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PIEVI,
CHIESE E RELIGIOSITA' NELLA CARNIA DEL '600
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E’ un libro
prezioso che affronta un argomento
di oltre quattro secoli fa, che mai mi sarei aspettato di poter leggere
e meno ancora di poterlo leggere attraverso il lavoro meticoloso
di una carnica di Cleulis, Sara Maieron.
Vi si descrive, con ricchezza di particolari, note ed una vasta
biografia,
l’ ispezione che il canonico di Cividale, Agostino
Bruno, Vicario del patriarca di Aquileia, il veneziano Francesco
Barbaro (1546-1616), fece nei paesi della Carnia durante il 1602.
Lo scopo principale era quello di verificare a che punto fosse
l’applicazione
della Controriforma cattolica secondo le indicazioni adottate
dal Concilio di Trento (1545-1563) in quelle terre che vedevano emigrare
ogni anno
diversi uomini, perlopiù diretti
"nelle Germanie" laddove si era fatta sentire più forte
e poi realizzata la Riforma di Martin Lutero (1483-1546). Si temeva
che le 95 tesi contro
la burocrazia romana potessero aver intaccato la fede dei carnici.
Il lavoro di Agostino Bruno si rivela più vasto e preciso di
un autentico censimento moderno. Non trascura nulla (nemmeno i cimiteri)
di quello che aveva in qualche modo attinenza con la vita religiosa
e laica di quell’anno. La sua cronaca è ricca di osservazioni
e dettagli circa le abitudini di vita del clero e dei laici.
I 4 capitoli del libro sono corredati da note esplicative che completano
il quadro storico. Un quadro per la verità con aneddoti
insoliti,
come quello che il clero di allora frequentasse
le osterie, bestemmiasse ed
indulgesse in relazioni “more uxorio” o, come
si diceva, di concubinato. Sembra insomma che il
clero carnico del tempo si comportasse in modo ben più biasimevole
di quello descritto da Alessandro Manzoni (1785-1883) nell’ambientare
don Abbondio ed i “Promessi
Sposi” qualche
anno dopo (1628-1630).
Nella relazione di Agostino Bruno sembrano assenti lodi, stima
ed apprezzamenti,
non tanto per la situazione di certe chiese ben tenute, con tanto
di Tabernacolo e le chiavi dorate, la “cavità” dove
erano conservati gli oli sacri, completamente rivestita all’interno
di panno semplice o di seta rossa o bianca, o l’importante
presenza di confessionali, ma per la dedizione, la vita ascetica
e mistica,
di qualche prete che pur ci deve essere stato nella Carnia del
tempo!
Viene singolarmente evidenziato che la “caccia” pur
non essendo un hobby, ma una sorta di sostentamento, quindi quasi
necessaria, venisse severamente proibita ai chierici, ai quali si
citava il detto: “Esaù venator
erat, quoniam peccator erat” (Esaù era
cacciatore perchè era peccatore).
La Controriforma che Agostino Bruno doveva verificare sul campo e
promuovere e che è arrivata,
sotto certi aspetti, fino ai nostri giorni, o almeno fino al secolo
scorso, si prefiggeva anche di delineare i ruoli del clero e di limitare
il potere dei laici, che attraverso la “cameranza”, spesso
debordavano dai loro compiti fino ad ingerenze davvero incredibili.
Un’ultima curiosità che ignoravo come altre presenti nel
libro, è quella che proibiva ai medici di curare per
più di
tre volte i pazienti se questi si rifiutavano di confessarsi.
Ciò a
conferma di quanto la confessione più che una richiesta di “assoluzione” e
di perdono, fosse allora diventata una forma di controllo
sociale molto
forte.
Il libro, stampato in modo assai preciso e curato dalla Tipografia
Cortolezzis di Paluzza, è stato promosso e sponsorizzato dall’associazione
culturale “Elio Cortolezzis” di Treppo Carnico ed è destinato
a diventare raro e presto introvabile.
Complimenti alla giovane Sara Maieron che è riuscita a ricreare,
con la sua pignola ricerca ed il suo lungo lavoro, un quadro della
Carnia secentesca altrimenti destinato all’oblio.
Marino Plazzotta
Gennaio 2008