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ROCCAVENTO
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Sabato
27 ottobre 2007, alle 17:30, in una sala S. Giacomo non eccessivamente
piena,
si è svolta
a Paluzza la presentazione dell’ultimo libro di Mauro
Tedeschi,
che io considero sempre un paluçan di Verona.
In effetti nessuno ha presentato il libro, forse perché a
nessuno era stato affidato per tempo un tale incarico. Senza perdersi
d’animo ma con un
fair play davvero convincente e straordinario, l’autore ha
preso tra le mani la chitarra ed ha intrattenuto i presenti con alcune
stupende canzoni, intonate alla trama del suo romanzo.
Chi è Mauro Tedeschi?
Mauro potrebbe essere definito un “sin terra”,
nel senso che è giunto a Timau a metà degli
anni Sessanta (era una fagottino di pochi mesi) ed ha poi vissuto tutta
la sua adolescenza
e parte della prima giovinezza a Paluzza, dove
il padre, addetto alla lavorazione del marmo, aveva addirittura
iniziato a costruirsi una
casetta sul Moscardo. A Paluzza, Mauro era cresciuto in uno straordinario
clima di paese dove tutti conoscevano tutti e dove l’amicizia
e la solidarietà erano ancora praticate, dove si poteva
andare in giro per greti e per boschi senza incorrere in alcun
pericolo, dove
i giochi e l’impegno scolastico si alternavano con naturale
scansione temporale, dove la chiesa era ancora frequentata da tantissima
gente
e i troppi chierichetti litigavano furiosamente per poter suonare
il campanello o portare il turibolo… Il terremoto
del 1976 squassò non
solo le case ma anche gli animi e quel fragile tessuto sociale
che si reggeva su tipologie di lavoro incerte e precarie: subito
dopo il
sisma, a motivo della mancanza di lavoro per il padre Edo (conosciutissimo
allora anche tra i pescatori), Mauro dovette abbandonare Paluzza
per seguire i genitori, dapprima per un breve periodo a Villa
Santina ed
infine definitivamente a Verona dove crebbe, frequentò le
scuole superiori, conobbe Nicoletta, la sposò, ebbe due
figlie e… cominciò a
sentire sempre più prepotente il “richiamo
della foresta”,
che noi chiamiamo semplicemente “pete”.
Eh sì,
perché da
questo nostro singolare ambiente carnico, Mauro, pur non essendovi
anagraficamente nato, ricevette un imprinting indelebile, una specie
di marchio dell’anima che non potrà più cancellare,
un specie di tarlo che rode dentro (che per brevità chiameremo rodo-dentro). E questo rododentro carnico ha avuto fin da subito
effetti straordinari, ispirando Mauro nella stesura del suo primo
bellissimo
romanzo, presentato proprio a San Giacomo nel 2002: Gombe
da Poç,
ambientato in Carnia durante la seconda guerra mondiale e la Resistenza.
Imperturbabile, questo rododentro ha continuato poi a scavare nell’animo
di Mauro, che due anni dopo, su questo sito ha pubblicato il
primo romanzo online a puntate corredato di fotografie, La
battaglia,
ambientato
nella valle del But in tempi recenti, quando i giacimenti marmiferi
facevano intravedere un rapido e duraturo benessere salvo poi pesantemente
deludere le aspettative di una vasta comunità… Successivamente
il rododentro carnico dettò a Mauro il secondo romanzo online,
che comparve a puntate sempre qui, dal titolo Alla
riscoperta del fuoco, in cui il tema ambientale viene
trattato da diverse angolature
e dove la Carnia resta sempre palpitante sullo sfondo. Il secondo
romanzo scritto (2006) non fu sollecitato dal rododentro carnico,
che parve
allora distratto, tuttavia anche in esso (Anima grigia)
si può lontanamente
scorgere il rimando ad una società etica e solidale (quale
poteva essere quella carnica di un tempo) in contrapposizione a
quella malvagia
ed egoista della città.
Il romanzo
Questo nuovo romanzo, ROCCAVENTO, stampato dalla Tip. Cortolezzis di
Paluzza, è stato
interamente sollecitato dal rododentro carnico che è riuscito
mirabilmente a sostenere Mauro in uno sforzo storico-letterario
inconsueto, trattandosi in questo
caso di un grandioso affresco della Carnia in epoca
risorgimentale, mai
presa in considerazione finora da alcun altro autore locale.
