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MONTANARI
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Norina
Canciani ormai è un'ospite fissa nella nostra biblioteca:
dopo UN ANNO DI GUERRA (2000) e INFANZIA CARNICA (2003), ora ci presenta
questo
suo terzo lavoro, che certamente ha rischiesto maggior tempo ed energie
dei primi due.
Norina
Canciani, classe 1922, ha ormai 86 anni, ma non ha perso la voglia
di scrivere al computer le sue memorie e le sue storie.
Ha cominciato
quasi per gioco, ha continuato per passione ed ancora prosegue quasi
per un impulso interiore, dettato dalla consapevolezza che, molto
presto, tutto questo bagaglio della memoria potrebbe definitivamente
scomparire se non affidato per tempo alla materialità di una pagina
scritta.
E
questa pagina, scritta dalla Norina, è sempre una splendida pagina,
ricca di sentimento e di compassione, permeata da un sospiro umano
sempre presente, scevra di elaborazioni stilistiche o figure retoriche:
la genuinità e la semplicità dello stile coinvolgono ed appassionano
il lettore e lo portano lontano, quasi ad assistere direttamente,
in un singolare ritorno al passato, ai fatti raccontati, alle vicende
delineate, alle pene accennate.
Quello che maggiormente colpisce nello scrivere della Norina è il
suo
rapporto confidenziale diretto con la natura, i cui
elementi sono ricordati e descritti come fossero delle persone amiche
o dei
conoscenti: così il fuoco, l'acqua, il tempo, il dolore, l'indigenza
assumono connotati personali quasi umani e diventano interlocutori
privilegiati di Norina, ai quali essa si rivolge con candida semplicità.
Questo
libro potrebbe essere definito la SAGA DEI CANCIANI,
vale a dire la lunga ed appassionata storia di una antica famiglia
di Prato Carnico (quella dell'autrice), rivissuta attraverso la memoria
di questa vecchina saggia ed autodidatta che ha saputo ripercorrere,
sul filo dei racconti
orali ascoltati
in ta cort della sua antica casa, le vicende umane dei propri
antenati, vivificandole e recuperandole al sempre più scarso uditorio
odierno, fino a realizzare una sorta di lungometraggio dell'anima
e della memoria che si racconta attraverso le generazioni dei Canciani.
Gli ingredienti più significativi sono: il lavoro,
la lontananza, l' emigrazione, la paternità e la maternità, i figli;
ma anche: il sudore, il pianto, il riso, la paura, la solitudine... tutto
l'animo umano che qui si appalesa con tanta francescana sobrietà.
In questo bel libro tornano alla luce gli antichi mestieri del
tempo che fu: il carbonaio, il menau, il cramâr,
il fornaio... che qui si rivestono della loro antica suggestione
ed appaiono in tutto il loro antico splendido ruolo e che nella
società rurale di allora rappresentavano figure di spicco e di riferimento.
Anche altro emerge in queste pagine di Norina: il ritmo e lo stile
di vita di questo passato ormai remoto, il lento succedersi del tempo
che aveva ben altre scansioni, i rapporti individuali e interpersonali
su cui si basava la vita comunitaria di paese, la solidarietà che
costituiva il collante più tenace tra i fuochi; ma anche la
grettezza o l'indifferenza dell'animo umano che ad ogni latitudine
sa mostrare sempre
anche gli aspetti meno nobili.
Non si può che esprimere gratitudine e plauso a Norina Canciani
per questo suo impegno letterario che le sgorga direttamente dal
cuore
e per il quale non guadagna una lira (pardon: un euro), semmai ne
spende e forse tanti (dei suoi), considerando che gli Enti pubblici
l'hanno finora sempre ignorata...
Perchè lo fa?
Credo di non essere lontano dalla verità se affermo che l'amore per
il paese e la Carnia è il suo editore principale.