitazioni di stile,
a volte sperimentazione esasperata… Del resto anche l’aggettivo del
titolo della raccolta (anacronico) credo non esista nel vocabolario
o perlomeno io non l’ho trovato né so precisamente cosa significhi (forse:
senza tempo?). Detto questo però, occorre sottolineare come le tematiche
di Dorigo non siano banali e scontate: il suo impegno civile traspare
in ogni sonetto, il suo animo sensibile e sognante affiora sempre, il
suo tentativo di fustigare (senza ridere) i comportamenti odierni è
oltremodo chiaro, la sua ansia di migliorare la società contemporanea
serpeggia in ogni verso, anche a costo di apparire un moralista altezzoso
e perciò incompreso o respinto… Occorre dire che il tema dell’Amore
e maggiormente quello erotico (“Delle carni”) appaiono quelli
più esplorati ed evocati, indicando forse il conflitto interiore che
si agita o s’è agitato nell’intimo dell’autore o forse una semplice
fissazione: versi anche crudi, a tratti fin troppo espliciti, che però
paiono esprimere sempre una tensione interiore inappagata o duramente
subita. Il DIALOGO finale dell’autore con Luciano Morandini,
pur svolgendosi su linee prospettiche ed elaborazioni concettuali fin
troppo difficili per la gente comune, offre la chiave di lettura della
difficile poesia di Dorigo.
A me pare però che,
aver voluto a tutti i costi utilizzare lo schema poetico del sonetto,
abbia un po’ nuociuto alla comprensibilità dei testi, alla fruibilità
dei comuni lettori ed alla libertà espressiva di Dorigo, nel senso che
le parole ed i concetti risultano ingessati entro i rigidi schemi
metrici del sonetto che impone numero di sillabe e rime precise e ineludibili.
Proprio su questo aspetto, l’autore stesso quasi mette le mani avanti,
quando a pag. 19, dice: “Lettore, che troverai qualche zoppia nel metro…”.
L’ aver voluto dunque
imbrigliare concetti e parole in questa gabbia, se da un lato ci mostra
quasi sempre l’abilità metrica di Dorigo, dall’altra evidenzia tutti
i limiti legnosi di un sonetto spesso didascalico, che la sensibilità
poetica odierna fatica a recepire e a fare proprio. E poi: leggendo
questi sonetti, la mente subito corre a Dante, al Petrarca, al Foscolo
o all’Alfieri… e non si capisce perché Dorigo abbia volutamente scelto
un mezzo espressivo così antico e quasi obsoleto per la sua vena poetica,
che, a mio sommesso giudizio, si gioverebbe maggiormente di schemi meno
vincolanti e più liberi, come ad esempio quello dei Canti del Leopardi,
dove la musicalità del verso non è sorretta dalla rima forzata ma dal
naturale fluire delle parole e delle evocazioni…
Resta tuttavia positivo
il tentativo del carnico Ermes Dorigo: aver voluto usare uno strumento
letterario difficile per esprimere il proprio impegno etico-civile e
le proprie passioni, della cui sincerità nessuno dubita, va senz’altro
apprezzato e studiato per essere compreso fino in fondo.