Un’epoca
di cui si sa poco o nulla, perché nella scuola dei nostri
tempi, il Risorgimento era puro esercizio retorico-patriottico
delle vicende
italiane, mentre la storia locale era totalmente elusa quando
non espressamente nascosta. Questo romanzo si snoda su due
binari paralleli che a volte
si intersecano, a volte divergono: il primo è l’ideale
patriottico di una Italia indipendente, il secondo è l’amore per una donna singolare.
Entrambi questi sentimenti albergano
nel protagonista del romanzo, Guido Ottolenghi, un veronese
che giunge a Roccavento
(alias Cercivento) a metà dell’Ottocento per un
misterioso e delicato incarico.
Il Lombardo–Veneto (e
quindi anche la Carnia) è retto
dal viceré austriaco e fa parte integrante dell’impero
asburgico. L’Austria amministra bene il territorio, ma
esercita un controllo occhiuto, esasperante, giovandosi di
elementi locali opportunisti
che sanno sempre annusare l’aria che tira e sono infallibili
nel gestire i proprio affari… In paese Guido prende contatto
con varie persone, incontra un donna affascinante, l’ama
riamato…
Il
racconto assume a tratti un andamento concitato, a tratti rallenta
e si dilata quasi come il decorso del fiume But che scende
a valle. La trama vivace (che qui non è il caso di svelare)
sollecita fin da subito la curiosità del lettore e il
libro si fa così leggere
d’un fiato. Il finale, tragico e drammatico insieme,
può forse
ingenerare un senso di impotente delusione e di rabbia, ma
alla lunga la figura di Guido si staglia luminosa su una comunità dubbiosa
e prona, quasi ad illuminarne la via verso la sua completa
riabilitazione morale e politica.
Annotazioni
Questo lavoro di Tedeschi merita alcune riflessioni particolari:
1. la descrizione dell’ambiente appare
perfetta e denota la profonda conoscenza dell’autore dei luoghi della propria infanzia. Nulla è lasciato
al caso, ma ogni particolare assume un preciso significato, soprattutto
per noi carnici, che rivediamo i nostri luoghi familiari diventare
le quinte di uno spettacolare set di azione, per di più inserito
in un’epoca a noi quasi totalmente ignota. Per chi carnico non è,
l’ ambiente descritto appare arcaico e a tratti selvaggio,
e per questo sempre affascinante e misterioso (vedi la grotta di
Gjai);
2. la caratterizzazione che l’autore fa dei
vari personaggi appare
sempre azzeccata e verisimile, sia che tratteggi il tronfio parvenu
di paese, sia che delinei la lieve bellezza di una donna o il rude
sognatore falegname di Sutrio. Forse solo il perfido sergente austriaco
appare esageratamente brutale nelle sue tinte fosche e sinistre…;
3. questo libro costituisce un’ottima occasione
per rivisitare le nostre nozioni di storia che sicuramente sono assai
lacunose per
quanto riguarda il risorgimento in Carnia. Basti
pensare che, fino ai primi del Novecento, il 1866 in Carnia era ricordato
come “l’an
da invasion” (degli italiani). Vedi a tal proposito anche
il capitoletto relativo all'Austria in Storia di Carnia presente
in Home Page.
4. gli ideali ed i valori che animano
la trama di questo romanzo rappresentano un richiamo di forte attualità, specie se si pensa ai disvalori
della nostra società odierna, in cui il lunghissimo catalogo
dei diritti ha totalmente cancellato la pur breve lista dei doveri;
5. le canzoni scritte e musicate
dall’autore, a corredo del romanzo,
costituiscono un ulteriore pregio per questa fatica letteraria e
se fosse stato allegato un CD, il risultato sarebbe stato eccellente.
Considerazione finale
Al termine della lettura di questo romanzo, non ho potuto non pensare
alla Carnia odierna che, rispetto al passato, è ormai
diventata solo una metternichiana “espressione
geografica” (alcuni
giornali locali non la menzionano nemmeno più nella cronaca,
ma la confondono tout court con l’Alto Friuli) e presenta
una condizione generale che non appare molto dissimile da quella
dell’Ottocento
asburgico: abulica, apatica, oggi spesso dimentica dei valori
che una tradizione plurisecolare aveva tramandato, prona a modelli
comportamentali importati, dedita al proprio particulare senza
una visione più ampia e generosa, un
paese spesso contro l'altro, una valle disinteressata dell'altra,
come se la disgrazia altrui (mi riferisco per esempio all'elettrodotto)
non gravasse poi sull'intera Comunità...
Ebbene in questo triste contesto carnico,
caratterizzato da rassegnazione e stagnazione morale e politica, è piombato
Mauro Tedeschi col suo “attuale” romanzo,
non credo certo per rilanciare un ideale di Italia fin troppo
impresentabile e decaduto,
ma quasi a sollecitare un orgoglioso rialzo della testa, a stimolare
una nuova presa di coscienza.
Per questo il romanzo di Tedeschi a me
pare davvero una metafora della Carnia odierna:
il protagonista Guido Ottolenghi altri non è che
Mauro Tedeschi; entrambi arrivano in Carnia in un momento cruciale;
entrambi inseguono un ideale (l’affrancamento dall’Austria
il primo, la coscientizzazione della Carnia il secondo); entrambi
soffrono e lottano per il loro ideale che alla maggioranza dei
carnici contemporanei
appare vacuo e inutile; entrambi hanno una donna che diventa
importante per il loro impegno socio-politico. Se Guido Ottolenghi
mira ad un’azione
clamorosa per entrare nella storia, Mauro Tedeschi scrive romanzi
per tentare di migliorare la storia di Carnia. E’ un progetto
ambizioso il suo, inconsapevole forse, certamente incommensurabile
con i nostri
ritmi temporali. Se Guido Ottolenghi ha dovuto attendere 17 anni
per vedere realizzato il proprio sogno, a Mauro Tedeschi non
basteranno
generazioni di carnici per vedere realizzato il suo. E chissà quali
e altri eventi si inseriranno e condizioneranno questo lungo
cammino...
“
Gombe da Poç” e “Roccavento” sono i primi
due romanzi di una trilogia che Mauro Tedeschi sta dedicando
alla Carnia. Il terzo romanzo, ambientato nel
periodo della cristianizzazione della Carnia, vedrà la
luce (speriamo) tra 2 anni circa, il tempo per noi di iniziare
a crescere e prendere coscienza di questa storia singolare.
Caro Mauro
ho letto l'ultimo tuo libro che mi ha regalato Alfio con tua dedica.
Stavo proprio male e la chemio che sto facendo al beauty-center di
Tolmezzo mi limita negli spostamenti.
Il libro mi è piaciuto
soprattutto nella parte centrale dove la trama politica si
mescola con quella di un uomo innamorato. Mi sono piaciute
le diverse caratterizazioni dall'oste al falegname di Sutrio, a
Zeitig che è davvero ben "congegnato".
Poi ambienti il tutto con una precisa ricostruzione geografica di
luoghi e paesi che mi sembra tu ami in maniera esagerata.
Certo la
Carnia ha un certo fascino, ma le persone non sono per nulla differenti
da quelle che puoi trovare, allora come oggi, in ogni parte d'Italia:
egoiste, cavillose, indifferenti, avide ed individualiste.
Che poi
non abbiano
partecipato se non in misura ridottissima all'unità d'Italia, te
lo confermo anche nella introduzione del libro che ho curato con
pre Toni Beline (LA FATICA DI ESSERE PRETE, ndr), nei mesi prima
della sua morte e di
cui ti ho spedito copia.
E' anche vero che con gli
austriaci
non
ci sia
mai
stato,
se non episodico, un astio nazionalista: mio nonno lavorava in
Austria come "forelarisc", probabilmente ereditando
dal bis certi "usi
civici" sul territorio della Stiria. Forse non ti ricordi
poi che fino al 1750 (della data non sono certissimo) dal punto
di vista
religioso facevamo parte, assieme alla Carinzia, del patriarcato
di Aquileia. Personalmente ti dirò che, se mai si facesse
un referendum, io aderirei ad una proposta di unione con Mauthen!
Detto questo, mi pare che Guido Ferrante (curiosa questa sua
nascosta origine ebrea) è un bel personaggio col fascino
misterioso del brigatista rosso che hanno trovato alloggiato a
Raveo lo scorso
anno. Forte,
coraggioso, con carattere di altri tempi ed ora riderai se ti dico
che mi dispiace
che tu l'abbia fatto finire così male senza nemmeno lasciargli
spaccare i denti a quel perfido di Kronenhauser.
Complimenti ed auguri per questa tua opera cui spero ne segua un'altra,
più vicina ai miei ed ai tuoi tempi.
Spero che tu in questo
talento dello scrivere unito per giunta a quello musicale, trovi
la serenità e la soddisfazione per dare tranquillità oltre
che a te stesso anche a chi ti è vicino.
Mandi
Treppo Carnico, 15 novembre 2007
Marino PLAZZOTTA
Per informazioni rivolgersi
a publika.tedeschi@libero.it
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